Storia e politiche del territorio Modulo I

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Storia e politiche del territorio Modulo I Luca Verzichelli a.a. 2014-2015 2. Nuova democratizzazione e sfide della politica territoriale in un paese difficile. Le politiche del territorio negli ultimi 60 anni Web: http://lucaverzichelli.weebly.com/storia-e-politica-del-territorio.html

Sommario Il significato del territorio nell’assetto politico e amministrativo Diversi approcci allo studio del territorio e il crescente contributo delle scienze sociali Politica e territorio in Italia nel secondo dopoguerra Territorio e ambiente. Nuovi paradigmi Il governo del territorio dal varo della costituzione all’assetto “quasi federale” (cenni!)

Analisi del territorio L’analisi sociale del territorio fa riferimento alle articolazioni politico-amministrative, ma soprattutto si occupa dell’insediamento, della produzione, dei servizi, in definitiva della società civile organizzata in una determinata area, con riferimento alle evoluzioni del contesto di vita della gente. Negli ultimi due secoli, l’analisi del territorio ha interessato un numero crescente di interventi che hanno richieste competenze diverse. Alcuni esempi: - dalle bonifiche all’urbanistica - le reti di connessione tra diverse realtà territoriali - le differenze fra una zona e l’altra a livello produttivo e culturale. Questo ha comportato un esplosione di diverse politiche pubbliche del e per il territorio (cfr. prossime lezioni sulle politiche pubbliche)

Discipline sul territorio e la sua storia: il Diritto Riguardo alle ricerche sul territorio, esistono studi giuridici, i quali hanno a che fare con il territorio in quanto elemento costitutivo dello Stato e degli enti locali come Comuni e Province, nonché con concetti quali l’“extraterritorialità”, cioè la sottrazione di parti del territorio alla piena sovranità, o l’“ultraterritorialità”, cioè l’estensione di poteri dello Stato al di là del proprio territorio.

Discipline sul territorio e la sua storia: la Geografia La geografia economica, dovendo analizzare lo spazio come componente essenziale per lo svolgimento dei fatti economici, ha bisogno di riflessioni diacroniche per il confronto tra gli indicatori presenti e passati. A maggior ragione questo assunto vale per la geografia politica, la cui analisi è legata ancora di più a un discorso di tempo e di variazioni dello spazio politico, dovute ai vari eventi umani.

Discipline sul territorio e la sua storia: l’Archeologia L’archeologia studia il passato attraverso le rimanenze che il territorio ha conservato, non solo per l’età antica, ma anche per periodi più recenti. L’archeologia industriale si occupa infatti «della scoperta, della catalogazione e dello studio dei resti fisici delle industrie e dei mezzi di comunicazione», riferendosi soprattutto ai secoli XIX e XX . K. Hudson, Archeologia industriale, Bologna, Zanichelli, 1981, p. 2. Tematiche e discipline

Discipline sul territorio e la sua storia: Urbanistica e Architettura del paesaggio L’urbanistica è la scienza che studia il territorio antropizzato (la città o più in generale l'insediamento umano) e il suo sviluppo. Ha come scopo la progettazione dello spazio urbanizzato e la pianificazione organica delle sue modificazioni su tutto il territorio. Estensivamente l'urbanistica comprende anche tutti gli aspetti gestionali, di tutela, programmativi e normativi dell'assetto territoriale, delle infrastrutture e dell'attività edificatoria. Nell’ultimo scorcio storico si sono sviluppate nuove discipline architettoniche e ingegneristiche aventi a che fare con la progettazione di un sistema integrato città/territorio. Tali discipline si basano su sofisticate definizioni di sostenibilità (sociale, ambientale, ecc) e producono competenze diversificate (progettazione e gestione spazi pubblici, azioni di recupero ambientale ecc.)

