Paolo Borsellino L’eroe della Sicilia L’eroe della Sicilia
La vita Paolo Borsellino nacque il 19 gennaio 1940 e morì il 19 luglio 1992 a Palermo. Insieme a Giovanni Falcone, amico e collega, è ritenuto un eroe nella lotta contro la mafia. Un Uomo con la “U” maiuscola che ha dedicato la sua vita a migliorare il suo Paese servendosi esclusivamente della legge.
Nel 1963 partecipò al concorso di magistratura e diventò il più giovane magistrato d’Italia. Sacrificò la sua intera vita per combattere Cosa Nostra, correndo spesso pericoli. Nel 1983 giunse da Firenze il giudice Caponnetto il quale decise di istituire presso l’Ufficio istruzione un "pool antimafia", ossia un gruppo di giudici istruttori che si sarebbero occupati esclusivamente dei reati di stampo mafioso e, lavorando in gruppo, essi avrebbero avuto una visione più chiara e completa del fenomeno mafioso e, di conseguenza, la possibilità di combatterlo più efficacemente. Caponnetto chiamò Borsellino a fare parte del pool insieme a Giovanni Falcone, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta.
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino Falcone e Borsellino furono due servitori dello Stato che, lavorando a stretto contatto, diedero per la prima volta un duro colpo alla mafia organizzata in Sicilia. Falcone e Borsellino: due nomi, due eroi, due martiri del nostro tempo, una sola memoria a testimonianza di una tragedia che ha colpito tutti. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano uniti in vita, legati da un solo obiettivo: estirpare la “mala pianta” mafiosa e arrivare alle menti raffinatissime che controllano tutto il sistema criminale. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono ora indivisibili nella nostra memoria. Ma soprattutto sono diventati ancora più forti che mai, il loro esempio le loro idee camminano sulle nostre gambe e non moriranno mai.
I 57 giorni tra la morte di Falcone e quella di Borsellino Alla sua morte, Falcone si occupava dell'amministrazione carceraria a Roma, essendo stato trasferito là. Di conseguenza era stato allontanato dal pool antimafia già da un anno circa. Le visite a Palermo erano comunque abbastanza frequenti e fu appunto lì, nella sua città natale, capoluogo siculo che fu colpito dall'attentato organizzato da Cosa Nostra. Paolo Borsellino, al contrario, era pubblico ministero e quindi ad essere parte integrante del pool antimafia. Durante i 57 giorni che separarono la sua morte da quella dell'amico, il giudice si sentì costantemente sotto pressione, poiché sapeva che egli stesso era legato a Falcone da uno stretto rapporto di colleganza inscindibile che, nonostante il suo trasferimento, era rimasto indissolubile. In ogni caso, benchè fosse consapevole che la sua fosse una corsa contro il tempo, continuò le sue indagini. Gli elementi su cui lavorò Paolo Borsellino in quei due mesi sono comunque ignoti ancora oggi, uno dei tanti «misteri all'italiana» poiché, dopo la strage di Via D'Amelio avvenuta il 19 luglio 1992, sparì la sua famosa agenda rossa dove appuntava i resoconti delle sue indagini.
La morte Paolo Borsellino morì il 19 luglio del 1992 nella sua città d’origine, Palermo. Il suo assassinio fu progettato e messo in atto da Cosa Nostra, clan mafioso. L’accaduto viene ancora ricordato oggi come «la strage di Via d’Amelio» in cui morì, non solo il rinomato giudice, ma anche alcuni membri della sua scorta.
Quel giorno Borsellino, dopo aver pranzato con la moglie Agnese e i due figli Manfredi e Lucia, si reca a Via d’Amelio, dove viveva la madre. Ad aspettarlo un macchina imbottita di tritolo e tanto dolore.
