Lezione 7 a.a. 2007-2008 Piera Campanella DIRITTO SINDACALE Lezione 7 a.a. 2007-2008 Piera Campanella
CONTRATTAZIONE E CONTRATTO COLLETTIVO DI LAVORO NEL SETTORE PRIVATO
Nozione di contrattazione collettiva La contrattazione collettiva rappresenta il principale istituto dei moderni sistemi di relazioni industriali e consiste nel processo di regolamentazione congiunta dei rapporti di lavoro
Nozione di contratto collettivo di lavoro Il contratto collettivo costituisce il prodotto dell’attività negoziale E’ il contratto con cui i soggetti collettivi (organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro o singolo datore di lavoro): predeterminano la disciplina dei rapporti individuali (c.d. parte normativa) e B. regolano taluni tratti dei loro rapporti reciproci (c.d. parte obbligatoria).
Tipi di contratto collettivo Nel nostro ordinamento si sono succeduti vari tipi di contratto collettivo: Il contratto collettivo corporativo; Il contratto collettivo previsto all’art. 39, comma 2, ss., Cost. Il contratto collettivo recepito in decreto legislativo ai sensi della legge n. 741/1959 (c.d. legge Vigorelli) Il contratto collettivo di diritto comune.
Il contratto collettivo di diritto comune E’ l’unico oggi vitale. Atipicità del contratto collettivo Mancando una legge attuativa dell’art. 39 Cost., il contratto collettivo di diritto comune è privo di una propria disciplina legislativa. La regolamentazione di questo contratto deriva dalle norme codicistice sui contratti in generale (artt. 1321 ss. cod. civ.), nonché da alcune norme codicistiche sul contratto corporativo, reinterpretate dalla giurisprudenza ed adattate a questo tipo di contratto.
Le problematiche principali del contratto collettivo di diritto comune Riguardano la parte normativa del contratto collettivo: Ambito di efficacia (a chi si applica il contratto collettivo sul piano dei rapporti individuali); Tipo di efficacia (con quale intensità il contratto collettivo espleta la sua funzione regolativa dei rapporti individuali di lavoro)
CONTRATTAZIONE COLLETTIVA: STRUTTURA E PROCEDURE
Protocollo del 23 luglio 1993 Razionalizzazione del sistema di contrattazione collettiva strumentale ad un controllo centralizzato delle dinamiche salariali in funzione anti-inflattiva. Considerato la prima “costituzione” delle relazioni industriali italiane
La concertazione su politica dei redditi e salari Da occasionale diviene strutturale ed assorbe in qualche modo il livello interconfederale. Incontri semestrali tra Governo e parti sociali per fissazione obiettivi macroeconomici, tariffe e livello del debito pubblico.
CONTRATTAZIONE COLLETTIVA: STRUTTURA Tecniche di raccordo tra livelli Raccordo soggettivo: alla contrattazione aziendale partecipano insieme alle RSU anche i sindacati stipulanti i CCNL (riserva del terzo nelle RSU) Raccordo oggettivo: I tempi, le modalità di articolazione, le materie della contrattazione aziendale sono determinate dal CCNL. Gli istituti regolamentati a livello aziendale devono essere diversi e non ripetitivi rispetto a quelli retributivi propri del CCNL Livelli della contrattazione collettiva CCNL Contratto collettivo aziendale
CONTRATTAZIONE COLLETTIVA: PROCEDURE Scarsa formalizzazione delle procedure In Italia, mancando una legge attuativa dell’art. 39 Cost., è la prassi che tradizionalmente ha regolato le procedure della contrattazione collettiva. Il tavolo contrattuale è in linea di principio aperto a tutti: vige la regola dell’autolegittimazione rappresentativa. In generale, tuttavia, per la parte dei lavoratori, sono i sindacati maggiormente (o comparativamente più) rappresentativi a contrattare ai vari livelli. La trattative si svolgono sulla base di piattaforme rivendicative presentate dal sindacato dei lavoratori dopo consultazioni della base e, proseguendo anche in costanza di scioperi, vedono frequentemente l’intervento mediatore degli organi pubblici. L’accordo raggiunto è sovente sottoposto alla ratifica dei lavoratori. E’ diffusa la pratica del referendum per l’approvazione dell’accordo (nazionale e aziendale). Protocollo del 23 luglio 1993 Scansioni temporali per l’apertura delle trattative al fine del rinnovo dei contratti Clausola di tregua sindacale: non è possibile procedere ad iniziative unilaterali, né ricorrere ad azioni dirette (scioperi, ecc.) per i 3 mesi precedenti all’apertura delle trattative ed il mese successivo alla scadenza del contratto. Sanzioni per la violazione della clausola: slittamento o anticipazione di 3 mesi del termine da cui decorre l’indennità di vacanza contrattuale, cioè quell’elemento retributivo che si prevede venga automaticamente corrisposto ai lavoratori qualora le trattative si prolunghino oltre i 3 mesi dalla scadenza del contratto.
