L’atomo di Bohr Fu grazie alle nuove idee della fisica quantistica che Bohr riuscì a «superare» le difficoltà incontrate da Rutherford, apportando una.

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L’atomo di Bohr Fu grazie alle nuove idee della fisica quantistica che Bohr riuscì a «superare» le difficoltà incontrate da Rutherford, apportando una fondamentale «correzione» al modello planetario dell’atomo.

Spettro di assorbimento Gli spettri Le ricerche di Bohr si basarono essenzialmente sull’analisi spettrale della luce emessa e assorbita da vari materiali. Si distinguono tre situazioni fondamentali. Spettro continuo Sorgente densa calda Spettro a righe (discontinuo) Gas rarefatto incandescente Spettro di assorbimento Gas rarefatto freddo Sorgente densa calda

Emissione Assorbimento Utilizzando lo stesso gas, gli spettri di assorbimento ed emissione corrispondono come l’uno il negativo dell’altro. Ogni gas ha uno spettro specifico (serie di righe spettrali) tanto da essere come la sua impronta digitale Le righe non sono disposte a caso, ma sembrano seguire una certa regolarità. Un aspetto particolare è l’accumulo delle righe man mano che si va verso lunghezze d’onda maggiori

Spettro dell’idrogeno Zone spettrali (n1) Spettro dell’idrogeno Zona Visibile n1=2 Zona I.F. n1=3 Zona alta frequenza n1=1 Il gas idrogeno presenta righe ben precise nelle tre zone principali dello spettro (infrarossa, visibile, Ultravioletta). Serie di Paschen Serie di Balmer Serie di Lyman Equazione di Rydberg Righe spettrali (n2) Le righe, in ogni zona, si «accumulano» da sx a dx. Non sono disposte a caso: si dimostrò che la loro posizione ubbidisce ad una legge matematica! R =costante di Rydberg n1= numero d’ordine di zona spettrale n2= numero d’ordine di riga λ = lunghezza d’onda (colore) In pratica, sostituendo a n1 il numero d’ordine della zona spettrale osservata e a n2 il numero d’ordine della riga all’interno della zona, con l’equazione di Rydberg si ottiene il valore della λ (colore) della riga analizzata.

L‘emissione e l’assorbimento di segnali luminosi (elettromagnetici) da parte di un corpo materiale (es. gas idrogeno) sono sicuramente da collegare con le cariche elettriche all’interno degli atomi e con la variazione del loro stato di moto (dalla teoria di Maxwell), ma… Perché i colori emessi sono sempre e solo proprio quelli, con le posizioni e i valori ben precisi di λ? Ancora una volta, utilizzando le leggi classiche dell’elettromagnetismo (equazioni di Maxwell) non si riusciva a spiegare perché la serie di righe spettrali dell’idrogeno rispetta l’equazione empirica di Rydberg. La nascente fisica dei «quanti» suggerì a Bohr la risposta. Di seguito, in sintesi, la strada seguita da Bohr per spiegare lo spettro dell’idrogeno alla luce della teoria quantistica.

Dimostrazione di Bohr per l’H (1) L’e-, in quanto corpo in moto circolare, ha un momento angolare L=mvr Considerando un atomo di H a riposo, il momento angolare dell’ e-  mv0r0=k. (m=massa ; v0= velocità a riposo; r0= raggio a riposo) Il raggio r0 dell’atomo di H, da varie sperimentazioni, risultò 0,5 angstrom La massa m dell’ e- si conosceva grazie a Thomson e Millikan. La velocità dell’ e- v0 l’aveva ricavata Rutherford. Si potè, quindi, facilmente calcolare Il momento angolare L0. Bohr, confrontando tale valore con i lavori di Planck, notò che valeva  L0 = mv0r0 = h/2π (dove h= costante di Planck). + _ V0 L=mv0r0 r0 m

