Regolazione nazionale delle politiche migratorie Valentina Di Cesare Mediatrice culturale e linguistica
Gli Stati dell’Unione europea si occupano delle politiche migratorie in maniera differente tra loro poiché ognuno degli stati risponde a priorità in certi casi molto diverse, ispirate dalla percezione del fenomeno migratorio, dei problemi e dei bisogni del paese rispetto alla tematica
Le scelte strategiche adoperate per la gestione dei flussi migratori sono tre i flussi autorizzati di lavoratori (lavoratori stagionali, con contratti brevi o indeterminati) i flussi legati ai ricongiungimenti familiari e alle migrazioni forzate (profughi, richiedenti asilo e rifugiati, i minori non accompagnati); i flussi di immigrazione illegale
Il primo tipo di flussi ha una soglia che varia a discrezione di ogni governo, mentre per gli altri due intervengono parametri diversi come collocazione geografica del paese, struttura del mercato del lavoro, presenza di comunità immigrate stabilmente e normative in atto per richiesta di asilo.
I governi degli stati europei prendono decisioni precise per ognuno dei tre flussi. Nel caso dei flussi autorizzati di lavoratori, analizzano il bisogno reale di manodopera straniera e mettono in atto politiche di apertura o chiusura; nel caso dei flussi “irrimediabili” analizzano la capacità di accoglienza
Gli stati poi devono tenere conto della percezione (e non soltanto sulla realtà oggettiva) del fenomeno sulla popolazione autoctona. Le politiche che poi vengono adottate devono tenere conto anche dell’intervento di attori esterni (il caso dell’Unione Europea)
Al di là delle scelte delle istituzioni, la gestione della politica migratoria e di asilo non è soltanto espressione del governo ma coinvolge molti altri attori presenti sul territorio nazionale, soprattutto perché la gestione della politica migratoria è legata all’attività di altre politiche ad essa correlate
La politica migratoria e di asilo di un governo può e deve tener conto della presenza di attori esterni (istituzioni internazionali o attori transnazionali). In questo, come in altri ambiti, le scelte politiche di uno stato possono avere conseguenze indirette nel territorio di altri stati. Esempio della Grecia o della Polonia
Specialmente in base a parametri geografici ci sono rapporti e dipendenze tra i flussi migratori che interessano alcuni paesi dell’Unione europea, nonostante le diverse priorità che li caratterizzano. I flussi di immigrazione illegale, ad esempio, utilizzano il territorio di alcuni di questi paesi per arrivare ad altri dove gli immigrati vorrebbero stabilirsi e flussi di migrazioni forzate potrebbero seguire lo stesso percorso.
Il fenomeno migratorio è molto stratificato dunque la stretta correlazione tra le scelte dei paesi va analizzata in base al flusso di riferimento. Malgrado le diverse priorità, i governi dei paesi europei percepiscono quindi la convenienza di dotarsi di una politica comune in relazione al fenomeno migratorio
Ormai in Europa la politica migratoria è legata strettamente alle altre politiche in particolare ai settori della cooperazione, della sicurezza e degli esteri. Il cambiamento dei fenomeni migratori ha portato modifiche politiche molto precise che a loro volta hanno apportato cambiamenti ai settori sopraelencati.
Specialmente negli ultimi 20 anni almeno una volta uno stato, seppur democratico, ha espulso cittadini «indesiderati» Tali scelte scatenano e hanno scatenato sempre ampi dibattiti che mirano alla ricerca di un equilibrio tra istanze di difesa delle frontiere, interessi economici che promuovono l’apertura, obblighi internazionali di protezione dei rifugiati l’Unione europea con Schengen ha ABOLITO le frontiere interne e emanato dei diritti a favore dei cittadini comunitari che si trovano all’estero
Nonostante le norme continuamente in fase di aggiornamento, almeno in molti stati democratici, l’immigrazione scompagina un’organizzazione sociale basata sugli Stati nazionali e sull’omogeneità della popolazione che vive sul territorio. Per molti è l’alibi che giustifica atteggiamenti razzisti e di esclusione, ma ovunque l’immigrazione riporta in auge un dramma antichissimo : l’invasione di stranieri, che si riversano sugli autoctoni. L’immigrato è «arrivato dopo» dunque deve dimostrare di più per meritarsi la permanenza.