IL CONTRATTO COLLETTIVO AMBITO DI EFFICACIA
Il problema In assenza di una legislazione attuativa dell’art. 39, seconda parte, Cost., i sindacati non acquistano personalità giuridica: sono liberi di individuare l’ambito delle categorie che intendono rappresentare e, correlativamente, l’ambito di efficacia del contratto collettivo, ma perdono il potere di rappresentanza istituzionale degli appartenenti a tali categorie. In linea di stretto diritto, solo il DATORE DI LAVORO ISCRITTO è tenuto all’applicazione del contratto collettivo nei confronti dei soli LAVORATORI ISCRITTI ai sindacati stipulanti il contratto stesso.
La giurisprudenza Pur fedeli allo schema della rappresentanza, i giudici hanno cercato di dilatare indirettamente l’ambito di applicazione del contratto collettivo a tutti i datori e lavoratori della categoria produttiva cui si riferisce il contratto stesso.
Adesione esplicita o implicita La giurisprudenza (1) Adesione esplicita o implicita Quando le parti nel contratto individuale abbiano esplicitamente rinviato alla disciplina collettiva o ne applichino spontaneamente numerose e significative clausole(Cass.4070/99,NGL,1999, 495).
La giurisprudenza (2) Onere della prova Incombe sul lavoratore la prova dell’iscrizione del datore o la sua adesione implicita o esplicita. Tuttavia, se il dibattito tra le parti in giudizio si sia svolto sul presupposto, anche implicito, della assoggettabilità del rapporto individuale al contratto collettivo, la prova non è necessaria, perché la mancata contestazione datoriale equivale a tacita adesione o prova in re ipsa.
Applicabilità ai lavoratori non iscritti La giurisprudenza (3) Applicabilità ai lavoratori non iscritti Il datore di lavoro iscritto è tenuto ad applicare il contratto collettivo anche ai lavoratori non iscritti che lo richiedano. Egli è ben consapevole che i contratti collettivi, sua nella lettera, sia nella struttura, sia nelle loro finalità pacificatorie “rivelano la chiara intenzione delle parti contraenti di considerarli come norma generale di disciplina dei rapporti di lavoro”, in quanto tali “aperti alla generalità dei dipendenti”.
La giurisprudenza (4) Art. 2070 cod. civ. Dopo una vivace disputa, è prevalso l’orientamento secondo cui l’art. 2070, comma 1, cod. civ. non opera con riguardo al contratto collettivo di diritto comune e l’individuazione della normativa negoziale applicabile va compiuta attraverso un’indagine sulla volontà delle parti (Cass., S.U., n. 2665/97, GC, 1997, I, 1199). Pertanto, datore e lavoratore ben possono accordarsi per l’applicazione di un contratto collettivo diverso da quello della categoria di appartenenza, purché non ne derivi un trattamento più sfavorevole. L’art. 2070 cod. civ. manterrebbe, così, una funzione residuale, di orientare l’interpretazione, quando il contratto individuale o l’accordo aziendale operino un rinvio solo generico alla contrattazione collettiva senza specificare espressamente a quale contratto le parti abbiano inteso riferirsi.