Discipline sul territorio e la sua storia: Le Scienze sociali Forniscono conoscenze di tipo strumentale per l’intervento sul territorio, che tuttavia si sono rivelate fondamentali nella realtà sociale e politica del secondo dopoguerra Le discipline economiche forniscono modelli generali e specifici per la pianificazione degli interventi pubblici e per la previsione dei comportamenti degli attori sui “mercati territoriali” La sociologia e la scienza politica servono a spiegare i comportamenti di attori (pubblici e privati, individuali e collettivi) che operano nell’ambito di un dato territorio L’antropologia e la psicologia utilizzano anch’esse il territorio come variabile fondamentale, per esempio quando teorizzano differenze nei comportamenti collettivi dovute alla diversa collocazione territoriale di un dato gruppo di osservazioni.

Politica e territorio in Italia: un caso difficile? Lo stato italiano nasce con una struttura centralizzata ma con evidenti fratture territoriali Le amministrazioni municipali potevano contare su un alto grado di identificazione da parte dei cittadini Dalla nascita dello stato unitario all’avvento del fascismo, il sistema politico era ispirato ad un’idea unitaria pur non potendo contare su una comunità politica coesa Altri fattori critici: andamento demografico irregolare e rapporto popolazione/territorio molto differenziato nelle varie provincie L’analisi geografica (orografia, morfologia) evidenzia altri elementi di difficoltà. Difficoltà nel reperimento dei dati fondamentali di geografia economica

Il localismo. Un Problema? Vari approcci di studio hanno sottolineato l’esistenza di forti squilibri territoriali che hanno influenzato la costituzione dello stato Attenzione rivolta alla questione meridionale (dalle inchieste di epoca unitaria ai contributi di Salvemini, Gramsci, Romeo…) Approcci recenti: Banfield (Le basi morali di una società arretrata, 1958): mezzogiorno è stato condizionato dal “familismo amorale” Putnam (Le tradizioni civiche in Italia, 1993): il rendimento delle regioni è influenzato dal livello di civismo (capitale sociale)‏

Le autonomie territoriali nella costituzione repubblicana La costituzione del 1948 riconosce le autonomie territoriali e prevede forme di decentramento amministrativo (art. 5) Il titolo V (artt. 114-133) individua tre livelli di governo sub-nazionale: i comuni, le province e le regioni La costituzione (art. 121) prevedeva una forma di governo di tipo parlamentare (solo in parte mutata nel 2001) 5 regioni a statuto speciale vennero create nei territori più “periferici”: isole e regioni trasnfontaliere con forti identità etno-linguistiche

L'attuazione del regionalismo Le regioni a statuto ordinario furono attuate solo nel 1970 (L. 108/1968 e L. 281/1970)‏ Le competenze delle regioni furono specificate da una legge solo nel 1975 (l.382/1975)‏ Tra il 1975 ed il 1978 le regioni a statuto ordinario vennero dotate di risorse umane L'azione di queste regioni si è scontrata con due limiti Limitata autonomia finanziaria La natura solo “concorrente” del loro potere legislativo

Il governo locale dopo il 1990 Attorno al 1990 si crearono le condizioni per riformare il sistema di governo locale Le origini profonde del cambiamento vanno cercate nella maggiore richiesta di autonomia degli enti locali, già sviluppata da tempo in molte aree (specie quelle ricche e periferiche) Tema del regionalismo/federalismo presente dagli anni ’80 con vari movimenti e liste Civiche e poi col successo della Lega Nord La crisi della politica dei primi anni '90 ha aperto una finestra di opportunità per introdurre alcune riforme innovative Le elezioni dirette del sindaco (precedute da importanti riforme degli enti locali cfr. capitolo 8) hanno un effetto catalitico sull’idea di efficienza dell’amministrazione locale

La nuova forma di governo locale Comuni e Province (queste solo fino al 2014) assumono una forma di governo chiamata “neoparlamentare” Il capo dell'esecutivo è eletto direttamente e contestualmente all'elezione del consiglio Il capo dell'esecutivo nomina e licenzia gli assessori Il consiglio può sfiduciare la giunta ma questo atto determina anche il suo scioglimento (simul stabunt simul cadent)‏ Anche le regioni hanno visto il rafforzamento dell'esecutivo Il Presidente della giunta è eletto direttamente Il vecchio sistema elettorale fu corretto con un premio di maggioranza collegato alle liste maggioritarie

