La questione della lingua nella letteratura italiana da Dante a Manzoni 6. Il Settecento.

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La questione della lingua nella letteratura italiana da Dante a Manzoni 6. Il Settecento

La mutata situazione culturale italiano e lingue straniere il francese la mentalità riformatrice e le scritture illuministiche il crescente influsso della moderna cultura europea i nuovi prodotti della stampa i giornali di gusto inglese il razionalismo francese e il sensualismo inglese Spectator Journal des Savants l’insufficienza della lingua tradizionale degli italiani lo sviluppo vertiginoso della prosa

La lingua come veicolo del pensiero i prestiti stranieri il francese = ideale lingua da imitare la forza operante dell’unità civile e politica un’adeguazione della lingua letteraria il problema geografico (Firenze) quello temporale (linguaggio arcaico) Francesco Algarotti (1712-64): Newtonianismo per le dame, 1737 Gian Pietro Bergantini (1685-1764): Della volgare elocuzione illustrata, ampliata e facilitata, 1740

La teoria francese la lingua e la letteratura italiane = fondale d’orrore arretrato l’oscurità lessicale e la confusione grammaticale dell’italiano Dominique Bouhours: Les entretiens d’Ariste et d’Eugène, 1671 Gian Giuseppe Orsi (1652-1733): Considerazioni sopra un famoso Libro Franzese, 1703 Bouhours: l’italiano una lingua sciocca Ludovico Antonio Muratori (1672-1750): Della perfetta poesia italiana, 1706

Un’offensiva spettacolare Di più, dic’egli [Bouhours], la lingua italiana ama estremamente i giuochi di parole, le antitesi e le descrizioni. Ella giuoca e scherza anche alle volte nelle materie più gravi e più sode. Io parlo dell’italiana e della spagnuola tali, quali sono oggidì negli autori moderni, che sono in pregio nell’Italia e nella Spagna. Poscia volgendosi a lodar la lingua franzese, fra l’altre cose dice: ch’essa è nemica de’ giuochi di parole, e di quelle picciole allusioni, che tanto s’amano dall’italiana. Se l’idioma francese avesse molti scrittori, che francamente spacciassero sofismi, vorrei anch’io secondo questa nuova dialettica formare un somigliante argomento: La lingua franzese ama i sofismi; adunque essa è un’infelice e sciocca lingua.

L’Illuminismo condanna le arguzie gratuite e il divertimento linguistico una letteratura seria, cosciente, utile e didattica una serietà morale ed una missione educativa l’ornamentalismo barocco Benvenuto Cellini (1500-71): Vita (1558-66) Dell’oreficeria e Della scultura (1568)

Muratori il ‚sublime’ la querela tra Antichi e Moderni la poesia = un prodotto del ‚buon gusto’ rifiuta l’identificazione dell’italiano col toscano rinnega il modello dell’italiano del Trecento il linguaggio popolare = il dialetto specifico di ogni singola città il volgare illustre = l’italiano ‚grammaticale’ Rerum italicarum scriptores, 25 volumi, 1723-51 Vitae Primi disegni della repubblica letteraria d’Italia, 1703 Della perfetta poesia italiana, 1706 Riflessioni sopra il buon gusto nelle scienze e nelle arti, 1708 (1715) il nascente illuminismo razionalistico

Muratori La lingua italiana, per il Muratori, non è né il patrimonio linguistico tràdito degli antichi scrittori, aspetto statico e mortificato della lingua contro cui lo persuadevano i princìpi razionalistici, né il linguaggio immediato alla coscienza dei parlanti, ovverosia i dialetti, fra i quali lo stesso fiorentino e toscano, dati parziali e locali rispetto alla lingua; bensì una realtà istituzionalizzata (canonizzata nelle scritture dal consentimento de’ Letterati più riguardevoli) che egli chiama grammaticale, unica per tutta la nazione, comune in quanto somma dell’esperienza linguistica di tutta intera la tradizione civile e culturale italiana, nella letteratura, nelle arti, nelle scienze attraverso i secoli, viva e nazionale in quanto espressione e strumento dell’attuale civiltà italiana e rinnovabile com’è della cultura e della società nel loro processo di svolgimento.

