Università di Urbino Facoltà di Economia A.A. 2013/2014 DIRITTO DEL LAVORO Il Rapporto di lavoro subordinato La cessazione del rapporto di lavoro Lezione.

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Università di Urbino Facoltà di Economia A.A. 2013/2014 DIRITTO DEL LAVORO Il Rapporto di lavoro subordinato La cessazione del rapporto di lavoro Lezione 8 15 e 16 maggio 2014 Natalia Paci

2 LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO Recesso unilaterale del lavoratore: dimissioni Recesso del datore di lavoro: licenziamento Risoluzione consensuale (art. 1372, c. 1, c.c.) Scadenza del termine Altre particolari circostanze previste dalla legge (es. mancato rientro del lavoratore dopo la reintegrazione, dopo il comporto) Morte del lavoratore Impossibilità sopravvenuta della prestazione/forza maggiore

3 IL RECESSO DAL CONTRATTO DI LAVORO: IL CODICE CIVILE Il codice civile: recesso ad nutum e recesso in tronco (artt e 2119 c.c.) Ratio del recesso ad nutum 1)Garanzia di libertà verso vincoli contrattuali a tempo indeterminato 2)Garanzia di eguaglianza tra le parti, poste in posizione simmetrica e di reciprocità 3)Allineamento della risoluzione del rapporto di lavoro subordinato a quella di ogni altro contratto sinallagmatico a tempo indeterminato; 4)Logica simmetrica tra la costituzione e la cessazione del rapporto di lavoro, nel comune segno della libera determinazione ad opera delle parti 5)Logica mistificatoria, rispettosa dell’ >, ma non di quella >

4 IL PREAVVISO La funzione è di consentire alla controparte di organizzarsi per affrontare le conseguenze dell’estinzione del rapporto Viene meno in caso di giusta causa (art c.c.) La durata è generalmente prevista dal contratto collettivo in relazione all’anzianità di servizio e all’inquadramento del lavoratore In mancanza di preavviso: obbligo di indennità sostitutiva, che è dovuta con funzione assistenziale anche in caso di morte del lavoratore (artt c.c.). Secondo la più recente giurisprudenza, la corresponsione dell’indennità ha funzione estintiva del rapporto.

5 DIMISSIONI (art. 4, c. 16 ss., L. n. 92/2012 e L. 99/2013) NOVITA’ FORNERO di contrasto alle c.d. dimissioni in bianco. La risoluzione consensuale del rapporto e le dimissioni DEVONO ESSERE CONVALIDATE dagli uffici competenti (DTL o Centro per l’Impiego per le risoluzioni e dimissioni “ordinarie”; servizio ispettivo del Ministero del Lavoro per le risoluzioni e dimissioni in periodo c.d. protetto ex art. 55, c. 4, D.Lgs. n. 151/2001). Per le risoluzioni e dimissioni “ordinarie” è possibile, in alternativa, anche che le dimissioni siano CONFERMATE tramite apposita dichiarazione resa dal lavoratore in calce a un atto con data certa, quindi, non manipolabile, quale è la ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto effettuata al Centro per l’impiego dal datore entro 5 gg. dalle dimissioni o dalla risoluzione. La CONVALIDA/CONFERMA ha EFFICACIA SOSPENSIVA della RISOLUZIONE del rapporto di lavoro. Il datore di lavoro non deve semplicemente attendere la convalida/conferma spontanea, ma (se questa non arriva) deve attivarsi entro 30 gg. dalla data delle dimissioni o della risoluzione, a pena di inefficacia di queste, invitando per iscritto il lavoratore alla convalida/conferma. Il lavoratore ha 7 giorni (dall’invito) per CONVALIDARE/CONFERMARE oppure per REVOCARE le proprie dimissioni. Se non compie nessuno dei due atti, il rapporto si intende risolto. Le disposizioni sulla procedura di convalida/conferma sono estese, in quanto compatibili, anche ai contratti di lavoro parasubordinato e ai contratti di associazione in partecipazione.

6 Limiti al licenziamento individuale

7 IL LICENZIAMENTO: L’EVOLUZIONE E I LIMITI POSTI DALLA L. N. 604/1996 Gli accordi interconfederali del 1950 e del 1965 prime limitazioni al potere datoriale di libero recesso. La legge n. 604/1966 Principio di giustificazione obiettiva del licenziamento: è illegittimo il licenziamento senza “giusta causa” o “giustificato motivo”, con onere della prova a carico del datore Regime sanzionatorio moderato: riassunzione del lavoratore o, a scelta del datore, pagamento di una penale risarcitoria ragguagliata ad un certo numero di mensilità di retribuzione (regime di c.d. stabilità obbligatoria); Conseguenze: Il potere di recesso viene limitato, ma, per la carenza del meccanismo sanzionatorio, il licenziamento ingiustificato manteneva intatta la propria efficacia risolutiva Limiti dimensionali alquanto ampi (poi modificati: v. oltre) per l’applicazione della disciplina limitativa dei licenziamenti:datori con più di 35 dipendenti Regime sanzionatorio più rigoroso per i soli licenziamenti di rappresaglia: regime di radicale nullità, a prescindere dai limiti dimensionali, con conseguente ininterrotta prosecuzione del rapporto di lavoro.

