Università di Urbino Facoltà di Economia sede di Fano A. A

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Università di Urbino Facoltà di Economia sede di Fano A. A Università di Urbino Facoltà di Economia sede di Fano A.A. 2010/2011 DIRITTO DEL LAVORO Natalia Paci LEZIONE 6 24 marzo 2011 La contrattazione collettiva: nozione, tipologie, ambito e tipo di efficacia

NOZIONE DI CONTRATTO COLLETTIVO Il contratto collettivo è il contratto con cui i soggetti collettivi (organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro o singolo datore): A)predeterminano la disciplina dei rapporti individuali di lavoro (c.d. parte normativa) B)regolano alcuni tratti dei loro rapporti reciproci (c.d. parte obbligatoria).

TIPI DI CONTRATTO COLLETTIVO Nel nostro ordinamento si sono susseguiti vari tipi di contratto collettivo: il contratto collettivo corporativo il contratto collettivo previsto dalla Costituzione (art. 39, comma 2 e ss.) il contratto collettivo recepito in decreto legislativo dalla legge Vigorelli (L. 741/1959) il contratto collettivo di diritto comune

IL CONTRATTO COLLETTIVO CORPORATIVO FUNZIONE: Nel contratto collettivo (nazionale) corporativo trova espressione la solidarietà tra i vari fattori della produzione (capitale e lavoro) mediante la conciliazione di opposti interessi dei datori e dei lavoratori e la loro subordinazione agli interessi superiori della produzione nazionale. NATURA: Contratto di diritto pubblico, fonte del diritto come la legge, tipico e nominato, cioè disciplinato dalle norme del libro V del codice civile. EFFICACIA: Erga omnes come la legge (art. 2070 c.c.). Inderogabile dal contratto individuale, con efficacia reale, cioè sostituzione automatica (art. 2077c.c.)

IL CONTRATTO COLLETTIVO PREVISTO DALLA COSTITUZIONE Art. 39, seconda parte, Cost. L’elaborazione di questa parte fu molto controversa per l’esistenza di esigenze contrapposte: da una parte bisognava selezionare i sindacati deputati a stipulare contratti erga omnes, dall’altra bisognava garantire la democraticità e l’autonomia del fenomeno sindacale, in accordo col principio di libertà sindacale

la formulazione finale dell’Art. 39, II parte, Cost.: L’immunità dei sindacati dall’ingerenza statale fu sottolineata dalla formula negativa del comma 2 dell’art. 39 Cost.: “Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione…”. La registrazione, però, non poteva essere automatica, doveva essere condizionata ad un intervento statale: si preferì però lasciare alla legge il compito di specificare gli accertamenti necessari e le modalità della registrazione (“registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge”, comma 2 art. 39 Cost.). Si sancì solo che la registrazione era subordinata alla democrazia interna al sindacato (“E’ condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica”, comma 3, art. 39 Cost.). Quanto alla contrattazione erga omnes, i sindacati stipulanti avrebbero dovuto avere personalità giuridica. Prevalse la scelta della rappresentanza unitaria costituita in base al principio proporzionale (“I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione ai loro iscritti, stipulare contratti collettivi con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”, comma 4, art. 39 Cost). Restò tuttavia aperta la contraddizione tra il principio di libertà sindacale e la formula della contrattazione obbligatoria posta in essere da sindacati registrati, ovvero la problematicità dell’intreccio tra diritto privato e diritto pubblico

I CONTRATTI COLLETTIVI RECEPITI IN DECRETO In attesa della legge attuativa dell’art. 39, seconda parte, Cost., si proponeva di estendere erga omnes l’efficacia di tutti i contratti collettivi stipulati fino a quel momento da tutte le associazioni sindacali a carattere rappresentativo nazionale. Fu così emanata la Legge delega n. 741 del 1958 (c.d. Legge Vigorelli) che tentò di risolvere il problema delegando il Governo ad emanare decreti legislativi che prevedessero minimi di trattamento per ogni categoria attraverso la recezione in decreto legislativo, appunto, degli stessi contratti collettivi. Il problema, però, fu risolto solo in via transitoria perché la Corte Cost. con sentenza n. 106 del 1962 bloccò quel meccanismo che si apprestava ad essere ripetuto con la L. n. 1027 del 1960 e, quindi, a divenire definitivo, affermandone l’incostituzionalità per contrasto con l’art. 39, seconda parte, Cost. proprio perché prevedeva un meccanismo di estensione erga omnes dell’efficacia dei contratti collettivi diverso da quello stabilito dalla Costituzione.

