appello e ricorso per cassazione nelle controversie di famiglia

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appello e ricorso per cassazione nelle controversie di famiglia di Claudio Cecchella

1. l’appello di diritto comune

1. l’appello di diritto comune 1.1. il divieto dei nova

Il divieto di nova Con una scelta compiuta in occasione delle riforme del 1990 (legge n. 353 del 1990), sulla scia del rito speciale (legge n. 533 del 1973, che aveva novellato l’art. 437 c.p.c.), il mezzo, che consentiva originariamente la massima apertura alle difese, con il solo limite della domanda, è stato assoggettato ad un regime di divieto di nova.

Revisio priori istantiae In questo modo, pur avendo astrattamente un oggetto identico al giudizio di primo grado quale risultato dell’effetto devolutivo, è in realtà giudizio rinnovato esclusivamente su difese già espresse nel grado precedente, essendo vietate di norma nuove domande, eccezioni nuove se riservate alla parte, nuove prove (art. 345 c.p.c.).

Conseguenze sulla tecnica degli atti Ne consegue che l’appellante, come l’appellato, non possono introdurre in appello difese nuove, rispetto a quelle già introdotte, ma neppure difese modificate (emendatio), il cui potere si è consumato all’udienza o nella prima memoria dell’art. 183 c.p.c., in primo grado.

1. l’appello di diritto comune 1.2. la specificazione del motivo

Il problema del motivo in appello E’ noto come in coincidenza con il nuovo millennio, il giudice di legittimità ha esasperato il rilievo del motivo in appello, pur dovendo riconoscere che l’appello costituisce un mezzo impugnatorio a motivi di critica libera, ha sancito l’inammissibilità dell’appello in difetto di specificazione del motivo, secondo un’impostazione profondamente innovativa

il vecchio orientamento In merito all'esigenza di specificità dei motivi, per anni la giurisprudenza ha costantemente affermato che essa deve ritenersi soddisfatta quando l'atto d'appello consenta di individuare senza incertezze il quantum appellatum ( C. 911/1980; C. 5965/1979); così ha ritenuto che fosse superflua qualsiasi specifica doglianza dedotta contro la decisione di primo grado, anche se chiaramente dichiarava l'inammissibilità dell'appello privo di specificazione dei motivi ( C. 703/1979). In questo modo è stata avallata l'interpretazione dottrinale tradizionale che accorda ai motivi specifici dell'impugnazione la mera funzione di identificazione delle parti della sentenza/questioni in cui la parte è risultata soccombente e di cui si domanda il riesame e dell’ambito dell’effetto devolutivo.

il nuovo Ora invece prevale un nuovo orientamento interpretativo, che propone una soluzione più rigorosa in ordine al significato ed alla funzione dei motivi specifici dell'impugnazione, attribuendo a questi ultimi, accanto alla funzione di identificare le parti della sentenza di cui si chiede il riesame, anche quella di individuare le ragioni della censura ( C. 2217/2007). In particolare, l'appello deve contenere, accanto ad una parte volitiva (“quantum appellatum”) una parte argomentativa idonea a contrastare i contenuti della sentenza impugnata con la indicazione della soluzione che si intende ottenere dal giudice di appello (C. 7190/2010).

Conseguenze della specificazione del motivo L’esasperazione del motivo incide inevitabilmente sull’oggetto dell’appello che spinge il mezzo verso un sindacato della sentenza, piuttosto che verso una rinnovazione del giudizio di primo grado sullo stesso oggetto, poiché è dato rilievo centrale all’errore o al vizio della sentenza, espresso nel motivo, che non identifica più solo la parte della sentenza impugnata.

La traduzione positiva Art. 342: <<La motivazione dell’appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione di legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata>>

Corte di appello di Salerno, 1 febbraio 2013 Esige “non solo la proposizione di specifiche doglianze …, ma che le stesse si articolino nella indicazione (necessariamente espressa e precisa) delle parti del provvedimento motivatamente contestate e delle modifiche (corrispondentemente motivazionali) che vengono richieste”.

