REGIONI ED ENTI LOCALI Prof. Andrea Mignone (Università degli Studi di Genova) Storia della Pubblica Amministrazione II Anno Accademico 2008/2009
Le regioni. Introduzione Le previsioni della Costituzione del 1948. La prima elezione dei Consigli regionali nel 1970. Dalla metà degli anni Novanta, le regioni sono state oggetto di riforme incisive, negli assetti istituzionali ed organizzativi. Sotto il profilo istituzionale, le regioni hanno: acquisito nuove competenze, amministrative e legislative; ottenuto potere fiscale ed autonomia statutaria ed organizzativa; consolidato il rapporto di cooperazione con il governo centrale; sviluppato nuove relazioni con gli enti locali; conosciuto maggiore stabilità con le riforme costituzionali relative al sistema elettorale.
2.1 La struttura Le regioni sono inizialmente pensate come enti di indirizzo e programmazione legislativa, con apparati amministrativi snelli. L’organizzazione degli uffici e del personale assume quindi importanza marginale nella fase iniziale. Nel tempo, lo sviluppo dell’istituzione regionale si allontana da questo modello originario. Si formano vasti apparati secondo il modello gerarchico-funzionale, con accentramento delle attività. Dopo il d.lgs. 29/93 si avviano processi di riorganizzazione interna, comprese le norme che attribuiscono alla Giunta la disciplina dell’organizzazione regionale. Si forma un processo di “delegificazione”,con l’organizzazione più flessibile e plasmabile.
2.2 La macro-struttura Nuovo modello dipartimentale di natura divisionale. Dimensione orizzontale dell’organizzazione, aggregazione delle funzioni in macroaree, integrazione tra uffici e settori, orientamento al risultato. Il modello dipartimentale si sviluppa anche per la riforma della dirigenza amministrativa, che attribuisce ai dirigenti maggiore autonomia e la responsabilità dei risultati. Il “dirigente-manager”. Tali processi rafforzano nelle regioni ruoli di indirizzo e programmazione, recuperando flessibilità e capacità di governo intersettoriale. La velocità dei cambiamenti non è uguale in tutte le regioni.
2.3 La struttura. I livelli dirigenziali Lo schema più frequente di articolazione della struttura organizzativa si sviluppa su tre livelli dirigenziali: il dipartimento (o direzione, talora area o ripartizione amministrativa), la macro-aggregazione; il settore (o struttura), unità di secondo livello; il servizio, articolato in uffici, che costituiscono l’unità organizzativa di base. In alcuni casi, troviamo solo due livelli dirigenziali: il livello apicale (dipartimento o direzione); il livello di settore/servizio su un piano di parità (es. Lombardia, Piemonte, Umbria, Marche, Basilicata). Esiti: sviluppo orizzontale, flessibilità, unità di progetto, uffici speciali temporanei, ecc.
2.4a La struttura. L’amministrazione indiretta Le regioni ricorrono anche a forme di amministrazione indiretta per l’esercizio delle proprie funzioni. In particolare, costituiscono enti, aziende, agenzie regionali, e partecipano a società di capitali. Tali strutture sono separate dall’organizzazione regionale, dispongono di autonomia funzionale ed organizzativa, talvolta di personalità giuridica e possono acquisire conoscenze e personale all’esterno dell’organizzazione regionale. Rimangono oggetto di controllo e vigilanza da parte del governo regionale, che nomina i vertici e approva i bilanci.
2.4b La struttura. L’amministrazione indiretta Gli enti regionali sono costituiti per svolgere funzioni che non hanno rilevanza economica e imprenditoriale (es. enti gestori parchi, enti per diritto allo studio, istituti di ricerca). Le aziende regionali sono costituite per svolgere attività che si prestano all’impiego di criteri di economicità e sono guidate da logica e natura imprenditoriali (es. ASL, AAST, IACP). Possono assumere la forma della SpA e adottare criteri di gestione interamente privatistici (es.aziende per lo sviluppo, per i trasporti, per l’erogazione di servizi idrici). Le agenzie regionali (d-lgs. 300/1999) sono strutture dotate di ampia autonomia organizzativa, decisionale e di bilancio, per il perseguimento di obiettivi tecnico-operativi (es ARPA e ARL)
3.1 Le funzioni Le regioni sono investite della funzione legislativa. Tale funzione – per quanto, secondo la Costituzione del 1948, limitata a settori circoscritti, vincolata ai principi di leggi quadro e al rispetto dell’interesse nazionale, soggetta a controllo governativo – attribuisce alle regioni un ruolo distinto rispetto a qualunque altro ente di amministrazione periferica Le regioni hanno anche funzioni amministrative sia nei settori di competenza legislativa che in quelli decentrati dallo stato (art. 118 C.) Le riforme degli anni Novanta hanno ampliato il carico funzionale delle regioni sia sul piano amministrativo che su quello legislativo Stato regionale/federale – regionalismo asimmetrico