CONTRATTO COLLETTIVO DI DIRITTO COMUNE E’ l’unico oggi vitale ATIPICITA’ del contratto collettivo: Mancando una legge attuativa dell’art. 39 Cost., il cont. coll. di diritto comune è privo di una propria disciplina legislativa La regolamentazione di questo contratto deriva dalle norme codicistiche sul contratto in generale (artt. 1321 ss. c.c.), nonché da alcune norma codicistiche sul contratto corporativo, reinterpretate dalla giurisprudenza

I PROBLEMI DEL CONTRATTO COLLETTIVO DI DIRITTO COMUNE Riguardo la parte normativa del contratto collettivo: AMBITO di efficacia: a chi si applica il contratto collettivo sul piano dei rapporti individuali? TIPO di efficacia: con quale intensità il contratto collettivo si applica, cioè può essere o meno derogato dalle parti individuali?

L’AMBITO DI EFFICACIA Problema: In assenza di una legislazione attuativa dell’art. 39, seconda parte, Cost., i sindacati non acquistano personalità giuridica. Conseguenze: sono liberi di individuare l’ambito delle categorie che intendono rappresentare; ma perdono il potere di rappresentanza istituzionale degli appartenenti a tali categorie. Quindi, in linea di stretto diritto: solo il datore di lavoro iscritto al sindacato è tenuto all’applicazione del cont. coll. nei confronti dei soli lavoratori iscritti ai sindacati

TENTATIVI DI ESTENDERE L’AMBITO DI EFFICACIA: LA GIURISPRUDENZA Teoria dell’adesione esplicita o implicita: Quando le parti nel contratto individuale abbiano esplicitamente rinviato alla disciplina collettiva o ne applichino spontaneamente “numerose e significative” clausole. Applicabilità ai lavoratori non iscritti: Il datore di lavoro iscritto è tenuto ad applicare il cont.coll. anche ai lavoratori non iscritti che lo richiedano. Infatti, il datore è ben consapevole che i cont.coll. “rivelano la chiara intenzione delle parti contraenti di considerarli come norma generale di disciplina del rapporto di lavoro, quindi aperta alla generalità dei dipendenti”. (D’altro canto il datore iscritto non avrebbe interesse a fare trattamenti sfavorevoli per i lavoratori non iscritti, perché favorirebbe la sindacalizzazione dei dipendenti)

La teoria basata sull’art. 2070 c. c. : L’art. 2070 c. c La teoria basata sull’art. 2070 c.c.: L’art. 2070 c.c., scritto in riferimento al campo di applicazione del cont.coll.corporativo, recita: “L’appartenenza alla categoria professionale, ai fini dell’applicazione del contratto collettivo, si determina secondo l’attività (…)”. Inizialmente, la giurisprudenza utilizzava tale articolo per individuare il cont.coll. applicabile alle parti individuali. Ma, dopo un acceso dibattito, in giurisprudenza ha prevalso l’orientamento per cui l’art. 2070, comma 1, non si applica al cont.coll. di diritto comune e che l’individuazione della normativa applicabile va compiuta attraverso un’indagine della volontà delle parti Pertanto, datore e lavoratore possono ora anche accordarsi per l’applicazione di un cont.coll. diverso da quello della categoria di appartenenza

La teoria basata sull’art. 36 Cost La teoria basata sull’art. 36 Cost.: A partire dalla metà degli anni ’50, la giurisprudenza è andata applicando i minimi tariffari del cont.coll. anche ai lavoratori dipendenti da datori di lavoro non iscritti. Lo ha fatto tramite l’applicazione degli artt. 36 Cost. (principio della proporzionalità e sufficienza della retribuzione) e 2099 c.c. (che al comma 2 recita: “in mancanza di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice, tenuto conto, ove occorra, del parere delle associazioni professionali”), considerando equivalente all’ipotesi di “mancanza di accordo” quella di accordi nulli - in quanto al di sotto della sufficienza richiesta dall’art. 36 Cost. - e individuando tale sufficienza nei minimi tariffari previsti dai cont.coll. Limite di tale criterio: tale estensione dell’ambito di efficacia del cont. coll. riguarda solo l’aspetto retributivo. tali parametri non sono vincolanti per il giudice

