“DE VULGARI ELOQUENTIA” Da Dante Alighieri FLÁVIO SOARES JÚNIOR e THAISE VENTURINI PREGNOLATTO Letteratura Italiana VI – Prof.ssa Dóris Nátia Cavallari 17 Ottobre 2007
VOLGARE/VOLGO In latino vulgus, “volgo”, è la massa più ampia del pubblico, l’anonima moltitudine, ma anche, in senso più negativo, il popolino, la plebe. Vulgaris è propriamente ciò che è comune a tutti, ordinario, generale. Automatica fu l’applicazione di questi termini ai caratteri linguistici e, l’uso dell’aggettivo vulgaris per indicare le lingue romanze, sottolineò nel Medievo il fatto che esse venivano parlate da tutti, mentre il latino diveniva ormai di esclusiva competenza dei dotti. Il termine ha sempre oscillato tra un’accezione neutra e puramente descrittiva e un’accezione negativa, che si è andata accentuando ogni volta che ci si è preoccupati di oporre a ciò che è colto e distinto ciò che è comune e ordinario.
Dante Alighieri e la ricerca di un volgare “illustre” De vulgari eloquentia: Probabilmente scritto tra il 1303 e il 1304 – conesso strettamente con Il Convivio. Rimase interrotto al XIV capitolo del secondo libro (2/4), nel vivo della trattazione sulla canzone, per dar vita al più ambizioso e rivoluzionario progetto (La Commedia). Scopo: Convincere i dotti del valore della lingua volgare. Scrisse in Latino. Il trattato imposta in modo deciso la questione di una lingua italiana unitaria, questione che ha provocato discussioni secolari. Struttura: Primo Libro – 19 brani Secondo Libro – 14 brani
IL PRIMO LIBRO Teoria del volgare illustre Distinzione tra la lingua volgare (carattere naturale) e la gramatica (Latino – codificato ormai in un rigido sistema grammaticale che si apprende con lo studio ed è governato dall’arte) Adamo – La Torre di Babele – tre lingue diverse: A oriente – LA GRECA Nell’Europa settentrionale – LA GERMANICO-SLAVA Nell’Europa meridionale – L’IDIOMA ROMANZO
L’IDIOMA ROMANZO <<tripharium>> (triforme): Lingua d’oc (occitanica o provenzale) Lingua d’oil (francese) Lingua del sì (italiano) Alla instabilità e varietà di queste loquele originarie si oppone la stabilità e invariabilità del latino (detto anche gramatica), che sarebbe appunto una lingua artificiale, inventata per consentire una comunicazione universale al di là delle differenziazioni linguistiche locali (e nata quindi successivamente alle lingue volgari).
LA LINGUA DEL SÌ (Italiano) 14 Gruppi principali – sette a oriente e sette all’occidente degli Appennini: Il romano (pretenzioso e reboante) Il marchigiano, lo spoletano e il milanese (troppo presuntuosi) Il friulano (rude) Il sardo (pedissequo imitatore del latino) Il genovese... Il romagnolo... Il veneto...
Concede invece largo spazio e tributo di elogi al SICILIANO ILLUSTRE, considerato degno di elevarsi a “parlare sovramunicipale”. Da salvare è però soltanto il vernacolo usato dai rimatori della Scuola di Federico II i quali si sono discostati dalla matrice più rozza del dialetto che ha la sua manifestazione negativa e plebea. Ma questa espressione linguistica, se presa in tutta la sua accezione, non può assurgere al rango di “parlare illustre” e lo stesso vale per il TOSCANO. Il volgare illustre deve essere: UNITARIO, ILLUSTRE (fulgido), CARDINALE, “AULICUM” (aulico), CURIALE.
IL SECONDO LIBRO Lasciato incompiuto Dante analizza i modi e le possibilità d’uso di questo volgare: servirà per gli argomenti più nobili, quelli che esprimono i fini più alti dell’animo. Il Convivio in volgare X De vulgari eloquentia in latino Poesia X Prosa Seguendo la distinzione tradizionale fra stile tragico, comico ed elegiaco, Dante afferma che al volgare illustre della canzone conviene superiorem stilum, lo stile superiore, cioè quello tragico; mentre alla commedia, genere inferiore, conviene il volgare sia “mediocre, sia “umile” e all’elegia, stile della miseria e della disperazione, soltanto il volgare “umile”.
Dante tesse le lodi sulla priorità del latino nei confronti del volgare e determina per quest’ultimo i confini e le possibilità espressive. Si scaglia contro quei “malvagi uomini d’Italia che commendano lo volgare altrui e lo loro proprio dispregiano”. “QUESTO SARÀ LUCE NUOVA, SOLE NUOVO, LO QUALE SURGERÀ LÀ DOVE L’USATO TRAMONTERÀ, E DARÀ LUME A COLORO CHE SONO IN TENEBRE E IN OSCURITADE, PER LO USATO SOLE CHE A LORO NON LUCE”