8 IL LICENZIAMENTO: L’EVOLUZIONE E I LIMITI POSTI DALL’ORIGINARIO ART. 18 ST. LAV. Introduce un regime sanzionatorio di maggior rigore: reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro e pagamento della retribuzione dal giorno del licenziamento illegittimo fino a quello della effettiva reintegrazione (regime di c.d. stabilità reale). Conseguenze: Il licenziamento ingiustificato non ha alcuna efficacia risolutiva, ma solo sospensiva del rapporto (significativo l’uso del termine “reintegrazione”). Non c’è alcuna possibilità di monetizzare la stabilità di quest’ultimo. Estende il medesimo regime sanzionatorio per i licenziamenti di rappresaglia ex art. 4 l. n. 604/1966 e quelli viziati nella forma Introduce specifici limiti dimensionali per l’applicazione del regime di stabilità reale: datori, imprenditori e non, che occupino più di 15 dipendenti nell’unità produttiva e 5 dipendenti per le imprese agricole, oppure che raggiungono tali soglie occupazionali nelle unità produttive dello stesso comune, complessivamente considerate.

9 IL LICENZIAMENTO: LA LEGGE N. 108/1990 Rivede in più punti la precedente disciplina, ma soprattutto: Cerca di porre rimedio al problema del mancato coordinamento dei limiti dimensionali, introducendone nuovi Restringe a casi tassativi le ipotesi di recedibilità ad nutum. Salvo tassative eccezioni, il principio generale diventa, quindi, quello di obiettiva giustificazione (giusta causa e giustificato motivo) del licenziamento, a pena di annullabilità.

10 Con la finalità dichiarata di realizzare un mercato del lavoro dinamico, funzionale alla creazione di nuova occupazione, alla crescita economica e sociale e alla riduzione del tasso di disoccupazione, la L. n. 92/2012 ha riformato la disciplina del licenziamento, specie individuale, per adeguarla “alle mutate esigenze del contesto di riferimento”, con previsione altresì di un procedimento giudiziario specifico per accelerare la definizione delle relative controversie (v. art. 1, 1° comma, L. n. 92/2012). La L. n. 92/2012 ha operato soprattutto con l’intento di aumentare la “flessibilità in uscita”, cioè di rendere più facili i licenziamenti nell’imprese di dimensioni più elevate. Non ha eliminato, ma ha ridotto, in questo contesto, l’ambito applicativo della reintegrazione del lavoratore licenziato ingiustificatamente, ridimensionandone anche l’impatto risarcitorio con conseguente riforma dell’art. 18 St. lav. Ha, poi, operato una riforma della forma/procedura di irrogazione del licenziamento. Ha introdotto uno speciale rito licenziamenti nell’ambito applicativo dell’art. 18. Il risultato della riforma, secondo l’unanime dottrina e sia pur per ragioni diverse, è DELUDENTE, anzitutto per l’estrema incertezza interpretativa delle nuove norme, frutto di una tecnica legislativa carente; poi per l’estrema macchinosità del nuovo sistema messo a punto. E’ dubbio, pertanto, che l’esigenza di maggiore “flessibilità in uscita” sia stata realmente soddisfatta.

11 FORMA PROCEDURA E GIUSTIFICAZIONE DEL LICENZIAMENTO Salve le residuali e tassative ipotesi di applicazione dell’art (recesso ad nutum), il licenziamento ha bisogno: 1. di essere comunicato in forma scritta (incluso per i dirigenti); 2. di essere irrogato nel rispetto di una certa procedura; 3. di essere sempre sostenuto da una giustificazione. L’onere della prova in giudizio della giusta causa o giustificato motivo ricade sul datore di lavoro.