Dimostrazione di Bohr per l’H (2) Un atomo, tuttavia, non rimane sempre a riposo: può essere eccitato. Se eccitato, l’elettrone certamente cambia orbita (si allontana o si avvicina al nucleo) La massa m si suppone rimanga invariata, ma il raggio r e la velocità v dovranno essere diversi da quelli a riposo per cui lo sarà anche il momento angolare  mv1r1 ≠ mv0r0. L1=mv1r1 V1 r1 m Bohr, riuscì a «far quadrare i conti», mettendo d’accordo dati sperimentali e teoria di Maxwell, ponendo la condizione che il nuovo momento angolare abbia un valore multiplo intero di quello a riposo (h/2π) L1 = mv1r1 = nh/2π (dove n = 1,2,3,4… numero intero). + V0 L=mv0r0 r0 m Da questa formula si ricava … v1= 2πmr1 nh

v0= v1= r1 = nh h m x n2h2 r n2h2 n2h2 2πmr0 2πmr1 r Kel q2 = 4π2m2r12 Considerando i due momenti, a riposo ed in eccitazione avremo: v1= 2πmr1 nh v0= 2πmr0 h e Considerando valido il modello planetario di Rutherford, in ogni momento  Fel= -Fc , cioè m x v2 = Kel q2 r m x n2h2 4π2m2r12 = Kel q2 r Sostituiamo la velocità V1 utilizzando la precedente formula  n2h2 n2h2 4π2mr1 = Kel q2 Si ricava il raggio r1 = Cioè la distanza della nuova orbita Kelq24π2m Osservando bene quest’ultima formula: solo n risulta variabile! (tutti gli altri parametri sono costanti). Questo significa che le distanze (raggi delle orbite) permesse all’e- non possono essere di qualsiasi valore, ma solo multiple intere della distanza minima possibile (0,5 angstrom per l’H)

( ) - r r1 r0 r = n02h2 ET = - ½ Kel q2 - ½ Kel q2 ½ Kel q2 ΔE= Considerando l’atomo planetario, ad ogni orbita corrisponde una specifica energia. Passando, perciò, da una all’altra l’e- subirà una variazione della sua ET. Considerando due, riposo ed eccitato, avremo E0 ed E1. Nel cambio di stato avremo una variazione di energia ΔE=E1 – E0 ET = - ½ Kel q2 r Riprendendo la formula di Rutherford per la E  Si avrà… - ½ Kel q2 r1 ½ Kel q2 r0 ΔE= E1 – E0 = + Kelq24π2m n2h2 r = Nella diapositiva precedente abbiamo ricavato Sostituendo, rispettivamente r1 e r0 , e semplificando l’equazione, si arriverà a… 2Kel2 q4 m π2 n02h2 n02 n12 1 1 - ( ) ΔE=

2Kel2 q4 m π2 n02h2 n02 n12 1 1 - ( ) ΔE= Ovviamente l’e- (quindi l’atomo) assume momentaneamente il nuovo valore di energia E1 (stato eccitato) per poi ritornare, immediatamente, a quello di riposo E0. Dato che vale la legge della conservazione dell’energia, queste variazioni di energia ΔE non vengono dal nulla, né svaniscono nel nulla… Per eccitare un atomo occorre fornirgli energia dall’esterno (calore, elettricità, luce ecc.). Per tornare allo stato di riposo l’atomo, deve cedere la stessa quantità di energia assorbita. Una carica elettrica, come lo è l’e- , può assorbire energia di varia natura, ma può cederla solo in forma elettromagnetica (radiazioni). Visto, inoltre, che energia assorbita e ceduta devono coincidere (conservazione dell’energia), noi possiamo conoscere il valore di ΔE tra due stati (riposo ed eccitato) analizzando lo spettro dei segnali elettromagnetici dell’atomo (righe di assorbimento o di emissione). Osservando bene anche questa equazione, come la precedente le uniche variabili sono le n, cioè numeri interi (1,2,3,4…). Si può ben intuire, quindi, che i valori di ΔE non possono essere causali e imprevedibili, ma devono assumere valori ben intervallati tra loro, cioè «quantizzati». Lo spettro, allora, sarà costituite da ben precise righe di colori.