Muratori una posizione di equidistanza il rapporto fra i vocaboli impiegati e le idee espresse in funzione del progresso della civiltà interdipendenza fra lingua e cultura Né già s’avviasse alcuno, che per ben iscrivere in Italiano bastasse apprendere la Lingua nostra o dalla balia, o dall’uso del favellar civile. Vi si richiede non solamente la lettura de’ più scelti, e puri Scrittori, che s’abbia l’Idioma Italico, ma lo studio eziandio delle Regole Grammaticali. Senza questi aiuti infin gli stessi Toscani non possono aspirare alla gloria di scriver bene, quantunque la Natura dia loro col latte un Linguaggio, che più d’ogni altro in Italia alla perfezione s’accosta.

Un’evoluzione ragionevole una netta distinzione fra lingua d’arte e lingua delle scienze Giambattista Vico: De nostri temporis studiorum ratione, 1709 la lingua francese adatta al genere didascalico, ma pochissimo alla poesia e all’eloquenza purgare la letteratura italiana la misura del buon gusto l’uso del volgare per la scrittura scientifica aprire il dominio delle arti e delle scienze a tutti la reputazione dell’italiano anche fuori d’Italia il prestigio del francese o dell’inglese

Anton Maria Salvini (1653-1729) Annotazioni alla perfetta poesia italiana di Ludovico Antonio Muratori Il dire che in Dante vi abbia rancidumi è un anacronismo critico. Poiché i rancidumi sono rispetto a noi, non rispetto a lui, che viveva in secoli, che molte di quelle voci usavano, siccome ne fan fede gli scrittori contemporanei. Il linguaggio comune d’Italia, cioè quello del quale comunemente si sono serviti finora e si servono gli Italiani; è il toscano linguaggio, unico regolato, e che solo ha avuti scrittori riputati... E questo medesimo si può ragionevolemente addimandare anche italiano; perciocché gl’Italiani questo comunemente usano, e in questo scrivono.

Gian Vincenzo Gravina (1664-1718) De lingua etrusca dialogus, 1690 la posizione toscanizzante scriptores igitur omnes, etrusca lingua, non italica sunt usi la venerabile vetustas l’antica lingua volgare ‚illustre’ e ‚cortigiana’ vera lingua letteraria unica erede dell’idioma di Cicerone Della Ragion Poetica, 1708 Prologo alle sue tragedie, 1712 le posizioni cortigiane del Trissino e del Castiglione

Giulio Cesare Becelli (1686-1750) Se oggidì scrivendo si debba usare la lingua italiana del buon secolo, 1737 Esame della retorica antica e uso della moderna, 1739 l’assoluta autonomia e la totale indipendenza della letteratura italiana dalle letterature antiche l’italiano letterario della tradizione tre- e cinquecentesca = una lingua altrettanto morta che il latino

Niccolò Amenta (1659-1719) Della lingua nobile d’Italia e del modo di leggiadramente scrivere in essa, non che di perfettamente parlare, 1723-24 una grammatica fondata sulla tradizione antica la lingua letteraria = una realtà scritta e perfetta, universale e comune possiam perciò conchiudere, ch’anzi Italiana la nostra Lingua, che Toscana o Fiorentina dir oggi si debba. le discussioni del Cinquecento colmare le lacune del lessico invecchiato

Gli autori toscani Domenico Maria Manni (1690-1788): Lezioni di Lingua Toscana, 1737 Istoria del Decameron, 1742 Compendio del Vocabolario degli Accademici della Crusca, 1739 la necessità del fiorentino corrente Salvatore Corticelli (1670-1758): Della Toscana Eloquenza, 1752 cento discorsetti detti in dieci giornate da dieci nobili giovani in una villereccia adunanza i precetti della Retorica illustrati con gli esempi del Boccaccio l’uso del fiorentino contemporaneo, cioè settecentesco