12 I VIZI DEL LICENZIAMENTO Licenziamento senza g.c. e g.m. Annullabilità (MA DOPO LA RIFORMA FORNERO SOLO IN ALCUNI CASI, QUELLI RICONDUCIBILI AL REGIME SANZIONATORIO DELL’ART. 18, C. 4, IL LICENZIAMENTO INGIUSTIFICATO E’ PASSIBILE DI ANNULLAMENTO E NON HA EFFETTI ESTINTIVI DEL RAPPORTO DI LAVORO: : V. infra) Licenziamento discriminatorioNullità Licenziamento viziato nella forma/procedura Inefficacia (MA DOPO LA RIFORMA FORNERO, SEBBENE SI PARLI ANCORA DI INEFFICACIA, IL LICENZIAMENTO VIZIATO NELLA FORMA E PROCEDURA E’ SEMPRE IDONEO A PRODURRE EFFETTI ESTINTIVI DEL RAPPORTO DI LAVORO ALMENO NELL’AREA DELLA TUTELA “FORTE”, SALVA L’IPOTESI DI LICENZIAMENTO ORALE: V. infra)

13 LA GIUSTA CAUSA: NOZIONE (artt c.c., 8 L. n. 604/1966 e 18 St. lav.) Nell’area del recesso ad nutum è SOLO una causa che consente il licenziamento in tronco (senza preavviso) In generale, è ANCHE E PRIMA DI TUTTO un presupposto di legittimità del licenziamento (artt. 8 L. n. 604/1996 e 18 St. lav.) La nozione E’ una causa che non consente la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro (art c.c.)

14 IL GIUSTIFICATO MOTIVO (artt. 3, 8 L. n. 604/1966 e 18 St. lav.) Eccetto che nell’area del recesso ad nutum, è presupposto di legittimità del licenziamento; richiede comunque il preavviso La nozione Si tratta di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro (g.m.s.) ovvero di ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa (art. 3 L. n. 604/1966)

15 Licenziamento disciplinare

16 LA GIUSTA CAUSA: CONTENUTO (artt c.c., 8 L. n. 604/1966 e 18 St. lav.) Art c.c. Comportamenti del lavoratore integranti giusta causa: 1. Gravissimo inadempimento degli obblighi contrattuali 2. Fatti o comportamenti attinenti alla vita privata del lavoratore se mettano in dubbio la fiducia nella puntualità dei successivi adempimenti

17 IL GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO (artt. 3 L. n. 604/1966) Notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore Differenza con la g.c.: Quantitativa: la g.c. è più grave Qualitativa: la g.c. non è necessariamente un gravissimo inadempimento degli obblighi contrattuali

18 IL SINDACATO GIUDIZIALE SU GIUSTA CAUSA E GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO (art. 30, c. 3, primo periodo, L. n. 183/2010) Nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro stipulati con l’assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione (v. Tit. VIII D.Lgs. n. 276/2003). “Peraltro, tali tipizzazioni non sono vincolanti per il giudice, (…) nel senso che questi può ritenere, in nome del principio di inderogabilità in peius della legge (come dallo stesso giudice interpretata) da parte del contratto collettivo, un dato fatto, oggettivamente considerato, meritevole di una sanzione meno grave di quella contemplata dal CCNL (…)” (DEL PUNTA, Diritto del lavoro, Giuffré, Milano, 2012, V edizione, p. 570).

19 Licenziamento economico

20 IL GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO (artt. 3 L. n. 604/1966) Ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa (c.d. licenziamento economico) I limiti al sindacato giudiziale (art. 41, c. 1, Cost. e art. 30, c. 1, L. n. 183/2010) L’effettività delle esigenze aziendali Il nesso di causalità tra la scelta imprenditoriale e il licenziamento Il licenziamento come extrema ratio Giustificato motivo oggettivo e vicende soggettive del lavoratore Impossibilità sopravvenuta del lavoratore per causa non imputabile alle parti (es. malattia cronica; inidoneità fisica o psichica sopravvenuta e cronica che permanga anche dopo il comporto) La carcerazione preventiva (non è invece efficace e dunque non è riconducibile a g.m.o. il licenziamento durante il periodo di comporto)

21 IL SINDACATO GIUDIZIALE SUL GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO (art. 30, c. 1, L. n. 183/2010) In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie relative ai rapporti di lavoro contengano clausole generali - ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso - il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente. (NOVITA’ FORNERO) L’inosservanza di tale disposizione costituisce motivo di impugnazione della pronuncia giudiziale per violazione delle norme di diritto (NOVITA’ FORNERO).

