Università di Napoli “L’Orientale” Foscolo Armando Rotondi Letteratura Italiana Università di Napoli “L’Orientale” a.a. 2014-2015
Alla sera Forse perchè della fatal quïete Tu sei l’immago a me sì cara, vieni, O Sera! E quando ti corteggian liete Le nubi estive e i zeffiri sereni, E quando dal nevoso aere inquiete Tenebre, e lunghe, all’universo meni, Sempre scendi invocata, e le secrete Vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge Questo reo tempo, e van con lui le torme Delle cure, onde meco egli si strugge; E mentre io guardo la tua pace, dorme Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
Alla sera Sonetto diviso nettamente in due parti corrispondenti alle due quartine e alle due terzine. Prima parte descrittiva statica – stato d’animo dell’io lirico dinanzi alla sera – risonanze affettive Seconda parte più dinamica – processi di trasformazione – nulla eterno – morte efficacia liberatoria
Alla sera Nulla eterno vs reo tempo Pace della sera vs spirto guerrier Dinamicità della struttura: il primo membro dell’opposizione annulla il secondo “Reo tempo” si vanifica dinanzi all’immagine di “nulla eterno”, centro dinamico del sonetto. “Spirto guerrier” si placa davanti alla “pace” Centro dinamico della trasformazione dato dai due verbi “dorme” e “fugge”.
Alla sera Parallelismo dei due momenti (tempo che fugge e inquietudine che si placa) espresso attraverso rigorose simmetrie sintattiche: Elemento positivo nulla eterno pace Verbo di trasformazione fugge dorme Elemento negativo annullato reo tempo spirto guerrier
Alla sera Gioco delle rime è significativo Sottolinea la dinamicità della struttura Verbi positivi indicano liberazione e rimano coi verbi o sostantivi che indicano il negativo. fugge-strugge-rugge; dorme-torme
Alla sera Scontro tra l’eroe generoso e appassionato con una realtà fortemente negativa che genera sradicamento, infelicità, irrequietudine, rivolta. Unica soluzione è la morte, intesa materialisticamente come annullamento totale. Tema parallelo all’Ortis. Nella poesia lirica, Foscolo costruisce un’immagine eroica di sé del tutto analoga a quella del romanzo epistolare
Alla sera Il poeta gradisce la sera perché desidera la morte, non in sé, ma per quella “eterna quiete” che essa porterà dopo lo spegnimento perpetuo di ogni facoltà intellettiva, conoscitiva e psicologica. Immagini simboliche fuse in unità con il tutto e con le parti: con le nubi estive e gli zefiri sereni, con il “nevoso aere” e con le tenebre “inquiete e lunghe”: In questa inquieta notte, scorgiamo ancora la scia delle passioni e della dimensione mitica della morte “felice” romantica. Il poeta si lascia trasportare dall’onda delle impressioni, dal ritmo incalzante dell’endecasillabo, dalle pause liriche e psicologiche, dal respiro largo e lento, dall’interferenza del senso logico e del ritmo poetico e dall’alternarsi delle immagini terrene con quelle sfumate dell’inconscio. Il poeta dapprima osserva la “dea Sera” e tributa a lei tutte le lodi perché essa è datrice di quiete. Poi si lascia trasportare dal flusso lirico delle immagini surreali e si avvia verso quel “nulla eterno” che è, insieme, la negazione del Dio cristiano e l’affermazione di un’assenza totale di vita inconscia, responsabile, sensibile.
Tema della morte nell’Ortis La speculazione sul significato e il valore della “morte felice” ha attratto da sempre l’interesse di scrittori e filosofi. Platone affermava che vivere significa prepararsi alla morte, perché il distacco dell’anima dal corpo va preparato moralmente L’anima, essendo increata, è anche eterna ed immutabile, quindi superiore al corpo. Nella Repubblica prospetta per i giusti una felicità maggiore dopo la morte piuttosto che in vita. Il concetto di morte “felice” così delineata dalla filosofia antica si protrae nei secoli.
