La pressione arteriosa
La pressione arteriosa (media) è energia potenziale accumulata nel grande serbatoio costituto dalle arterie elastiche (windkessel): il cuore riempie il serbatoio e le arteriole (rubinetti) ne limitano lo svuotamento, rendendo necessaria la crescita della pressione nel serbatoio per consentire il passaggio del sangue verso i capillari. Il valore istantaneo della pressione cambia continuamente, benché il suo valore medio nel lungo periodo rimanga costante, perché è controllato da una serie di meccanismi omeostatici che agiscono a breve (riflessi cardiovascolari), medio (ormoni) e lungo (rene) termine. La pressione è generata dal prodotto della gettata cardiaca (SVxHR) per le resistenze periferiche totali.
Durante l’esercizio: la gettata aumenta e farebbe aumentare la pressione le resistenze periferiche cadono (nei muscoli che lavorano) e farebbero cadere la pressione le due variabili non si modificano in modo proporzionale: se così fosse la pressione non si modificherebbe. Invece, l’aumento della gettata è (proporzionalmente) superiore alla caduta delle resistenze. Ne risulta un aumento anche molto intenso (fino a 180 -220 mmHg e 260-280 mmHg negli sforzi isometrici) della pressione sistolica, con alterazioni variabili della diastolica, che può abbassarsi, rimanere invariata oppure aumentare. In ogni caso, la pressione media aumenta.
Come interpretare l’aumento della pressione durante l’esercizio? Dal punto di vista del cuore, ogni aumento di pressione è svantaggioso, perché provoca un aumento sproporzionato del consumo di ossigeno, riducendo l’efficienza metabolica (rendimento) della macchina. Dal punto di vista dei muscoli che lavorano, più è elevata la pressione di perfusione, maggiore sarà il flusso di sangue e pertanto di ossigeno alle fibre muscolari. Dal punto di vista pratico, un aumento eccessivo della pressione è pericoloso perché predispone alla rottura di piccoli vasi e quindi ad emorragie; se sono presenti processi patologici sulle pareti vascolari, il pericolo di rottura si accentua. Il lavoro contro resistenza (max contrazioni isometriche) fa aumentare di più la pressione sistolica ma anche quella diastolica perché le arteriole dei muscoli contratte sono compresse e le resistenze aumentano.
Come varia la pressione durante l’esercizio in seguito ad allenamento aerobico? A parità di carico la pressione aumenta meno, ma non ai carichi massimali La pressione a riposo si abbassa. Il cuore si adatta al maggiore sviluppo di pressione e alla maggiore gettata che accompagnano attività motorie sistematiche (allenamento): cuore d’atleta. Ipertrofia bilanciata per allenamento aerobico; prevalentemente concentrica per allenamento contro resistenza. Come si misura la pressione arteriosa? METODI CRUENTI Il metodo più diretto consiste nell’introdurre un catetere (riempito di soluzione salina eparinata) in un’arteria e spingerlo fino alla radice dell’aorta. Il catetere va collegato ad un manometro, che deve essere tenuto all’altezza del cuore. Il manometro più semplice è costituito da un tubo di vetro riempito di mercurio. Lo scienziato inglese Stephen Hale aveva inserito un tubo di bronzo nell’arteria femorale di una cavalla e aveva misurato, servendosi di una scala, l’altezza raggiunta dalla colonna di sangue che saliva nel tubo. Aveva anche notato che il livello oscillava, dimostrando che la pressione non è costante. L’introduzione del mercurio, il cui peso specifico è 13,6, ha consentito di ridurre molto la lunghezza del tubo, rendendo lo strumento facile da trasportare e da usare. E così abbiamo imparato ad esprimere i valori pressori in mmHg (TORR) anziché in unità fisiche (dine*cm-2).