22 Licenziamento discriminatorio

23 LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO (artt. 4 L. n. 604/66, 15 S.L. e 3 L. n. 108/90) Nozione E’ il licenziamento determinato da ragioni sindacali, politiche, religiose,razziali, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali (artt. 4 L. n. 604/1966 e 15 St. Lav.) Onere probatorio A carico del lavoratore, che può far uso di presunzioni SanzioneNullità Tutela Art. 18 S.L. senza limiti dimensionali (v. vecchio art. 3 L. n. 108/1990 e ora nuovo art. 18, c. 1: v. anche infra )

24 Forma e procedura del licenziamento individuale

25 FORMA (art. 2 L. n. 604/1966) Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare PER ISCRITTO il licenziamento al prestatore di lavoro (art. 2, c. 1). La regola è applicabile anche ai dirigenti (art. 2, c. 4). Il licenziamento orale è sanzionato con la sanzione massima (la tutela ripristinatoria piena a prescindere dal numero dei dipendenti: v. infra). (NOVITA’ FORNERO) La comunicazione del licenziamento deve contenere LA SPECIFICAZIONE DEI MOTIVI che lo hanno determinato (art. 2, c. 2) (è la conseguenza del principio di necessaria giustificazione del licenziamento, a differenza delle dimissioni) (NOVITA’ FORNERO) Il licenziamento intimato in violazione di tali regole è INEFFICACE (anche se vedremo meglio che, in realtà, se manca la motivazione, il licenziamento dà luogo a una mera indennità risarcitoria e quindi ha efficacia estintiva del rapporto almeno nell’area della tutela “forte”)

26 PROCEDURA (art. 7 L. n. 604/1966) Licenziamento “disciplinare” (v. retro): la procedura è quella dell’art. 7 St. lav. (primi 3 commi) Licenziamento “economico” (v. retro): NOVITA’ FORNERO (v. anche L. 99/2013) Se effettuato da datore rientrante nell’ambito applicativo dell’art. 18 St. lav., deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore alla DTL del luogo dove il lavoratore presta la propria opera e trasmessa per conoscenza al lavoratore. Nella comunicazione dovrà darsi conto: 1. dell’intenzione di licenziare; 2. dei motivi del licenziamento; 3. delle eventuali misure apprestate di assistenza alla ricollocazione del lavoratore. Entro 7 giorni la DTL convoca le parti per un incontro dinanzi alla Commissione provinciale di conciliazione (ex art. 410 c.p.c.). E’ possibile, per il lavoratore, far ricorso all’assistenza di un sindacalista o di un consulente del lavoro oppure di un avvocato. Decorso questo termine senza convocazione, si può procedere a lic. Nel corso della procedura, della durata max di 20 gg., le parti esaminano la possibilità di soluzioni alternative al licenziamento (la più comune è quella della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro economicamente incentivata). La mancata presentazione alla conciliazione è valutata dal giudice in un eventuale giudizio. Se le parti non trovano un accordo nei 20 giorni il datore può comunicare il licenziamento al prestatore di lavoro. Il licenziamento opera dal momento della (comunicazione di) avvio delle procedure. Il periodo eventualmente lavorato dal prestatore va considerato come di preavviso (lavorato e retribuito) (art. 1, c. 41, L. n. 92/2012). La procedura non si applica al licenziamento per superamento del comporto, a quello conseguente a cambi di appalto, all’interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato nelle costruzioni edili per completamento delle diverse fasi lavorative e chiusura del cantiere (L. n. 99/2013).

27 Impugnazione e rito del licenziamento

28 IMPUGNAZIONE DEL LICENZIAMENTO - DECADENZE (art. 6 L. n. 604/1966) Impugnazione stragiudiziale il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione da parte del lavoratore della comunicazione contenente il licenziamento, con qualsiasi atto scritto: in pratica, anche una semplice lettera indirizzata - pure tramite sindacato - al datore di lavoro, idonea a rendere nota la volontà di impugnare il licenziamento. Impugnazione giudiziale L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni (NOVITA’ FORNERO: prima erano 270), dal deposito del ricorso o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

29 RITO LICENZIAMENTI NELL’AREA DELLA TUTELA “FORTE” (art. 1, c , L. n. 92/2012) (NOVITA’ FORNERO) Alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nell’ambito applicativo dell’art. 18 St. lav., si applica lo speciale rito disciplinato dall’art. 1, commi da 48 a 68, L. n. 92/2012, anche qualora dovessero essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro. Si tratta di un rito d’urgenza, ideato sulla falsariga di quello dell’art. 28 St. lav., anche se non del tutto coincidente con questo. La prima fase, d’urgenza si apre con ricorso del lavoratore al Tribunale del lavoro, che dopo sommaria istruttoria e fatte salve le garanzie difensive di entrambe le parti, si chiude con un’ordinanza, rispetto a cui è proponibile opposizione sempre dinanzi al Tribunale e con una trattazione deformalizzata e tendenzialmente veloce. E’ previsto infine il reclamo alla Corte d’Appello e il ricorso innanzi alla Corte di Cassazione.

