L’impatto della crisi in Europa sulle relazioni industriali Come è potuto accadere che i costi della crisi del debito siano stati fatti pagare alle sue.

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L’impatto della crisi in Europa sulle relazioni industriali Come è potuto accadere che i costi della crisi del debito siano stati fatti pagare alle sue vittime Corso: Dimensione territoriale del dialogo sociale e contrattazione collettiva in tempi di crisi Firenze, 11.03.2015 Sławomir Adamczyk

Negli ultimi sette anni l’UE ha conosciuto due fasi di crisi che hanno profondamente segnato il suo ambiente economico e sociale. Completamente diversi i modi con cui le due crisi sono state affrontate. Nella prima fase è stato possibile vedere molti esempi di comportamento in linea con le regole del modello sociale europeo. Nella seconda fase è stato possibile violare tali regole adducendo a pretesto la maggiore necessità. .

La prima fase: crisi economica e finanziaria globale -2008 I motivi: quadro regolamentare insufficiente dei mercati finanziari, aumento della disparità di reddito, squilibrio economico globale Sarebbe stato possibile prevedere la crisi? Sì, era la conseguenza naturale del capitalismo casinò in tutto il mondo dopo la caduta del consenso sociale postbellico (“turbocapitalismo”) Conseguenze in Europa: indebolimento delle grandi istituzioni finanziarie (talvolta sull’orlo della bancarotta), crollo della domanda in determinati settori industriali

Contrastare gli effetti negativi: nello spirito del dialogo Governi e parti sociali hanno “fatto gioco di squadra” per superare la crisi Ruolo essenziale del dialogo sociale Pacchetti anticrisi (e di impulso) Misure avviate dalle autorità pubbliche per salvaguardare l’occupazione (lavoro a tempo breve, disoccupazione tecnica/temporanea, sostegno alla formazione) Sostegno al reddito dei disoccupati Contrattazione collettiva finalizzata a introdurre soluzioni temporanee per tutelare i posti di lavoro in settori esposti (Svezia, Germania)

La seconda fase: la crisi del debito pubblico europeo – dal 2010 I motivi Diretti: gli alti costi dei precedenti pacchetti di impulso (compresi gli enormi quantitativi di denaro iniettato nelle banche) – quasi il 3,3% del PIL UE nel 2009-10 -, hanno causato l’instabilità delle finanze pubbliche in molti paesi UE Indiretti (ma di grande importanza): architettura non completata dell’UEM, per quello che era chiaramente un progetto politico; non era possibile monitorare il sistema della valuta unica senza gli strumenti necessari, come l’unione fiscale o bancaria, oppure il coordinamento fiscale Il disastro, quindi, era solo una questione di tempo. È stato causato da flussi finanziari incontrollati da paesi “in eccedenza” a paesi “in disavanzo”. E la crescita rapida del debito pubblico, derivante dalle attività di impulso nella prima fase della crisi, ha agito da catalizzatore

Misure anticrisi. L’obiettivo principale: salvare la moneta unica Semestre europeo e patto Euro Plus Coordinamento delle strategie nazionali macroeconomiche Raccomandazioni specifiche per paese (RSP) Patto fiscale Nuova governance economica Paesi “in disavanzo” – Interventi della Troika

Ma a chi tocca pagare il conto? Ai lavoratori ovviamente Rimedio alla crisi: misure di austerità incentrate su moderazione salariale e riduzione della spesa pubblica (nonché taglio del costo del lavoro) In molti casi non è possibile senza smantellare i sistemi nazionale di contrattazione collettiva Forte protesta dei sindacati: violazione inaccettabile delle regole del modello sociale europeo, nonché dell’autonomia della contrattazione collettiva “Il dialogo sociale sta diventando un problema anziché un contributo alla soluzione del problema” – Commissario Andor, conferenza IR, Budapest 2013 Le relazioni industriali in Europa sono diventate l’obiettivo dell’attacco

Non è uno scherzo. La filosofia della Commissione europea delle “riforme per favorire l’occupazione” nel campo della contrattazione salariale (cambiamenti positivi, voluti secondo la DG Finanza, 2012) Ridurre i salari minimi legali e contrattuali Ridurre la copertura delle contrattazioni Limitare l’estensione (automatica) dei contratti collettivi Riforma del sistema di contrattazione collettiva in modo meno centralizzato, ad esempio eliminando o limitando il “principio di maggior favore” Introdurre/estendere “la possibilità di derogare dagli accordi di livello superiore o di negoziare accordi a livello aziendale” Promuovere misure che “portino a una riduzione generale del potere dei sindacati di determinare i salari”