TENTATIVI DEL LEGISLATORE DI ESTENDERE L’AMBITO DI EFFICACIA Vari interventi settoriali si sono succeduti a partire dagli anni ’40 per cercare di estendere l’ambito di efficacia del cont.coll. Interventi settoriali (in materia di collocamento, apprendistato, lavoro a domicilio ecc) che hanno sancito l’obbligo del datore di osservare le norme dei cont.coll. e di retribuire il lavoratore in conformità alle tariffe in essi contenute: norme non impositive del cont.coll. ma solo di sollecitazione a farvi rinvio. Tali intereventi lo hanno fatto solo indirettamente e, quando ciò non è avvento la Corte Cost. ha provveduto a sancire l’incostituzionalità di quelle leggi per contrasto con l’art. 39, II parte, Cost., come la legge di proroga (L. n. 1027/1960) della legge Vigorelli (L. 741/1959).

L’AMBITO DI EFFICACIA DEL CONTRATTO COLLETTIVO AZIENDALE Questioni particolari si pongono per l’efficacia del cont.coll. aziendale: Infatti, dubbi sull’applicabilità dell’art. 39, seconda parte, Cost. che sembra riferirsi al solo CCNL: quindi il cont.coll. aziendale ha efficacia erga omnes? NO, nonostante si sia spesso cercato di dimostrare il contrario; Ha quindi natura di diritto comune e condivide la stessa sorte di quello nazionale: quindi il datore che lo applica è tenuto ad applicarlo a tutti i lavoratori iscritti e anche a quelli non iscritti che lo richiedano

IL PROBLEMA DEL CONTRATTO AZIENDALE Il problema dell’ambito di efficacia del contratto aziendale si pone in termini, per così dire, capovolti rispetto a quello nazionale: non sono di solito i datori a non volerlo applicare a tutti, ma i lavoratori stessi a volervisi sottrarre (in quanto spesso impongono dei sacrifici agli stessi) e le teorie giurisprudenziali volte ad estenderne l’efficacia risultano in questo caso poco utili: I lavoratori dissenzienti ben possono chiamarsi fuori dall’applicazione del contratto, vista la mancanza di erga omnes (e lo faranno tanto più i contratti siano peggiorativi); Ciò accade spesso nella legislazione c.d. deregolativa o di rinvio che chiama in causa le parti sociali nella gestione delle situazioni difficili (esuberi di personale e licenziamenti collettivi, ad es.) Sono ipotesi in cui il contratto coll. perde la sua tradizionale funzione c.d. normativa e assume quella c.d. gestionale. In tali casi i cont.coll. aziendali sono finalizzati ad imporre sacrifici (c.d. contratti in perdita) LA GIURISPRUDENZA: La giurisprudenza ha tentato, senza successo, di estenderne l’efficacia facendo perno su vari criteri: talvolta l’indivisibilità dell’interesse collettivo, talvolta valorizzando la rappresentatività dei soggetti stipulanti o il metodo democratico di approvazione dell’accordo (assemblea dei lavoratori)

IL LEGISLATORE: Anche la legislazione di rinvio ha tentato più volte di favorirne l’estensione dell’efficacia, ad es. prevedendo la stipulazione selettiva ad opera dei soli sindacati maggiormente rappresentativi, ma non è mai riuscita a risolvere il problema, eccetto in due ipotesi particolari, grazie anche all’intervento della Corte Cost.: art. 5, L. 223/1991: accordi sui criteri di scelta dei lavoratori da licenziare collettivamente; art. 2, L. 146/1990: accordi determinativi dei servizi minimi da garantire in caso di sciopero nei servizi pubblici essenziali. In questi casi la Corte Cost. ha affermato che si tratta di gestire una situazione di crisi o di provvedere alla riorganizzazione del lavoro in speciali situazioni. In particolare, in tali casi gli accordi costituiscono solo un momento del procedimento che il datore di lavoro deve seguire per esercitare il suo potere (di licenziare o di imporre determinate prestazioni indispensabili): perciò l’effetto erga omnes dell’accordo deriva solo indirettamente dal fatto che l’accordo si inserisce nel procedimento che il datore deve seguire per esercitare un suo potere (potere che comunque va esercitato e nei confronti di tutti i lavoratori dell’azienda). CLAUSOLE DI INSCINDIBILITA’ Clausole poste all’interno del cont.coll. con cui si vieta ai lavoratori di disaggregare le varie previsioni negoziali, per godere solo di quelle favorevoli e non di quelle peggiorative (in modo che se si rifiuta un dato trattamento contrattuale, si rimane senza copertura negoziale)