3.2 Le funzioni amministrative Con le riforme attuate dagli anni Novanta, le regioni hanno competenze amministrative non soltanto nei settori in cui hanno competenze legislative (principio del parallelismo), ma in tutti gli altri settori, esclusi quelli rimasti in capo all’amministrazione centrale, in quanto riguardanti funzioni di rilevanza nazionale, oppure già assegnate alle autonomie funzionali. Le funzioni amministrative regionali possono essere ricondotte a tre grandi aree: sviluppo economico ed attività produttive; territorio, ambiente ed infrastrutture; servizi alla persona ed alla comunità. Le regioni hanno però ruoli di programmazione ed indirizzo: le funzioni amm.ve svolte da enti di amm.ne indiretta o da enti locali
3.3 La funzione legislativa La riforma del titolo V C. ha ampliato il potere legislativo regionale ed ha rafforzato il loro ruolo di indirizzo e programmazione. Il nuovo art. 117, dopo aver elencato le competenze esclusive dello stato e quelle concorrenti tra stato e regioni, attribuisce tutto ciò che resta alla competenza esclusiva delle regioni: attività produttive e sviluppo economico locale; servizi sociali; organizzazione regionale, compresa la finanza locale e regionale, ecc. I limiti sono “i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” e “l’interesse nazionale”. La riforma ha ampliato le materie concorrenti e il “potere estero” delle regioni Il regionalismo asimmetrico (art. 116, 3° c.), il federalismo fiscale (art. 119)
3.4 La multilevel governance La riforma del titolo V determina necessità di cooperazione tra più livelli di governo, tra centro e periferia, tra regioni e stato, tra regioni ed organizzazioni internazionali, quali la Unione Europea. L’intervento pubblico e le relative politiche sono sempre più complesse, intrecciate e condivise da più livelli di governo, nonché affollate di attori pubblici e privati. Ruolo della Conferenza Stato-Regioni, della Conferenza Stato-Regioni-Autonomie locali, dei Consigli regionali delle autonomie locali, ecc.
4.1 Il personale L’organizzazione del personale regionale recepisce le riforme del pubblico impiego che hanno introdotto nuovi principi per il reclutamento e la gestione delle risorse umane. La “privatizzazione” del rapporto di lavoro pubblico, intesa come applicazione di norme privatistiche e contrattuali. Reclutamento e gestione del personale sono regolati con un sistema di contrattazione collettiva basata sul diritto privato, che si sviluppa in parte a livello nazionale (ARAN/OO.SS.) e con il contratto decentrato con valenza integrativa (es. salario accessorio, attribuzione premi, valutazione risultati e qualità) Il ruolo della dirigenza, con la distinzione tra compiti di indirizzo e compiti di gestione. I dirigenti possono essere esterni e/o interni. Tempo determinato e ruolo unico.
4.2 Il personale Il personale delle regioni è di circa 70.000 unità, di cui circa il 40% è nelle regioni a statuto speciale. La percentuale di dirigenti sul totale del personale è del 7,9% nelle RO e dell’ 11,4% nelle RS. Il personale complessivamente impiegato nel comparto regionale, incluso il personale sanitario e dell’amministrazione regionale, diretta ed indiretta, somma a circa 750.000 unità.
5. I processi decisionali La nuova forma di governo regionale introdotta dalla legge cost. 1/99 modifica i processi decisionali. Il potere regolamentare spetta oggi prevalentemente alla Giunta, con ridimensionamento del ruolo del Consiglio. Il nuovo sistema elettorale regionale e la maggiore separazione tra esecutivo e organo legislativo hanno reso più autonomo l’esecutivo nella realizzazione del proprio programma. I nuovi statuti regionali dopo la riforma del titolo V C. Razionalizzazione competenze e snellimento processo decisionale. Principio di sussidiarietà. Raccordo stato-regioni nel policy-making comunitario Patti territoriali e programmazione negoziata. I networks collaborativi. La concertazione.
1. Gli Enti Locali Enti Locali: il complesso delle amministrazioni pubbliche guidate da organi esecutivi di autogoverno territoriale, le quali agiscono in autonomia rispetto allo stato-nazione. Grande varietà di organizzazioni per storia, finalità, competenze, tipologie di strutture, ambiti territoriali, rilevanza istituzionale. Sono le organizzazioni che amministrano le comunità locali e che hanno come riferimento il territorio. Comuni, Province, Comunità Montane, Circondari, Comprensori, Unioni e/o Consorzi tra enti locali. Enti locali funzionali: CCIAA, aziende municipalizzate, ecc.
2.1 Le funzioni Comuni e province hanno differenti funzioni amministrative. Comuni nascono come autogoverno delle comunità locali; le province sorgono come espressione del potere centrale. Nel tempo le funzioni dei due enti si sono intrecciate. I comuni diventano centrali nel governo del territorio e come espressione delle comunità locali; le province vivono alterne vicende, sino alla proposta della loro abolizione, già formulata negli anni Settanta. Dagli anni Novanta le riforme cercano di ridefinire e ridistribuire competenze e responsabilità tra comuni e province: queste svolgono funzione di raccordo con la regione e funzioni di coordinamento di area vasta; i comuni hanno la gestione diretta degli interventi.