segue “la suddetta norma obbliga l’appellante ad indicare in primo luogo le parti della sentenza delle quali chiede la riforma, nonché le modifiche richieste, sicché è stato osservato che il lavoro assegnato al giudice dell’appello appare alquanto simile a un preciso e mirato intervento di “ritaglio” delle parti di sentenza di cui si imponga l’emendamento, con conseguente innesto – che appare quasi automatico, giusta l’impostazione dell’atto di appello – delle parti modificate, con operazione di correzione quasi chirurgica del testo della sentenza di primo grado”

l’appello di diritto comune 1.3 La ragionevole probabilità

Art. 348- bis, 1° comma c.p.c. “Fuori dai casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello, l’impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha ragionevole probabilità di essere accolta”

Art. 348-bis, 2° comma c.p.c. “Il primo comma non si applica quando: a) l’appello è proposto relativamente ad una delle cause di cui all’articolo 70, primo comma; b) l’appello è proposto a norma dell’articolo 702-quater”

la discrezionalità illimitata La formula “ragionevole probabilità” introduce una discrezionalità illimitata del giudice di appello, essendo formula assai diversa dalla “manifesta infondatezza” per il ricorso per Cassazione dell’art. 360 – bis c.p.c. e 375 c.p.c., che integra il ben diverso concetto di abuso del mezzo di impugnazione, a fronte della abnormità del motivo.

Prima interpretazione Corte di appello di Roma, 30 gennaio 2013, in foro it., 2013, Anticipazione e novità, 35 Esclude la cognizione sommaria (superficiale, cautelare; parziale, dec ing.), e ritiene che l’istituto vada inserito nelle forme di abuso del processo, ovvero come manifesta infondatezza sulla scia della corrispondente norma per il ricorso in cassazione, quando cioè l’appello non giustifichi neppure il dispendio di un’attenzione da parte del sistema giustizia, Conf. App. Bari, 18 febbraio 2013, ivi

2. l’appello nelle controversie di famiglia

gli appelli di rito camerale nelle controversie di famiglia Il sistema è colmo di episodi di rito camerale al quale viene affidata la tutela dei diritti in appello, particolarmente nel diritto di famiglia: i reclami avverso i decreti del tribunale per i minori (nuovo art. 38 disp att. c.c.); i reclami avverso le controversie di famiglia affidate al tribunale ordinario con rito camerale (modifica e revoca delle sentenza di sep e div. ; le competenze ereditate dal tribunale per i minorenni, dopo la legge n. 219 del 2012) gli appelli in forma camerale delle sentenze di separazione e divorzio (art. 709 – bis c.p.c. e art. 4, c. 15, legge n. 292 del 1970).

la tendenza verso una cameralizzazione dell’appello nel diritto di famiglia, conseguenze Per quanto il legislatore non sia sempre preciso (nel procedimento per separazione si ipotizza il rito camerale solo per la impugnazione delle sentenze non definitive art. 709 – bis, c.p.c.), la tendenza è verso appelli che seguono rigorosamente il rito camerale, ispirati alla non-disciplina dell’art. 739 c.p.c.

cameralità integrale ...l'appello avverso le sentenze di separazione deve essere trattato con il rito camerale, il quale si applica all'intero procedimento, dall'atto introduttivo - ricorso, anziché citazione - alla decisione in camera di consiglio... Cass. civ. Sez. I, 10 settembre 2014, n. 19002

tecnica introduttiva: ricorso In tema di appello avverso la sentenza di separazione personale tra coniugi ove il ricorso, tempestivamente depositato presso la cancelleria del giudice d'appello, non sia notificato alla controparte unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, l'appello non deve, per ciò solo, essere dichiarato inammissibile, dovendo il giudice, in mancanza di costituzione dell'appellato, fissare, "ex" art. 291 cod. proc. civ., un nuovo termine per la notifica Cass. civ. Sez. I, 22 febbraio 2006, n. 3837, in Famiglia e Diritto, 2007, 3, 266 nota di SPACCAPELO Cass. civ. Sez. I, 24 luglio 2007, n. 16334, in Famiglia e Diritto, 2007, 11, 1060

Il rito camerale apre alla tutela giurisdizionale dei diritti Quasi paradossalmente, avere affidato l’appello nelle controversie di famiglia al rito camerale vuole dire: avere conquistato una tempistica di esaurimento del procedimento non comparabile con la lentezza dell’appello comune; avere conquistato un gravame pieno, godendo della pienezza delle forme della tutela giurisdizionale dei diritti, per tre ragioni positive.

