La repressione della condotta antisindacale

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ART. 28 Qualora il datore ponga in essere comportamenti diretti a impedire o limitare l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale nonché del diritto.
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La repressione della condotta antisindacale Università di Urbino Facoltà di Economia sede di Fano A.A. 2010/2011 DIRITTO DEL LAVORO Natalia Paci LEZIONE 5 10 marzo 2011 I diritti sindacali La repressione della condotta antisindacale

DIRITTI SINDACALI (TITOLO III STATUTO) ART. 20 - DIRITTO DI ASSEMBLEA Funzione: istituto di democrazia diretta, volto a consentire a tutti i lavoratori (iscritti e non) di partecipare alle decisioni delle politiche sindacali e contrattuali. Titolarità individuale: “I lavoratori hanno diritto di riunirsi nell’unità produttiva”. Esercizio del diritto: “sono indette, singolarmente o congiuntamente dalle RSA” Oggetto: “materie di interesse sindacale e del lavoro”: anche tematiche non strettamente rivendicativo-aziendale, bensì politico in senso ampio (politica fiscale, economica in generale), ma non che afferiscono al campo della politica in senso stretto (es: composizione del governo). Modalità di svolgimento: durante l’orario di lavoro nei limiti di 10 ore annue retribuite, nessun limite fuori dall’orario di lavoro. Partecipazione: no del datore di lavoro (salvo invito), né suoi collaboratori; sì dei dirigenti sindacali esterni previa comunicazione al datore dei nominativi. Limiti: secondo giurisprudenza limiti solo per tutelare altri interessi costituzionalmente garantiti.

ART 21 – REFERENDUM Esercizio: convocazione a cura delle RSA congiuntamente. Funzione: istituto di democrazia diretta, volto a far emergere l’opinione dei lavoratori (iscritti e non) su determinate problematiche. Nella prassi funzione secondaria rispetto all’assemblea. Oggetto: materie inerenti l’attività sindacale. Modalità: in ambito aziendale ma fuori dall’orario di lavoro. Salve ulteriori modalità previste dalla contrattazione collettiva. Efficacia giuridica: circoscritta ai rapporti tra sindacati e lavoratori iscritti.

GUARENTIGIE PER I DIRIGENTI SINDACALI AZIENDALI Tutela speciale per i dirigenti sindacali in materia di trasferimento e licenziamento (art. 22 e art. 18, commi 8-10) ART. 22 – TRASFERIMENTO DEL DIRIGENTE SINDACALE Tutela privilegiata: Il dirigente di RSA o membro di CI può essere trasferito solo previo nulla osta dell’associazione sindacale di appartenenza, a pena di nullità. ART. 18, commi 8-9-10 – LICENZIAMENTO DEI DIRIGENTI DI RSA Tutela privilegiata sul piano processuale: ove il giudice ritenga prima facie non sufficientemente provate o irrilevanti le ragioni del datore, ordina la provvisoria reintegrazione nel posto di lavoro. Sanzione più grave: oltre alle normali sanzioni previste dall’art. 18 per tutti i lavoratori licenziati illegittimamente, il datore è condannato a versare per ogni giorno di ritardo, una somma pari all’importo della retribuzione (dovuta al fondo adeguamento pensioni).

ART 25 – DIRITTO DI AFFISSIONE Funzione: Consentire il collegamento tra il personale dell’unità produttiva e il sindacato, i lavoratori non partecipano ma restano fruitori della comunicazione. Oggetto: Pubblicazioni, testi, comunicati di interesse sindacale e del lavoro. Modalità ed esercizio: all’interno dell’unità produttiva. Limiti al potere datoriale: Il datore ha l’obbligo di predisporre apposite bacheche. Il datore non ha potere di controllo e la defissone è di solito negata, salvo pubblicazioni con carattere diffamatorio.

ART. 26 – PROSELITISMO E CONTRIBUTI SINDACALI Funzione: riconoscimento ai singoli lavoratori del diritto di “raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all’interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale”. Titolarità e d esercizio: titolarità individuale per la soddisfazione di interessi collettivi propri del sindacato di afferenza, senza alcuna distinzione tra le varie oo.ss. Limiti: rispetto del normale svolgimento dell’attività aziendale. Ciò non significa che è riservato ai momenti di pausa, ma che è soggetto ad una verifica concreta di compatibilità con il nomrale svolgimento dell’attività aziendale. Le trattenute sindacali (art. 26, commi 2 e 3 abrogati): abrogati i commi che prevedevano il diritto delle oo.ss. a percepire i contributi sindacali tramite ritenuta sul salario, con obbligo del datore di procedervi. Tale previsione è però di solito recuperata dai contratti collettivi.

