Corso di Filosofia della scienza a.a. 2010/2011 (I° semestre)

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Corso di Filosofia della scienza a.a. 2010/2011 (I° semestre) Il "gioco della scienza" nella riflessione di Karl Popper e nel dibattito epistemologico contemporaneo Prof. Luciano Dottarelli Modulo IV

Il dibattito epistemologico post-popperiano Falsificazionismo e storia della scienza Metodologia falsificazionista e progresso scientifico Progresso e verità nella conoscenza scientifica

Le questioni in gioco 1)La questione metodologica:le regole proposte da Popper per raggiungere il “fine interno” del gioco della scienza (trovare teorie con un più alto grado di contenuto e corroborazione) sono davvero le più adeguate? 2)La questione genuinamente epistemologica: qual è il fine “esterno”del gioco della scienza? Il "progresso" della scienza in termini di aumento del grado di corroborazione delle teorie significa davvero approssimazione alla verità?

1)La questione metodologica Quella di Popper è una metodologia normativa che però pretende valere (benché non sia il problema che gli sta più a cuore) anche come descrizione dello sviluppo storico effettivo della scienza: una congettura «confermata dalla storia della scienza» Allora la questione metodologica si presenta sotto due aspetti: a) Il progresso della scienza come lo conosciamo è stato effettivamente ottenuto col metodo delle congetture e confutazioni di Popper? b) Lo stesso progresso avrebbe potuto comunque essere ottenuto con tale metodo?

1a)Falsificazionismo e storia della scienza Già Neurath aveva notato come la propensione di Popper a stare “dalla parte dell'aggressore” fosse assai poco in accordo con la pratica effettiva degli scienziati i quali, in realtà, difficilmente «sacrificano senz'altro una teoria a causa di qualche risultato negativo» Le critiche più importanti allo schema di Popper vengono però dalle ricerche di T.S.Kuhn (The structure of scientific revolutions, Chicago 1962)

T.S.Kuhn: paradigmi e scienza normale Secondo Kuhn, l'unità di base dello sviluppo storico della scienza non è la singola teoria, ma il complesso strutturale, che chiama “paradigma” (in seguito “matrice disciplinare”). Esempi di paradigma (“modelli di effettiva prassi scientifica riconosciuti come validi”) sono le concezioni aristotelica, copernicana, newtoniana Lo schema popperiano, che presenta lo sviluppo storico della scienza come una “rivoluzione permanente”(J.Watkins) è del tutto inadeguato a comprendere il fenomeno della cosiddetta “scienza normale”, che di fatto costituisce la gran parte dell'attività scientifica La scienza normale «si presenta come un tentativo di forzare la natura entro le caselle prefabbricate e relativamente rigide fornite dal paradigma. Il compito della scienza normale non è affatto quello di scoprire nuovi generi di fenomeni, anzi, spesso sfuggono completamente quelli che non si potrebbero adattare all'incasellamento. Gli scienziati non mirano neanche, di norma, a inventare nuove teorie, e anzi si mostrano spesso intolleranti verso quelle inventate da altri. La ricerca nell'ambito della scienza normale è invece rivolta all‘articolazione di quei fenomeni e di quelle teorie che sono già fornite dal paradigma»

T.S.Kuhn: anomalie e rompicapo Nella fase di scienza normale le eventuali “anomalie” che insorgono all'interno del paradigma non vengono ipso facto considerate sue confutazioni, anzi sono spesso accantonate: «Lo scienziato che si sofferma ad esaminare ogni anomalia incontrata, raramente riesce a concludere una qualche ricerca significativa» Alcune anomalie danno origine a una tradizione di soluzione di “rompicapo”. Il rompicapo, a differenza del “problema” di Popper, è caratterizzato dalla «certezza che esista una soluzione» in termini di un'articolazione migliore del paradigma accettato La soluzione dei rompicapo è l'attività propria della scienza normale che mira all'estensione della portata e della precisione del paradigma e si caratterizza così come un processo cumulativo

