Il problema della «separazione» delle cariche elettriche sembrava risolto … atomo planetario Certo il modello matematico di Rutherford per l’atomo era.

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Il problema della «separazione» delle cariche elettriche sembrava risolto … atomo planetario Certo il modello matematico di Rutherford per l’atomo era analogo a quello descritto da Newton per il sistema planetario (come già visto, la forza elettrica ha una formula matematica del tutto paragonabile a quella della forza di gravità) Fg=Fg=Fg=Fg= G m 1 x m 2 r2r2r2r2 Campo elettrico e campo gravitazionale, pur di natura differente, ubbidiscono perciò a leggi del tutto analoghe: il comportamento delle cariche in quiete, infatti, è perfettamente paragonabile a quello delle masse neutre. Non è Non è così, però, se le cariche sono in movimento. noncrea  Una massa neutra, in moto, oltre al campo gravitazionale variabile non crea altro intorno. campo elettricocampo magnetico  Una carica elettrica in moto, oltre al campo elettrico, crea intorno a sé anche un campo magnetico (Oersted). F el = - K el q 1 x q 2 r2r2r2r2 ≈

 Se il moto della carica è rettilineo uniforme (corrente costante) campo elettrico e campo magnetico rimarranno costanti.  Se la carica subisce una accelerazione (variando al corrente), la variazione del campo elettrico produrrà una variazione del corrispondente campo magnetico. campo elettriconuova variazione produrrà  Ma, con Faraday, si è visto che una variazione di campo magnetico genera una corrente. Quest’ultima si sommerà algebricamente a quella preesistente. Risultato è che si avrà una nuova variazione di corrente (di campo elettrico, quindi) che produrrà una nuova variazione di campo magnetico che, a sua volta produrrà…….. autososterranno elettromagnetici  Tali variazioni alternate di campo elettrico e campo magnetico si autososterranno divenendo segnali elettromagnetici che si allontaneranno dal sistema che li ha generati e si disperderanno nello spazio (Maxwell). consumo di energia  Tutto ciò avviene con consumo di energia (ne rispetto principio della conservazione dell’energia). Tutte le volte che c’è una variazione di campo elettrico (accelerazione della carica) ci sarà un segnale elettromagnetico che si disperde nello spazio consumando energia.

paradosso universali Questo «paradosso» fisico mise in forte crisi gli scienziati che cominciarono a dubitare di leggi allora ritenute universali nonché di tutta la fisica classica. e - continuamente accelerato Torniamo al modello planetario dell’atomo. La situazione vede una carica elettrica negativa, e -, in moto non rettilineo uniforme, ma continuamente accelerato (accelerazione centripeta) attorno al nucleo. destino Questa emissione di segnali elettromagnetici, prevista dalle equazioni di Maxwell, non fu mai verificata. Né tantomeno il corrispondente «destino» dell’elettrone. continua e - Dalle dimostrazioni precedenti, dovremmo aspettarci una continua emissione nello spazio di segnali elettromagnetici da parte dell’ e - a spese di energia. esaurimento Coerentemente, dovremmo aspettarci l’esaurimento graduale dell’energia posseduta dall’elettrone. e - La perdita graduale porterà l’e - ad avvicinarsi e cadere sul nucleo (dato che perderebbe gradualmente la sua forza centrifuga)

Per la verità, la crisi della fisica classica aveva già avuto inizio qualche decennio prima. non riuscivano energia assorbiteemesse Tra i vari paradossi, le equazioni di Maxwell non riuscivano a spiegare i singolari valori di energia delle onde elettromagnetiche assorbite o emesse da un corpo materiale. aumentano diminuirelunghezze d’onda ultraviolettavalori infiniti  Le leggi di Maxwell indicano che le energie necessarie, affinché un corpo emetta onde elettromagnetiche, aumentano con il diminuire delle lunghezze d’onda (addirittura per emettere luce ultravioletta i calcoli dimostravano valori infiniti di energia occorrente  cosa impossibile!). valori finiti non dipendenti casuale  Le misure di energia effettuate nelle varie sperimentazioni riportano valori finiti (ovviamente!) e, comunque, non dipendenti dalle lunghezza d’onda. In pratica il valore di energia di una determinata lunghezza d’onda (colore) è casuale, in funzione solo della temperature a cui l corpo era portato. Come si può osservare in figura, La teoria classica (tratteggio), per esempio, prevede un’intensità infinita per i raggi x, mentre sperimentalmente (campane) si trovano valori analoghi a quelli dei raggi infrarossi. U.V. X I.F. Valori sperimentali

Planck valori di energia f nquantità fissa h quanto d’azione Planck, dopo molti controlli e revisioni matematiche sulle esperienze precedenti, si accorse che i valori di energia registrati per ogni determinata onda elettromagnetica, rapportati alla specifica frequenza d’onda f, davano risultati, per quanto vari, sempre e comunque multipli interi n di una quantità fissa che Planck stesso determinò e indicò con la lettera h definendola «quanto d’azione». Dove: E = energia E = energia; n =numero intero h = costante di Planck h = costante di Planck (detta anche quanto d’azione); f = frequenza d’onda λ f = frequenza d’onda (è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda λ ) E f nh= quantum Tale valore fu definito quantum d’energia (1900). E=hf valore minimo Si ricava, infine, che il valore minimo di energia contenuta in un’onda sarà… quanti Da queste ricerche di Planck si ottenne l’idea che l’energia contenuta nella luce sia fatta a «pacchetti», a quanti. Proprio grazie a questa scoperta, si apportano modifiche alle equazioni di Maxwell e si riuscì a giustificare l’andamento a «campana», amzichè a ipebole della distribuzione dell’energia alle varie lunghezze d’onda. f L’energia totale di un onda elettromagnetica di frequenza f sarà, dunque, data da … E=nhf

radiazione luminosa L’idea del quantum fu ripresa e confermata da Einstein nello studiò del’effetto fotoelettrico (1905), per il quale una radiazione luminosa è in grado di interagire con gli elettroni espellendoli dall’atomo. non può q=mv Per il principio della conservazione dell’energia, un elettrone non può aumentare la sua quantità di moto (q=mv) dal nulla. C e - q=mc piccolissime particelle e -  La luce, con la sua velocità C, sembra cedere ad ogni e - un «pacchetto» di quantità di moto q=mc, dando l’idea di essere fatta di piccolissime particelle dotate di massa (i fotoni) urtanti gli e -. E=mc 2 massa impacchettatam=E/c 2  Certo, non abbiamo modo di «misurare» la massa a riposo della luce (non ha inerzia e non risente di attrazione gravitazionale). Tuttavia lo stesso Einstein, con la teoria della relatività (E=mc 2 ), dimostrò che la massa non è altro che una «forma» di energia «impacchettata»  m=E/c 2 q=mce - q= E c /c 2  Sostituendo tale valore alla quantità di moto q=mc ceduta ad ogni e -  q= E c /c 2 q=E/c  q=E/c quantumE=hf  Considerando che l’energia minima contenuta nella luce è il «quantum» di Planck E=hf. q=hf/c.  Sostituendo  q=hf/c. f/c=1/λ q=h/λ λ  Da Maxwell f/c=1/λ, quindi  q=h/λ (quantità di moto associata ad un fotone di un segnale elettromagnetico avente una determinata lunghezza d’onda λ) λ PlanckEinsteinnuova fisica Planck e Einstein avviarono una nuova fisica, quella che oggi è conosciuta come la Fisica dei quanti