30 Ove il lavoratore invochi la tutela “debole” perché occupato in imprese di minori dimensioni (v. infra), la domanda in giudizio deve essere preceduta da un tentativo obbligatorio di conciliazione in sede sindacale o amministrativa, a pena di improcedibilità del giudizio. TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE NELL’AREA DELLA TUTELA “DEBOLE” (ART. 5 L. n. 108/1990)

31 Licenziamento illegittimo: il regime sanzionatorio

32 NOVITA’ FORNERO REGIME SANZIONATORIO (NOVITA’ FORNERO) Regime sanzionatorio alternativo: 1. Tutela “forte” 1. Tutela “forte” (nuovo art. 18 St. lav.: NOVITA’ FORNERO) a) Tutela ripristinatoria piena e tutela risarcitoria piena b) Tutela ripristinatoria piena e tutela risarcitoria attenuata c) Tutela economica d) Tutela economica ridotta 2. Tutela “debole” 2. Tutela “debole” (L. n. 604/1966) L’applicazione dell’uno o dell’altro regime dipende dalle DIMENSIONI DELL’IMPRESA (art. 18, c. 8, St. lav.) (la piccola impresa è esclusa dalla tutela “forte” per il costo delle stessa e la maggior personalizzazione del rapporto di lavoro: v. infra), salvo che in 3 casi: -Il licenziamento discriminatorio, che è illecito, quindi nullo, e presuppone sempre la tutela “forte” (nuovo art. 18, c. 1: v. infra anche retro); -Il licenziamento orale, che presuppone anch’esso sempre la tutela “forte” (nuovo art. 18, c. 1: v. infra anche retro); -Il licenziamento illegittimo nelle “organizzazioni di tendenza”, cioè quello irrogato (illegittimamente) da “datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto” (art. 4, c. 1, L. n. 108/1990), licenziamento che presuppone sempre e solo la tutela “debole” (persino se discriminatorio). La regola, per i giudici, si applica, tuttavia, solo per lavoratori con mansioni collegate alla “tendenza”.

33 CAMPO DI APPLICAZIONE DEI DIVERSI REGIMI SANZIONATORI: IL LIMITE DIMENSIONALE (art. 18, c. 8, St. lav.) Se si eccettua i 3 casi descritti, il regime sanzionatorio è alternativo e dipende dalle dimensioni dell’impresa. La tutela “forte” La tutela “forte” si applica nelle unità produttive (sede, stabilimento, ufficio, reparto autonomo) con più di 15 dipendenti e 5 nel settore agricolo o in quelle che, situate nello stesso comune, raggiungano complessivamente tali limiti, e in ogni caso al datore, imprenditore o non imprenditore, che occupi più di 60 dipendenti. La tutela “debole” La tutela “debole” è residuale; quindi, si applica in tutte le altre ipotesi, salvo, ovviamente, quelle in cui resiste il recesso ad nutum. La prova dei limiti dimensionali dell’impresa: ricade sul datore di lavoro (Cass. S.U. n. 141/2006; Cass. n /2012).

34 TUTELA “FORTE” (nuovo art. 18 St. lav.) ordine di reintegrazione risarcimento del danno Nel “vecchio” art. 18 St. lav. la tutela contro il licenziamento illegittimo era sempre “reale” e cioè ripristinatoria del rapporto. Essendo, cioè, il licenziamento viziato, quindi inidoneo a produrre effetti estintivi del rapporto, si stabiliva, in coerenza col diritto civile, l’ordine di reintegrazione e il risarcimento del danno dal giorno del licenziamento fino alla effettiva reintegrazione (detratto l’aliunde perceptum), con un danno minimo riconosciuto al lavoratore pari a 5 mensilità di retribuzione (presunzione assoluta); in sostituzione a quest’ultima, il lavoratore poteva chiedere 15 mensilità di retribuzione. L’art. 1, c. 42, L. n. 92/2012 ha, invece, “spacchettato” il “vecchio” art. 18 St. lav., riducendo in modo significativo – per le imprese comprese nel suo campo applicativo – le ipotesi di operatività delle regole sopra menzionate. Il nuovo art. 18 St. lav. prevede diversi tipi di tutela “forte” - tutela ripristinatoria e risarcitoria piena; tutela ripristinatoria e risarcitoria attenuata; tutela solo economica; tutela solo economica e, per di più, ridotta – e ciò a seconda delle tipologie di vizio del recesso quindi dei diversi tipi di licenziamento illegittimo: licenziamento discriminatorio o comunque nullo e licenziamento orale; licenziamento disciplinare ingiustificato (con diversa tutela a seconda del vizio); licenziamento economico ingiustificato (con diversa tutela a seconda del vizio); licenziamento (altrimenti) viziato nella forma o nella procedura.