1) irriducibilità de rito camerale alle regole del processo di cognizione piena La riconquista delle garanzia, attraverso il reclamo camerale, è dovuta all’irriducibilità del relativo rito alle regole del processo a cognzione piena e particolarmente alle regole dell’appello comune: divieto dei nova (art. 345 c.p.c.) esasperazione del motivo di appello (artt. 342 e 348 – bis c.p.c.)

2) l’indisponibilità del diritto Peraltro un processo prevaso da decadenze com’è l’attuale processo a cognizione piena presenta anche l’ostacolo del carattere indisponibile dei diritti tutelati: particolarmente i diritto del minore, la cui conseguenza è la partecipazione al processo del p.m. e la conseguente inapplicabilità dell’art. 348 – bis c.p.c.

3) la motivazione del decreto Il rito camerale, poi, si conclude con provvedimenti, che hanno la forma del decreto, per i quali il dovere di motivazione del giudice è attenuato, ciò che ha evidenti implicazioni sul corrispondente onere dell’appellante di specificare la motivazione.

I rischi di una giurisprudenza sull’art. 708, c.c., c.p.c. Nonostante la semplicità del ragionamento, il timore è che la giurisprudenza possa riproporre la disciplina eversiva rispetto al dato positivo dei reclami avverso le ordinanze presidenziali: costruiti rigorosamente come revisio priori istantiae, ove non semplicemente non si possono dedurre nuove prove ma si ipotizza addirittura un insensibilità ai fatti sopravvenuti deducibili solo davanti al g.i . (App. Cagliari, 26 marzo 2011, in Fam. Pers. Succ., 2011, 6, 471; Trib. Pistoia, 7 gennaio 2010, in Foro It., 2010, 7-8, I, 2199 nota di CEA,PROTO PISANI ); sino a inventare un’inammissibilità del reclamo dopo lo svolgimento nel procedimento della udienza innanzi al giudice istruttore. Ma qui si pone la lacuna legislativa nel coordinamento con il giudizio di merito, che non esiste nell’appello.

divieto di nova per la Cassazione Nel giudizio di appello, anche nelle controversie di divorzio (e di separazione personale dei coniugi) sono inammissibili nuovi mezzi di prova ancorché si tratti di prove documentali, salvo che il collegio ritenga tali mezzi indispensabili ai fini della decisione o la parte dimostri di non averli potuto produrre nel giudizio di primo grado, per causa a lei non imputabile. La violazione del divieto in parola, comunque, può essere ravvisata solo allorché una tale produzione abbia avuto rilievo decisivo ai fini della pronuncia, traducendosi in tale caso in un difetto di motivazione. Cass. civ. Sez. I, 10-06-2005, n. 12291, in Guida al Diritto, 2005, 29, 65

Riconciliazione, fatto impeditivo Nel giudizio di separazione dei coniugi, l'intervenuta riconciliazione integra una eccezione in senso lato poiché riguarda, in relazione al regime previsto dagli artt. 154 e 157 cod. civ., non un fatto impeditivo ma la sopravvenienza di una nuova condizione, il cui accertamento può avvenire anche d'ufficio da parte del giudice, ancorché sulla base di deduzioni ed allegazioni delle parti, mentre nel procedimento di divorzio l'interruzione della separazione deve essere eccepita - ai sensi dell'art. 3, quarto comma, lett. b), della legge 1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall'art. 5 della legge 6 marzo 1987, n. 74 - dal convenuto, assumendo rilievo quale fatto impeditivo della realizzazione della condizione temporale stabilita nella medesima disposizione. Ne consegue che solo in tale ipotesi la formulazione, per la prima volta, in appello dell'eccezione predetta è improponibile. Cass. civ. Sez. I, 17-09-2014, n. 19535

nuove circostanze, in appello Nel processo di separazione, il giudice d'appello, può modificare l'assegno di mantenimento per i figli minori anche soltanto con una diversa valutazione delle circostanze di fatto poste a fondamento della decisione impugnata, senza che sia necessario il concorso di circostanze nuove. Infatti le circostanze nuove costituiscono condizione necessaria soltanto nel giudizio di revisione di cui agli artt. 155 ter c.c. e 710 c.p.c. ma non anche per il giudizio d'appello promosso dal coniuge che richieda una modificazione dell'assegno. Cass. civ. Sez. I, 08-05-2013, n. 10720. in Famiglia e Diritto, 2014, 1, 31 nota di LAI

