IL GIUSNATURALISMO
La nozione di “diritto naturale” resta ignota fin tanto che non si scopre il concetto di natura. L’illustre studioso tedesco della politica degli antichi, Leo Strauss, nel suo libro Diritto naturale e storia (1953) sostiene che il primo filosofo fu il primo uomo che scoprì il concetto di natura.
IL CONCETTO DI NATURA NELLA CULTURA GRECA Nel lessico greco, c’era una forte contrapposizione tra la “natura” e la “legge” statuita convenzionalmente dagli uomini. La cultura greca aveva primariamente inventato la nozione di “costume”, termine che racchiude in sé l’insieme delle tradizioni ancestrali. Per poter arrivare alla nozione di natura, i Greci dovettero distaccarsi da quella di “costume”, alla luce del fatto che la credenza in una tradizione è di impedimento per la nascita del diritto.
Ed è proprio l’allontanamento dalla tradizione, a far sì che l’Io si senta in diritto di opporsi al Noi, alla sfera collettiva. Proprio in questa opposizione Io/Noi, vede la luce il diritto naturale, il quale presuppone una scienza della natura e la rivolta dell’Io contro il Noi e contro le costrizioni che il Noi impone sotto forma di “tradizione”.
1. ARISTOTELE La distinzione tra i due tipi di diritto(naturale e convenzionale) risulta lampante se prendiamo in esame un passo dell’Etica nicomachea di Aristotele: “Del giusto in senso politico, poi, ci sono due specie, quella naturale e quella legale: è naturale il giusto che ha dovunque la stessa validità, e non dipende dal fatto che venga o non venga riconosciuto; legale, invece, è quello che originariamente è affatto indifferente che sia in un modo piuttosto che in un altro, ma che non è indifferente una volta che sia stato stabilito”.
Introducendo questa contrapposizione, lo Stagirita afferma che è giusto per natura, e dunque universalmente, ciò che noi riconosciamo come giusto nella polis, mentre il diritto secondo convenzione (il diritto positivo) è quello di Atene, di Sparta, e così via. Inoltre, per Aristotele anche il diritto naturale conserva un suo margine di adattabilità alle circostanze: per gli antichi, infatti, il diritto naturale è il frutto della “retta ragione” applicata alle singole situazioni. Per capire la lontananza della modernità da questo modello, pensiamo anche solo a Hobbes, il quale fissa il diritto naturale in leggi ben precise e universalmente valide.
2. LA FILOSOFIA STOICA Gli Stoici riconoscono un diritto naturale che viene prima rispetto alla polis. Secondo gli Stoici per definire il giusto bisogna guardare all’universalità delle genti. Si può dunque affermare che a partire dagli Stoici il “diritto naturale” (ius naturae) diviene sinonimo di “diritto delle genti” (ius gentium). Gli Stoici per primi connettono la validità del diritto positivo e la sua obbligatorietà al suo accordo con le norme del diritto naturale. Con questa universalizzazione del diritto naturale, gli Stoici compiono un passo in avanti verso l’identificazione di ius naturae e lex aeterna, aprendo un varco alle interpretazioni religiose che interverranno col Cristianesimo.
3. IL CRISTIANESIMO Il Cristianesimo si pone il problema riguardante la possibilità della deduzione di norme a partire da assiomi generali dettati dalla natura. L’assioma da cui muovono tutti i giusnaturalisti cristiani è un’affermazione troppo generica: bonum faciendum, malum vitandum. Per DUNS SCOTO la conseguenza è che l’obbligatorietà dei dieci comandamenti non può essere individuata nella ragione, ma proviene dalla volontà di Dio. Dicendo che la legge naturale è legge divina come volontà di Dio si salva la coerenza del costrutto, ma si spalanca la porta ai futuri sviluppi positivistici del diritto.(=la legge è il frutto della volontà e non della natura)
4. IL GIUSNATURALISMO MODERNO Il giusnaturalismo è la teoria della superiorità del diritto naturale su quello positivo Il positivismo giuridico è la teoria dell’esclusività del diritto positivo.
Si possono distinguere TRE GRANDI FORME DI GIUSNATURALISMO: 1) Per la SCOLASTICA MEDIEVALE, il diritto naturale sono i primi principi etici generalissimi, dai quali il diritto naturale procede per “conclusionem et determinationem”. Il diritto naturale è l’insieme dei dettami della retta ragione che forniscono la materia della regolamentazione, mentre il diritto positivo riguarda le norme di organizzazione che ne determinano l’attuazione. Una tradizione razionalista che culmina in IMMANUEL KANT assegna al diritto naturale il contenuto della regola, al diritto positivo la sanzione. 3) Il diritto naturale è fondamento o principio di legittimità dell’ordinamento giuridico positivo: è questo il caso particolare di HOBBES. Il contenuto della norma è determinato soltanto dal legislatore umano e tutto si riduce a una sola norma: tra uguali, bisogna mantenere le promesse; tra diseguali, bisogna obbedire ai comandi del legislatore. La norma fondamentale è “pax est quaerenda”.
Ciascuna di queste posizioni va incontro a obiezioni: CONTRO LA 1), il positivismo giuridico fa valere un argomento storicistico, per il quale non vi sono principi etici autoevidenti, le leggi naturali sono meramente formali e quindi possono essere riempite con qualsivoglia contenuto. CONTRO LA 2) il positivismo giuridico afferma che ciò che fa di una regola una norma giuridica non è il suo contenuto, ma il modo della sua esecuzione. CONTRO LA 3) il positivismo vede il fondamento non nel diritto naturale, ma nel fatto (è questo il cosiddetto “principio di effettività”): in questa prospettiva, la fonte del diritto sono i fatti storici, coi quali il diritto naturale non ha nulla a che vedere.