La giurisprudenza (5) Artt. 36 Cost. e 2099 cod. civ. A partire dalla metà degli anni ’50, la giurisprudenza è andata applicando i “minimi tariffari” del contratto collettivo anche ai lavoratori dipendenti da datori di lavoro non iscritti al sindacato stipulante. Lo ha fatto indirettamente, tramite applicazione degli artt. 36 Cost. e 2099 cod. civ. (C. Cost., n. 156/1971, FI, 1971, I, 2113) pur avvertendo che siffatti parametri non sono vincolanti e la decisione può essere fondata su criteri diversi, ad esempio la particolare natura del lavoro svolto (Cass., n. 7383/96, FI, 1998, I, 3228).
La legislazione Vari interventi settoriali si sono succeduti a partire dagli anni ’40, per cercare di estendere l’ambito di efficacia del contratto collettivo oltre i limiti derivanti dall’applicazione dello schema della rappresentanza. Tutti gli interventi legislativi lo hanno fatto indirettamente e, quando ciò non è avvenuto, la Corte Cost. ha provveduto a sancire l’incostituzionalità di quelle leggi per contrasto con l’art. 39, seconda parte, Cost. (v. L. n. 1027/1960).
Segue: la legislazione L’art. 36 St. lav. Obbligo gravante, ex art. 36 S.L., sull’imprenditore appaltatore o subappaltatore di opere, servizi e forniture pubbliche di applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona non opera di diritto. L’obbligo è subordinato all’effettiva inserzione di detta “clausola sociale” nel provvedimento di concessione o nel capitolato d’appalto. La clausola non realizza, perciò, un’estensione diretta della sfera di efficacia soggettiva dei contratti collettivi richiamati. La fiscalizzazione degli oneri sociali Il beneficio degli sgravi contributivi spetta per le leggi sulla fiscalizzazione degli oneri sociali solo alle imprese che assicurino ai propri dipendenti “trattamenti non inferiori ai minimi previsti dai CCNL stipulati dalle oo.ss. maggiormente rappresentative (ma ora comparativamente più rappresentative)”; ma v. ora art. 10 L. n. 30/2003 Interventi legislativi sul CCNL Disposizioni in materia di collocamento, apprendistato, lavoro a domicilio, ecc. hanno sancito l’obbligo datoriale di osservare le norme dei contratti collettivi e di retribuire il prestatore in conformità alle tariffe in essi contenute. Sono state interpretate come norme non impositive del contratto collettivo, ma di sollecitazione a farvi rinvio. La legge n. 741/59 v. retro
L’AMBITO DI EFFICACIA DEL CONTRATTO COLLETTIVO AZIENDALE Questioni particolari si pongono per l’efficacia del contratto collettivo aziendale. Dubbi di applicabilità del modello costituzionale L’art. 39, seconda parte, Cost. sembra riferirsi al solo CCNL, per ragioni sia storiche che di ratio. E ciò potrebbe effettivamente apparire come un vantaggio per il problema dell’erga omnes.
Il contratto collettivo aziendale ha efficacia erga omnes? La risposta è negativa, nonostante si sia spesso cercato di dimostrare il contrario, valorizzando una serie di dati, tra cui il fatto dell’essere il contratto stipulato dal singolo datore con riguardo all’intera comunità aziendale. Avendo natura di “diritto comune”, il contratto aziendale condivide, infatti, la medesima sorte di quello nazionale, con in più una serie di problemi peculiari e molto impegnativi relativi all’efficacia soggettiva.
L’ambito di efficacia del contratto collettivo aziendale In ragione della sua natura privatistica, il contratto collettivo aziendale si applica a tutti i lavoratori - dipendenti dal datore stipulante – che siano iscritti al/ai sindacato/i firmatari. Applicando, poi, al caso di specie, la regola giurisprudenziale secondo cui il datore vincolato dal contratto non possa esimersi dall’applicarlo anche ai lavoratori non iscritti che lo richiedano, l’ambito di efficacia del contratto aziendale potrebbe estendersi oltremodo, superando i confini segnati dal principio della rappresentanza.