35 TUTELA “FORTE” Art. 18 St. lav. 1.Tutela ripristinatoria e tutela risarcitoria piena (c. 1-3) 2.Tutela ripristinatoria piena e tutela risarcitoria attenuata (c. 4) 3.Tutela economica (c. 5) 4.Tutela economica ridotta (c. 6) Licenz. discrim. o comunque nullo Licenziamento disciplinare ingiustificato (c.4) Perché non ricorrono gli estremi del g.m.s. o della g.c. Per insussistenza del fatto addebitato Perché il fatto andava punito con una sanzione conservativa secondo le tipizzazioni dei contratti collettivi o il codice disciplinare. Licenziamento economico ingiustificato (c.7) Perché intimato ingiustificatamente per ragioni soggettive, quali l’inidoneità fisica o psichica opp. in periodo di comporto Altre ipotesi di licenziamento disciplinare ingiustificato(c. 5) Perché non ricorre il g.m.o. Per manifesta insussistenza del fatto addebitato Altre ipotesi di licenziamento economico ingiustificato (c.7) Licenziamento viziato nella forma o nella procedura Licenz. orale

36 TUTELA “FORTE”: a) TUTELA RIPRISTINATORIA PIENA E TUTELA RISARCITORIA PIENA (nuovo art. 18, c. 1-3, St. lav.) Il “vecchio” art. 18 St. lav. (tutela ripristinatoria e risarcitoria piena) resta di massima, a prescindere dal numero dei dipendenti, solo per il licenziamento discriminatorio o comunque nullo (es. intimato in costanza di matrimonio, in violazione dei divieti previsti in caso di maternità e paternità, ecc.), incluso quando colpisca un dirigente, nonché per il licenziamento irrogato in forma orale. La tutela consiste: Nella reintegrazione. Il lavoratore deve, tuttavia, prendere servizio entro 30 gg. dall’invito del datore, altrimenti il rapporto si intende risolto. Se il lavoratore non vuol essere reintegrato, può scegliere, in alternativa, la corresponsione di un’indennità sostitutiva della reintegrazione pari a 15 mensilità di retribuzione. Nel risarcimento del danno, con indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino alla effettiva reintegrazione, dedotto il c.d. aliunde perceptum. In ogni caso, è prevista una presunzione minima di danno pari a 5 mensilità di retribuzione.

37 TUTELA “FORTE”: b) LA TUTELA RIPRISTINATORIA PIENA E TUTELA RISARCITORIA ATTENUATA (nuovo art. 18, c. 4, St. lav.) Si applica in pratica a ipotesi di grave abuso del potere di licenziamento, con tutte le incertezze interpretative che, tuttavia, ne discendono e, in particolare, a: - licenziamenti disciplinari ingiustificati per mancanza di g.c. o di g.m.s., dovuta a insussistenza del fatto contestato o alla sussistenza di un fatto meritevole di una sanzione meramente conservativa secondo le tipizzazioni operate dai contratti collettivi o dai codici disciplinari applicabili. - licenziamenti economici ingiustificati legati a vicende soggettive (per inidoneità fisica o psichica o in periodo di comporto). - licenziamenti economici ingiustificati per manifesta insussistenza del fatto posto alla base del g.m.o. (es. insussistenza del g.m.o. o del nesso di causalità) In questi casi il giudice ANNULLA il licenziamento e CONDANNA il datore di lavoro: Alla REINTEGRAZIONE, con ripresa del servizio entro 30 gg. dall’invito del datore, pena la risoluzione del rapporto, a meno che il lavoratore non opti per l’indennità sostitutiva della reintegrazione pari a 15 mensilità di retribuzione; massimo di 12 mensilità Al pagamento di UN’INDENNITÀ RISARCITORIA ONNICOMPRENSIVA commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione con un massimo di 12 mensilità, dedotto il c.d. aliunde perceptum e percipiendum; Al versamento dei CONTRIBUTI, con i relativi interessi, per un importo pari al differenziale tra la contribuzione per che sarebbe maturata per il lavoro ingiustamente perduto e quella accreditata al lavoratore per lo svolgimento di altra attività lavorativa.