Tema della morte nell’Ortis Nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis la morte è fortemente sostenuta dal protagonista. Concepita come unica via di uscita dal fallimento delle due passioni che lo animano (la passione politica e quella amorosa). Morte intesa in termini materialistici e nichilistici Unico rimedio ai mali della vita provocati dall’uomo. Distruzione totale e “nulla eterno.”
Tema della morte nell’Ortis Il 25 maggio il protagonista Jacopo Ortis scrive: Ti ringrazio, eterno Iddio! ….Tu ascolti i gemiti che partono dalle viscere dell’anima e mandi la Morte per isciogliere dalle catene della vita le tue creature perseguitate ed afflitte, Mia cara amica! Il tuo sepolcro beva almeno queste lacrime, sole esequie ch’io posso offerirti […] il desiderio di morire e’ necessario insieme e dolcissimo.
Tema della morte nell’Ortis Morte come “amica” del protagonista. Unica entità capace di comprendere i suoi dolori e viene invocata poiché considerata “necessaria e dolcissima.” “No! La morte non è dolorosa,” Sepoltura lacrimata: “Eppur mi conforto nella speranza di essere compianto… ma la mia sepoltura sarà bagnata dalle tue lacrime, dalle lacrime di quella creatura celeste”.
Tema della morte nell’Ortis Ricerca di valori positivi, definiti da lui stesso “illusioni” malgrado il suo nichilismo Morte in realtà non come annullamento totale e come risposta puramente negativa ad una situazione storica senza via d’uscita Consente la sopravvivenza, un legame con il mondo dei vivi, attraverso il ricordo affettuoso e il compianto delle persone care. L’esule, lo sradicato, il senza patria, può trovare, riposando nella “terra dei padri” un approdo sicuro, un terreno solido e confortante: Terra come un “grembo materno” (espressione ripresa nei Sepolcri), Tutto ciò è solo un’illusione, e il personaggio Jacopo e l’autore Foscolo ne sono consapevoli Illusione però può consentire di vivere ed operare.
Tema della morte nell’Ortis Sul piano della storia è impossibile superare l’ostacolo di un’impasse che spinge alla disperazione nichilistica, Difficoltà aggirata regredendo sul piano delle illusioni e dei miti. La “sepoltura lacrimata” è il primo di questi miti elaborati come risposta attiva alla delusione storica, per uscire da quel vicolo cieco che potrebbe portarle all’inerzia, alla rassegnazione passiva e persino all’impotenza creativa. Nell’Ortis il nichilismo ha il sopravvento, ma trova ampi sviluppi nei sonetti e soprattutto nei Sepolcri.
Il tema della morte Morte come una forma di sopravvivenza, sia pur illusoria Eroe compianto dai “pochi uomini buoni.” Alla morte si sopravvive nella memoria dei cari o nella memoria civile, il valore dell’individuo non va del tutto perduto Attraverso il conforto di un ricongiungimento con la terra dei padri, è l’unico modo per trovare un terreno sicuro nell’incertezza angosciosa di una condizione precaria, quella del “senza patria,” ossia di chi è privo della propria terra come organismo politico.
Il tema della morte Il concetto di “nulla eterno” è in parte tratto dall’illuminismo francese, dal sensismo di Condillac. In parte è conquista propria di Foscolo, ma non giunge mai ad una forma di ateismo professato. Per spiegare il mistero della vita e delle cose, Foscolo si pose più volte la domanda di che cosa sia Dio e quale parte Egli abbia nelle vicende umane. Il suo dramma, come pure quello di Leopardi, consiste nel non aver trovato nella realtà una risposta soddisfacente alle sue esigenze di felicità. Il mito delle “illusioni” in parte svolge questo ruolo, pur non costituendo una risposta totalizzante e pienamente soddisfacente
In morte del fratello Giovanni Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo Di gente in gente; mi vedrai seduto Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo Il fior de’ tuoi gentili anni caduto: La madre or sol, suo dì tardo traendo, Parla di me col tuo cenere muto: Ma io deluse a voi le palme tendo; E se da lunge i miei tetti saluto, Sento gli avversi Numi, e le secrete Cure che al viver tuo furon tempesta; E prego anch’io nel tuo porto quiete: Questo di tanta speme oggi mi resta! Straniere genti, l’ossa mie rendete Allora al petto della madre mesta.