Il peculiare problema dell’ambito di efficacia nel contratto collettivo aziendale Per il contratto collettivo aziendale, il problema dell’ambito di efficacia si pone però in termini diversi e per così dire capovolti rispetto a quelli del CCNL: non sono generalmente i datori a non volerlo applicare a tutti i lavoratori, ma sono i lavoratori a volervisi sottrarre, con la conseguenza che i tradizionali rimedi giurisprudenziali per l’estensione dell’efficacia soggettiva diventano poco utili. I lavoratori dissenzienti ben possono, dunque, chiamarsi fuori dall’applicazione del contratto, vista la mancanza di erga omnes, e tanto più lo faranno quanto più i contratti collettivi aziendali siano peggiorativi delle loro condizioni lavorative. Ciò accade spesso, se si considera che la c.d. legislazione deregolativa o di rinvio chiama in causa le parti sociali nella gestione di situazioni difficili a livello aziendale: introduzione di nuovi turni lavorativi; esuberi del personale; cig, ecc. Si tratta di ipotesi in cui il contratto collettivo abbandona la sua tradizionale funzione normativa, per assumerne una nuova, di tipo gestionale. In tali casi, spesso i contratti aziendali sono finalizzati ad imporre sacrifici (c.d. contratti in perdita) ed i lavoratori diventano i primi a rifiutarne l’applicazione, facendo valere la propria non iscrizione ai sindacati stipulanti (es.: un contratto collettivo aziendale stipulato con CGIL-CISL-UIL ed RSU per scegliere i lavoratori da licenziare collettivamente, indica Andrea e Chiara - nessuno dei 2 iscritti ai sindacati firmatari - tra i lavoratori in esubero. E’ evidente che i due cercheranno di sottrarsi all’applicazione dell’accordo con ogni mezzo, incluso il ricorso al giudice per far valere la propria non iscrizione).
I tentativi di estensione dell’efficacia soggettiva del contratto aziendale La giurisprudenza ha talvolta fatto perno sulla qualità rappresentativa dei soggetti stipulanti; talvolta, ha richiamato il criterio dell’indivisibilità dell’interesse collettivo; oppure ha valorizzato le procedure democratiche di approvazione dell’accordo (es. l’approvazione a maggioranza durante l’assemblea dei lavoratori dell’azienda). Tuttavia, nessuno di questi tentativi è stato risolutivo. Anche la legislazione di rinvio non sembra aver mai attribuito in modo diretto l’erga omnes al contratto collettivo aziendale (e ciò vale pure per i contr. di sol.) . Più di una volta ha cercato di favorire l’estensione dell’accordo a tutti i lavoratori dell’azienda (ad es. cercando di prevedere la stipulazione selettiva ad opera dei soli sindacati maggiormente o comparativamente più rappresentativi), ma senza risolvere definitivamente il problema.
Procedimentalizzazione poteri datoriali e contratti collettivi aziendali gestionali Con riguardo agli accordi sui criteri di scelta dei licenziamenti collettivi (art. 5 L. n. 223/1991) ed agli accordi determinativi dei servizi minimi da garantire in caso di sciopero nei servizi pubblici essenziali (art. 2 L. n. 146/1990), la Corte Costituzionale ha affermato che trattasi appunto di contratti gestionali o di procedimentalizzazione. Essi si occupano di gestire una situazione di crisi o di provvedere alla riorganizzazione del lavoro in speciali situazioni. Di conseguenza, finiscono per costituire un momento del procedimento che il datore deve seguire per esercitare il suo potere (di licenziare o di imporre determinate prestazioni a determinati lavoratori nel corso di una agitazione sindacale). Perciò l’effetto erga omnes discende indirettamente dal fatto che l’accordo è deputato a procedimentalizzare un potere che comunque va esercitato nei confronti di tutti i lavoratori dell’azienda.
Clausole di inscindibilità Un ruolo importante possono giocare le clausole di inscindibilità poste all’interno del contratto collettivo stesso: con esse si vieta ai singoli lavoratori di disaggregare la varie previsioni negoziali, per godere solo di quelle favorevoli, peggiorative (se quindi si rifiuta un determinato trattamento contrattuale, si finisce per rimanere senza copertura negoziale).