La prospettiva nefasta diventa realtà La prospettiva nefasta diventa realtà. L’interventismo europeo nel campo della politica salariale RSP nel quadro del semestre europeo Moderazione degli sviluppi salariali generali - Bulgaria, Finlandia, Italia, Slovenia Moderazione degli sviluppi salariali minimi - Francia, Slovenia Sviluppi salariali in linea con la crescita della produttività - Germania, Finlandia Decentramento della contrattazione collettiva - Belgio, Spagna, Italia Riforma/abolizione dell’indicizzazione automatica dei salari - Belgio, Cipro, Lussemburgo, Malta Accordi della Troica specifici per paese Riduzione/congelamento dei salari minimi - Grecia, Italia, Lettonia, Portogallo, Romania Congelamenti salariali nel settore privato - Grecia Criteri più restrittivi per l’estensione dei contratti collettivi - Grecia, Portogallo, Romania Riduzione/congelamento dei salari del settore pubblico - Grecia, Irlanda, Ungheria, Lettonia, Portogallo, Romania Nessuna raccomandazione nel campo della politica salariale: Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Slovacchia, Regno Unito (Schulten, Müller, 2012)

La prospettiva nefasta diventa realtà (2) La prospettiva nefasta diventa realtà (2). Modifiche legali per quanto riguarda la contrattazione collettiva dopo il 2008 Abolizione/risoluzione dei contratti collettivi nazionali - Romania, Irlanda Introduzione della possibilità di derogare ai contratti settoriali a livello aziendale o alle disposizioni (minime) di legge - Grecia, Portogallo, Ungheria, Italia, Spagna In generale, precedenza attribuita ai contratti aziendali/abolizione del principio di maggior favore - Grecia, Italia, Spagna Criteri più restrittivi per l’estensione dei contratti collettivi - Grecia, Portogallo, Romania Riduzione delle conseguenze dei contratti collettivi scaduti –Grecia, Spagna, Portogallo, Croazia Possibilità di concludere accordi aziendali per gruppi di lavoratori non sindacalizzati - Grecia, Ungheria, Portogallo, Romania, Spagna (Benchmarking Working Europe 2014 e Eurofound 2014)

Il paesaggio dopo la distruzione (dopo l’intervento della Troika) Spagna: negli anni dal 2008 al 2012 il numero di contratti collettivi è calato del 43% (da 6.000 a circa 3.400), mentre il numero di lavoratori coperti da tali contratti è sceso del 41% (da 12 milioni a poco più di 7) Portogallo: il numero di contratti collettivi registrati è diminuito del 71% e il numero di lavoratori coperti è crollato dell’84%, da 1,9 milioni a 0,3 milioni Lettonia: fra il 2007 e il 2011 il numero (già basso) di lavoratori coperti dai contratti collettivi è sceso del 43% Romania: dal 2011 la copertura della contrattazione collettiva è crollata dal 90% al 20% (stimato)

La crisi del debito come pretesto per smantellare la base del modello sociale europeo? I diritti collettivi del lavoro sono diventati il fattore di aggiustamento nell’aumento della competitività Paesi “in disavanzo” – le “cavie” del nuovo approccio Pressione sul decentramento (se non smantellamento) dei sistemi di contrattazione collettiva Riforme del diritto del lavoro che abbassano il livello di tutela dei lavoratori Promozione di una rappresentanza ad hoc dei lavoratori rispetto ai sindacati

Scelte sbagliate. Effetti collaterali dell’attuale politica Aumento della disoccupazione a lungo termine Diffusione della povertà Aumento del debito delle famiglie Polarizzazione indesiderata del mercato del lavoro (i contratti a tempo determinato sostituiscono quelli a tempo indeterminato) Perdita di fiducia nelle istituzioni pubbliche (alcuni risultati del rapporto della Commissione europea: Occupazione e sviluppi sociali in Europa 2015)

Cosa possono fare i sindacati? Azione legale – L’autonomia della contrattazione collettiva è un diritto fondamentale garantito dal diritto internazionale Le controversie sono già state presentate all’ILO (Organizzazione internazionale del lavoro) e alla Corte europea dei diritti dell’Uomo Azioni di protesta organizzate dei lavoratori – per es. Giornata europea di azione e solidarietà (2012) Il primo effetto: la Commissione europea ha iniziato a affrontare la dimensione sociale della governance economica