T.S.Kuhn: le rivoluzioni scientifiche Affinché un'anomalia possa costituire un motivo capace di spingere la comunità scientifica verso il mutamento del paradigma, deve diventare “particolarmente pressante” e inoltre deve essere disponibile un'alternativa emergente, che si presenti come soluzione diretta alla crisi Quando dalla frenetica ricerca straordinaria emerge “tutto a un tratto, talvolta nel buio più completo”, un nuovo paradigma che viene accettato dalla comunità scientifica, si determina una rivoluzione scientifica; ha inizio con ciò un nuovo periodo di scienza normale, ugualmente insondabile con gli occhiali di Popper L’errore di Popper è infatti di aver «caratterizzato l'intera attività scientifica in termini che si riferiscono solo alle sue occasionali componenti rivoluzionarie»

L’emergere di altre anomalie nella ricostruzione popperiana della storia della scienza J.Agassi: la ricerca scientifica di regola non parte da ipotesi altamente controllabili ma spesso da ipotesi metafisiche I.Lakatos: la ricostruzione di Popper è “aridamente astratta e altamente astorica” I.Lakatos: la correzione del modello monoteorico e il recupero della “continuità” della scienza: la competizione tra “programmi di ricerca scientifici” rivali (il nucleo metafisico, l’euristica positiva e negativa) P.K.Feyerabend: l’epistemologia anarchica: «Dovunque guardiamo, qualsiasi esempio consideriamo, vediamo che i princìpi del razionalismo critico (prendere sul serio le falsificazioni; aumentare il contenuto; evitare ipotesi ad hoc; "essere onesti", qualsiasi cosa ciò significhi ecc.)... ci danno un quadro inadeguato della scienza, perché la scienza è molto più "trascurata" e "irrazionale" della sua immagine metodologica»

Popper di fronte alla falsificazione della sua congettura storica La limitazione dell’ambito di validità del suo schema di sviluppo della scienza:«E' il lavoro dei grandi scienziati che ho in mente come mio paradigma per la scienza... Desidero suggerire un'idea eroica e romantica della scienza e dei suoi lavoratori … Questi lavorano con audaci congetture e severi tentativi di confutazione delle loro stesse congetture» L’accentuazione del carattere normativo della sua proposta che, dopo la Logik, sembrava proporsi anche come descrizione dello sviluppo storico della scienza: «La mia teoria - torna a insistere ora - non è empirica, bensì metodologica e filosofica e perciò non ha bisogno di essere falsificabile»

1b) Metodologia falsificazionista e progresso scientifico Il valore normativo della proposta di Popper:«La domanda è: "Come dovremmo procedere se desideriamo contribuire alla crescita della conoscenza scientifica?”. E la risposta è: “Non potete far niente di meglio che procedere col metodo critico del tentativo (congettura) e dell'eliminazione dell'errore, cercando di controllare, o confutare, le vostre congetture”» La critica di Kuhn riguarda non solo la descrizione del processo scientifico ma anche le prescrizioni metodologiche di Popper: «Gli scienziati si dovrebbero comportare essenzialmente come fanno se quel che loro sta a cuore è migliorare la conoscenza scientifica»

T.S.Kuhn: l’elogio della scienza normale Se nei periodi pre-paradigmatici, in cui manca una guida precisa, “la strategia critica di Popper... sembra la migliore disponibile” una volta che sia dato un quadro che fornisce tale guida, gli scienziati devono dedicarsi all’attività della scienza normale, impegnandosi ad articolare il paradigma nel modo migliore, anziché “cercare di evidenziare i piccoli errori che sono sempre presenti in gran numero e tentar di costruire teorie alternative attorno ad essi” E’ proprio quella pratica della ricerca normale, che piace tanto poco a Popper, che rende possibili le rivoluzioni e il progresso scientifico Kuhn propone per le scienze mature una strategia di ricerca che non condivide né la “mania critica” di Popper, né la sua facilità a desistere dalla difesa di teorie “confutate” Anche di fronte a una marea montante di anomalie, “una resistenza opposta per tutta la vita... non è una violazione dei criteri scientifici”. Per stabilire come e quando la resa debba avvenire, non c‘è nessuna regola metodologica rigida.