…e l’agenda rossa? Nonostante la magistratura abbia ottenuto fondamentali risultati nell’accertamento della matrice mafiosa della strage e nell’individuazione dei responsabili interni all’associazione criminale Cosa Nostra, pesanti zone d’ombra permangono sulle entità esterne all’organizzazione mafiosa che con questa hanno interagito nella progettazione ed esecuzione del piano stragista. Un documento che potrebbe fornire indicazioni determinanti per dare un volto ai mandanti esterni della strage è l’agenda rossa di Paolo Borsellino sulla quale il magistrato era solito appuntare riflessioni e contenuti dei suoi colloqui investigativi. Borsellino ripose l’agenda nella sua borsa di cuoio poco prima di recarsi dalla madre in via D’Amelio il 19 luglio 1992, come testimoniato dai figli e dalla moglie del Magistrato. Da quel momento dell’agenda si sono perse le tracce: nella borsa del Magistrato trovata intatta dopo l’esplosione sono stati rinvenuti alcuni oggetti personali ma non l’agenda. In quel diario sono contenuti appunti sugli incontri ed i colloqui che Borsellino ebbe con collaboratori di giustizia e con rappresentanti delle Istituzioni. Si tratta di elementi determinanti per mettere a fuoco le complicità di pezzi dello stato con Cosa Nostra.
"Non è stata rubata dalla mafia "Non è stata rubata dalla mafia. Qualcuno all'interno delle istituzioni sa dov'è finita l'agenda di Paolo". Dice il procuratore di Caltanissetta. Gli investigatori della Dia e della polizia scientifica hanno consegnato ai magistrati di Caltanissetta. Un filmato fatto di frammenti messi insieme incastrando riprese di operatori televisivi di Rai, Canale 5, emittenti private e anche di qualche videoamatore. Fra quelle mille facce che compaiono e scompaiono in pochi attimi dal filmato, gli inquirenti sono convinti di individuare il ladro dell'agenda rossa. I loro sospetti si sono concentrati su un funzionario degli apparati di sicurezza che era lì, sul luogo della strage.
Movimento agende rosse Nel 2009 promuove a Palermo, in occasione del 17º anniversario della strage di Via D'Amelio e in collaborazione con il Comitato Cittadino Antimafia "19 Luglio 2009", la prima Marcia delle Agende Rosse da cui nascerà il "movimento delle Agende Rosse". "Il Movimento delle Agende Rosse nasce per iniziativa di Salvatore Borsellino (fratello minore di Paolo Borsellino) ed è costituito da cittadini che agiscono affinché sia fatta piena luce sulla strage di Via D’Amelio a Palermo del 19 luglio 1992, nella quale furono uccisi il magistrato Paolo Borsellino insieme alla sua scorta. Le iniziative organizzate dagli aderenti al Movimento hanno lo scopo di incoraggiare la parte migliore delle Istituzioni nella ricerca della piena verità sui moventi e mandanti della strage di via D’Amelio”
Rita Atria Rita Atria nasce il 4 settembre 1974 a Partanna Nel 1985, all'età di undici anni Rita perde il padre Vito Atria, era un mafioso e viene ucciso in un agguato. Alla morte del padre Rita si lega ancora di più al fratello Nicola ed alla cognata Piera Aiello. Da Nicola, anch'egli mafioso, Rita raccoglie le più intime confidenze sugli affari e sulle dinamiche mafiose a Partanna. Nel giugno 1991 Nicola Atria viene ucciso e sua moglie Piera Aiello, che era presente all’omicidio del marito, denuncia i due assassini e collabora con la polizia. Rita Atria, a soli 17 anni, nel novembre 1991, decide di seguire le orme della cognata, cercando, nella magistratura, giustizia per quegli omicidi. Il primo a raccogliere le sue rivelazioni è il giudice Paolo Borsellino, al quale si lega come ad un padre. Le deposizioni di Rita e di Piera, unitamente ad altre testimonianze, permettono di arrestare numerosi mafiosi di Partanna, Sciacca e Marsala Nel 26 luglio 1992 Una settimana dopo la strage di via d'Amelio nel 26 luglio 1992, Rita Atria si uccide a Roma,, lanciandosi dal settimo piano di un palazzo di viale Amelia, 23. Rita Atria nasce il 4 settembre 1974 a Partanna
« Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta»
Le frasi più celebri di Borsellino Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene. - Paolo Borsellino Davanti alle difficoltà non bisogna arrendersi. Al contrario, devono stimolarci a fare sempre di più o meglio, o superare gli ostacoli per raggiungere risultati che ci siamo prefissati. E’ normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.
Non li avete uccisi: le loro idee camminano sulle nostre gambe.
A cura di: Flavia Ricciuti Filippo Savi Giacomo Stella Rachele Valentini Ellora Bianchini Giulia Gotti Lega