I limiti della teoria della rappresentanza: IL TIPO DI EFFICACIA Il problema: con quale intensità il cont.coll. vincola le parti individuali, la loro autonomia contrattuale? Cioè, che rapporto c’è tra contratto collettivo e contratto individuale? In altri termini, possono le parti individuali derogare al contratto collettivo? I limiti della teoria della rappresentanza: Per il diritto comune il cont.coll. non potrebbe affatto imporsi sulle parti individuali vincolandole: gli artt. 1723 e 1726 c.c. stabiliscono l’irrevocabilità del mandato collettivo, ma non affermano certo che il mandante debba poi restare fedele alla disciplina pattuita dal mandatario, ben potendo derogarvi La giurisprudenza ha allora cercato di affermare la vincolatività del contratto collettivo su quello individuale.

L’ART. 2077 C.C. Tale articolo sancisce l’inderogabilità in pejus del contratto collettivo (corporativo) ad opera delle parti individuali, con conseguente principio della sostituzione automatica delle clausole peggiorative (c.d. efficacia reale o normativa del contratto collettivo). Il cont.coll. opera nei confronti delle parti individuali dall’esterno, come fonte eteronoma, come la legge. Critica: inapplicabilità dell’art. 2077 c.c., riguardante il contratto corporativo, al contratto di diritto comune che non può operare come fosse una fonte del diritto.

L’ART. 2113 C.C. Oggi la regola dell’inderogabilità in pejus del contratto collettivo deriva definitivamente dall’art. 2113 c.c. (come modificato dalla L. 533/1973) il quale sancisce l’invalidità delle “rinunzie e transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi”

IL CONFRONTO TRA CONTRATTO COLLETTIVO E CONTRATTO INDIVIDUALE Per applicare il principio dell’inderogabilità in pejus è necessario confrontare contratto collettivo e contratto individuale in modo da verificare se quest’ultimo contenga previsioni peggiorative (pertanto illegittime) rispetto al primo. Come fare il confronto? Non va operato clausola per clausola (c.d. criterio del cumulo) Ma, secondo la giurisprudenza, va compiuto per istituti (c.d. criterio del conglobamento)

LEGGE E AUTONOMIA COLLETTIVA Al pari del contratto individuale, anche il contratto collettivo è subordinato alla legge: è, infatti, quest’ultima che ha il compito di provvedere alla tutela minima del lavoratore, sicché la regola generale è quella della: Inderogabilità in pejus Derogabilità in melius Eccezioni alla regola su entrambi i versanti: Derogabilità in pejus nella legislazione deregolativa o di rinvio; Inderogabilità in melius nella legislazione sui c.d. massimi legislativi

Derogabilità in pejus nella legislazione deregolativa o di rinvio Ormai da oltre un trentennio si susseguono interventi legislativi volti ad attenuare la rigidità dei precetti legali mediante utilizzo della cont. coll. cui il legislatore attribuisce il potere di derogare in pejus alle tutele di legge. Inderogabilità in melius nella legislazione sui c.d. massimi legislativi Con la legislazione sul costo del lavoro (1977-1984), volta a ridimensionare il meccanismo della scala mobile prima della sua definitiva abolizione (Accordo 1992 - Protocollo luglio 1993), è stata altresì sancita la inderogabilità in melius della legge da parte del contratto collettivo. Dubbio di violazione della libertà sindacale ex art. 39 Cost.: La Corte Cost. (sent. n. 34/1985) ha salvato la legislazione sul costo del lavoro affermando che alla legge va riconosciuta la pretesa di imporre limiti inderogabili alla contrattazione collettiva nel perseguimento di finalità di carattere pubblico. L’insussistenza di una riserva legislativa a favore dei sindacati è stata poi confermata con la sent. n. 697/1988 e la sent. n. 124/1991, quando la Corte Cost. ha affermato che la contrattazione collettiva non è immune da limiti legali, soprattutto se questi rispondono a fondamentali obiettivi di politica economica (anche se, entro i limiti tracciati dal legislatore, le parti sociali devono esser lasciate libere di regolare la materia come più ritengono conveniente)

