Nato a Nola e messo al rogo Il 17 febbraio del 1600 a Campo dei Fiori. Giordano Bruno (1548-1600) Nato a Nola e messo al rogo Il 17 febbraio del 1600 a Campo dei Fiori.
Tutte le cose hanno un'anima Se il principio che muove ogni cosa è lo spirito, in veste di "nocchiere della nave", ovvero di guida che dà l'intelligenza ai corpi, allora ogni ente terreno, sia esso animale, vegetale o minerale è dotato di questo spirito, di questa intelligenza, in varia misura rispetto alla consapevolezza che compete a ciascun ente (l'uomo è più consapevole del proprio spirito rispetto agli animali, gli animali ne sono più consapevoli rispetto ai vegetali, i vegetali lo sono più dei minerali).
Principio divino Il principio che rende le cose vive non può essere generato solamente da fattori fisico-meccanici, ma mostra invece l'evidenza di un'intelligenza sottesa alle cose, per cui esse sono in un certo modo e si relazionano tra loro secondo un preciso ordine naturale che rappresenta lo stesso principio divino. Le cose non sono animate solo per il fatto di essere vive e in movimento, ma lo sono anche e soprattutto per avere in sé quel proprio principio strutturale interno che permette loro di acquisire una certa forma e non un'altra.
L’anima divina Il principio strutturale di tutte le cose è l'anima divina che si palesa nella materia (l'anima plasma quindi la materia eterna e le dà una forma finita e mortale). La materia è incorruttibile e indistruttibile, come del resto l'anima, e quest'anima interviene dando una forma sempre diversa alla stessa materia. Il mutamento nel mondo è allora il mutamento delle forme, mentre lo spirito che le anima rimane fermo a plasmare le cose secondo la propria intelligenza. Questo processo è simile a quello che Platone attribuisce al Demiurgo.
Interpetrazione panteista Dio è in ogni cosa come principio vitale, entro le pietre come negli uomini, l'intera natura è un grande organismo unitario il quale è esso stesso evidenza dell'intelligenza divina.
Il rapporto con la magia la convinzione che la materia abbia in sé un principio spirituale che interagisca con l'uomo e il suo intelletto ovvero Bruno fu senz'altro un mago relativamente a tale accezione, interessato com'era ad attribuire un principio spirituale ad ogni ente e a scoprire e mettere in evidenza il segreto formale della materia. Bruno era un mago in quanto i suoi studi sull'anima dei minerali confluivano necessariamente nella pratica alchemica, inoltre Bruno si occupava di mnemonica (le tecniche di potenziamento della memoria), di numerologia e di geometria.
Numerologia Conseguenza inevitabile della teoria per dimostrare l'intelligenza della materia, La numerologia attribuiva ai numeri e alle loro combinazioni poteri magici in forza delle relazioni matematiche tra le cose, relazioni che esprimevano, in un'ultima analisi, quella armonia tra le parti sulla quale tutto l'universo poggiava necessariamente. Ecco perché i rapporti numerologici erano in grado, secondo Bruno, di esprimere verità metafisiche.
Geometria Rappresentava l'inevitabile collegamento tra la struttura numerica e quella formale delle cose Ogni cosa assumeva una certa forma assecondando il codice numerico suo proprio, codice nel quale si rispecchiava necessariamente la presenza di un'intelligenza divina superiore e costituente
La mnemonica, l' 'ars inveniendi' Bruno si può considerare il primo studioso moderno della memoria. La mnemonica era uno strumento dell'ars inveniendi: l'arte di trovare il metodo più adatto a favorire nuove scoperte in modo subliminale e inconscio. Già coltivata dai sofisti (Ippia si vantava di esserne il maestro), la mnemonica è l'arte di utilizzare al meglio la memoria, facendone uno strumento portentoso di "catalogazione".
Una "macchina per inventare" Bruno ideò una "macchina per inventare", nel suo De umbris idearum, la quale consisteva in un sistema di ruote mnemonico-associative, nelle quali al centro venivano poste immagini archetipe, mentre lettere, numeri e simboli su diversi livelli di circonferenze ruotavano trovando le giuste combinazioni tra tutte le infinite possibilità. L'idea era che immagini archetipe legate alla nascita del cosmo e ai suoi significati (schemi di talismani, immagini celesti e mitologiche, segni astrologici, tracce di orbite planetarie), potessero inconsciamente influenzare la mente nella ricerca di quelle verità che ancora non erano state portate alla luce. La verità dei meccanismi divini era nascosta in tutte le cose, grazie all'aiuto di una adeguata simbologia, la mente umana poteva conoscere l'inconosciuto. L'idea di Bruno era che la mente fosse un potente strumento di ricerca: l'uomo ha dunque la possibilità, nel pieno rispetto dello spirito rinascimentale, di utilizzare al meglio capacità mentali in lui sopite ma potenzialmente infinite.
L'universo infinito è popolato da mondi infiniti Bruno affermò che l'universo è infinito e la Terra non è altro che uno dei molti pianeti che popolano l'immensità di questo infinito A chi afferma invece che l'universo era limitato dall'Ultimo Cielo (l'Empireo aristotelico-tolemaico), Bruno rispondeva che ogni limite che si crede ovvio per il fatto di non vedere nulla oltre è solo una limitazione della capacità visiva, come se l'uomo affermasse di vedere la fine di un bosco per il fatto di non vedere più alberi all'orizzonte. A chi affermava che era la Terra ad essere al centro dell'Universo, Bruno rispondeva adducendo il fatto che in un universo infinito vi sono infiniti centri, vista l'impossibilità di definire in modo certo un centro in mancanza di confini.
Infinità del cosmo Questa infinità del cosmo, che ne sottolineava la perfezione divina, costituisce un luogo entro il quale tutti i corpi sono soggetti alle stesse leggi fisiche in modo omogeneo (non così per la visione aristotelica che differenziava le leggi fisico-cosmologiche in ragione delle diverse sfere). L'infinità dello spazio è un concetto necessario a rendere giustizia della sua perfezione, qualità che rispecchia la stessa perfezione divina, la quale è lo stesso universo, lo stesso mondo, la stessa natura. A chi sosteneva che le stelle fossero fisse e immobili entro delle sfere di materiale concreto, Bruno opponeva il fatto che l'osservazione degli astri dimostra che ve ne sono certi più grandi di altri, e tale varietà di dimensioni contrasta con l'idea che vuole le stelle degli oggetti di egual misura posti a egual distanza dalla Terra in ragione di una loro fissità impressa nelle sfere.
I sensi non percepiscono necessariamente la verità Bruno riteneva che la verità attorno alla struttura della realtà non può essere decisa dalla sola percezione sensibile, i sensi non percepiscono necessariamente la verità quando, ad esempio, si afferma che l'universo è finito perché non se ne scorge l'ampiezza ad occhio nudo.
Conclusioni Bruno, partendo da presupposti neoplatonici legati all'opportunità metafisica dell'infinità dello spazio, arrivò a definire un concetto di Universo molto vicino a quello odierno.