COMUNITA’ AGOSTINIANA

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Transcript della presentazione:

COMUNITA’ AGOSTINIANA PERCORSO BIBLICO 08-09 GUBBIO COMUNITA’ AGOSTINIANA 7° INCONTRO LETTERA AI GALATI COMMENTO (3,10-19)

10. Tutti quelli che insistono sulle opere della Legge: La frase di Paolo (trad. lett. “coloro che sono dalle opere della Legge”) è in effetti un parallelo della sua espressione, “gli uomini di fede” (3,7). Sono sotto la maledizione: Spiegato da Dt. 27,26; vedi anche 28,58-59. Secondo Paolo la Legge non poteva trasmettere le benedizioni di Abramo; imponeva al contrario una maledizione, dato che sotto tale pena obbligava gli uomini al peso insopportabile (At. 15-10) di osservare ogni sua singola parola.

Tale obbligo era imposto all’uomo estrinsecamente senza che gli si desse un aiuto per osservarlo (v. Rm. 7). Dopo aver citato il testo veterotestamentario che maledice coloro che non osservano la Legge, Paolo passa a mostrare che lo stesso A.T. insegna che gli uomini ottengono la vita nel vero senso del termine attraverso la Fede. 11. Il giusto vivrà in virtù della Fede: L’argomento scritturistico continua con una citazione di Ab. 2,4. la vita per un uomo giusto scaturisce dalla Fede, non dall’osservanza della Legge. In realtà il Testo Masoretico di Ab. legge, “a causa della sua fedeltà”. Ma Paolo usa la LXX e interpreta il termine greco pistis pistiV nel suo senso pregnante di Fede Cristiana. Tale “Fede” produrrà negli uomini la “Vita” nel senso più pieno della parola.

12. La Legge non dipende dalla Fede: Il suo principio è al contrario l’osservanza universale delle sue prescrizioni; cfr. Lv. 18,5 “chiunque le metterà in pratica vivrà per mezzo di esse”. Benché il testo del Levitico insegni che chi osserva la Legge ottiene la vita, e Paolo in un altro contesto accetti tale affermazione (cfr. Rm. 2,13), qui la sua attenzione è focalizzata sulla frase “per mezzo di esse” (vale a dire, attraverso le minuziose prescrizioni della Legge, le “opere della Legge”. Queste cose, afferma Paolo, non hanno nulla a che fare con la Fede. I pagano-cristiani, quindi, che credono in Cristo e hanno acquistato la Fede in lui, Kyrios KurioV, non possono più andare alla ricerca di una qualsiasi giustificazione tramite l’osservanza di pochi o di tutti i dettagli della Legge mosaica.

13. Cristo ci ha liberati [noi giudeo-cristiani in modo speciale] dalla maledizione della Legge: La Legge con tutte le sue numerose prescrizioni aveva imposto all’uomo il giogo della schiavitù (5,1), e da tale schiavitù l’uomo è stato liberato dal “riscatto” di Cristo (1Cor. 6,20; 7,23). Come YHWH יהוה nell’A.T. “acquistò” il suo popolo mediante l’Alleanza, così Cristo con il sangue del suo patto, versato sulla croce, “acquistò” il suo popolo. Questo riscatto però emancipò il nuovo popolo di Dio dalla Legge e dalla sua maledizione; attraverso la Fede in Cristo i cristiani sono diventati liberi (5,1).

Essendosi fatto lui maledizione per noi: Secondo lo stile della logica rabbinica, Paolo passa da un significato di ‘maledizione’ ad un altro: da una maledizione comminata a chi non osserva tutte le prescrizioni della Legge alla maledizione specifica pronunciata nella Legge contro un uomo appeso ad un palo (Dt. 21,23, citato subito dopo da Paolo). Quest’ultima maledizione era diretta verso il cadavere di un criminale messo a morte ed esposto al pubblico per esercitare un effetto preventivo contro i reati (v. Gs. 10,26-27: 2Sam. 4,12). Gravava su di lui la maledizione di Dio e così contaminava la terra d’Israele; non doveva perciò rimanere appeso oltre il calar del sole. Al tempo dei Romani, quando la crocifissione divenne una frequente misura punitiva, il v. veterotestamentario fu applicato ad essa. La Chiesa primitiva considerava la crocifissione come un “essere appeso” (At. 10,33).