Catullo Carme 101 Multas per gentes et multa per aequora vectus advenio has miseras, frater, ad inferias, ut te postremo donarem munere mortis et mutam nequiquam alloquerer cinerem, quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum, heu miser indigne frater adempte mihi. Nunc tamen interea haec prisco quae more parentum tradita sunt tristi munere ad inferias, accipe fraterno multum manantia fletu, atque in perpetuum, frater, ave atque vale. Condotto per molte genti e molti mari sono giunto a queste (tue) tristi spoglie, o fratello, per renderrti l’estrema offerta della morte e per parlare invano alla (tua) muta cenere, poiché la sorte mi ha portato via proprio te, ahimè, infelice fratello ingiustamente strappatomi via! Ora questi pegni, che secondo l’usanza degli avi sono stati consegnati come triste omaggio funebre, accettale, stillanti di molto pianto fraterno, e per sempre, o fratello, ti saluto e ti dico addio.
In morte del fratello Giovanni Sonetto giocato sull’opposizione di due motivi: Esilio Tomba, centro intorno a cui si raccoglie il nucleo familiare Tema dell’esilio – carico di valori simbolici, al di là della condizione biografica del poeta Sradicamento, precarietà (storica ed esistenziale) Figura eroica che Foscolo crea di sé, eroe infelice e sventurato. Momento negativo non consente una patria.
In morte del fratello Giovanni Situazione storica si proietta nell’immagine mitologica degli “avversi numi” che perseguitano l’eroe. Potere arcano, contro cui è vano lottare. Eroe necessariamente sconfitto. In opposizione a questo tema, si colloca il motivo della tomba Immagine del nucleo familiare e della madre Ricongiungere il legame affettivo col fratello. Condizione precaria di esule – unico punto fermo il ricongiungimento con la madre e la terra natale
In morte del fratello Giovanni Prime tre strofe – struttura circolare e chiusa A: Esilio (vv. 1-2) B: tomba del fratello (vv. 3-4) B: la madre (vv. 5-6) A: esilio (vv. 7-10) Motivo dell’esilio all’inizio e alla fine della sequenza poetica chiude al suo interno il motivo del ricongiungimento col nucleo familiare, annullandolo. Terza strofa situazione bloccata, di sconfitta Unica alternativa è il rifugio nella morte: “E prego anch’io nel tuo porto quiete”
In morte del fratello Giovanni Morte come unico approdo di pace, in quanto negazione totale della vita e delle sue tempeste. Termine chiave “quiete”, a fine verso e lontano dal verbo. Rompe la struttura Ultima strofa riprende il ricongiungimento col nucleo familiare che sembrava impossibile. Morte non annullamento totale (Nulla eterno) ma “lacrimata” – legame con la vita. Immagine positiva della morte, come illusione di sopravvivenza. Identificazione mitica della tomba, della terra materna e della figura della madre.
A Zacinto Nè più mai toccherò le sacre sponde Ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia, che te specchi nell’onde Del greco mar, da cui vergine nacque Venere, e fea quelle isole feconde Col suo primo sorriso, onde non tacque Le tue limpide nubi e le tue fronde L’inclito verso di Colui che l’acque Cantò fatali, ed il diverso esiglio Per cui bello di fama e di sventura Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse? Tu non altro che il canto avrai del figlio, O materna mia terra; a noi prescrisse Il fato illacrimata sepoltura
A Zacinto Zacinto non solo luogo materiale da cui è lontano. Soprattutto un luogo dello spirito cui egli è legato per sempre e verso il quale è nostalgicamente proteso Ideali, miti e sogni di cui si nutre la sua vita Il mito e la figura di Venere, simbolo della bellezza, dell’armonia e dell’amore. Figura di Omero, simbolo della poesia che evoca e rende eterni i sentimenti più alti. Personaggio di Ulisse, simbolo di tutti coloro che le avversità hanno reso nobili e famosi.