2.2 Le funzioni: variabile dimensionale Variazione nel tempo di comuni e province: attualmente sono rispettivamente 8104 e 109. Il 58% dei comuni ha meno di 3000 abitanti e oltre 2000 comuni hanno meno di 1000 abitanti. Soltanto 12 comuni hanno più di 250000 abitanti. I sistemi elettorali variano con la dimensione dei comuni Le funzioni sono per larga parte uguali, a prescindere dalla dimensione demografica dell’ente.
2.3 Le funzioni amministrative Sotto il profilo giuridico, le funzioni amministrative si distinguono in proprie e delegate (attribuzioni d’ordine). Il sindaco è sia rappresentante della comunità locale che ufficiale dello stato Sotto il profilo politologico, le politiche pubbliche degli enti locali sono regolative, distributive o redistributive e riguardano prevalentemente i seguenti settori: sviluppo economico; infrastrutture e trasporto; urbanistica; ambiente; servizi sociali, educativi, culturali.
2.4 Le funzioni. La programmazione La programmazione è diventata lo strumento più importante di governo e di azione amministrativa, poiché costituisce la base negoziale durante la quale i vertici decisionali contrattano gli obiettivi delle politiche pubbliche e ne definiscono le modalità di attuazione, i vincoli e le risorse necessarie. Il PEG comunale La pianificazione provinciale (piani strategici e piani settoriali.
3.1 La struttura organizzativa La dimensione interna. Modello gerarchico-funzionale: a) forte settorializzazione del personale per competenze; b) lunghe catene gerarchiche; c) assenza di ruoli specialistici di staff; d) marcata autoreferenzialità. Ruolo e funzioni del segretario comunale o segretario generale. Con le riforme degli anni Novanta adottate soluzioni divisionali. Riforma della dirigenza e del ruolo dei segretari comunali Il city manager o direttore generale. La soppressone dei controlli
3.2 La struttura organizzativa La dimensione esterna. Sono cambiati i rapporti con l’ambiente esterno: Esternalizzazione di servizi, uffici ed attività verso “enti-holding”; Gestione in concessione a terzi (aziende speciali, istituzioni, società per azione con maggioranza o meno di capitale pubblico, ecc.). Si generano ambienti misti dedicati alla gestione di servizi specifici: servizi pubblici locali (utilities); servizi alla persona; servizi interni all’amministrazione. Relazioni tra comuni: Comunità Montane, Unioni, Consorzi.
4.1 Il personale I lavoratori del comparto enti locali costituiscono il 16% dei dipendenti pubblici. Sono oltre mezzo milione di addetti, di cui l’84% spetta ai comuni, il 10% spetta alle province ed il resto agli altri enti locali. La tendenza è alla riduzione del personale a tempo indeterminato in dotazione agli enti. La legislazione attuale poggia su sei punti: definizione di uno status dirigenziale; sostituzione del sistema delle qualifiche funzionali con un sistema articolato su quattro posizioni retributive (A,B,C,D) con possibilità di progressioni orizzontali all’interno di ciascuna di esse; attribuzione, temporanea e revocabile, di incarichi di coordinamento e direzione con remunerazione accessoria; costituzione di nuclei di valutazione; individuazioni di forme contrattuali flessibili; nuovo sistema di relazioni sindacali
4.2 Il personale. Il direttore generale E’ prevista l’introduzione del direttore generale al vertice della struttura degli enti locali, simile alla posizione del general manager nelle imprese. Ha il compito di supervisionare la gestione ed il raggiungimento degli obiettivi formulati nella programmazione strategica, coordinando i dirigenti, controllando l’uso delle risorse, valutando i risultati raggiunti. Riferimento al city manager USA. Rapporto fiduciario con la giunta ed il sindaco. Tre tipi di direttore generale emergono: Il d.g. “consulente interno” del sindaco, nono incisivo sulla struttura; Il d.g. “regista” delle competenze strategiche dell’ente; Il d.g. “di frontiera” tra politica e gestione, tra dirigenti e segretario.
4.3 Il personale. I dirigenti Sono una delle principali novità delle riforme degli anni Novanta (dalla legge 142/90 in poi). Ruolo di responsabilità ed autonomia centrato sulla programmazione strategica. Responsabili di numerosi atti. Si rafforza il peso di coloro che hanno lauree tecniche. Non molto diffuso il ricorso al reclutamento esterno.
4.4 Il personale. I segretari comunali e provinciali Il potere ed il ruolo del segretario sono cambiati significativamente dopo il d.lgs. 127/1997 ed il TU 267/2000. Ruolo più di tipo consultivo, collocato nelle funzioni di staff o di supporto alla direzione generale. Il segretario è nominato dal sindaco, ed il suo incarico segue il mandato elettorale. Accesso al ruolo mediante corso-concorso all’Albo gestito da una Agenzia indipendente.