Sociologia dei processi culturali Sociologia della cultura

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Transcript della presentazione:

Sociologia dei processi culturali Sociologia della cultura Orario lezioni. Mercoledì, ore 16.00-18.00, aula AVILA, Corso Italia. Giovedì, ore 18.00-20.00, aula AVILA, Corso Italia. Venerdì, ore 16.00-18.00, aula AVILA, Corso Italia. Sociologia dei processi culturali Sociologia della cultura Prof. Luca Salmieri Lezione 3 ‘Dimensioni e componenti della cultura’

Cultura come totalità sociale Omogeneità culturale Antropologia Cultura come totalità sociale Omogeneità culturale Stabilità e tradizione Condizionamento Sociologia Distinzione società/cultura Differenziazione culturale Innovazione e cambiamento Interazione Per i sociologi classici - Durkheim, Weber, Simmel - lo studio della cultura riveste importanza nella sociologia in quanto consente di capire come gli aspetti simbolici e ideazionali si connettono alle relazioni sociali e alla struttura sociale. Distinzione società/cultura: tutte e tre le tradizioni sociologiche e quella durkheimiana in particolare, ritengono che almeno analiticamente cultura e società siano da vedere su due piani diversi. Differenziazione culturale: le culture non sono intese come strutture atemporali, fisse e tendenti ad autoriprodursi. Soprattutto la tradizione americana, con l’enfasi sulla differenziazione interna della cultura dovuta alle società industriali metropolitane con vari strati sociali, gruppi e movimenti e quella tedesca con l’enfasi sulla dimensione storica, rafforzano il concetto di differenziazione interna. Innovazione/cambiamento: la capacità creativa e innovativa della cultura è messa in luce in particolare dalla Scuola di Chicago e dalla tradizione tedesca. Interazione: soprattutto Simmel e la scuola americana e in particolare George Herbert Mead anticipano l’idea che l’aspetto adattivo e graduale del processo di trasmissione culturale non si fonda soltanto sulla trasmissione automatica.

Talcott Parsons e il posto della cultura Dagli anni ‘30 agli anni ‘50 si assiste ad un declino dell’interesse sociologico per la cultura. Negli anni ‘50 negli Stati Uniti, sotto la guida di Talcott Parsons (1902-1979), si sviluppa la sociologia dello struttural-funzionalismo che pone al centro la visione delle strutture sociali e il principio che ciascun sistema sociale funziona in modo da rispondere alle esigenze di riproduzione della società. È proprio Talcott Parsons che offre una teoria generale dell’azione sociale in cui in primo luogo viene collocato il posto della sociologia rispetto ad altre scienze che studiano il comportamento umano e in secondo luogo viene data una definizione più ristretta dell’ambito semantico del concetto di cultura. La cultura si basa su sistemi strutturali o ordinati di simboli che sono gli oggetti dell’orientamento dell’azione, su componenti interiorizzate della personalità dei soggetti agenti individuali e su modelli istituzionalizzati dei sistemi sociali. In tal modo la cultura non è più un sistema attraverso cui l’individuo si adatta, ma un sistema attraverso cui la società trasferisce norme. È ora l’insieme dei modelli di comportamento che la comunità sociale ritiene validi, su cui esiste un consenso sociale e una condivisione e che i membri di tale società sono tenuti a rispettare e a trasmettere alla generazione successiva. Questa funzione regolativa della cultura si basa sul fatto che ogni società condivide un sistema di valori.

Talcott Parsons e il sistema generale dell’azione Conseguimento dello scopo Personalità Adattamento Organismo biologico Latenza Cultura Integrazione Sistema sociale L I L’organismo biologico svolge la funzione di adattamento. La personalità svolge la funzione del conseguimento - goal attainment - cioè produce e riproduce le forme della coesione e della solidarietà. Il sistema sociale ha una funzione di integrazione in quanto produce e riproduce le forme della coesione e della solidarietà. La cultura svolge la funzione di latenza, offrendo agli attori sociali la motivazione e il senso dell’azione attraverso valori, norme, idee che le persone apprendono e interiorizzano durante la socializzazione.