Questo concetto soggiace al riferimento di Paolo a Cristo crocifisso come a una “maledizione”, vale a dire qualcosa su cui grava una maledizione. Nel citare Dt. 21,23, Paolo omette delicatamente “da Dio” e in tal modo esclude chiaramente l’insinuazione di alcuni commentatori più tardivi secondo i quali Cristo sarebbe stato maledetto dal Padre. L’immagine di Paolo è audace e benché essa offra soltanto “un’analogia remota e materiale” come ci dice Lyonnet con un cadavere appeso ad un palo dopo la morte, non va troppo affievolita. Il v. va inteso con 2,19: Cristo fu crocifisso “mediante la Legge”. Paolo vede il Cristo che muore come uno su cui cade la maledizione della Legge, come l’incarnazione, “per noi”, della totalità della maledizione della Legge (ma non ci spiega in quale modo). Egli comunque morì alla Legge, e nella sua morte anche noi morimmo vicariamente; egli pose un termine alla Legge con tutte le sue prescrizioni (Ef. 2,15), e divenne “il termine della Legge” (Rm. 10,4) pertanto la legge mosaica e la vita cristiana sono d’ora in poi incompatibili. 14. Noi ricevessimo la promessa dello Spirito: Promesso non ad Abramo ma al popolo d’Israele attraverso i profeti (Ez. 36,26; 37,14; 39,29; Gioe. 2,28).

15. Nessuno può annullare o modificare il testamento di un uomo: Soltanto il testatore può farlo (con una revoca o con un proscritto) e nessun altro. Paolo gioca sul significato di diatheke diaqhke, che nel senso ellenistico significava “ultima volontà e testamento”. Ma i traduttori della LXX usarono questo termine (invece di syntheke sunqhke, “trattato”) per rendere il termine dell’ebraico BeRIT ברית, “Alleanza”, probabilmente perché esso caratterizzava meglio quel tipo particolare di Alleanza nella quale Dio fece delle promesse e stabilì degli accordi che Israele si era impegnato a rispettare. Paolo inizia la sua argomentazione usando il termine diatheke diaqhke nel senso ellenistico, ma si sposta gradualmente verso il senso della LXX (3,17).

16. Ad Abramo e alla sua discendenza: (trad. lett 16. Ad Abramo e alla sua discendenza: (trad. lett. “ suo seme” [si tratta di un singolare collettivo]. In ebraico il plurale di zera’ זרע non è usato per designare discendenti umani, mentre lo è in greco il plurale spermata spermata. Paolo pertanto, con logica rabbinica, interpreta il singolare ebraico come un riferimento al Cristo storico.

17. 430 anni dopo: Il tempo del soggiorno di Israele in Egitto così come viene indicato da Es. 12,40-41 (TM). La LXX indica lo stesso arco di tempo per designare il soggiorno di Israele in Egitto e in Canaan. In effetti il computo può essere errato di circa 200 anni ma ciò non attacca minimamente l’argomento di Paolo. La disposizione testamentaria unilaterale (diatheke diathke) fatta ad Abramo non fu alterata dalle susseguenti prescrizioni imposte dalla Legge mosaica. Viene in tal modo respinta la tesi dei giudaizzanti secondo cui le promesse dell’Alleanza furono in seguito condizionate al compimento delle “opere della Legge”.

18. Se l’eredita [della Promessa] dipendesse dalla Legge: Avremmo un contratto bilaterale e verrebbe distrutta la stessa nozione di Promessa. Nella LXX kleronomia klhronomia è il termine per eccellenza per designare l’ ”eredità” della Terra di Canaan; qui esso denota piuttosto le benedizioni promesse ad Abramo in generale. 19. Aggiunta per causare trasgressioni: (trad. lett. “per le trasgressioni”), che alcuni commentatori antichi tentano di interpretare nel senso di “per diminuire le trasgressioni”. Una legge ha lo scopo di impedire i crimini ma non di impedire le trasgressioni della prescrizione legale, che possono verificarsi anzi soltanto in quanto esiste la legge.