QUESTIONI RIGUARDANTI I RAPPORTI TRA CONTRATTI COLLETTIVI 1) RETROATTIVITA’ La disciplina del rapporto contenuta nel cont.coll. è di solito destinata ad operare ex nunc, ma nulla impedisce alle parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, di regolare anche situazioni pregresse, statuendo la retroattività di una o più norme del contratto. Infatti, l’art. 11, comma 2, delle disposizioni sulla legge in generale (c.d. preleggi) - che prevede che i contratti collettivi possano stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla loro pubblicazione, purché non preceda la loro stipulazione – è da ritenersi abrogato a seguito della soppressione dell’ordinamento corporativo, con conseguente inapplicabilità al cont. coll. di diritto comune

2)LA SUCCESSIONE DEI CONTRATTI NEL TEMPO Nell’esercizio dell’autonomia negoziale le parti ben possono disporre, con efficacia retroattiva, la soppressione di determinati benefici previsti dal contratto collettivo pregresso ovvero la decorrenza ex tunc di discipline meno favorevoli. Tuttavia, incontrano il limite dei “diritti quesiti” i quali, diversamente dalle mere aspettative, devono ritenersi intangibili. Si tratta di posizioni già consolidate o comunque di diritti già entrati nel patrimonio del lavoratore, di cui il sindacato non può disporre in assenza di una specifica e inequivoca manifestazione di adesione o di acquiescenza da parte del singolo. Quindi, l’orientamento giurisprudenziale in materia di rapporti di cont.coll. di pari livello afferma che il contratto successivo, nel sostituirsi integralmente all’antecedente, ben può modificarlo in senso peggiorativo, ferma la intangibilità dei c.d. diritti quesiti, in assenza di specifico mandato o di successiva ratifica da parte dei singoli lavoratori

I RAPPORTI TRA CONTRATTI COLLETTIVI DI DIVERSO LIVELLO (nazionale vs I RAPPORTI TRA CONTRATTI COLLETTIVI DI DIVERSO LIVELLO (nazionale vs. aziendale) In merito al concorso/conflitto tra contratti di diverso livello, la giurisprudenza ha elaborato varie teorie: Dapprima ha richiamato l’art. 2077 c.c. ed il principio del favor (riguardante, però, il rapporto tra cont. individuale e cont. coll.), per cui prevale la disciplina più favorevole per il lavoratore. Poi, una volta riconosciuto al contratto aziendale il carattere di vero e proprio atto di autonomia collettiva, ha mutato orientamento: prima con il criterio del c.d. mandato “ascendente” e la derogabilità in pejus del CCNL ad opera del cont. az., poi con il criterio opposto del c.d. mandato “discendente”e l’inderogabilità in pejus del CCNL ad opera del cont. az., in virtù del principio gerarchico

Il criterio della posteriorità nel tempo: infine, è prevalso il criterio cronologico della prevalenza del contratto posteriore nel tempo, sulla falsariga dei principi che regolano i rapporti tra contratti collettivi di stesso livello. Secondo tale criterio, un contratto aziendale può derogare anche in pejus al trattamento previsto da un precedente CCNL, e viceversa, fermo restando il limite insuperabile dei “diritti quesiti”. Il criterio di specialità e competenza: Più tardi la giurisprudenza ha ripetutamente richiamato il diverso criterio della specialità, che implica la prevalenza in ogni caso del contratto aziendale in quanto più prossimo agli interessi disciplinati. Pur nel rispetto dei criteri fondamentali del CCNL, i contratti aziendali ben possono prevedere differenziazioni giustificate da situazioni locali o particolari.

PRINCIPALE NOVITA': CLAUSOLE DI USCITA RIFORMA DEL SISTEMA CONTRATTUALE CON L'ACCORDO QUADRO DEL 22 GENNAIO 2009 Il principio della derogabilità in pejus del CCNL da parte del contratto aziendale è stato di recente riconosciuto anche dalle stesse parti collettive (CGIL esclusa) con l'accordo separato del 2009 (Accordo quadro del 22 gennaio 2009): PRINCIPALE NOVITA': CLAUSOLE DI USCITA I contratti nazionali possono consentire la stipula a livello territoriale o di secondo livello (aziendale), accordi derogatori della disciplina nazionale (sulla base di parametri oggettivi individuati dalla stessa contrattazione nazionale), per la gestione di crisi aziendali o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell'area.