La riforma costituzionale del 2001 La riforma del titolo V della costituzione (l. cost. 3/2001) definisce il regionalismo in Italia L'art. 117 viene rovesciato nella sua struttura fondamentale: l'articolo elenca le materie su cui lo stato centrale ha potere legislativo esclusivo o concorrente L'art. 114 rovescia l’ordine (da “la repubblica si riparte in ….” a “La repubblica è costituida da… ” e introduce un nuovo livello, le città metropolitane, che in alcune zone dovrebbero sostituire le province L'art. 119 stabilisce il principio dell'autonomia finanziaria

Recenti sviluppi del sistema di governo locale Nel 2005 la maggioranza di CD promuove una ampia riforma della costituzione che ritocca anche il titolo V, con alcune concessioni alle regioni ma anteponendo l’interesse nazionale ad una divisione funzionale che pure si definisce federale. Il referendum costituzionale del 2006 boccia la riforma Anche la legge delega (2009) sul federalismo fiscale viene implementatasolo a metà. Segue una fase convulsa durante la quale si discute soprattutto di costi della politica (anche locale). Nel 2013 un decreto cancella la dimensione elettiva degli organi provinciali. Varate le città metropolitane. Il ddl costituzionale (Boschi), attualmente in discussione, completerebbe l’intervento con l’abrogazione delle provincie e la riattribuzione delle loro funzioni a regioni e comuni

I numeri del governo regionale e locale (2010) Amministrazione regionale: circa 80.000 dipendenti e oltre 5.000 dirigenti (con percentuali molto superiori nelle RSS) Oltre 91.000 dipendenti se si considera le agenzie regionali 650.000 il personale della sanità regionale 475.000 il personale degli enti locali In tutto ben oltre un terzo dell’intero settore pubblico dipende dalla dimensione sub-nazionale

Territorio e ambiente La questione dell’ambiente è strettamente legata al territorio, ma riguarda anche aspetti specifici e caratterizzati da scelte tecniche. La questione delle risorse energetiche nel sottosuolo: un fattore dell’analisi territoriale sul quale molto spesso – a partire dagli anni ’70 – sono stati lanciati allarmi più o meno giustificati riguardanti l’esaurimento dei combustibili. Le questioni ambientali oggi all’ordine del giorno sono tuttavia diverse e forse più preoccupanti, perché riguardano i mutamenti climatici causati dall’inquinamento dell’aria. L’inquinamento prodotto deriva dai processi alla base della nostra società, che tuttavia escono dal territorio specifico, perché ciò che fanno i paesi industrializzati si riflette su scala globale.

Fattori critici nello sviluppo delle politiche territoriali in Italia Scarsità di combustibili Ritardata rivoluzione industriale e scarsa diffusione capillare di impresa tecnologica Scarsa ricerca su utilizzo fonti di energia alternative Utilizzo locale di potenzialità tipiche (es.campi geoterminici, produzione marmo ...) Scarsa attenzione al riassetto territoriale (per esempio le montagne del centro-sud) Utilizzo molto limitato della impresa turistica. Visione difensiva dei beni culturali Scarso livello di armonizzazione inter-istituzionale (tra ministeri e singoli uffici) Funzionamento controverso del sistema delle autonomie locali

Altre questioni rilevanti Insediamenti costieri non bilanciati (scarsi e concentrati in quelle zone rocciose, perché evitare acqua stagnante e malaria) Uso del mare relegato a ruoli di micro-economia (pesca, traghetti) La tipica città di inizio Ottocento interna alla cinta muraria medioevale si sviluppa lentamente (Nel 1861 oltre i 100.000 abitanti erano soltanto Torino, Milano, Napoli e Palermo con Roma e Venezia che non appartenevano ancora al Regno d’Italia). Boom di urbanizzazione nel secondo dopoguerra quando le “cento città” escono dalle mura Metodi diversi a seconda della cultura locale. Casi di “abbattimento” delle cinte murarie