DE ENTE ET ESSENTIA La realtà in-segna Dio
De Ente et Essentia E’ l’opuscolo scritto da Tommaso nel quale il filosofo-santo descrive il rapporto tra ente ed essenza E’ composto dal prologo e 6 capitoli: PROLOGO: delinea l’intento dell’opera ed il suo metodo CAPITOLI: chiarificano i concetti fondamentali della metafisica ed il loro uso in filosofia
De Ente et Essentia Tommaso a partire dalle cose più note arriva a quelle a noi meno note, seguendo il modo di procedere della nostra ragione È (anche) questa la sua genialità
Che cos’è l’ente Tommaso chiarisce che il termine è ricavato dal verbo essere, e sta dunque in primo luogo a designare la cosa che possiede l’atto di essere Nel capitolo I Tommaso distingue due accezioni di questo termine L’ente è anche una delle prime nozioni del nostro intelletto, come Tommaso ricorda citando Avicenna
L’ente può essere reale o logico Ente reale: è ciò che è presente nella realtà e che si distingue nelle dieci categorie enumerate da Aristotele Ente logico: è tutto ciò che viene espresso, tramite copula, in una proposizione affermativa senza che alla proposizione debba necessariamente corrispondere qualcosa di reale
L’Ente reale e l’essenza Tommaso si sofferma sull’ente reale, l’unico per il quale ha senso parlare di essenza L’essentia è ciò che una cosa è, ovvero la sua quidditas (ciò che risponde alla domanda “quid est?”, “che cos’è?”).
L’essenza L’essenza comprende non solo la forma, ma anche la materia delle cose composte, giacchè comprende tutto ciò che è espresso nella definizione della cosa Dall’essenza così intesa si distingue l’essere (“esse”) o l’atto d’essere (“actus essendi”), ovvero l’esistenza
Il mondo e la partecipazione Ogni ente in cui si distinguono l’essenza e l’esistenza, ossia ogni realtà che ha l’essere ma non è l’essere, deve per forza aver ricevuto l’essere da altro .…. ….. e precisamente da un essere che, non derivando la propria esistenza da altro, è, esso stesso, l’Essere.
Dio e la partecipazione L’aggiunta dell’esistenza all’essenza esige l’intervento creativo di un Essere che avendo l’esistenza per essenza risulti in grado di farne partecipi altri esseri. Tale è il caso specifico di Dio secondo la definizione che Egli ha dato di sé nell’Esodo (Ego sum qui sum, “Io sono colui che sono”)
Dio e la partecipazione “Non è necessario che esista io, non è necessario che esistiate voi. Dio invece deve esistere, perché altrimenti null’altro potrebbe esistere. Difficilmente potreste dubitare della vostra esistenza: sarebbe contro il principio di contraddizione. Se, infatti, non esisteste, come potreste dubitare di qualcosa? Voi esistete dunque, ma la vostra esistenza non è autonoma. L’avete ricevuta da genitori e antenati, dall’aria che respirate, dai cibi e dalle bevande che prendete. I fiumi hanno ricevuto anch’essi l’esistenza, e così i monti, la terra stessa e tutto il resto dell’Universo. Ora se l’Universo intero è un sistema di ricevitori di esistenza, ci deve essere anche un datore. E se a sua volta questo datore avesse ricevuto l’esistenza non sarebbe il datore, ma un altro di quelli che ricevono. Dunque, il primo datore deve possedere un’esistenza autonoma. Dev’essere esistenza. Questo datore noi chiamiamo Dio. Potete contraddire?”
Creazione La creazione dunque consiste nell’aggiunta dell’esistenza all’essenza, cioè nell’atto in cui le essenze, passando dalla potenza all’atto, esistono realmente. Essa implica Partecipazione e Analogia
Partecipazione e Analogia Dio creando, rende le creature partecipi dell’essere Dio è l’essere, le cose ricevono l’essere C’è un rapporto di analogia tra l’essere necessario e gli esseri contingenti Tommaso teorizza la diversità pur nella somiglianza (no al panteismo)
L’idea di Segno L’idea di segno ha un ruolo fondamentale nella cultura medievale: “L’uomo medievale vede simboli in ogni dove. Per lui l’esistenza non è fatta di elementi, di energie e di leggi, ma di forme. Le forme significano se stesse, ma al di sopra di sé indicano qualcosa di diverso, di più alto, ed infine l’altezza in se stessa, Dio e le cose eterne. Perciò ogni forma diviene un simbolo e dirige gli sguardi verso ciò che la supera. Si potrebbe anche, e più esattamente, dire che essa promana da qualche cosa di più alto, che sta al di là.”
Il Segno “Una cosa che si vede e si tocca e che nel vederla e toccarla mi muove verso altro, come si chiama? Segno. Il segno quindi è una esperienza reale che mi rimanda ad altro. Il segno è una realtà il cui senso è un’altra realtà. “Se nell’impatto con l’uomo il mondo funziona come un segno, dobbiamo dire che il mondo dimostra qualcosa d’Altro, dimostra Dio come un segno dimostra ciò di cui è segno”.
La Realtà come segno Dante stesso, scrivendo la Commedia, ha ben presente che la realtà è segno di Dio: “Le cose tutte quante hanno ordine tra di loro, e questo è forma che l’universo a Dio fa somigliante. Qui veggion l’alte creature l’orma dell’etterno valore, il qual è fine al quale è fatta la toccata norma.” PARAFRASI: Tutte le cose create sono ordinate fra loro, in modo da costituire un tutto armonico, e questo ordine è la forma, il principio essenziale, che rende l’universo simile a Dio. In questo ordine dell’universo creato, le creature superiori riconoscono il segno della potenza e sapienza del Creatore, il quale è il fine ultimo da cui si genera e a cui tende l’ordine sopraccennato. Dalla realtà, che non esaurisce il suo significato in se stessa, l’uomo può risalire all’esistenza di Dio con la propria ragione
La Realtà come segno Tommaso stesso dice: “Non possiamo conoscere Dio scorgendone l’essenza, ma solo in base al tessuto dell’universo. Dio ci ha posto davanti agli occhi la somma delle creature, affinché Lo riconosciamo in esse: l’universo, infatti, è col suo ordine quasi un ritratto e ha una debole somiglianza con la natura divina che ne è modello e archetipo.”
DUNQUE E’ necessaria l’esistenza di Dio La realtà è segno di Dio La creazione è una comunicazione d’Essere