38 TUTELA “FORTE”: c) TUTELA ECONOMICA (nuovo art. 18, c. 5 St. lav.) Si applica: ai licenziamenti disciplinari ingiustificati, in ipotesi diverse da quelle prima menzionate (quali potrebbero essere? NON CHIARO: si può forse immaginare un licenziamento irrogato senza rispetto del principio di immediatezza …). ai licenziamenti economici ingiustificati nelle altre ipotesi, diverse da quelle di manifesta insussistenza del g.m.o. (NON CHIARO; si tratterebbe di ipotesi, comunque, di insussistenza del g.m.o., ma non manifesta; tuttavia, se un motivo economico di licenziamento non sussiste, che senso ha distinguere tra insussistenza e insussistenza manifesta? Per DEL PUNTA, Diritto del lavoro, Giuffré, Milano, 2012, p. 587 s., un esempio, pur non pacifico, potrebbe essere quello della violazione del principio del licenziamento economico come extrema ratio; nello stesso senso CARINCI, DEL LUCA TAMAJO, TOSI, TREU, Diritto del lavoro. 2. Il rapporto di lavoro subordinato, VIII ed., Torino, 2013, p. 424). In tali casi il giudice, pur a fronte di un licenziamento ingiustificato, dichiara comunque RISOLTO il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e CONDANNA il datore di lavoro: MINIMO DI 12 e UN MASSIMO DI 24 MENSILITA’ DI RETRIBUZIONEAl pagamento di UN’INDENNITA’ RISARCITORIA ONNICOMPRENSIVA tra un MINIMO DI 12 e UN MASSIMO DI 24 MENSILITA’ DI RETRIBUZIONE, avuto riguardo al numero dei dipendenti, all’età del lavoratore, al comportamento e alle condizioni delle parti, nonché, ove si tratti di licenziamento economico ingiustificato, alle iniziative assunte dal lavoratore nella ricerca di una nuova occupazione e al comportamento delle parti nel corso della conciliazione presso la DTL.

39 TUTELA “FORTE”: d) TUTELA ECONOMICA RIDOTTA (nuovo art. 18, c. 6, St. lav.) Per il licenziamento privo di motivazione oppure viziato nella procedura, si applica la tutela economica di cui all’art. 18, c. 5, St. lav., ma secondo importi ridotti. Infatti, il giudice CONDANNA il datore: MINIMO di 6 e un MASSIMO DI 12 MENSILITA’ DI RETRIBUZIONE. Al pagamento di un’INDENNITA’ RISARCITORIA ONNICOMPRENSIVA determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore, tra un MINIMO di 6 e un MASSIMO DI 12 MENSILITA’ DI RETRIBUZIONE. Sebbene la norma parli di inefficacia, il licenziamento viziato nella forma e nella procedura è del tutto efficace, in quanto ha piena idoneità a estinguere il rapporto di lavoro!

40 Revoca del licenziamento nell’area della tutela “forte”

41 REVOCA DEL LICENZIAMENTO (ART. 18, c. 10, St. lav.) Nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro 15 gg. dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo.

42 TUTELA “DEBOLE” (artt. 8 L. n. 604/1966 e 30, c. 3, secondo periodo, L. n. 183/2010, 5 L. n. 108/90) LICENZIAMENTO INGIUSTIFICATO PERCHE’ SENZA G.C. O G.M. Se nell’area della tutela “debole”, il licenziamento è INGIUSTIFICATO, perché privo di GIUSTA CAUSA e DI GIUSTIFICATO MOTIVO, esso ha sempre effetti estintivi del rapporto, che si interrompe, ferma restando la sanzionabilità dell’atto datoriale. è tenuto allariassunzione entro 3 gg. del lavoratoreo, in mancanza, indennità risarcitoria 2,5 a 6 mensilità di retribuzione, Contenuto della SANZIONE: il datore è tenuto alla riassunzione entro 3 gg. del lavoratore o, in mancanza, al pagamento di una indennità risarcitoria che va da 2,5 a 6 mensilità di retribuzione, avuto riguardo al numero dei dipendenti, alle dimensioni dell’impresa, all’anzianità di servizio del prestatore, al comportamento e alle condizioni delle parti (con possibilità di arrivare a 10 mensilità in caso di anzianità di lavoro superiore a 10 anni e a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai 20 anni, se dipendenti da datore con più di 15 dipendenti). L’indennità risarcitoria è alternativa alla riassunzione ed è quindi dovuta anche quando la riassunzione non intervenga perché rifiutata dallo stesso lavoratore (C. Cost. n. 44/1996). Nel definire le conseguenze da riconnettere al licenziamento ai sensi dell’art. 8 L. n. 604/1966, il giudice tiene egualmente conto di elementi e di parametri fissati dai contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi e comunque considera le dimensioni e le condizioni dell’attività esercitata dal datore di lavoro, la situazione del mercato del lavoro locale, l’anzianità e le condizioni del lavoratore, nonché il comportamento delle parti anche prima del licenziamento (art. 30, c. 3, secondo periodo, L. n. 183/2010).

