Le rappresentazioni della disabilità 5 marzo 2009 Corso di Pedagogia della Disabilità e dell’Integrazione.

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Le rappresentazioni della disabilità 5 marzo 2009 Corso di Pedagogia della Disabilità e dell’Integrazione

I titoli Strade alternative Un ponte Lavori in corso Questione di punti di vista Verso un noi Fuori e dentro i pregiudizi (Non) è una questione di forma Punto d’incontro

Disabilità come… percorso

Rappresentarsi la disabilità significa pensare ad un percorso, che si configura, in alcune tappe o in tutto il suo svolgersi, come una domanda, proprio perché forse da una domanda parte: cos’è disabilità? Si tratta forse di una strada che scopre, ma anche di una strada aperta ad altre, che spesso si configurano come vicoli ciechi… e in cui si trova, forse, ciò che ci si aspetta di trovare (rifiuto, accoglienza, aperture e chiusure)… Si tratta di una strada da “assaggiare”: occorre mettersi in viaggio, forse si troverà un “luogo a parte” che pare collegare e contenere un altro mondo, che assomiglia, nelle sue contraddizioni e differenze, al mondo di tutti… Di che scoperta si tratta? Chi sarà il nostro “Virgilio”?

Disabilità come… percorso Forse per sostenere o per rendere possibile il percorso, occorrono dei “ponti”. Ponti che servono sia al soggetto in situazione di disabilità per connettersi al mondo degli “altri”, sia agli “altri” per comprendere il mondo della disabilità. Il ponte dunque come connessione, laddove ci sia una separazione, perché separazione comunque c’è… I ponti sono costruzioni umane, o sono uomini e donne essi stessi, che però hanno bisogno di ausili, di tecnologie… Cosa succederebbe se gli unici a poter far ponte fossero degli altri soggetti? Quale relazione si verrebbe a creare? Del resto, la possibile insufficienza del ponte come artificio in sé sembra non bastare: come aprire quella prigione che relega in solitudine il disabile? Dove sono le chiavi? Qualcuno le ha?

Disabilità come… percorso Il percorso (di esperienza, di vita, di conoscenza?) sembra in particolare riguardare la persona, disabile o normodotato che sia… è un percorso a ostacoli, una gara che consente di guadagnare, forse, un “noi”, una possibilità di un luogo altro, dove le differenze si mescolino e possano dal luogo ad altri colori… È una gara solitaria, che implica fatica e lavoro… Come si concilia l’idea della gara, che implica un minimo di competizione, anche solo per farsi vedere, per testimoniare della propria esistenza, con l’idea dei “lavori in corso”, che spesso vogliamo evitare di vedere e in cui spesso si fatica a stare, proprio per la destrutturazione che comportano? Sembra emergere comunque la necessità di “andare”, di cimentarsi, di provare…

Disabilità… tra dentro e fuori A volte gli ostacoli sono veri e propri muri… I muri separano ma, a differenza dei ponti, non connettono: istituiscono una distanza tra un dentro e un fuori… Sono dei perimetri, che contengono: quindi possono costruire identità ma anche soffocare se non si trova una via d’uscita, un varco nel muro… Il muro però può anche essere letto come un confine: come una terra di nessuno. Allora le scritte che riporta possono riguardare chi sta dall’una e dall’altra parte di quel muro, indifferentemente… che sia questo il varco? Quale possibilità di riconoscimento si dà tra chi è in una situazione di disabilità e chi non lo è? Qual è il terreno di questo riconoscimento?

Disabilità… questione di sguardo…

La situazione di disabilità evoca comunque una situazione “a parte”, i cui confini sono stabiliti da pre-giudizi comuni, dalle modalità con cui a livello di senso comune si è appreso a dar senso a quello che della persona disabile si vede o si coglie: la sedia a rotelle o la famigerata lentezza… Ma la disabilità può davvero, cambiando sguardo, rappresentare un altro modo di esistere… Purché non si pensi che esistano, a priori, forme di esistenza “giuste” e “sbagliate”, “sane” e “patologiche”, “normali” e “anormali”… che sia questo il muro che separa?

Disabilità… questione di sguardo… Mondo altro, mondo a parte: cosa ci restituisce del nostro mondo? Chi o cosa creano la disabilità come luogo e mondo altro? È possibile che siano gli stessi luoghi in cui le persone disabili sono abituate a “stare”? La questione non sembrerebbe tanto risiedere nei soggetti, di per sé comunque ricchi di potenzialità, ma nella possibilità che tra loro si generi una relazione… Questo, indipendentemente dal fatto che si sia disabili… Cosa ce ne si fa del “dono” che si è se non ci si dispone reciprocamente a scoprire e a mettere in circolazione questo dono? Questa situazione non riguarda solo il disabile, forse è accentuata dalla disabilità, ma è vissuta da tutti… Un problema di “milieu”?

Disabilità come… corpo

Il corpo del disabile è visto come seduto su una sedia a rotelle o simboleggiato da essa… Sembra emergere la differenza in quanto “non abilità”, sottolineata dalla prigione che il corpo, per il disabile, si pensa rappresenti… La centratura pare essere sulla disabilità fisica… Un corpo lento, che ha bisogno comunque di ausili, e magari anche di qualcuno per essere spinto…

Disabilità come… corpo Oppure, il corpo del disabile è stilizzato, o rappresentato simbolicamente come quello degli altri, al di là di eventuali deficit, qui non visibili… Nel pensare la disabilità si ha comunque la sensazione di far fatica a fare i conti con il corpo nella sua materialità… Cosa rappresenta, allora, un corpo disabile? E cosa rappresenta il corpo anche laddove la disabilità non sia prettamente fisica? Come si pensa alla disabilità mentale?