A Zacinto Foscolo si identifica con Ulisse, perché anch’egli come lui si sente perseguitato dal destino, anche se, diversamente da lui, non potrà tornare a baciare la sua terra. con Omero, perché, come Omero è stato il cantore dell’esilio di Ulisse, così egli sarà il cantore del proprio esilio.
A Zacinto I temi della lirica possono essere riassunti in questo modo: il motivo della terra natale il motivo dell’esilio il motivo della tomba il motivo della classicità, con i suoi valori il mito dell’eroe segnato da un destino avverso il mito della poesia
A Zacinto Il termine “sponde” annuncia il tema del mare, un elemento decisivo nella geografia mitica di questo sonetto Termini in riferimento a Zacinto (sacre sponde, mia, specchi, onde, greco mar, isole feconde, limpide nubi, fronde, acque, materna mia terra). Isola rappresentata come luogo geografico e come patria natale, grembo materno, in quanto ha dato la nascita al poeta.
A Zacinto Relazione di tipo analogico tra Zacinto e Venere: come Zacinto è il grembo materno Venere nasce giovinetta e vergine dal mare, ha reso fertili le acque di quelle isole greche. “Acqua” è dunque la parola-chiave che crea intorno a sé un campo semantico costituito da termini ad essa legati. L’acqua miticamente è datrice di vita. L’assenza totale di vita, la morte lontano dalla terra materna, è privazione di acqua (illacrimata sepoltura).
A Zacinto Nel secondo verso si impone l’espressione “il mio corpo ...giacque” Carattere di singolarità se pensata solo nella sua funzione denotativa di ricordare la fanciullezza del poeta trascorsa a Zacinto. Scelta sia del sostantivo e soprattutto del verbo punta proprio sull’ambiguità e sui valori connotativi. Il giacere del corpo rimanda ad una situazione di morte. Le espressioni “acque...fatali” (vv. 8-9) e “diverso esiglio” (v. 9) ci presentano la figura di Ulisse.
A Zacinto codice classico: l’eroe classico, positivo, conclude felicemente le proprie peregrinazioni; codice romantico: l’eroe romantico, negativo, non può concludere felicemente le proprie peregrinazioni.
A Zacinto Foscolo sceglie di utilizzare parole-rima di un certo rilievo fonico Controbilancia la rottura della regolarità del metro Eludere la misura ritmica del verso. Ad esempio giacque / nacque / tacque / acque, rime forti sia per la presenza del suono gutturale, sia perché collegano parole rilevanti anche sotto l’aspetto tematico. Centralità della parola-chiave acqua è resa attraverso tutto il sistema fonologico delle rime. sponde-onde-feconde-fronde, giacque-nacque-tacque-acque In tutte le rime del primo blocco di undici versi compaiono i suoni che compongono le parole onde e acque.
A Zacinto La divisione fra le varie strofe è anche scavalcata da una serie di enjambements (nacque / Venere, l’acque / cantò). Lo schema ritmico viola in tal modo lo schema tradizionale del sonetto, che vorrebbe la coincidenza di periodi sintattici e strofe. Il poeta mira a costruire un discorso lirico che si modelli sull’andamento inquieto della passione soggettiva, non sui canoni istituzionali della forma metrica imposti dalla tradizione. Continui enjambements e catena di congiungimenti sintattici (ove, che, e, onde, di colui che, per cui) Discorso si presenta come flusso appassionato e ininterrotto. Rapporto sintattico di subordinazione volto a determinare uno sviluppo nel quale ogni successiva dilatazione del discorso nasce dall’affermazione precedente. Spirale logica che delude ogni volta l’aspettativa del lettore di una conclusione.