Forma di Stato e forma di governo (concetti introduttivi)

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Transcript della presentazione:

Forma di Stato e forma di governo (concetti introduttivi) Preordinate al raggiungimento dei fini di carattere generale che, in un certo momento storico, una determinata collettività si pone, ci sono regole giuridiche che investono tre grandi settori: a) l’organizzazione dell’apparato statale (potere governante); b) i rapporti tra questo apparato ed i cittadini (ossia la società civile); c) i rapporti intersoggettivi che si stabiliscono tra i singoli membri della collettività. Con riguardo al secondo ordine di rapporti si può affermare – in via di grande approssimazione- che esso delinea il concetto di forma di stato. In realtà ci sono due modi per guardare al concetto di forma di stato : - si può far riferimento al modo in cui è risolto il rapporto tra autorità e libertà, ovvero tra potere statuale e cittadini, con riferimento ad una particolare forma di stato storicamente determinata (stato patrimoniale, stato di polizia, stato assoluto, stato liberale, stato sociale); - ovvero al rapporto tra l’entità statuale e la comunità territoriale di appartenenza del cittadino (in questo caso si allude allo stato unitario, allo stato federale, allo stato regionale). Accogliendo, poi (in relazione al secondo ordine di rapporti), una definizione che più di ogni altra ne chiarisce il significato, si può dire che per forma di stato si intendono l’insieme delle finalità che lo Stato intende perseguire ed i valori cui ispira la propria azione. Quanto alla forma di governo si può dire che essa corrisponda all’insieme delle regole che disciplinano i rapporti tra gli organi di vertice dell’apparato statuale. E’ chiaro che forma di stato e forma di governo rappresentano due concetti distinti, ma in realtà strettamente connessi, giacché insieme valgono a chiarire le caratteristiche delle varie esperienze statuali storicamente succedutesi. 1

Cenni su alcune forme di stato Stato assoluto. L’affermarsi di questa forma di Stato coincide con l’accrescersi dei compiti assunti dallo Stato. Ciò in relazione al passaggio da un’economia chiusa ad un’economia di scambio. Lo Stato tende ad assicurare le condizioni ottimali per lo sviluppo delle nuove attività economiche, e quindi la sua azione non è orientata al raggiungimento di un fine specifico legato a singole posizioni soggettive, ma a promuovere il benessere dell’intera collettività. Lo Stato assoluto si accompagna alla creazione di alcune organizzazioni amministrative stabili, vale a dire il fisco, vale a dire una burocrazia statale ed un esercito stabile e non più mercenario. D’altro canto, la pratica di questo genere di politica non poteva mancare di incontrare forti resistenze, ad es. della chiesa nel settore dell’istruzione e delle corporazioni medievali nella disciplina delle attività produttive. Anche lo sforzo per vincere queste resistenze ingenerò un fenomeno di progressiva concentrazione del potere nelle mani del sovrano, il quale tendeva ad affermare la legittimazione del proprio potere non più sulla base di un accordo (come per il passato), bensì su un asserito principio di natura trascendente. 2

Cenni su alcune forme di stato (segue) Stato liberale (fine XVIII sec – inizi XIX sec). La crisi dello Stato assoluto ha origini a) in parte economiche (è legata, cioè, al passaggio da un’economia sostanzialmente agricola ad un’economia industriale, all’aumento della conflittualità internazionale con la conseguente necessità di incrementare la tassazione per sostenere l’onere delle guerre) b) in parte politico-sociali dovute al fatto che lo Stato assoluto non era in grado di soddisfare le esigenze di partecipazione alla gestione della cosa pubblica delle nuove classi emergenti (borghesia imprenditoriale, proprietari terrieri e professioni intellettuali), gruppi che, nello stato assoluto, erano del tutto esclusi dal circuito delle decisioni politiche. Il complesso di questi fattori portò all’affermarsi dello Stato liberale, che conservò ai pubblici poteri la soddisfazione degli interessi generali della collettività, ma non più sotto forma di intervento diretto, bensì con una forma di azione indiretta volta ad assicurare, sul piano esterno, la sicurezza dei confini, e, sul piano interno, il rispetto dei diritti di libertà. Quanto lo Stato assoluto si era configurato come uno stato interventista, tanto quello liberale si caratterizzò come volto a tutelare la sfera di libertà dei cittadini (con particolare riguardo a quelle di carattere economico) in un quadro che garantisse la sicurezza da minacce esterne. Il potere dello Stato assunse un nuovo titolo di legittimazione, che non era più di natura contrattuale (come nello Stato patrimoniale) e neppure trascendente (come nello Stato assoluto), ma direttamente derivante dal volere dei consociati. 3

Cenni su alcune forme di stato (segue) Il modello organizzativo dello Stato in questa fase tende a garantire la separazione dei diversi apparati preposti alle funzioni legislativa, esecutiva e giudiziaria. Dal ribaltamento del rapporto tra Stato e società civile, nel senso che è quest’ultima ad imporre la sua visione allo Stato e, conseguentemente, a conformarlo, conseguono: a) l’introduzione di regole generali destinate a disciplinare anche gli organi di vertice dell’apparato (regole raccolte in documenti cui si attribuisce particolare solennità, ossia la Costituzione o Statuto); b) l’affermazione del valore della legge come atto in grado di vincolare tutti i soggetti, non solo quelli privati, ma anche quelli pubblici; c) l’affermazione del principio cardine dello stato di diritto secondo il quale il funzionamento e l’organizzazione dello Stato devono essere disciplinati dalla legge e gli atti della pubblica amministrazione devono essere conformi a legge, a pena di annullabilità. Anche se permangono consistenti diseguaglianze di fatto (vedi infra), i singoli nello Stato liberale acquistano, insieme ai diritti di partecipazione politica, precise posizioni soggettive tutelabili dinanzi a qualunque altro soggetto o pubblica autorità. 4