T.S.Kuhn: il cambio di paradigma Il passaggio da un vecchio paradigma ad un altro nuovo è una decisione risoluta che va presa caso per caso. «Il successo di un paradigma... è all'inizio, in gran parte, una promessa di successo … Una decisione di tal genere può essere presa soltanto sulla base della fede» «Il trasferimento della fiducia da un paradigma ad un altro è un’esperienza di conversione che non può essere imposta con la forza», una sorta di “riorientamento gestaltico” La tesi dell’incommensurabilità tra paradigmi Il rifiuto tuttavia delle interpretazioni irrazionalistiche: «Ciò che nego non è l'esistenza di buone ragioni e neppure che queste ragioni siano del tipo che è descritto di solito [precisione, raggio d'azione, semplicità, fecondità]. Tuttavia insisto che … non ci può essere un insieme di regole che possa adeguatamente dettare il comportamento individuale desiderato nei casi concreti che gli scienziati incontreranno nel corso della loro carriera» Del resto, osserva Kuhn, lo stesso Popper rimanda alla comunità degli scienziati le “coraggiose decisioni” (ad es. l’accettazione delle asserzioni base) che rendono possibile utilizzare il falsificazionismo metodologico

La “liberalizzazione” della metodologia popperiana 1 Lakatos e Feyerabend, coniugando il modello di crescita kuhniano con l'esigenza critica di Popper, parlano, anziché di successione, di “simultaneità” e “interazione” delle due componenti della scienza matura: quella normale (una “tradizione più pratica”) e quella rivoluzionaria (una “tradizione filosofica pluralistica”) La dialettica di “tenacia” e “proliferazione” Il confronto con le tesi di Kuhn e il tentativo di recuperare le dimensioni della continuità e della tenacia conducono ad una “tolleranza metodologica” che va molto oltre la “rigida ortodossia popperiana” Lakatos: il fattore “tempo” e la fine della “razionalità istantanea”: «Si può essere "saggi" solo retrospettivamente» e anche la metodologia migliore «difficilmente sarà un aiuto considerevole per gli scienziati». «Il progresso metodologico resta ancora indietro rispetto alla comune saggezza scientifica»

La “liberalizzazione” della metodologia popperiana 2 Feyerabend: non è possibile «dirigere un'impresa complessa e spesso catastrofica come la scienza, seguendo poche regole semplici e "razionali"» perché «tutte le metodologie, anche quelle più ovvie, hanno i loro limiti » L’epistemologia alla ricerca di un rapporto più stretto con la storia della scienza o addirittura tentata dall’approccio antifilosofico e scientifico ai problemi della conoscenza W.V. Quine e “l’epistemologia naturalizzata” (un “capitolo della psicologia e quindi della scienza naturale”) L’ostilità di Popper di fronte a questo esito e il mantenimento dell’approccio normativo, ma con una accentuazione sempre più fallibilistica G.Radnitzky: la metodologia popperiana è un utile strumento che può aiutare il ricercatore «a migliorare la sua autocomprensione … e a razionalizzare le sue prese di decisione»

2) Progresso e verità nella conoscenza scientifica La questione genuinamente epistemologica: in che senso si può parlare di “progresso” della scienza? Il "progresso" della scienza consiste davvero di approssimazione alla verità? Feyerabend: la radicalizzazione della tesi dell’incommensurabilità e l’impossibilità di parlare di progresso nella scienza Popper: la critica del “mito della cornice”, un “dogma pericoloso”, “baluardo centrale“ dell’irrazionalismo contemporaneo La maggiore cautela del “secondo Kuhn”: preferisce parlare di “difficoltà di comunicazione” piuttosto che di incommensurabilità in senso forte

T.S.Kuhn: teorie come strumenti e sviluppo ateleologico della scienza La traducibilità e la confrontabilità delle diverse mappe cognitive rendono possibile valutare il progresso della conoscenza Kuhn:lo sviluppo storico della scienza è “un processo i cui stadi successivi sono caratterizzati da una comprensione sempre più dettagliata e raffinata della natura”, ossia dall'accrescimento della “concreta capacità di risolvere problemi” da parte dei nuovi paradigmi La scienza moderna è un «insieme meravigliosamente adeguato di strumenti» per la risoluzione di problemi Tuttavia questo innegabile progresso della conoscenza scientifica a partire da stadi primitivi non ne fa «un processo di evoluzione verso qualcosa», tantomeno verso la verità, come vorrebbe Popper

I due livelli del problema della verisimilitudine Il problema semantico di una “definizione formale” che permetta di riabilitare l’uso delle nozioni di “verità” e “verisimilitudine” nel linguaggio della scienza, senza temere che il concetto di approssimazione alla verità «sia logicamente mal concepito, o "senza significato”» Il vero e proprio problema epistemologico di integrare la definizione formale di verisimilitudine con un criterio in base al quale valutare l’effettiva approssimazione alla verità da parte della nostra conoscenza

