La mia storia Ambrogi Marusca Amorosi Daniela Annetta Silvia Attinà Mara Arcelli Angela Battistini Marta.

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Transcript della presentazione:

La mia storia Ambrogi Marusca Amorosi Daniela Annetta Silvia Attinà Mara Arcelli Angela Battistini Marta

Mi chiamo Luca, ho 16 anni e frequento il quarto anno del Liceo Scientifico. Sono un ragazzo con Adhd

Fin da piccolo il mio comportamento era considerato problematico Fin da piccolo il mio comportamento era considerato problematico. Alla scuola dell’infanzia ero il bambino più vivace ed irrequieto.

Non riuscivo a stare fermo un istante e spesso avevo atteggiamenti impulsivi ed agressivi verso gli altri bambini. Ricordo che le mamme dei miei amici non erano molto contente d’invitarmi a passare del tempo a casa loro, perché spesso combinavo guai o rompevo qualcosa.

Alla scuola primaria le mie insegnanti dicevano che ero eccessivamente vivace, disattento, con la testa fra le nuvole ed impulsivo. Ero il più delle volte messo in punizione per frequenti episodi di litigi con i miei compagni.

I miei genitori decisero di fare degli accertamenti e mi portarono da uno specialista che nell’arco di un mese mi diagnosticò questo disturbo. Avevo 7 anni quando cominciai il mio percorso terapeutico.

Lo psicologo mi ha così fatto sapere che il mio è un disturbo di origine neuro-biologica e genetica, in cui anche i fattori ambientali sono importanti.

Per questo i miei genitori hanno iniziato un’attività di parent-training. Infatti attraverso degli incontri sono stati informati sulla mia malattia e si sono potuti confrontare con altre famiglie imparando delle tecniche per gestire il mio comportamento.

Avevo incontri settimanali con lo specialista che ha iniziato ad occuparsi di me decidendo di utilizzare un approccio clinico multi-modale, cioè farmacologico e psicologico insieme.

Insieme al percorso avviato con lo specialista e alla mia famiglia, a scuola ho lavorato con l’intervento dei miei insegnanti che hanno messo in atto diverse strategie educative anche grazie all’apporto della figura del pedagogista e dello psicologo.

Chissà come si sentivano le insegnanti Chissà come si sentivano le insegnanti? Forse disorientate e sicuramente preoccupate, ma ricordo la motivazione che le spingeva a lavorare individuando attività pensate per me.

I miei traguardi si chiamavano e si chiamano ancora, autocontrollo comportamentale e della collera, necessari per facilitare la mia autostima ed il rapporto con i miei coetanei.

Le insegnanti hanno lavorato osservandomi per stabilire l’area dei comportamenti e delle emozioni sulle quali intervenire. Abbiamo elaborato dei cartelloni con poche regole chiare che tutti dovevamo seguire.

Attraverso delle faccine abbiamo imparato a comprendere, esprimere e controllare le nostre emozioni. Così ho imparato a riflettere su una situazione prima di reagire. La capacità di riflettere sui miei comportamenti e sul mio modo di apprendere ha aumentato la mia autostima e reso più sicuro nei rapporti con gli altri.

Tutto questo è stato possibile scomponendo le attività complesse in passi più semplici intervallati da pause brevi e frequenti.

Ero bravo. All’inizio credevo quasi mai…oggi dico non sempre Ero bravo? All’inizio credevo quasi mai…oggi dico non sempre. Ho capito grazie al mio percorso che non esistono ragazzi bravi o incapaci…ma compiti ben fatti e non, azioni adeguate o meno, e che l’azione del giorno seguente potrà sempre migliorare!