43 SEGUE: TUTELA “DEBOLE” (artt. 8 L. n. 604/1966 e 30, c. 3, secondo periodo, L. n. 183/2010, 5 L. n. 108/90) Licenziamento ingiustificato perché VIZIATO NELLA FORMA O NELLA PROCEDURA L’art. 8 L. n. 604/1966 non chiarisce quale sia il regime sanzionatorio applicabile al datore di minori dimensioni quando il suo atto di licenziamento sia ingiustificato perché viziato nella forma o nella procedura. Fermo restando la sanzione della nullità del licenziamento orale con applicazione al lavoratore della tutela ripristinatoria e risarcitoria “piena”, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati nell’impresa, problemi si pongono quando il licenziamento risulti sì irrogato per iscritto, ma senza la necessaria motivazione oppure senza il rispetto delle procedure richieste dalla legge (si ponga ad esempio il caso di un licenziamento disciplinare irrogato in un’impresa con 10 dipendenti senza il rispetto delle garanzie procedurali dell’art. 7 St. lav.). Secondo DEL PUNTA, Diritto del lavoro, Giuffré, Milano, 2012, p. 592, bisognerebbe rifarsi alla vecchia giurisprudenza in materia, la quale: -in caso di licenziamento privo di motivazione o con motivazione eccessivamente generica, lo ha sempre considerato inefficace, quindi giuridicamente inesistente, con conseguente diritto del dipendente a far valere la continuità giuridica del rapporto e le retribuzioni non percepite (tutela ripristinatoria piena di diritto comune). La soluzione, tuttavia, non convince del tutto, ora che nell’area della tutela “forte”, quindi per le imprese di maggiori dimensioni, si stabilisce un regime sanzionatorio molto meno severo di quello ripristinatorio, cioè una sanzione meramente economica, per di più ridotta. Quindi non è escluso che si debba optare, anche in questo caso, per l’applicazione della tutela “debole” dell’art. 8. -In caso di licenziamento disciplinare in contrasto con le procedure dell’art. 7 St. lav., occorrerebbe comunque applicare la tutela obbligatoria e su questo, a tutt’oggi, si può concordare. Per un richiamo alla vecchia giurisprudenza v. anche CARINCI, DE LUCA TAMAJO, TOSI, TREU, Diritto del lavoro. 2. Il rapporto di lavoro subordinato, VIII ed., Torino, 2013, p. 406.

44 RECESSO AD NUTUM (artt cod. civ., 10 L. n. 604/1966 e 4 L. n. 108/1990) Il recesso ad nutum è ormai relegato a casi tassativi, cioè alle seguenti categorie: Lavoratori in prova (art cod. civ.; art. 10, c. 1, L. n. 604/1966) Lavoratori domestici (art. 4, c. 1, L. n. 108/1990) Lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia, quindi, lavoratori pensionabili (art. 4, c. 2, L. n. 108/1990). Se il lavoratore pensionabile, però, continua a lavorare - cosa possibile per la legge, che incentiva il proseguimento dell’attività lavorativa fino ai 70 anni - la tutela contro il licenziamento continua a operare fino a quel momento (art. 24, c. 4, D.L. n. 201/2011, conv. in L. n. 214/2011, che, peraltro, nomina solo l’art. 18 e la tutela “forte”, dimenticando quella “debole” dell’art. 8 L. 604/1966) Dirigenti (art cod. civ.; art. 10, c. 1, L. n. 604/1996) Sportivi professionisti (art. 4, c. 8, L. n. 91/1981) Lavoratori a termine (D.lgs. n. 368/2001) Apprendisti, una volta terminato il periodo formativo (art. 2, c. 1, lett. m), D.Lgs. n. 167/2011).

45 Costo contributivo del licenziamento

46 IMPORTI CONTRIBUTIVI CONNESSI AL LICENZIAMENTO (ART. 2, c. 31 ss., L. n. 92/2012) In tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013 è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 50% del trattamento mensile iniziale di ASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni. Fino al 31 dicembre 2016, il contributo non è dovuto, qualora il datore di lavoro versi già il contributo per la messa in mobilità dell’art. 5, c. 4, L. n. 223/1991. Per il periodo , il contributo non è dovuto nei casi di: 1. licenziamenti effettuati per cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori, in attuazione di clausole dei CCNL stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi poste a tutela della continuità occupazionale; 2. interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore edile, per completamento dell’attività e chiusura del cantiere.