Verisimilitudine popperiana e somiglianza intuitiva con la realtà Affrontando direttamente il problema epistemologico andrebbero distinti due sensi diversi della nozione di verisimilitudine (che Popper non discerne): a) una nozione tecnica: la differenza tra il contenuto di verità (conseguenze vere) e il contenuto di falsità (conseguenze false) di una data teoria b) il grado di somiglianza intuitiva alla realtà di una teoria E’ sempre possibile che una teoria abbia una maggiore verisimilitudine tecnica di un'altra e tuttavia sia intuitivamente meno simile alla realtà Kuhn: «Il confronto tra varie teorie storiche non dà l'impressione che le loro ontologie tendano a un limite: per aspetti abbastanza fondamentali, la relatività generale di Einstein rassomiglia più alla fisica di Aristotele che a quella di Newton» W.V.Quine: la “sottodeterminazione empirica” di ogni teoria (un insieme finito di evidenze fattuali potrebbe essere spiegato da una molteplicità di teorie)

La nozione tecnica di verisimilitudine Insostenibilità dell’idea di valutare il progresso delle teorie in termini di una loro sempre maggiore somiglianza intuitiva alla realtà Se ci si limita esclusivamente alla nozione tecnica di verisimilitudine (in termini di conseguenze vere e conseguenze false) già si riduce la distanza di Popper dallo strumentalismo Quanto al criterio per valutare la maggiore o minore verisimilitudine delle teorie, Popper ritiene che il grado di corroborazione sia la vera e propria contropartita metodologica dell'idea di verisimilitudine Dall’entusiasmo della svolta tarskiana alla successiva maggiore cautela: «Io non mi sono mai sognato di offrire il concetto di verisimilitudine come un "criterio" di alcunché... Dire che una teoria ha una maggiore verisimilitudine di una delle sue concorrenti resta essenzialmente materia di congettura»

Le difficoltà epistemologiche della nozione di verisimilitudine L'impossibilità di fondare logicamente su un'evidenza empirica limitata (grado di corroborazione) la valutazione di verisimilitudine che invece è sintetica e fa affermazioni sulla totalità delle conseguenze di una teoria Nell’utilizzare il grado di corroborazione per stabilire la verisimilitudine di una teoria e dunque la sua affidabilità rispetto ai casi futuri si ripropone per Popper il problema di Hume L’imbarazzo di Popper e l’ammissione della presenza nella propria epistemologia di quel “soffio di induttivismo” che Lakatos gli suggerisce di accogliere esplicitamente nella forma di un principio metafisico congetturale In aggiunta alle difficoltà classiche dell'induzione si presenta inoltre per Popper un problema in più: quello di giustificare l'uso dei termini di vero e falso per le asserzioni singolari d'osservazione, su cui si basa l'applicazione della metrica di verisimilitudine (per via della teoreticità e dunque ipoteticità dello stesso dato empirico)

L’infondatezza logica della stessa definizione formale di verisimilitudine Gli studi di David Miller e Pavel Tichy e poi una fitta letteratura specialistica hanno messo in evidenza l'impossibilità di definire una metrica della verisimilitudine in termini di aumento e diminuzione del contenuto di falsità o di verità Date infatti due teorie, entrambe false, non è possibile affermare che una di esse sia più verosimile dell'altra Nell'Introduzione (1982) al Poscritto alla Logica della scoperta scientifica, Popper ammette che «la speranza di rafforzare ulteriormente questa teoria degli scopi della scienza con la definizione di verisimilitudine, in termini di verità e contenuto, era purtroppo vana»

Tra storia e natura: l’estrema fedeltà di Popper al paradigma classico di razionalità Il tentativo di salvare l’impianto complessivo della propria epistemologia da un lato accentuandone il carattere congetturale e fallibilistico, dall’altro valorizzando la prospettiva evoluzionistica Il “razionalismo pancritico” di W.W.Bartley III: la sostituzione del problema della giustificazione con quello della critica L’”epistemologia evoluzionistica” di D.T. Campbell: l'unica che mostra “completo accordo con la mia epistemologia” nonostante “una leggera differenza d'accento: nella... insistenza sull'idea di verità”