Ma se l’immigrazione regolare è prevista da ogni stato e anche caldeggiata, quella irregolare è un continuo rimaneggiamento delle frontiere L’immigrazione è vissuta a mò di invasione, è percepita come trasgressione dei confini nazionali e vissuta come sfida ai concetti di sovranità e di controllo del territorio. Stiamo vivendo un momento storico in cui l’economia si globalizza e la politica tende a rinazionalizzarsi
Due prospettive per lo studio delle politiche di regolazione 1) le politiche di controllo andrebbero osservate come mediazione tra forze di mercato e logiche politiche 2) bisognerebbe tenere a mente le differenze culturali tra i paesi di arrivo e provenienza
La regolazione è sempre instabile I paesi riceventi sono sempre orientati alla chiusura per motivazioni svariate per tale motivo c’è molta enfasi sui controlli esterni, ma si assiste anche ad un certo inasprimento dei controlli interni E’ bene poi ricordare che gli stati possono controllare solo una parte delle migrazioni internazionali
Le responsabilità dei media I media sono stati spesso accusati di utilizzare i termini in maniera inappropriata facendo in modo che le persone confondessero : Gli immigrati irregolari e i clandestini Gli sfollati e clandestini L’uso di una terminologia giusta è INDISPENSABILE
Abbiamo già sottolineato nei precedenti moduli che la Distinzione tra irregolari e clandestini esiste ed è sostanziale. Oltre ai termini sopraelencati i media parlano spesso di rimpatrio, di accordi di riammissione e di costi di trattenimento e/o rimpatrio
Perché c’è l’immigrazione irregolare? Non sarà mai possibile arginare l’ingresso di immigrati irregolari e le motivazioni del loro arrivo sono molteplici 1) convenienza economica (mercato de lavoro e altri interessi: turismo, fiere, ecc.) 2) attivismo delle reti migratorie 3) costi economici della repressione 4) produzione istituzionale dell’illegalità (norme che portano i soggiornanti ad essere irregolari)
Conseguenze della repressione Oltre ad un consistente movimento sociale che auspica ad una chiusura delle frontiere, esistono le lobby pro- immigrati che hanno poi portato a richiesta di sanatorie, offerta di servizi, battendosi per un contrasto verso le politiche repressive Repressione casuale e crudele (18 mesi di trattenimento nei CIE per i pochi fermati) Passaggio attraverso il soggiorno irregolare come percorso “normale” Appannamento della distinzione regolari/ irregolari
Tra il 1996 e il 2008, sono stati 22 gli stati europei su 27 ad attuare misura di regolarizzazione di immigrati non autorizzati al soggiorno Si stima che in tale periodo tra 5 e 6 milioni di immigrati siano diventati regolari e più della metà delle regolarizzazioni sono avvenute in tre paesi: Italia, Spagna e Grecia L’allargamento dell’UE verso Est è visto inoltre come una sanatoria indiretta o silente
Come sono state le sanatorie italiane? Sono state di carattere collettivo e con una ricorrenza abbastanza ravvicinata: 7 sanatorie in 25 anni che hanno raggiunto grandi dimensioni ed elevati livelli di discrezionalità
Immigrazione irregolare come risorsa Dobbiamo ricordare che attualmente il lavoro di cura richiesto dalle famiglie, soprattutto nel caso degli anziani, è fornito quasi esclusivamente da immigrati in condizione irregolare, come mostrano i dati delle sanatorie. Si tratta ormai di una irregolarità ampiamente tollerata e persino non riconosciuta come tale, sospesa tra la protezione e sfruttamento. Le immigrate( si tratta spesso di donne) nell’ambito delle famiglie italiane, risolvono diversi problemi: alloggio, lavoro, vitto, risparmio, protezione dai controlli delle autorità.
Altri casi simili all’estero Non solo in Italia la situazione è controversa In Austria: 2007, sanatoria per i lavoratori domestici sono in un sistema semi-ufficiale di importazione In Germania: vige un certo “segreto manifesto” della soceità : sistemi di alternanza e pendolarismo (due lavoratrici si alternano sullo stesso posto di lavoro) A Singapore: più della metà degli anziani è assistita prevalentemente da un lavoratore domestico immigrato
Le risorse degli immigrati irregolari, l’esempio delle badanti Le reti etniche Il lavoro La rivendicazione di utilità sociale L’accesso ad (alcuni) servizi pubblici Il sostegno delle organizzazioni solidaristiche Le carenze del sistema repressivo e l’aspettativa di potersi regolarizzare
La “familiarizzazione” L’instaurazione di relazioni sentimentali e unioni miste con uomini italiani e o europei La consapevolezza dell’importanza del proprio lavoro e dei soldi da inviare ai familiari in patria L’aiuto da parte dei familiari rimasti in patria
Welfare invisibile La condizione irregolare è spesso vista come fase transitoria, cioè come un primo stadio di un percorso di integrazione. I parenti rimasti in patria dal loro canto, pazientano spesso per poi ricongiungersi.
Secondo lo studioso Zincone, la parola CITTADINANZA significa Appartenenza a uno Stato Emancipazione Dotazione comune (benefici) Standardizzazione (uguaglianza) Nota: la tipologia sembra trascurare la dimensione simbolica dell’identificazione
L’integrazione dal basso Molte iniziative di accoglienza e integrazione degli immigrati sono state promosse dall’iniziativa della società civile: volontariato, sindacati, chiese, organi di solidarietà che hanno permesso un reale progresso sociale altrimenti impossibile
ASSOCIAZIONISMO E SOLIDARIETA’ Quattro tipi di associazionismo: Caritativo Rivendicativo Imprenditoriale Promosso da immigrati Le iniziative di solidarietà insieme alla scuola sembrano essere l’unica vera soluzione.
Il ruolo chiave della scuola La presenza dei bambini e degli adolescenti figli di cittadini immigrati è una grande risorsa per la scuola italiana anche se, come abbiamo verificato nei moduli precedenti le difficoltà non sono poche nell’ambito formativo e scolastico nazionale.
Diritto alla cittadinanza In Italia andrebbe urgentemente risolto il problema della cittadinanza per chi nasce e cresce sul suolo italiano. Invece di attendere i 18 anni, si spera che i nati in Italia siano presto“italiani” a tutti gli effetti, qualunque sia la nazionalità dei suoi genitori. Probabilmente è arrivato il momento per ripensare il famoso IUS SANGUINIS.