Coerenza e integrazione della cultura Dunque la cultura non agisce. Esiste, è presente, ma non è attiva. Cioè partecipa dall’esterno all’azione degli individui, in quanto fornisce agli individui l’orientamento senza esservi impegnata in maniera esplicita come avviene per gli altri sottosistemi. Secondo Parsons ogni sistema si basa sulla compresenza di energia e informazione: le parti che possiedono maggiore energia, detengono meno informazioni e viceversa. Le parti ricche di informazioni controllano quelle dotate di energia. Il sistema culturale possiede soprattutto le informazioni ed è il più povero di energia. Per l’organismo biologico è il contrario. Il limite di Parsons è che dopo aver individuato uno spazio importante per la cultura, non si dedica al rapporto tra questa e la società, preferendo analizzare le strutture e le funzioni sociali. La cultura viene data per scontata. Norme e valori sono dati per acquisiti. Non si interroga l’origine, il cambiamento, l’interpretazione. Ma la critica più importante, anche se non si riferisce a Parsons, ma a tutta la tradizione della sociologia empirica che segue l’opera di Parsons, è rivolta al mito dell’integrazione culturale: una cosa è la coerenza logica tra i vari tratti culturali di un sistema, altra cosa è l’integrazione sociale.

Da Parsons alla svolta culturale Negli anni Settanta, proprio la critica alla visione della cultura determinata dalle norme si sviluppa quella svolta culturale che metterà al centro dell’analisi: Contraddizioni e incongruenze dei sistemi culturali (i sistemi culturali non sono coerenti) Il dissenso, l’antagonismo, l’alternatività e l’innovazione sul piano culturale (gli individui non vengono tutti automaticamente orientati dalla cultura) La cultura è anche un repertorio, una cassetta degli attrezzi, Swidler (1986) Antropologia e sociologia si riavvicinano grazie alla svolta culturale

Le dimensioni della cultura Gli elementi della cultura Coerenza ≈ Incoerenza Pubblico ≈ Privato Oggettività ≈ Soggettività Esplicito ≈ Implicito Valori Norme Concetti Simboli Non bisogna confondere la coerenza del sistema culturale con l’integrazione della società. Il conflitto non per forza di cose un fattore di disgregazione, ma può essere un processo che porta ordine. Per Simmel l’esistenza di un nemico porta al mantenimento del gruppo. Differenziazione simbolica e complessità sociale. Modelli culturali contrastanti. Peterson (1979): la cultura è costituita da 4 tipi di elementi: norme, valori, credenze e simboli. Ne fanno parte anche gli oggetti materiali - cultura materiale - in qualità di simboli perché veicolano significati immateriali.

Dimensioni della cultura Pubblico/Privato: le proposizioni che fanno parte di una cultura sono codificate entro rappresentazioni di gruppi sociali, entro segni e simboli collettivi. (carattere pubblico del linguaggio; Oggettività/soggettività: la dimensione pubblica della cultura porta i sociologi a considerare la cultura come un dato anche oggettivo, sovra-individuale. Il sedimento collettivo, l’eredità sociale costituiscono un dato oggettivo. La cultura pubblica si riferisce sia a ciò che è oggettivo, sia a ciò che soggettivo, mentre la cultura vista come dato oggettivo si riferisce soltanto al lato globale di un sistema culturale. Quando le proposizioni culturali sono apprese da un soggetto, il significato di queste entra nelle loro menti e può essere leggermente diverso dai significati della cultura oggettiva. Esplicito/implicito: la cultura esplicita è quella immediatamente visibile, manifesta, palese, mentre quella implicita si riferisce a molte norme e regole sociali quotidiane che si collocano a livello implicito e automatico.

Elementi della cultura I valori: gli ideali a cui aspirano gli esseri umani e i principi a cui si ispirano per formulare giudizi. Attraverso tali principi stabiliamo ciò che è giusto o sbagliato quando giudichiamo modi di agire, di pensare e di sentire. I valori sono diversi dalle preferenze, perché con queste si indica ciò che è desiderato, mentre con i valori si indica più una dimensione normativa (ciò che dovremmo desiderare). I valori forniscono spesso la motivazione di un comportamento. In questo senso orientano l’agire sociale. Per le società moderne, Parsons ha parlato di dilemmi fondamentali che definisce variabili strutturali dei valori. 1) universalismo/particolarismo; 2) prestazione/qualità; 3) neutralità affettiva/affettività; 4) specificità/diffusione Le norme: sono le regole attraverso cui di solito si applicano i valori. Una norma viene generalmente enunciata sotto forma di obbligo o di imposizione. A differenza dei valori, il successo delle norme dipende anche dalla presenza di sanzioni (positive o negative) che ne rafforzano l’efficacia. I valori vengono solitamente interiorizzati presto e in modo inconsapevole, mentre le norme vengono apprese lungo l’intero corso della vita.