Cenni su alcune forme di stato (segue) Diversità dei modi e dei tempi nei quali si afferma la forma di stato liberale. In Inghilterra → la nascita dello Stato liberale si innesta sulla forte resistenza ai tentativi assolutistici del sovrano da parte della nobiltà, che si allea con l’emergente classe borghese e quindi conserva, almeno a livello locale, il proprio potere. Nonostante due eventi rivoluzionari (Cromwell e la caduta di teste coronate), l’approdo finale è un modello nel quale tutte le classi influenti nel contesto sociale trovano spazio. In Francia, viceversa, la classe aristocratica si era ridotta ad un ruolo meramente parassitario (Vattel), sicché non fu in grado di svolgere alcuna forma di mediazione quando la crisi dell’assolutismo venne a maturazione. La classe borghese, uscita vincitrice dallo scontro, venne a porsi quale unica interprete dell’interesse nazionale e fece del Parlamento, unica sede di rappresentanza e di decisione politica, il nuovo punto di riferimento nel quale si riconosceva il potere statale. La crisi della forma di Stato liberale si evidenzia in relazione alle contraddizioni rispetto ai suoi stessi principi ed è legata, fondamentalmente, alla circostanza che il potere viene gestito in maniera elitaria (dai rappresentanti di un’unica classe: la borghesia). In realtà, infatti, ad un’affermazione formale del principio di eguaglianza e dei diritti di libertà individuale, aveva fatto seguito un aggravamento delle condizioni di diseguaglianza economica ed un’interpretazione restrittiva dei diritti di libertà. All’affermazione del principio della sovranità popolare veniva a corrispondere, quale principio di legittimazione sostanziale, un criterio censitario, che escludeva le classi meno abbienti dalla gestione della “cosa pubblica”. 5

Cenni su alcune forme di stato (segue) Il modello organizzativo dello Stato in questa fase tende a garantire la separazione dei diversi apparati preposti alle funzioni legislativa, esecutiva e giudiziaria. Dal ribaltamento del rapporto tra Stato e società civile, nel senso che è quest’ultima ad imporre la sua visione allo Stato e, conseguentemente, a conformarlo, conseguono: a) l’introduzione di regole generali destinate a disciplinare anche gli organi di vertice dell’apparato (regole raccolte in documenti cui si attribuisce particolare solennità, ossia la Costituzione o Statuto); b) l’affermazione del valore della legge come atto in grado di vincolare tutti i soggetti, non solo quelli privati, ma anche quelli pubblici; c) l’affermazione del principio cardine dello stato di diritto secondo il quale il funzionamento e l’organizzazione dello Stato devono essere disciplinati dalla legge e gli atti della pubblica amministrazione devono essere conformi a legge, a pena di annullabilità. Anche se permangono consistenti diseguaglianze di fatto (vedi infra), i singoli nello Stato liberale acquistano, insieme ai diritti di partecipazione politica, precise posizioni soggettive tutelabili dinanzi a qualunque altro soggetto o pubblica autorità. 6

Cenni su alcune forme di stato (segue) Lo Stato sociale riprende numerosi principi ispiratori dello Stato liberale che ripensa però alla luce della crisi di quest’ultimo e delle esigenze poste dalla società di massa. Anche in questo caso il fine è quello di rimuovere le diseguaglianze presenti nella società, orientando in questo senso l’azione dei pubblici poteri rispetto all’epoca precedente c’è però una forte svolta costituita dal fatto che lo Stato interviene consistentemente nella sfera economica, con l’obiettivo di stimolare condizioni di eguaglianza sostanziale e non più solo formale. Al contempo lo Stato si propone di assicurare ai cittadini (in questo caso a tutti i cittadini, senza esclusioni censitarie o di altra natura) una effettiva partecipazione alla vita politica del paese. Sono, dunque, presenti elementi di continuità rispetto allo Stato liberale, tra cui: - la divisione dei poteri; - l’affermazione dei diritti di libertà come diritti assoluti; - il mantenimento delle istituzioni tipiche dello Stato liberale (Parlamento, Governo). Accanto a questo, prendono corpo alcuni soggetti ed istituti fondamentali per a) garantire la effettiva partecipazione in una società di massa (partiti e sindacati), b) consentire il riequilibrio delle diseguaglianze attraverso l’azione dei pubblici poteri. Questo incremento del ruolo dello Stato si traduce in: 1) accrescimento degli apparati amministrativi; 2) massiccio intervento nell’economia; 3) aumento significativo delle risorse necessarie per la finanza pubblica. La crisi dello Stato sociale si manifesta in relazione a due fattori: le disfunzioni del corretto funzionamento dei meccanismi elettorali in una società di massa (le elezioni come ludi cartacei) e la degenerazione del comportamento delle classi politiche e dei partiti (tangentopoli). 7