TIPO DI EFFICACIA DEL CONTRATTO COLLETTIVO
Il problema Posto che il contratto collettivo si applica ad un certo lavoratore e ad un certo datore, legati da un contratto individuale di lavoro, c’è da chiedersi con quale intensità la disciplina collettiva operi su queste parti; in quale misura cioè ne vincoli l’autonomia negoziale. Parlare del tipo di efficacia significa allora occuparsi dei rapporti tra contratto collettivo e contratto individuale.
I limiti della teoria della rappresentanza Per diritto comune, il contratto collettivo non potrebbe affatto imporsi sulle parti individuali vincolandole: gli artt. 1723 e 1726 c.c. stabiliscono l’irrevocabilità del mandato collettivo, ma non affermano certo che il mandante debba poi restare fedele alla disciplina pattuita dal mandatario, ben potendo derogarvi.
L’art. 2077 c.c. Si è allora cercato di affermare la vincolatività del contratto collettivo nei confronti delle parti individuali, utilizzando l’art. 2077 c.c., che sancisce l’inderogabilità in peius del contratto in parola ad opera delle parti individuali, con conseguente principio della sostituzione automatica delle clausole peggiorative (c.d. efficacia reale o normativa del contratto collettivo). Il contratto collettivo opera, pertanto, nei confronti delle parti individuali “dall’esterno” alla stessa stregua della legge. Critiche: inapplicabilità dell’art. 2077 c.c. al contratto collettivo di diritto comune, che non può operare come fosse una fonte del diritto, alla stessa stregua del contratto corporativo, cui, infatti, la norma in parola si riferisce.
L’art. 2113 c.c. Oggi la regola di inderogabilità in peius dei contratti collettivi è desumibile dall’art. 2113 c.c. (come riformato dalla L. n. 533/1973 sul processo del lavoro), il quale sancisce l’invalidità delle rinunzie e delle transazioni che abbiano “per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi”. La giurisprudenza continua, tuttavia, spesso, a richiamare ancora analogicamente l’art. 2077 c.c., anche in combinato disposto con l’art. 2113 c.c.
Confronto tra contratto collettivo e contratto individuale Per applicare il principio della inderogabilità in peius, è necessario confrontare contratto collettivo e contratto individuale sì da verificare se quest’ultimo contenga previsioni peggiorative (pertanto illegittime) rispetto al primo. Il confronto, però, non va operato clausola per clausola (criterio del cumulo) secondo i giudici, ma deve essere compiuto per istituti (criterio del conglobamento).
LEGGE E AUTONOMIA COLLETTIVA
Inderogabilità in peius e derogabilità in melius: Al pari del contratto individuale anche il contratto collettivo è subordinato alla legge. E’ infatti quest’ultima che ha il compito di provvedere alla tutela minima del lavoratore; sicché la regola generale è nel senso che il contratto collettivo può derogare in melius, ma mai in peius alla disciplina legale.
Eccezioni alla regola Con il tempo, però, questa regola ha finito per conoscere rilevanti eccezioni: sia sul versante della inderogabilità in peius, sia su quello della derogabilità in melius della legge.
Eccezioni alla regola della inderogabilità in peius: legislazione deregolativa o di rinvio Ormai da oltre un ventennio, si susseguono interventi legislativi volti ad attenuare la rigidità dei precetti legali, mediante utilizzo della contrattazione collettiva, cui il legislatore attribuisce il potere di derogare in peius alle tutele di legge (v. tra le tante la disciplina sul trasferimento dell’azienda in crisi: art. 2112 c.c. o la disciplina sui licenziamenti collettivi: art. 4 L. n. 223/1991).