Il manometro a mercurio è stato sostituito da elettromanometri, basati sulle modificazioni di resistenza elettrica indotte dalla deformazione (provocata dalla pressione) di una lastrina di una speciale lega metallica. Il vantaggio è l’assenza di inerzia e quindi la capacità di registrare variazioni rapide della pressione; lo svantaggio consiste nella necessità di tarare lo strumento, per far corrispondere la variazione di resistenza elettrica con quella di pressione. L’introduzione di cateteri nelle arterie è una manovra cruenta, che richiede sterilità, un po’ di anestesia locale, buone conoscenze di anatomia, personale sanitario; ovviamente non è priva di rischi e non incontra facilmente il consenso di chi la deve subire. METODI INCRUENTI Si basano tutti sulla propagazione dell’onda sfigmica lungo le arterie. L’onda sfigmica è un aumento di pressione che percorre tutto l’albero arterioso ogni volta che il cuore spinge la sua gettata sistolica nella radice dell’aorta: poiché il volume di sangue che vi entra è maggiore di quello che ne esce attraverso le arteriole nello stesso momento, le arterie si dilatano, grazie alla loro elasticità, ed esercitano una pressione maggiore sul sangue. L’onda di pressione si propaga con una velocità caratteristica, molto maggiore della velocità del sangue. L’onda sfigmica fa pulsare le arterie e su questa pulsazione si basano tutti i metodi per la determinazione indiretta della pressione arteriosa. Il metodo classico fu intreodotto dal medico torinese Scipione Riva Rocci nel 1896.
Applicando un fonendoscopio sull’arteria radiale al di sotto della cuffia, mentre la pressione nella cuffia viene abbassata progressivamente, si avvertono dei rumori che sono stati codificati da Korotkoff
Riva Rocci proponeva il suo sfigmomanometro solo per determinare il valore massimo della pressione (sistolico) con la palpazione del polso. Nel 1905, in un simposio di cui è rimasto solo il resoconto stenografato, un eclettico medico russo Nikolai S. Korotkov presentò all’accademia di medicina militare di S. Pietroburgo il metodo auscultatorio per riconoscere la pressione sistolica e diastolica, corredando le sue affermazioni con esperimenti eseguiti su cani e su arti isolati. Vi fu molto dibattito sull’origine dei suoni auscultati, che molti volevano attribuire al cuore. Oggi sappiamo che i rumori sono causati dalla turbolenza del flusso nell’arteria parzialmente occlusa dalla cuffia. Oggi esistono anche apparecchi automatici che registrano la pressione in maniera discontinua, basandosi essenzialmente sugli stessi principi. Una variante, consiste nel metodo oscillometrico, che non utilizza i suoni, ma le oscillazioni della parete arteriosa, che scompaiono quando la cuffia è gonfiata al di sopra della pressione sistolica; quindi, mentre la pressione cala, ricompaiono aumentano di ampiezza finché si raggiunge il valore diastolico; poi rimangono costanti. Il medico Ceco Penanz ha messo a punto un altro sistema, basato sulla fotopletismografia di un dito. È alla base di uno strumento che usiamo abitualmente e che consente la registrazione continua dell’onda sfigmica: il Portapres
Il Portapres
È un apparecchio portatile, consistente in una cuffietta da avvolgere attorno ad un dito, una sorgente di pressione con elettromanometro, un’unità di controllo. La cuffietta si gonfia a pressione controllata. In posizione simmetrica sono posti un LED (light emitting diode) e un fotodiodo: il primo emette luce e il secondo la riceve; la quantità di luce che raggiunge il fotodiodo è uguale a quella emessa dal LED meno quella sottratta dai tessuti del dito. Questi ultimi sono costituiti essenzialmente da un osso, cute e vasi; in particolare due piccole arterie laterali, che pulsano con l’onda sfigmica. Quindi, il volume complessivo del dito, cui è proporzionale l’assorbimento della luce, aumenta con l’arrivo dell’onda sfigmica e diminuisce fra un’onda e l’altra. Il circuito elettronico controlla la pressione nella cuffia e la modifica rapidamente da un istante all’altro, in modo da mantenere costante la quantità di luce registrata dal fotodiodo, e quindi il volume del dito. Misura e registra a 100 Hz la pressione nella cuffia, che corrisponde alla pressione nelle arterie del dito. Il metodo è molto affidabile e la qualità dell’onda sfigmica registrata è tale da consentire di utilizzarla per stimare la gittata sistolica.