nuova domanda, emendatio In tema di separazione personale tra coniugi, la domanda rivolta a richiedere un assegno di natura alimentare costituisce un "minus" ricompreso nella più ampia domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento per il coniuge. Ne consegue che la relativa istanza - ancorché formulata per la prima volta in appello in conseguenza della dichiarazione di addebito - è ammissibile, non essendo qualificabile come nuova ai sensi dell'art. 345 cod. proc. civ., attesa anche la natura degli interessi ad essa sottostanti Cass. civ. Sez. I, 08-05-2013, n. 10718

appello incidentale Il rito camerale previsto per l'appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione personale non preclude la proponibilità dell'appello incidentale, anche indipendentemente dalla scadenza del termine per l'esperimento del gravame in via principale senza seguire le formalità dell’art. 343 c.p.c.. Cass. civ. Sez. I, 6 luglio 2004, n. 12309, in Gius, 2004, 4181 e in Guida al Diritto, 2004, 34, 72 Cass. civ. Sez. I, 20 gennaio 2006, n. 1179, in Impresa, 2006, 5, 859

..e nelle controversie fallimentari Nell’ambito invece dei riti fallimentari caratterizzati dal c.d. modello camerale spurio (perché cela in realtà un processo a cognizione piena di rito speciale) il concetto della liberalità della specificazione del motivo e della libertà della prova in appello è codificato, cfr. artt. 18, 19 per il processo per la dichiarazione di fallimento; art. 99 per il processo di accertamento del passivo; art. 26 per i reclami contro i provvedimenti del giudice delegato e del tribunale.

3. Ricorso per cassazione

le sentenze di separazione e divorzio Sono impugnabili, in quanto sentenze, innanzi alla S.C., con il ricorso ordinario, anche per i capi relativi ai provvedimenti personali del minore

i decreti della Corte in sede di reclamo L'art. 739 c.p.c. prevede che "contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla corte d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio" e che "salvo che la legge disponga altrimenti, non è ammesso reclamo contro i decreti della corte d'appello e contro quelli del tribunale pronunciati in sede di reclamo".

divieto di ricorsi ex art. 360 c.p.c. ...in senso generale contro i decreti della Corte di appello non è ammissibile il ricorso ex art. 360 c.p.c., ponendosi il solo problema del ricorso straordinario ex art. 111 Cost....

i figli nati fuori dal matrimonio Dunque per i figli nati fuori dal matrimonio non esiste, in relazione ai provvedimenti della Corte di Appello, in forma di decreto, il ricorso ex art. 360 c.p.c., ma in ipotesi solo il ricorso ex art. 111 Cost.

Le oscillazioni della S.C. ....è sempre stata data risposta positiva per quanto concerne i decreti della Corte d'appello pronunciati nei procedimenti di revisione delle condizioni di separazione e di divorzio ma risposta negativa per quanto concerne, invece, i decreti pronunciati dalla Corte d'appello nei procedimenti de potestate.

Modifica e revoca delle condizioni di separazione e divorzio Il decreto emesso in camera di consiglio dalla Corte d'appello a seguito di reclamo avverso i provvedimenti emanati dal tribunale (sempre in camera di consiglio) sull'istanza di revisione delle disposizioni relative alla misura ed alle modalità dell'assegno, posto precedentemente a carico di uno dei coniugi dalla sentenza che aveva pronunciato la separazione, può essere impugnato avanti alla Corte di cassazione solo con il ricorso straordinario per violazione di legge, ai sensi dell'art. 111 cost., essendo preclusa la proponibilità di un ordinario ricorso per cassazione dall'art. 739, comma 3, c.p.c.,. Cass. civ. Sez. I, 4 gennaio 2000, n. 11, in Giur. it., 2000, 461 nota di CASTAGNARO, ENRIQUEZ Cass. sez. I, 30 dicembre 2004, n. 24265, in Foro It. 2005, I, 2426. Cass. sez. I, 4 febbraio 2005, n. 2348