ART. 27 – LOCALI DELLE RSA Unità produttive con almeno 200 dipendenti: il datore di lavoro è obbligato a porre a disposizione delle RSA un idoneo locale all’interno dell’unità produttiva o nelle immediate vicinanze. LOCALE PERMANENTE Unità produttive con meno di 200 dipendenti: le RSA hanno diritto di usufruire, previa richiesta al datore di lavoro, di un locale idoneo per le loro riunioni. LOCALE ASSEGNATO DI VOLTA IN VOLTA

PERMESSI PER I DIRIGENTI SINDACALI ARTT. 23 – 24 ART. 23 - PERMESSI RETRIBUITI Funzione: per l’espletamento del proprio mandato sindacale. Comporta un esonero totale dalla obbligazione lavorativa con conservazione del diritto alla retribuzione. Limite: Comunicazione scritta al datore di lavoro almeno 24 ore prima, tramite le RSA. ART. 24 - PERMESSI NON RETRIBUITI Funzione: per la partecipazione a trattative sindacali o congressi e convegni di natura sindacale. Comporta l’esonero dalla obbligazione lavorativa e il diritto alla conservazione del posto, ma senza il diritto alla retribuzione. Limite: comunicazione scritta al datore almeno 3 giorni prima, tramite le RSA.

PERMESSI E ASPETTATIVE SINDACALI ARTT. 30 – 31 Funzione: Per lo svolgimento di compiti in strutture sindacali esterne (o cariche pubbliche) ART. 30 - PERMESSI Funzione: permessi retribuiti per partecipare alle riunioni degli organi direttivi nazionali o provinciali dei sindacati ex art. 19 (firmatari del CCNL applicato nell’unità produttiva) Titolarità: componenti dei suddetti organi ART. 31 - ASPETTATIVE Funzione e titolarità: aspettativa non retribuita per permettere l’esercizio del mandato a quei lavoratori che ricoprono cariche sindacali provinciali o nazionali, o funzioni elettive pubbliche (membri del Parlamento, Parlamento europeo, Assemblee regionali ecc). Modalità: per tutta la durata del mandato.

CAMPO DI APPLICAZIONE DEL TITOLO III DELLO STATUTO ART. 35 Le disposizioni del titolo III si applicano a: ciascuna unità produttiva con più di 15 dipendenti (per le imprese agricole più di 5 dipendenti); ciascuna impresa che nell’ambito dello stesso comune occupa più di 15 dipendenti (per le imprese agricole più di 5 dipendenti). Nozione di unità produttiva: sede, stabilimento, filiale, ufficio, reparto autonomo.

ART. 28 LA REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE “Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e della attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il Tribunale del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti” (art. 28, comma 1) IMPORTANZA DELLA NORMA: Norma di chiusura dello Statuto in quanto consente l’effettività dei diritti sindacali riconosciuti prevedendo uno speciale procedimento giurisdizionale abbreviato repressivo della condotta antisindacale.

IL SOGGETTO ATTIVO DELLA CONDOTTA Il soggetto attivo della condotta vietata e, quindi il legittimato passivo dell’azione processuale, è il DATORE DI LAVORO, imprenditore o non, privato o pubblico e indipendentemente da quanti lavoratori ha alle sue dipendenze. Fattispecie quindi ampia ma più circoscritta di quella ex art. 15 St. che vieta atti o patti discriminatori posti in essere da qualunque soggetto (quindi anche sindacati dei lavoratori). Interpretazione: anche i collaboratori dell’imprenditore che esercitano una frazione più o meno ampia del potere datoriale. Ma l’illecito è comunque imputabile al datore. NO soggetto attivo: il sindacato dei datori di lavoro. SI: il terzo acquirente nel trasferimento d’azienda in caso di violazione degli obblighi procedurali (estensione espressa ex L. n. 428/1990).

IL COMPORTAMENTO ANTISINDACALE Indeterminatezza della fattispecie: Comportamento solo teleologicamente determinato ma strutturalmente aperto (come art. 15 St.): il comportamento è individuato non da un elenco tassativo o esemplificativo di comportamenti, ma in relazione alla sua idoneità a ledere i tre beni protetti dalla norma (libertà e attività sindacale, diritto di sciopero). L’espressione “comportamento”: permette di includere non solo atti o patti giuridicamente rilevanti (come per l’art. 15 St.) ma anche: meri comportamenti materiali (es: intimidazioni, minacce, indagini antisindacali ecc) atti omissivi del datore. Solo due tipizzazioni legali: Violazioni di clausole obbligatorie in tema di sciopero nei servizi pubblici essenziali; Violazione delle procedure sindacali nell’ipotesi di trasferimento d’azienda.

I BENI PROTETTI Libertà sindacale, attività sindacale, diritto di sciopero Interesse collettivo: Si tratta di beni di cui è titolare il sindacato e a cui è quindi sotteso un interesse collettivo. Per questo è il sindacato (e non il singolo lavoratore) legittimato ad agire in giudizio ex art. 28 St. Comportamento plurioffensivo: La condotta antisindacale del datore può colpire, però, non solo i diritti sindacali formalmente riconosciuti al sindacato dallo Statuto (es: diritto di assemblea, referendum, concessione permessi, ecc) ma può colpire anche un singolo lavoratore limitandone la libertà sindacale (es: licenziamento dettato da ragioni antisindacali). Si tratta di condotta plurioffensiva: lo stesso comportamento è considerato anche da altre norme (es: art. 18 St. a tutela del licenziamento discriminatorio) a tutela dell’interesse del singolo. Problemi processuali? Rischio di sovrapposizioni o contrasto di giudicati? NO: secondo la Cassazione le due azioni sono autonome e a tutela di interessi diversi.

