Il pensiero greco Prof. Daniele Pelini Email: gigantomachia2000@yahoo.it.

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Il pensiero greco Prof. Daniele Pelini Email: gigantomachia2000@yahoo.it

Insanabilità del contrasto tra ragione ed esperienza Dalla natura all’uomo Insanabilità del contrasto tra ragione ed esperienza

Dalla natura all’uomo Insanabilità del contrasto tra ragione ed esperienza Negazione della possibilità del sapere assoluto

Dalla natura all’uomo Insanabilità del contrasto tra ragione ed esperienza Negazione della possibilità del sapere assoluto Evoluzione delle poleis greche (mutamento del contesto socio-economico e politico)

Dalla natura all’uomo Insanabilità del contrasto tra ragione ed esperienza Negazione della possibilità del sapere assoluto Evoluzione delle poleis greche (mutamento del contesto socio-economico e politico) Nuovo orientamento della filosofia: dalla  all’uomo

La questione della virtù () “la qualità di una cosa, per mezzo della quale essa diviene capace di corrispondere al suo scopo” (F. Nietzsche, Plato amicus sed)

La questione della virtù () (areté) = modo ottimale di esistere di qualcosa, raggiunto il quale quel qualcosa è appagato, felice

La questione della virtù () (areté) = modo ottimale di esistere di qualcosa, raggiunto il quale quel qualcosa è appagato, felice Questione fondamentale: qual è la virtù dell’uomo?

Il problema dell’uomo come questione della virtù L’interrogazione sull’uomo mira dunque all’elaborazione del problema specifico della sua virtù, ossia a rispondere alla seguente concreta questione: che cosa devo fare? Come bisogna condurre la propria vita? Qual è quel comportamento che, realizzando l’essenza umana, rende buona e dunque felice l’esistenza di ognuno? Elaborare positivamente questa domanda significa sviluppare una dottrina della virtù, ossia quella che successivamente si chiamerà morale o etica

Il problema dell’uomo come questione della virtù Problema della virtù = problema dell’esistenza buona e felice morale, etica

Protagora di Abdera (490-420 a.C.) “Di tutte le cose misura è l’uomo: di quelle che sono, per ciò che sono, di quelle che non sono, per ciò che non sono” (Discorsi sovvertitori, fr. 1)

La virtù come accortezza “«il mio insegnamento concerne l’accortezza [], sia negli affari privati, ossia il modo migliore di amministrare la propria casa, sia negli affari della Città, ossia il modo migliore di diventare in sommo grado abile nel governo della Città, negli atti e nelle parole». Ed io risposi: «Se ho ben compreso ciò che hai detto, mi pare che tu parli dell’arte politica e che dichiari di formare buoni cittadini»” (Platone, Protagora, 318 e - 319 a)

La virtù come accortezza Protagora afferma che la virtù dell’uomo è la «sapienza» ma l’esser saggi non consiste, come per Eraclito, “nel dire e fare cose vere”, bensì nell’accortezza, ossia nella capacità di discernere ciò che è utile dire e fare in ogni circostanza. Quest’abilità si rivela essenziale soprattutto per chi, in un contesto democratico, aspiri al governo della polis ed è per questa ragione che il sofista può vendere il suo «sapere» al caro prezzo di cento mine

La virtù come accortezza Protagora afferma che la virtù dell’uomo è la «sapienza» ma l’esser saggi non consiste, come per Eraclito, “nel dire e fare cose vere”, bensì nell’accortezza, ossia nella capacità di discernere ciò che è utile dire e fare in ogni circostanza. Quest’abilità si rivela essenziale soprattutto per chi, in un contesto democratico, aspiri al governo della polis ed è per questa ragione che il sofista può vendere il suo «sapere» al caro prezzo di cento mine Virtù = accortezza arte politica (abilità nel governo dello Stato)

I fondamenti metafisici della virtù Benché l’insegnamento di Protagora non si rivolga per lo più alla questione della natura, esistono buone ragioni per affermare che la sua concezione della sapienza sia essenzialmente determinata da un’interpretazione della  di matrice eraclitea, che vede la totalità degli essenti perennemente interessata dal divenire; ma se tutto scorre e nulla si ferma per noi – al punto tale che di nessuna cosa si può a rigore affermare o negare «l’essere così e così fatta» giacché non appena lo facciamo essa è già divenuta qualcos’altro – allora l’unica cosa che si può stabilire, l’unica «verità» che si può affermare è quella secondo cui:

I fondamenti metafisici della virtù “Di tutte le cose misura è l’uomo: di quelle che sono, per ciò che sono, di quelle che non sono, per ciò che non sono” (Discorsi sovvertitori, fr. 1)

La dottrina dell’uomo-misura Il fr. 1 lascia intendere che la verità non sia qualcosa che per la sua reale consistenza si imponga universalmente e necessariamente, bensì che il vero sia semplicemente ciò che l’«uomo» (il singolo individuo, una certa comunità o anche l’umanità tutta), di volta in volta, reputa tale. Dunque, in nessun ambito dell’ente si dà una verità che sia assoluta, bensì tutto è relativo a chi giudica. Le implicazioni di questo concetto relativistico della verità sono molteplici e dirompenti

Le implicazioni della dottrina dell’uomo-misura Homo-mensura conoscitivo: tutto è vero etico: tutto è giusto Relativismo

Le implicazioni della dottrina dell’uomo-misura Homo-mensura conoscitivo: tutto è vero etico: tutto è giusto Relativismo Agnosticismo in campo religioso* * “Riguardo agli dèi, non ho la possibilità di accertare né che sono, né che non sono, opponendosi a ciò molte cose: l’oscurità dell’argomento e la brevità della vita umana” (Degli dèi, fr. 4)

Le implicazioni della dottrina dell’uomo-misura Homo-mensura conoscitivo: tutto è vero etico: tutto è giusto Relativismo Agnosticismo in campo religioso* Convenzionalismo nel diritto * “Riguardo agli dèi, non ho la possibilità di accertare né che sono, né che non sono, opponendosi a ciò molte cose: l’oscurità dell’argomento e la brevità della vita umana” (Degli dèi, fr. 4)

L’essenza della sapienza Problema: se la verità è sempre relativa all’esperienza di chi giudica, in cosa consiste esattamente la sapienza in quanto accortezza? Che cosa si apprende alla scuola di Protagora?

L’essenza della sapienza L’accortezza è animata dalla capacità di trasformare l’altrui opinione, ossia dall’arte della persuasione: sapiente è colui che, entro un determinato contesto etico e grazie all’abilità retorica, fa passare gli uomini da un’opinione dannosa per i singoli e la comunità a un’opinione utile (concezione storicistica dell’utile: ciò che è stato verificato come giovevole). La dottrina dell’uomo-misura implica che il retore conosca “a priori” il fatto che, in linea di principio: “Intorno ad ogni oggetto ci sono due ragionamenti contrapposti” (Arte eristica, fr. 6 a)

L’essenza della sapienza Dunque, indagando il linguaggio – i modi del discorso, le forme espressive efficaci storicamente date – ed eventualmente innovandolo, il retore acquisisce con l’esercizio la capacità di:  “Render più forte l’argomento più debole” (Arte eristica, fr. 6 b)

La sapienza e la felicità Colui che sa persuadere intorno alla giustizia, è potenzialmente in grado di acquistare influenza, potere, onori e ricchezze in seno alla Città; l’accortezza consente così a tutti coloro che possono permettersi l’insegnamento di Protagora, di aspirare ad impossessarsi di quei beni che tradizionalmente definiscono la felicità e l’appartenenza al ristretto gruppo degli aristoi, i migliori

La fondazione protagorea della virtù Evidenza del divenire (della natura e dei costumi) Dottrina dell’uomo-misura conoscenza dei costumi di un certo popolo + arte retorica Accortezza (scienza dell’utile)

Gorgia da Leontini (484-375 a.C.) “La parola è un gran dominatore, che con piccolissimo corpo e invisibilissimo, divinissime cose sa compiere; riesce infatti e a calmar la paura, e a eliminare il dolore, e a suscitare la gioia, e ad aumentar la pietà” (Encomio di Elena)

La natura della retorica “Dico, o Socrate, che la retorica produce quel tipo di persuasione che si esplica nei tribunali e nelle assemblee, come ho detto anche poco fa, e che riguarda il giusto e l’ingiusto” (Platone, Gorgia, 454 b) “Quanto a me, Socrate, in tutte le occasioni ho sentito Gorgia ripetere spesso che l’arte del persuadere supera di molto tutte le altre: chiunque, infatti, può essere assoggettato da lei col consenso e non con la forza, ed essa sarebbe di gran lunga la migliore di tutte le arti” (Platone, Filebo, 58 a-b)

La posizione antiparmenidea a) nulla esiste b) se anche alcunché esiste non è comprensibile all’uomo c) se pure è comprensibile, è per certo incomunicabile e inspiegabile agli altri (Sul non essere o sulla natura)

