Dal libro allo schermo: la trasposizione filmica come esempio di traduzione.

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Dal libro allo schermo: la trasposizione filmica come esempio di traduzione

Si racconta che un asino, entrato in un magazzino di Hollywood, trovò una “pizza” del film Uomini e topi e cominciò a mangiarla. “E’ buona?” gli chiese un cavallo che era nei paraggi. “Sì - rispose l’asino - ma il libro era meglio.

Dal libro allo schermo: la trasposizione filmica come esempio di traduzione Le traduzioni, che sono più che semplici trasmissioni, sorgono quando un’opera ha raggiunto, nella sua sopravvivenza, l’epoca della sua gloria. Per cui non tanto servono alla sua gloria, come i cattivi traduttori affermano del loro lavoro, quanto piuttosto le devono la loro esistenza. In esse la vita dell’originale raggiunge, in forma sempre rinnovata, il suo ultimo e più comprensivo dispiegamento. (W. Benjamin, Schriften, Suhrkamp Verlag, 1955; tr. it. Angelus Novus, Torino, Einaudi, 1982, pp )

Dal libro allo schermo: la trasposizione filmica come esempio di traduzione Ogni fruizione è un’interpretazione ed una esecuzione, poiché in ogni fruizione l’opera rivive in una prospettiva originale. […] la poetica dell’opera aperta tende a promuovere nell’interprete “atti di libertà cosciente”, a porlo come centro attivo di una rete di relazioni inesauribili, tra le quali egli instaura la propria forma. U. Eco, Opera aperta, Milano, Bompiani, 1962, pp

Dal libro allo schermo: la trasposizione filmica come esempio di traduzione Se tradurre è desiderio di passare all’altra riva, è proprio l’inesauribile altro, sempre incompiuto e sempre inaugurale, che dà senso all’iniziativa. Sia che il traduttore, (1) nell’orgoglio di pareggiare l’originale, ambisca alla costruzione di una torre di Babele, e patisca quindi l’espiazione dell’irraggiungibilità e del fallimento; sia che dopo la lunga notte della (2) lotta con l’Angelo, lo Sconosciuto o l’Inquietante, guadagni all’alba la benedizione della riuscita; sia che, attraverso la strategia del corpo a corpo e della competizione mimetica, del travestimento “parodico”, finisca col riconoscere il (3) suo unico merito nel movimento stesso della metis e dell’agone; di queste tre vocazioni o attitudini al linguaggio che formano la silloge delle cadenze strofiche, teoretiche e tecniche della traduzione, resta perenne ed inesausto il compito del traduttore. (G. Franci, A. Marchetti (a cura di), “Ripae Ulterioris Amore” Traduzioni e Traduttori, Bologna, In Forma di parole, 1991, pp , corsivo di chi scrive)

Dal libro allo schermo: la trasposizione filmica come esempio di traduzione Sovente si introduce una distinzione tra essere fedele alla ‘lettera’, un approccio che, come può suggerire uno scrittore esperto, difficilmente assicura un adattamento ‘riuscito’, e allo ‘spirito’ o all’ ‘essenza’ dell’opera. Quest’ultimo è senz’altro un approccio molto più difficile da delimitare poiché non implica un mero parallelismo tra romanzo e film, ma tra due o più letture interpretative di un romanzo. Ogni versione filmica dovrebbe non solo tentare di riprodurre e riproporre la lettura interpretativa del testo originale effettuata dal regista ma anche sperare che questa lettura coincida con quella di molti altri lettori/spettatori. Dal momento che questa coincidenza è improbabile, l’approccio mirato ad analizzare la fedeltà del testo sembra un’impresa destinata all’insuccesso e la critica che si basa sul presupposto della fedeltà sembra essere poco chiarificatrice. (B. McFarlane, Novel to Film. An Introduction to the Theory of Adaptation, Oxford, Clarendon Press, 1996, p.9. )

Dal libro allo schermo: la trasposizione filmica come esempio di traduzione vi è un’altra classe di indeterminati - che i fenomenologi chiamano Unbestimmtheiten - che derivano dalla natura specifica del medium. Il medium può essere specializzato in certi effetti narrativi e non in altri. Il cinema, ad esempio, può con facilità presentare dei personaggi - e lo fa di norma - senza esprimere quello che passa per la loro mente; generalmente è necessario inferire i loro pensieri da ciò che dicono e fanno manifestamente. La narrativa verbale trova, d’altra parte, difficoltoso questo tipo di enunciazione. […] Viceversa la narrativa verbale può, per scelta, non mostrare alcuni aspetti visivi, ad esempio gli abiti di un personaggio, e rimanere completamente unbestimmt a loro riguardo o descriverli in modo generico. “Era vestito da strada”. Il cinema invece non può evitare una rappresentazione abbastanza precisa del dettaglio visivo. Non può dire semplicemente: “Un uomo entrò nella stanza”. Quest’uomo deve essere vestito in un certo modo. In altre parole il vestire, unbestimmt nella narrativa verbale deve essere bestimmt in un film

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