Esempio di tracciato registrato dal Portapres
Tracciato a bassa velocità per seguire una prova incrementale
Esempio di tracciato registrato dal Portapres: Un altro soggetto
Il ricupero dopo un esercizio fisico è un tipico esempio di conflitto fra i meccanismi che presiedono il ritorno a condizioni omeostatiche. Il controllo neurovegetativo viene ripristinato alle condizioni di riposo, ma permangono alterazioni metaboliche che inducono vasodilatazione muscolare e mantengono basse le resistenze periferiche
Cessa progressivamente anche il contributo della pompa respiratoria Sul cuore si riduce l’attività del simpatico e ricompare il tono vagale. La pompa muscolare che mantiene elevato il ritorno venoso durante l’esercizio cessa la sua attività, con brusca riduzione della gettata sistolica (in posizione eretta). Cessa progressivamente anche il contributo della pompa respiratoria
Predisposizione per: Aritmie Ipotensione Sincope
Permangono segnali periferici: dai “metabocettori” (se esistono) CONTROLLO NERVOSO Il “central command” che presiede al controllo motorio attiva anche il SNA. Questo cessa bruscamente alla sospensione dell’esercizio Permangono segnali periferici: dai “metabocettori” (se esistono) Dai barocettori, che si oppongono alla caduta della pressione mantenendo elevata la frequenza cardiaca
RICUPERO PASSIVO O ATTIVO Il ricupero in posizione supina riduce i problemi legati ai fattori meccanici In posizione eretta, benché la frequenza cardiaca si mantenga elevata, questo non basta a compensare la caduta della gettata sistolica e la pressione tende a diminuire; i barocettori si oppongono mantenendo elevate le resistenze nei territori non muscolari
RICUPERO ATTIVO Se l’esercizio non viene terminato bruscamente, ma si mantiene un’attività motoria senza carico, i fattori meccanici non influenzano il ricupero. Le evidenze sperimentali sul mantenimento della pressione arteriosa sono però contrastanti Dipendenza dall’intensità e dalla durata dell’esercizio: ancora evidenze contrastanti
Pochi dati su cardiopatici, anziani e soggetti con altre patologie Un esercizio prolungato, soprattutto se al caldo, riduce il volume ematico: questo potrebbe aggravare l’ipotensione durante il ricupero
Muscle pump and central command during J Appl Physiol 87:1463-1469, 1999. Wasmund and Michael L. Smith Robert Carter, III, Donald E. Watenpaugh, Wendy L. Wasmund, Stephen L. Muscle pump and central command during recovery from exercise in humans
Fig. 1. Changes (D) in mean arterial pressure (MAP) during 3 min of submaximal exercise and 5 min of recovery from exercise. Values are means 6 SE, n 5 12 subjects. The 3 recovery modes were inactive (exercise was stopped completely), active (subjects continued loadless pedaling following exercise), and passive (subjects legs were moved through pedaling motion for them, i.e., muscle pumping with no central command). Dashed line represents baseline (preexercise) level. *Significant differences between inactive recovery and other 2 (active and passive) recovery conditions (P , 0.05)
Fig. 2. Thoracic impedance (TI) and MAP changes during 1st minute of exercise recovery. Values are means 6 SE, n 5 12 subjects. *Significant differences between inactive (control) recovery and other 2 (passive and active) recovery conditions (P , 0.05).
Fig. 3. Changes in heart rate (HR) during exercise recovery. Values are means 6 SE, n 5 12 subjects. Dashed line represents baseline (preexercise) level. *Significant differences between active (loadless pedaling) recovery and other 2 (inactive and passive) recovery conditions (P , 0.05). Some error bars were omitted for clarity.
Fig. 4. Changes in cardiac output (CO) and stroke volume (SV) during exercise recovery. Values are means 6 SE, n 5 12 subjects. Dashed line represents baseline (preexercise) level. *Significant differences between inactive recovery and other 2 (active and passive) recovery conditions (P , 0.05
POST-EXERCISE HYPOTENSION Normalmente il grado di ipotensione è così lieve da non rappresentare un problema, ma in alcuni casi la caduta è > 20 mmHg rispetto al riposo La prevalenza del fenomeno non è elevata (1.9 % - Fleg & Lakatta). Tuttavia si tratta di un rischio potenziale che va esaminato
Possibili meccanismi: Accumulo di metaboliti vasodilatatori Altre sostanze: NO ANP H+ Potassio Adenosina Prostaglandine Peptidi opioidi
Riduzione del tono simpatico sui vasi muscolari Ridotta sensibilità della muscolatura liscia vasale alle catecolamine Resetting dei barocettori Vasodilatazione cutanea per termoregolazione