AGOGO L'agogo è uno strumento a percussione della famiglia degli idiofoni originario della Nigeria e successivamente diffusosi in Brasile con lo stesso.

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Transcript della presentazione:

AGOGO L'agogo è uno strumento a percussione della famiglia degli idiofoni originario della Nigeria e successivamente diffusosi in Brasile con lo stesso nome e a Cuba con il nome di ogàn o ekón. Il nome principale deriva da akoko, termine brasiliano (lingua nage) che significa "misuratore di tempo". È formato da due o più campane di ferro senza batacchio di dimensioni conico allungate e grandezze diverse, uniti alla base da una connessione che funge anche da impugnatura. Lo si suona reggendolo in mano (per attutire le vibrazioni) e percuotendolo con il lato di una bacchetta in legno o in ferro alla ricerca dei punti di migliore sonorità. Il ruolo principale di questo strumento è l'esecuzione di una frase ritmica invariata chiamata generalmente chiave, che serve a dare il ritmo sul quale si basa l'andamento generale di una danza.

BONGO Il termine "bongo" è un termine generico che fa riferimento un po' a tutti i tamburi definiti "etnici". In realtà esiste l'appropriato "bongó" (e anche "bongos", usato forse con maggior frequenza ma decisamente meno corretto) al quale si riferisce quel tamburo di origine Cubana, poi diffusosi in tutta l'America Latina e in tutto il mondo, costituito da due "tamburi" fatti a forma di tronco di cono con montata una pelle ciascuno (pelle che può essere accordata tramite dei tiranti), uno un po' più piccolo dell'altro, in modo da ottenere due suoni ben distinti: il più grande ha una tonalità più grave ed è chiamato "hembra" (in italiano: femmina), mentre il più piccolo ha una tonalità più acuta ed è chiamato "macho" (in italiano: maschio); sono uniti da un parallelepipedo di legno fissato tra un tamburo e l'altro. Inizialmente era usato come unico strumento percussivo nei gruppi che suonavano il "cha-cha", "bolero" e "danzón"; successivamente, con l'entrata nei gruppi di altre percussioni quali "congas" (o tumbadoras) e "timbales" (o paila), diventano strumento per creare abbellimenti e fraseggi per enfatizzare il canto e/o un particolare momento del brano; quando entra il "mambo", cioè la parte del brano con i fiati, il "bongocero" (chi suona il bongó) lascia il bongó per suonare la campana a mano.

DJEMBE Il djembe (trascritto anche come djembè, djembé, djambè, djambé, jenbe, jembe, djimbe e secondo altre varianti) è un tamburo a calice originario dell'Africa occidentale, in particolare della Guinea Conakry, Mali, Burkina Faso, Senegal e Costa d'Avorio e oggi diffuso in tutto il mondo. Il djembè è composto da un calice in legno ricoperto di pelle di capra o più raramente di mucca e da un sistema di tiraggio della pelle stessa, formato da corde e da cerchi metallici. Viene suonato a mani piene e ha tre colpi principali, lo slap (suono acuto), il tone (suono medio) ed il base (suono basso). Si tratta di uno strumento che raramente viene utilizzato in solo: si suona piuttosto insieme ad altri tamburi e ad altri strumenti che, attraverso composizioni ritmiche, danno vita ad una poliritmia in cui intervengono degli "a solo" per ogni tamburo.

HOSHO L'hosho è uno strumento a percussione di tipo idiofono di origine africana, usato nella musica tradizionale dello Zimbabwe e diffuso soprattutto tra gli Shona. È un tipo di sonaglio, composto da una piccola zucca e dai semi di hota (canna indica) che accompagna un altro strumento della musica tradizionale Shona, la m'bira. Altri strumenti tipici della tradizione musicale diffusa in Zimbabwe sono il magavhu, un altro tipo di sonaglio che si lega alle caviglie e l'ngoma, il tamburo regale.

VALIHA La valiha è uno strumento musicale a corde tipico del Madagascar. Assomiglia a una cetra con la cassa armonica realizzata con una canna di bambù di grande diametro. Le corde erano tradizionalmente fatte con fili di corteccia della pianta; oggi sono comunemente usate corde di chitarra o dai fili metallici che, attorcigliati, formano i cavi dei freni delle biciclette. In questo caso, ogni corda può essere costituita da un singolo filo o da due fili attorcigliati. I ponticelli sono realizzati con piccoli pezzi di legno fissati a diverse distanze lungo la canna. Il più grande suonatore di valiha fu probabilmente Rakotosafy, nato nel 1938. Solo poche registrazioni delle sue performance sono ancora reperibili; quasi tutte sono state incise negli studio della radio malgascio Malagasy Radio. Su Rakotosafy è stato realizzato un documentario dal titolo Like a God When He Plays ("come un Dio quando suona"). Altri musicisti celebri sono Zeze, Mama Sana, Tovo, Rajery, Sylvestre Randafison e Justin Vali.

KAJAMBA Il kayamba è uno strumento musicale tradizionale del popolo Luo dell'Africa centro-orientale appartenente alla categoria degli idiofoni. È formato da due tavolette sottili, generalmente in legno, tenute insieme da un particolare intreccio di fili d'erba e di sisal, che serrano uno strato interno fatto di piccoli ciottoli, fagioli o altri semi. Quando lo strumento viene agitato o ruotato dal musicista, produce un suono ritmico delicato, simile per certi aspetti a quello prodotto dal bastone della pioggia. Alcuni kayamba hanno delle maniglie laterali per facilitare il battimento ritmico. È uno strumento d'accompagnamento delle danze e dei canti cerimoniali, come lo shekere e le krakeb della musica gnawa.

TAMBURO PARLANTE Il tamburo parlante, meglio noto col nome inglese talking drum, è un tamburo a clessidra originario dell'Africa occidentale. Il suonatore tiene il tamburo immediatamente sotto l'ascella sinistra, sostenuto da una tracolla, o lo sostiene circondandolo col braccio sinistro (nel caso dei tamburi più grandi), mentre lo colpisce con una singola bacchetta ricurva tenuta nella mano destra. Il braccio sinistro agisce sulle corde che tengono tese le membrane del tamburo, premendole per tenderle o lasciandole per allentarle, modificando così il tono prodotto dallo strumento. I musicisti più abili riescono a produrre modulazioni che ricordano quelle della voce umana, specialmente con riferimento ai linguaggi tonali di alcune zone dell'Africa. Presso alcuni popoli (per esempio i Bulu del Camerun), questa tecnica è stata raffinata al punto che con il tamburo vengono riprodotte vere e proprie frasi e nomi di persona,è questo il motivo da cui deriva il proprio nome.