Provvedimenti resi ai sensi degli artt. 330, 333 e 336 c. c Provvedimenti resi ai sensi degli artt. 330, 333 e 336 c.c., primo orientamento il primo orientamento, più risalente, riteneva che i provvedimenti emessi in via provvisoria ed urgente ex art. 333 c.c. incidessero su posizioni di diritto soggettivo in conflitto e, in quanto tali, venivano considerati ricorribili per Cassazione ex art. 111 Cost. Cass., SS.UU., 9 gennaio 2001, n. 1, in Fam. dir., 2001, 282, con nota di Civinini; Cass. civ., 16 giugno 1983, n. 4128, in Giur. it., 1983, I, 1, 1347

segue, secondo orientamento il secondo orientamento, di poco successivo al precedente, riteneva che i decreti camerali relativi all'affidamento dei minori, adottati dal Tribunale per i minorenni ex artt. 333 c.c. e 38 disp. att. c.c., non essendo connotati dai requisiti della decisorietà e della definitività, non potessero formare oggetto di ricorso straordinario in Cassazione, in quanto finalizzati esclusivamente alla tutela dei minori e comunque modificabili nel tempo senza limiti (salvo statuizioni sulla competenza). Cass. civ., 15 marzo 2001, n. 3765, in Giust. civ., 2001, I, 2658.

finale orientamento - il terzo orientamento, più recente ed oggi maggioritario, riteneva e ritiene sempre inammissibile il ricorso straordinario per Cassazione, e ciò anche qualora il provvedimento giudiziale diverso dalla sentenza contenga statuizioni relative alla competenza o altre processuali. Cass, sez. I, 5 marzo 2008, n. 5953, in Fam. dir., 2008, 11, 983 Cass., sez. un., 15-07-2003, n. 11026.

ricorso per cassazione avverso decreti sull’affidamento ex 317 bis (vecchio tenore) “in quanto, pur riguardando posizioni di diritto soggettivo, chiudono un procedimento di tipo non contenzioso, privo di un vero e proprio contraddittorio, non statuiscono in via decisoria e definitiva su dette posizioni, stante la loro revocabilità e modificabilità per motivi sia sopravvenuti che preesistenti, e si esauriscono pertanto in un governo di interessi sottratti all'autonomia privata, senza risolvere un conflitto su diritti contrapposti neppure se il ricorrente lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale”, non sono ricorribili ex 111 Cost. Cass. sez. unite, 8 aprile 2008, n. 9042, in Foro It. 2008, I, 2532 Cass. sez. unite, 30 novembre 2007, n. 25008 Cass. sez. un., 15 luglio 2003, n. 11026

ricorso per cassazione avverso decreti sull’affidamento ex 317 bis Nuovo orientamento, secondo il quale i decreti ex art. 317 – bis, sull’affidamento dei minori sono ricorribili in Cassazione ex art. 111 Cost. Cass. sez. I, 4 novembre 2009, n. 23411 ; Cass. sez. I, 30 ottobre 2009, n. 23032, in Famiglia e Diritto, 2010, 2, 115 nota di DOSI

il problema la nomoficlachia Un orientamento uniformante del giudice di legittimità si presenta assai utile nell’ambito dei provvedimenti personali che riguardano il minore, a valere anche per il figlio nato fuori dal matrimonio.

...avverso ordinanze provvisorie Il provvedimento d'inammissibilità, emesso dalla corte d'appello in sede di reclamo avverso l'ordinanza del giudice istruttore che, nel corso del procedimento di separazione personale, abbia adottato misure sanzionatorie ai sensi dell'art. 709 ter cod. proc. civ., non è ricorribile per cassazione, mutuando l'assenza di definitività e decisorietà dal provvedimento reclamato (art. 709 ter, ultimo comma cod. proc. civ.) Cass. civ. Sez. I, 21-11-2011, n. 24423 Cass. civ. Sez. I, 26-09-2011, n. 19586 Cass. civ. Sez. I, 26-01-2011, n. 1841

ordinanze ex art. 156 c.c., sul sequestro o il pagamento diretto da parte del debitor debitoris “Quanto alla corresponsione diretta di assegno, a carico del terzo debitore, il provvedimento, all'evidenza, non risolve una controversia sulla esistenza del diritto del coniuge all'assegno, diritto che ne costituisce un presupposto, ma piuttosto attiene alle modalità di attuazione del diritto stesso,non ha dunque carattere di decisorietà, e non è definitivo, potendo essere modificato, seppur a seguito di mutamento delle circostanze, non è pertanto ricorribile ex art. 111 Cost. Cass. Civ., Sez. I, sentenza 22 aprile 2013 n. 9671