Elementi della cultura Le norme: possono anche essere divise in costituitive e regolative. Le prime fondano, definiscono e creano pratiche e comportamenti, mentre le secondo intervengono in seguito a queste pratiche e a questi comportamenti. La maggioranza delle norme sono di questo secondo tipo. I concetti: la categoria dei concetti è molto ampia. Si tratta di proposizioni descrittive del mondo che ci circonda e costituiscono i modi attraverso cui viene organizzata la nostra esperienza cognitiva. Tra i concetti fanno parte le credenze e queste possono dividersi in credenze fattuali e rappresentazionali. I simboli: fanno parte della più ampia famiglia dei segni, ma vanno distinti dai segnali. I segnali hanno un semplice valore informativo e sono univocamente interpretabili. I marchi hanno una funzione rievocativa, però come i simboli hanno una carattere arbitrario. Infine, le indicazioni non hanno un carattere intersoggettivo. Dunque i simboli sono intersoggettivi e hanno per questo carattere arbitrario. Fanno parte della dimensione implicita della cultura. I simboli sono significanti che veicolano significati.

Cultura, società e relativismo. Dunque anche nella Sociologia, dopo Parsons, la cultura comincia ad essere considerata in termini di relativa autonomia. Relativa perché si riconosce che esiste un rapporto di influenza reciproca con le strutture sociali. Quindi la cultura non ha che fare con i comportamenti istituzionali, ma può influenzarli e ne può essere influenzata. Riconsiderando schematicamente e in modo analitico e generale cultura e società possiamo dire che la prima: fa riferimento a proposizioni e rappresentazioni sulla natura, sull’uomo, sulla società stessa e sui rapporti tra queste entità; la seconda, invece, riguarda la struttura delle relazioni sociali. L’analisi strettamente sociologica di solito prende in considerazione la cultura mettendo a confronto le trasformazioni della cultura con quelle delle strutture sociali. L’analisi tipica della sociologia della cultura punta invece all’articolazione interna alla cultura, tentando di cogliere le differenze a partire dai contesti sociali in cui si formano.

Cultura, società e relativismo. A sviluppare ulteriormente l’impostazione di Parsons sul ruolo della cultura ci penserà l’antropologo Clifford Geertz, una volta suo studente e allievo. Geertz propone è un concetto di cultura più ristretto a partire dal quale è possibile ripensare l’intero assetto dell’antropologia. si basa sull’assunto di Max Weber secondo cui «l’uomo è un animale sospeso fra ragnatele di significati che egli stesso ha tessuto», e afferma che la cultura consiste proprio in queste ragnatele di significati e la sua analisi. La cultura è vista quindi un concetto semiotico, come un testo. Essa serve da bussola del comportamento degli individui. (Parsons aveva sottolineato come la cultura avesse un funzionamento latente per l’orientamento ad agire degli individui). Secondo Berger e Luckmann la cultura è una continua ed interrotta costruzione sociale e per tale motivo è sottoposta al mutamento. Inoltre, la cultura serve a completare la forma carente dell’organizzazione istintuale dell’uomo che, a differenza di altri animali, avrebbe una dotazione genetica che non supporta l’organizzazione automatica della vita. Proprio da questa flessibilità, da questa apertura culturale di fronte al mondo, deriva l’estrema variabilità delle culture. Ma come fare a spiegare l’estrema variabilità delle culture e al tempo stesso il fatto che il genere umano deve rispondere a bisogni primari identici?

Cultura, società e relativismo. Alla precedente domanda, in linea generale, le scienze sociali hanno offerto diverse risposte che però possiamo far rientrare in due macro-modelli. Modelli riduzionisti: il marxismo, il materialismo culturale, la sociobiologia riducono l’estrema variabilità delle culture sulla scorta del fatto che esisterebbero importanti uniformità profonde. Modelli relativisti: storicismo, sociologia, antropologia, le visioni post-moderne che sostengono che ciascuna cultura è dotata delle sue particolarità e in quanto tale può essere compresa solo nei propri termini, cioè in base alla propria storia. Il relativismo come orientamento metodologico deve essere distinto dal relativismo filosofico. Nel primo caso si tratta soprattutto di una reazione all’etnocentrismo che aveva a lungo caratterizzato l’approccio occidentale verso il resto del mondo, ma anche l’etnografia e l’antropologia degli albori. Il metodo del relativismo culturale si basa sul presupposto che ogni cultura deve essere interpretata attraverso categorie che non sia troppo influenzate dalla cultura cui si appartiene. Il relativismo filosofico invece rappresenta una forma più estrema che sostiene la totale incommensurabilità delle culture. Soprattutto l’antropologia, alla ricerca di quelli che vengono definiti universali culturali, ha tentato di dimostrare che l’estrema variabilità delle culture convive con l’esistenza di tratti comuni, come la proibizione dell’incesto, la norma della reciprocità, le distinzioni di genere.