La fine della Crusca 4a edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca 6 volumi in folio 1729-38 ristampata nel 1741, 1746 e 1763 1783, il granduca Leopoldo: Nuova Accademia Fiorentina 1811, Napoleone 5a edizione del Vocabolario cominciata nel 1863 giunta nel 1923 alla lettera O

Carlo Gozzi (1720-1806) la posizione cruscante contro i gusti dell’età nuova La causa del nostro egregio litterale idioma è perduta. Mi si lasci almeno dire per lui a’ suoi oppressori, sussurratori, diformatori, rigeneratori entusiasti e chimerici di nuove lingue, di nuovi stili, di nuovi frasari, di nuove eloquenze, di nuovi vocabolari: Io muoio, ma in verità voi avete i gran nasi.

Giuseppe Baretti (1719-89) Samuel Johnson una stretta connessione fra letteratura e attualità sociale Frusta letteraria, 1763 le ragioni per il ritardo dell’Italia sono culturali e politiche il periodico milanese Il Caffè: Nei due anni di vita del Caffè, dal giugno 1764 al maggio 1766, fu condotta una violenta battaglia contro la letteratura di parole, contro l’autorità dei retori, contro il gusto formalistico della parola ornata e pura, contro i princìpi d’autorità e di imitazione nelle scritture, contro l’imbalsamazione linguistica dei grammatici, in nome di una letteratura delle cose, di una libertà di espressione condizionata solo dal pensiero, di una lingua utile, chiara, immediatamente aderente alle idee, impersonale e democratica.

I Verri Alessandro Verri (1741-1816): Rinunzia avanti nodaio degli autori del presente foglio periodico al Vocabolario della Crusca, 1764 contro l’accademismo: „se italianizzando le parole Francesi, Tedesche, Inglesi, Turche, Greche, Arabe, Sclavone, noi potremmo rendere meglio le nostre idee, non ci asterremo di farlo.“ sottomettere l’evoluzione della lingua al pensiero razionalistico Pietro Verri (1728-1797): Pensieri sullo spirito della letteratura italiana, 1764 perfezionare metodicamente e assieme l’idioma nazionale

Cesare Beccaria (1738-94) Dei delitti e delle pene, 1764 il consenso di Voltaire l’immobilismo linguistico dei pedanti la restrizione normativa dei grammatici Ricerche intorno alla natura dello stile, 1770

Saverio Bettinelli (1718-1808) respinge i toscanismi Lettere virgiliane, 1757 critica la lingua di Dante Benedetto Fioretti: Proginnasmi poetici, 1620-61 Sopra lo studio delle belle lettere, 1780 Discorso sopra la poesia italiana, 1781 Saggio sull’eloquenza, 1782 un moderato ritorno al classicismo la mancanza di una letteratura vivace ed efficace

Ippolito Pindemonte (1753-1828) traduttore dell’Odissea e della Berenice Dissertazione; qual sia presentemente il gusto delle belle lettere in Italia, 1783 un atteggiamento moderato l’apporto straniero

Melchiorre Cesarotti (1730-1808) professore di greco ed ebraico all’Università di Padova traduttore del famoso Ossian raccolta di poesie gaeliche di James McPherson Saggio sopra la lingua italiana, 1785 Saggio sulla filosofia delle lingue la vita dinamica delle lingue naturali la lingua scritta – l’uso attuale degli interlocutori dotti lo strumento dell’espressione poetica Consiglio nazionale italico provvedere ai bisogni attuali della lingua nazionale

Gianfrancesco Galeani-Napione (1748-1830) scrittore di economia politica Dell’uso e dei pregi della lingua italiana, 1791 interdipendenza fra lingua e nazione la difesa della lingua = la difesa dell’integrità nazionale il latino, il francese e i dialetti una lingua letteraria indipendente dal modello antico l’unità politica della nazione una Repubblica Cisalpina

Giuseppe Parini (1729-99) Il Giorno, poema satirico, 1763-1801 Due dialoghi sopra la lingua toscana, 1760 Principi particolari delle belle lettere La lingua nobile comune italiana adunque è salita a quella perfezione alla quale, secondo il corso che sogliono fare le lingue tra le nazioni colte, pare che potesse salire: essa è giunta assai prima d’ora a quel punto di consistenza, dal quale slontanandosi, secondo l’osservazione delle cose passate, si suol dire che le lingue si corrompono. Essa è deposta adunque, per tutta la sua forma e per la massima parte della materia, nel complesso delle buone scritture; essa adunque, nella sua essenzialità, non dipende più punto dall’arbitrio del popolo; ella è fissa, ella è per questa parte della natura di quelle che chiamansi morte.