Eccezioni alla regola della derogabilità in melius: la legislazione sui c.d. massimi legislativi Con la legislazione sul costo del lavoro (1977-1984) volta a ridimensionare il meccanismo della scala mobile prima della sua definitiva abolizione (Protocollo luglio 1993), è stata altresì sancita la inderogabilità in melius della legge da parte del contratto collettivo. Ma si possono porre limiti così stringenti alla contrattazione collettiva senza violare il principio di libertà sindadacale dell’art. 39 Cost.? Sì, per la Corte Costituzionale, che ha salvato con sentenza n. 34/1985 la legislazione sul costo del lavoro, affermando che alla legge va riconosciuta la potestà di imporre limiti inderogabili alla contrattazione collettiva nel perseguimento di finalità di carattere pubblico, trascendenti l’ambito nel quale si colloca l’art. 39. L’insussistenza di una riserva legislativa a favore dei sindacati è stata poi confermata nel 1988 (sent. n. 697/1988) e nel 1991 (sent. n. 124/1991), quando la Corte ha affermato che la contrattazione collettiva non è immune da limiti legali, soprattutto se questi rispondono a fondamentali obiettivi di politica economica; anche se entro i limiti tracciati dal legislatore, le parti sociali devono esser lasciate libere di regolare la materia come più ritengono conveniente.
RAPPORTO TRA CONTRATTI COLLETTIVI
Retroattività del contratto collettivo La disciplina del rapporto di lavoro contenuta nel contratto collettivo è normalmente destinata ad operare ex nunc, ma nulla impedisce alle parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, di regolare anche situazioni pregresse, statuendo la retroattività di una o più norme del contratto medesimo. La norma dell’art. 11, comma 2, delle disposizioni sulla legge in generale - la quale prevede che i contratti collettivi possano stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla loro pubblicazione, purché non preceda quella della stipulazione – è, infatti, da ritenersi abrogata a seguito della soppressione dell’ordinamento corporativo, con conseguente inapplicabilità ai contratti collettivi di diritto comune. La disciplina intertemporale resterà, pertanto, affidata alla libera determinazione delle parti contraenti, sulla scorta delle norme civilistiche che regolano la successione nel tempo dei contratti.
Successione di contratti collettivi nel tempo Nell’esercizio dell’autonomia negoziale loro riconosciuta, le parti ben possono disporre, con efficacia retroattiva, la soppressione di determinati benefici previsti nel contratto collettivo pregresso ovvero la decorrenza ex tunc di discipline meno favorevoli. Tuttavia, incontrano il limite dei “diritti quesiti”, i quali, diversamente dalle mere aspettative, devono ritenersi intangibili. Si tratta, infatti, di posizioni già consolidate o comunque di diritti già entrati nel patrimonio del lavoratore, di cui il sindacato non può disporre in assenza di specifico mandato o di successiva ratifica, ovvero di un’inequivoca manifestazione di acquiescenza da parte del singolo (es. salario già maturato). L’affermazione si correla a quell’orientamento giurisprudenziale, consolidato in tema di rapporti tra contratti collettivi di pari livello, secondo il quale il contratto collettivo successivo, nel sostituirsi integralmente a quello anteriore, ben può modificare in senso peggiorativo la precedente disciplina, ferma l’intangibilità dei c.d. diritti quesiti, in assenza di specifico mandato o di successiva ratifica da parte dei singoli lavoratori.
Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello Il criterio della posteriorità nel tempo In merito al concorso/conflitto tra contratti collettivi di diverso livello, la giurisprudenza ha in un primo tempo risolto la questione, richiamando il principio del favor ex art. 2077 cod. civ. Ma, poi, una volta riconosciuto al contratto aziendale il carattere di vero e proprio atto di autonomia collettiva, ha mutato orientamento, applicando, prima, la teoria del mandato “ascendente” (con derogabilità in peius del CCNL ad opera del contratto aziendale) poi quella del mandato “discendente” (con inderogabilità in peius del CCNL ad opera del contratto aziendale in virtù del principio gerarchico) ed infine il criterio cronologico della prevalenza del contratto posteriore nel tempo, sulla falsariga dei principi che regolano la successione di discipline collettive dello stesso livello. A tal stregua, un contratto aziendale di lavoro ben potrà derogare - anche in peius - al trattamento previsto da un precedente contratto nazionale. Parimenti, le clausole di un contratto aziendale potranno essere derogate da disposizioni meno favorevoli, contenute in contratti collettivi successivi, sia aziendali che di categoria, fermo restando il limite insuperabile dei “diritti quesiti”.
Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello (1) Il criterio di specialità e di competenza Più tardi, la giurisprudenza ha ripetutamente richiamato il diverso criterio della specialità, che implica la prevalenza in ogni caso del contratto aziendale, in quanto più prossimo agli interessi disciplinati, nel rispetto però dei criteri fondamentali ispiratori della contrattazione di livello superiore, i quali non escludono, comunque, differenziazioni giustificate da situazioni locali o particolari, quali una diversa qualità o quantità di lavoro o peculiarità di singoli settori.
Rapporti tra contratti collettivi di diverso livello (2) Protocollo del luglio del 1993 Stabilisce un certo raccordo gerarchico e di competenza tra CCNL e contratto aziendale, per evitare fughe in avanti di quest’ultimo (eventualmente per impedire una derogabilità in melius), ma non certo per risolvere definitivamente il problema della possibilità di eventuali modifiche in peius del CCNL da parte del contratto aziendale.
EFFICACIA OBBLIGATORIA DEL CONTRATTO COLLETTIVO E’ quella dispiegata dalle clausole contenute nella parte obbligatoria del contratto collettivo, ossia in quella parte che vincola i soggetti collettivi stipulanti. Quali tipi di clausole ritroviamo nella parte obbligatoria del contratto collettivo?
Dovere di influenza Ci sono clausole con cui le parti si impegnano ad “influire” sui propri associati affinché osservino la parte normativa del contratto stesso. Sembra comunque che un tale dovere non sia configurabile nei confronti del sindacato dei lavoratori, visto che il contratto collettivo ha la funzione di stabilire una tutela minima per i singoli prestatori, che potranno sempre richiedere e negoziare condizioni di miglior favore. Sul versante del sindacato dei datori, il dovere è, invece, configurabile, ma assume carattere più “politico” che giuridico, data la difficoltà di ricollegare conseguenze di tipo risarcitorio alla sua eventuale violazione. Tant’è che sul punto non c’è mai stato contenzioso.
Obbligo di pace sindacale Inesistenza – per l’opinione dominante - di un obbligo implicito di pace sindacale, cioè di un obbligo automaticamente emergente per effetto della stipulazione del contratto collettivo a non promuovere scioperi, finalizzati a conseguire una revisione della disciplina concordata. Il contratto collettivo ha, infatti, la funzione di comporre le controversie in corso, non di scongiurare controversie future. Configurabilità di un obbligo esplicito di pace sindacale, cioè pattuito espressamente nel contratto ed a carattere relativo – se riguardante solo le materie contrattate – o assoluto – se destinato ad estendersi anche sulle materie rimaste estranee al contratto. Generalmente nei CCNL sono previsti obblighi relativi di pace sindacale. Circa l’efficacia di queste clausole v’è molto da discutere. Intanto, l’impegno di tregua può essere riferito solo al sindacato e non ai lavoratori, considerata l’intangibilità del diritto di sciopero nei confronti dei singoli. Poi c’è il problema di come vincolare i livelli sindacali inferiori a quelli di categoria (l’impegno, se contenuto nel CCNL, riguarda solo le Federazioni nazionali). Obbligo di pace e indennità di vacanza contrattuale nel Protocollo del luglio 1993: Obbligo di pace per il periodo di quattro mesi e previsione di una sanzione economica (slittamento indennità di vacanza contrattuale) a sostegno della sua efficacia.
Altre clausole obbligatorie clausole istituzionali (ad es. per la costituzione dei c.d. enti bilaterali: v. Casse edili, incaricate di amministrare fondi nell’interesse dei lavoratori ed in futuro i nuovi enti bilaterali previsti dalla “riforma Biagi”). clausole di amministrazione del contratto collettivo (es. per la istituzione di collegi di conciliazione ed arbitrato) clausole di natura bivalente (es. clausole che, oltre a vincolare i sindacati, impongono anche limiti di carattere procedimentale al datore di lavoro.