La posizione antiparmenidea a) nulla esiste b) se anche alcunché esiste non è comprensibile all’uomo c) se pure è comprensibile, è per certo incomunicabile e inspiegabile agli altri (Sul non essere o sulla natura) a) l’essere è b) il pensiero è identico all’essere c) il linguaggio è espressione dell’essere (Cfr. Parmenide, Sulla natura, fr. 6, 1)

La posizione antiparmenidea a) nulla esiste b) se anche alcunché esiste non è comprensibile all’uomo c) se pure è comprensibile, è per certo incomunicabile e inspiegabile agli altri (Sul non essere o sulla natura) a) l’essere è b) il pensiero è identico all’essere c) il linguaggio è espressione dell’essere (Cfr. Parmenide, Sulla natura, fr. 6, 1) Relativismo scettico: tutto è falso

L’implicazione della posizione antiparmenidea A differenza di Protagora, Gorgia non ritiene che il perenne fluire delle cose possa essere arginato dalla teoria dell’uomo misura: ciò significa che nulla, neanche ciò che di volta in volta si mostra nel corso dell’esperienza di un individuo o di una collettività, è pensabile ed esprimibile ad alcun titolo come vero, ossia come essente in questo o quel modo

L’implicazione della posizione antiparmenidea Ma se il piano dell’essente è completamente separato da quello del pensiero e del linguaggio, quest’ultimo giunge ad assumere – appunto perché libero da qualsivoglia ancoraggio alla realtà –, una ultrapotenza tale che solo ad esso può essere riconosciuta la capacità di porsi quale «metro di tutte le cose». Siccome, rigorosamente parlando, «nulla è» (tutto è falso), il «vero» non è ciò che qui ed ora appare ad ognuno, bensì solo ciò che di volta in volta viene stabilito dal discorso che riesce a imporsi nella sfera pubblica

L’onnipotenza della retorica “Dunque, gli ispirati incantesimi di parole sono apportatori di gioia, liberatori di pena. Aggiungendosi infatti, alla disposizione dell’anima, la potenza dell’incanto, questa la blandisce e persuade e trascina col suo fascino. […] E quanti, a quanti, quante cose fecero e fanno credere, foggiando un finto discorso!” (Encomio di Elena, cv. 10-11)

L’onnipotenza della retorica “Che se tutti avessero, circa tutte le cose, delle passate ricordo, delle presenti coscienza, delle future previdenza, non di eguale efficacia sarebbe il medesimo discorso, qual è invece per quelli, che appunto non riescono a ricordare il passato, né a meditare sul presente, né a divinare il futuro; sicché nel più dei casi, i più offrono consigliera all’anima l’impressione del momento. La quale impressione, per essere fallace e incerta, in fallaci ed incerte fortune implica chi se ne serve” (Encomio di Elena, cv. 10-11)

L’onnipotenza della retorica “Così si constaterebbe l’imperio della persuasione, la quale, pur non avendo l’apparenza dell’ineluttabilità, ne ha tuttavia la potenza. Infatti un discorso che abbia persuaso una mente, costringe la mente che ha persuaso, e a credere nei detti, e a consentire nei fatti” (Encomio di Elena, cv. 12)

L’onnipotenza della retorica “E poiché la persuasione, congiunta con la parola, riesce a dare all’anima l’impronta che vuole, bisogna apprendere anzitutto i ragionamenti dei metereologi, i quali sostituendo ipotesi a ipotesi, distruggendone una, costruendone un’altra, fanno apparire agli occhi della mente l’incredibile e l’inconcepibile” (Encomio di Elena, cv. 13-14)

L’onnipotenza della retorica “in secondo luogo, i dibattiti oratorii di pubblica necessità [politici e giudiziari], nei quali un solo discorso non ispirato a verità, ma scritto con arte, suol dilettare e persuadere la folla; in terzo luogo, le schermaglie filosofiche, nelle quali si rivela anche con che rapidità l’intelligenza facilita il mutar di convinzioni dell’opinione. C’è tra la potenza della parola e la disposizione dell’anima lo stesso rapporto che tra l’ufficio dei farmaci e la natura del corpo” (Encomio di Elena, cv. 13-14)

La fondazione gorgiana della virtù Evidenza del divenire (della natura e dei costumi) Abilità dialettica (capacità di confutare i discorsi altrui) Capacità di dominare e trasformare l’altrui disposizione d’animo, in modo tale da orientarne l’opinione e l’azione Arte retorica Influenza, potere, onori, ricchezze (felicità)