Vittorio Alfieri 1749 ad Asti il ‚gergo’ locale e il francese 1803 a Firenze, nella Chiesa di Santa Croce Leonardo Bruni, Michelangelo Buonarroti, Niccolò Machiavelli … la contessa d’Albany Accademia militare di Torino Vita, 1804 la sua triglossia tra il dialetto materno, il francese e il fiorentino

Epoca terza – Giovinezza primo viaggio a Firenze nel 1766 un italiano pieno di barbarismi la sua situazione isolata e svalutata di dialettofono si sente linguisticamente inferiore: Con tutto ciò, io mi ero subito ripurgata la pronunzia di quel nostro orribile u lombardo, o francese, che sempre mi era spiaciuto moltissimo per quella sua magra articolazione, e per quella boccuccia che fanno le labbra di chi lo pronunzia, somiglianti in quell’atto moltissimo a quella risibile smorfia che fanno le scimmie, allorché favellano.

Epoca quarta – Virilità 1775 ingoia le più insulse e antitragiche letture dei testi di lingua per invasarsi di modi toscani conveniva tutto il giorno di spensare per poi ripensare sempre troppo dipendente dal francese: Primo passo adunque verso la purità toscana essere doveva, e lo fu, di dare interissimo bando ad ogni qualunque lettura francese. Da quel luglio in poi non volli più mai proferire parola di codesta lingua, e mi diedi a sfuggire espressamente ogni persona o compagnia da cui si parlasse.

Alfieri la verità del sentimento e del pensiero: Avea cominciato il diario in francese; lo continuai in italiano; non era bene scritto né in questa lingua, né in quella; era piuttosto originalmente sentito e pensato. 1776 viaggio in Toscana ascoltare a Pisa „con umiltà e pazienza“ impossessarsi coscientemente e sistematicamente della lingua Onde cominciai da quel tempo a pensare quasi esclusivamente in quella doviziosissima ed elegante lingua; prima indispensabile base per bene scriverla.

Alfieri si „inonda il cervello“ di Petrarca, Dante, Tasso e „sino ai primi tre canti interi dell’Ariosto“ Del Principe e delle Lettere, 1795 la lingua toscana, fattasi colossale in mano dei tre grandi del Trecento, pei due secoli susseguenti, quando la letteratura italiana fu traviata dai protettori, poco o nulla si accrebbe quanto alla nuda eleganza, e tutto perdé quanto al sugo, brevità e robustezza. Torino – una città ‚anfibia’ Che se in Torino non parlava francese, con tutto ciò il nostro gergaccio piemontese ch’io sempre parlava e sentiva tutto il giorno, in nulla riusciva favorevole al pensare e scrivere italiano.

Alfieri l’italianizzazione ideologica [...] che egli utilizzi come paradigma di riferimento, nel comporre le linee della storia linguistica, le idee di coloro che in Piemonte si battevano per la sconfitta teorica e pratica del bilinguismo, in vista della completa italianizzazione dello stato sabaudo. Ancor più chiaramente, mi par necessario accettare l’idea che l’Alfieri tenda a proporre la sua vicenda linguistica come esempio concreto e vissuto di quanto in sede di dibattito sostenevano gli italianisti piemontesi, il che equivale a dire che la Vita, per l’aspetto linguistico, è una sorta di ’libro d’esercizi’ del testo-summa degli italianisti piemontesi, il Dell’uso e dei pregi della lingua italiana del Galeani Napione.