Ogni riga di colore è «prodotta», quindi, da una ΔE, da un «quantum» di energia assorbito o emesso quando l’e- passa da un’orbita ad un’altra Ora, dato che si tratta di energia elettromagnetica, sappiamo che il suo valore più piccolo di un segnale è proprio il «quantum» scoperto da Planck  E=hf Quindi posso ammettere che la più piccola differenza di energia, assorbita o emessa da un elettrone, equivalga a ΔE= hf 2Kel2 q4 m π2 n02h2 n02 n12 1 1 - ( ) = La frequenza d’onda f è proporzionalmente inversa alla lunghezza d’onda, f=C/λ (dove C=velocità della luce) sostituendo  2Kel2 q4 m π2 n02h2 n02 n12 1 1 - ( ) λ hC = Portando il fattore hC a destra… 2Kel2 q4 m π2 n02h3C n02 n12 1 1 - ( ) λ 1 = Ora i valori di Kel, q, m, π, h, no C sono fissi e noti: possiamo indicarli con una sola lettera R. n02 n12 1 1 - ( ) λ 1 = R Ma questa è l’equazione empirica di Rydberg per lo spettro dell’idrogeno!

Bohr, in pratica, giunse alla formula empirica che Rydberg e altri ottennero analizzando le righe spettrali… partendo da leggi di Newton-Maxwell applicate al moto dell’elettrone, come teorizzato da Rutherford, ma ponendo una condizione… i valori del momento angolare devono essere mvr=nh/2π (cioè multipli interi di una quantità fissa) quantizzazione del momento angolare. Questo, ovviamente, comporta l’esistenza di specifiche e determinate orbite permesse all’elettrone  quantizzazione delle orbite. L’elettrone passando da un’orbita all’altra assorbe o emette solo determinate quantità di energia, multipli interi del quantum di Planck E=hf (differenza di energia tra le due orbite) e quindi ben precise righe spettrali  quantizzazione delle energie. Le righe totali dello spettro sono molto più di 7, in quanto i «salti», da un’orbita all’altra, non sono sempre gli stessi (l’e- può fare salti singoli, doppi, tripli ecc. ), inoltre i salti singoli hanno valori energetici (quindi righe) differenti in base al livello di partenza. Dall’analisi delle righe dello spettro, Bohr ricavò per l’H 7 possibili orbite , che chiamò livelli energetici n, numerati da 1 a 7.

Postulati di Bohr Il lavoro di Bohr si riassume nei seguenti postulati: L’elettrone si muove secondo un’orbita circolare intorno al nucleo ed il suo moto è regolato dalla forza elettrica di Coulomb e dalla forza centrifuga. Il moto dell’elettrone è descritto dalle leggi di Newton, ma non tutte le orbite sono permesse: solo quelle di raggio r tale che il momento angolare mvr = nh/2π  Se l’elettrone permane in un’orbita, non emette alcuna radiazione elettromagnetica e pertanto la sua energia è costante: l’orbita viene detta orbita stazionaria. Una radiazione elettromagnetica viene assorbita o emessa solo quando un elettrone salta da un’orbita all’altra: L’energia assorbita o emessa è «quantizzata», vale un quantum ΔE = hf . Il salto tra le orbite è definito «salto quantico». Vengono definiti postulati in quanto non dimostrabili e contro le leggi della fisica classica, ma necessari per giustificare i fenomeni osservati (così deve essere!). In altre parole, solo ammettendo quanto sopra è possibile giustificare gli spettri di emissione e assorbimento, nonché il fatto che una carica elettrica, come l’e-, possa non emettere luce pur avendo un moto accelerato e, quindi, non perdere energia, anche se questo contrasta con le teorie classiche.