L’IRRILEVANZA DI ELEMENTI SOGGETTIVI Per la giurisprudenza maggioritaria non è necessaria l’intenzionalità della condotta: l’antisindacalità dell’art. 28 St. è OGGETTIVA, quindi basta accertare l’obiettiva idoneità lesiva del comportamento a prescindere dal dolo o la colpa del datore. Una soluzione diversa ridurrebbe di molto l’effettività della tutela per la difficoltà di svolgere un’indagine sui motivi del comportamento e di dimostrare in giudizio l’intenzionalità del datore. Intenzionalità rilevante solo quando la condotta, lecita nella sua obiettività, presenta i caratteri dell’abuso di diritto, cioè nel caso i cui il datore, pur esercitando un suo diritto, lo esercita per un fine distorto e diverso da quello voluto dall’ordinamento. Limiti dell’antisindacalità: Non tutti i comportamenti antagonistici del datore nei confronti del sindacato sono antisindacali. Molti rientrano nella normale logica del conflitto tra le parti. Difficile stabilirne in concreto il confine.

LEGITTIMAZIONE AD AGIRE Legittimati attivi sono: “gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali” Innovazione fondamentale: Il riconoscimento ad un soggetto collettivo (al contrario dell’art. 15 St., ad azione individuale). Esclusioni: La norma è selettiva (come l’art. 19 St.): non tutti i sindacati ma solo quelli indicati dalla norma: a carattere nazionale (e non quelli rappresentativi, ex art. 19 St.); esclusi sindacati dei lavoratori non organizzati a livello nazionale; esclusi i singoli lavoratori. Organismi locali: Occorre guardare gli Statuti interni del sindacato In genere sono gli organismi di categoria di livello territoriale provinciale (quindi struttura verticale e non orizzontale); anche RSA (ma non c’è unanimità)

QUESTIONI DI COSTITUZIONALITA’ Sono state sollevate in riferimento alla esclusione delle associazioni sindacali che non sono “nazionali”. Per contrasto con gli art. 39, comma 1, Cost. (libertà sindacale), l’art. 24 Cost. (diritto alla difesa) e art. 3 Cost. (principio di ugualianza). Questioni tutte rigettate dalla Corte Costituzionale (Sent. 54/1974; n. 334/1988; n. 89/1995): Con l’art. 39 Cost. e art. 24 Cost.: L’art. 28 non limita i diritti di libertà sindacale, ma attribuisce uno strumento di tutela giudiziaria particolarmente efficace e ulteriore rispetto a quelli generali assicurati ai singoli e alle altre associazioni sindacali; Con l’art. 3 Cost.: La selezione dei legittimati è ragionevole - e quindi legittima – in quanto nasce dall’esigenza di privilegiare organizzazioni responsabili e rappresentative, onde evitare la proliferazione dei ricorsi.

IL PROCEDIMENTO E LE SANZIONI “1. (…) su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il Tribunale del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti. 2. L’efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il Tribunale definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo. 3. Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al Tribunale in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza immediatamente esecutiva. (…) 4. Il datore di lavoro che non ottempera al decreto di cui al primo comma o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è punito ai sensi dell’art. 650 del codice penale. 5. L’autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna (…)”

(segue) IL PROCEDIMENTO E LE SANZIONI Caratteri procedimento: Procedimento d’urgenza: il giudice si pronuncia entro due giorni e il datore può fare opposizione entro 15 giorni; Procedimento a cognizione sommaria: il giudice si pronuncia “assunte sommarie informazioni”e, se non c’è opposizione, il decreto acquista l’incontrovertibilità del giudicato. Inizia, invece, il procedimento a cognizione completa solo nell’eventualità di giudizio di opposizione. Immediata esecutività: sia del decreto che della sentenza del giudizio di opposizione. Neanche l’opposizione sospende l’efficacia esecutiva del decreto che continuerà a dispiegare i suoi effetti fino alla sentenza finale. Condanna in futuro: Il giudice ordina “la cessazione del comportamento e la rimozione degli effetti”. Problema: se il giudice, rilevato il comportamento illecito, lo proibisce per il futuro con l’effetto che al suo ripetersi verrà automaticamente colpito dalla sanzione penale. Perplessità in dottrina: perché nel nostro ordinamento il giudice non ha in generale il potere di creare norme astratte ma può pronunciarsi solo in riferimento a un caso concreto. Diverso il caso del comportamento già in atto o programmato ma destinato a svolgersi nel futuro. Sanzioni: In caso di inosservanza dell’ordine o della sentenza del giudice: sanzione (ex art. 650 c.p.) dell’arresto fino a tre mesi o ammenda fino a L. 400.000.