Corso di “Economia Industriale Internazionale” Lezione 2 (terza parte) Corso di “Economia Industriale Internazionale” Davide Arduini
1. Introduzione (1) Le politiche antitrust Una prima definizione di Politica della concorrenza (o antitrust): l’insieme di politiche e leggi finalizzate ad assicurare che la concorrenza sul mercato non subisca limitazioni tali da arrecare danno alla società È sempre giustificato l’intervento delle politiche antitrust ? Si potrebbe pensare che l’entrata di nuove imprese (concorrenti) potrebbe ridurre il potere di mercato delle imprese (esistenti) inducendole a fissare prezzi concorrenziali (bassi)
1. Introduzione (2) Senza una politica antitrust le imprese sono in grado di ricostruire il proprio potere di mercato (riducendo il benessere della collettività) attraverso: strategie collusive, fusioni con effetti anticoncorrenziali, pratiche di esclusione, ecc….. Quando è giustificato l’intervento delle politiche antitrust ? 1° caso: Quando l’intervento si applica a situazioni nelle quali una qualche forma di concorrenza è consentita dalle caratteristiche strutturali del mercato Anche in presenza di interventi antitrust le imprese mantengono ampi spazi di manovra su molte decisioni rilevanti Obiettivi: concentrare interventi antitrust (ex post) sulle situazioni più rilevanti; evitare un eccessivo interventismo (con conseguente distorsione della concorrenza)
1. Introduzione (3) 2° caso: Interventi regolatori che si applicano a quei mercati nei quali la rilevanza delle economie di scala consiglia di mantenere una sola impresa (monopoli naturali) Ambiti di riferimento: rete di trasmissione elettrica, reti ferroviarie, reti di telecomunicazione fissa (ultimo miglio), ecc….. Gli interventi regolatori vengono usati anche per accompagnare i processi di liberalizzazione attraverso i quali i nuovi entranti riducono le quote di mercato degli ex monopolisti Si tratta di interventi ex ante, con una forte riduzione dello spazio di manovra delle imprese private
2. Obiettivi della politica della concorrenza (1) Benessere sociale (surplus totale) Il benessere sociale è dato dal surplus totale: somma del surplus dei consumatori e dei produttori Surplus di un solo consumatore: differenza tra la sua valutazione del bene (o sua disponibilità a pagare per il bene) ed il prezzo che esso paga per quel bene Surplus dei consumatori: somma dei surplus di tutti i consumatori che acquistano su un dato mercato Surplus di un solo produttore: è il profitto che ottiene dalla vendita del bene che produce Surplus dei produttori: somma di tutti i profitti realizzati dai produttori nell’industria/settore Quindi un aumento del prezzo di vendita di un bene comporta un aumento del surplus dei produttori e una riduzione del surplus dei consumatori
2. Obiettivi della politica della concorrenza (2) E’ importante parlare anche della distribuzione dei benefici tra consumatori e produttori L’applicazione di determinate politiche economiche potrebbe far crescere il benessere sociale, innalzando il surplus dei consumatori e riducendo quello dei produttori In questi casi, adeguate politiche fiscali, possono ridistribuire i guadagni dai consumatori ai produttori, equilibrando tra i due gruppi di soggetti il livello di benessere
2. Obiettivi della politica della concorrenza (3) Il benessere dei consumatori (surplus dei consumatori) Molto spesso gli interventi di politica economica riducono il benessere sociale totale (somma dei surplus dei produttori e consumatori) Ci sono casi che portano a risultati che massimizzano il benessere sociale a danno di quello dei consumatori: a) discriminazione perfetta di prezzo praticata dai monopolisti b) fusione tra imprese che riducendo i loro costi fissi aumenta i loro profitti (quindi aumenta il benessere sociale totale)
2. Obiettivi della politica della concorrenza (4) Benessere dei consumatori vs. benessere sociale totale Quale tipologia di benessere privilegia la politica antitrust ? L’antitrust UE approva qualsiasi accordo o decisione che contribuiscano a migliorare la produzione e distribuzione dei prodotti, promuovere il progresso tecnologico ed economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte del beneficio che ne deriva Se ne deduce che la legislazione antitrust UE sembra riservare priorità al benessere dei consumatori Anche l’antitrust USA dedica priorità al benessere dei consumatori: la legge valuta se le efficienze identificabili siano sufficienti a bilanciare la potenziale portata anticompetitiva della fusione nei confronti dei consumatori, impedendo l’aumento dei prezzi Invece Canada, Australia e Nuova Zelanda hanno politiche antitrust che privilegiano l’obiettivo del benessere sociale totale Oggi una politica antitrust a favore del benessere del consumatore non sarebbe tanto prudente in quanto nelle moderne economie i consumatori sono anche proprietari di imprese, direttamente o attraverso i fondi pensione e di investimento
2. Obiettivi della politica della concorrenza (5) Questo significa che i cittadini ottengono ogni anno i dividendi di queste società e la riduzione dei loro profitti penalizzerà anche i cittadini stessi Inoltre, la massimizzazione del benessere dei consumatori disincentiverebbe le imprese dall’investire, innovare ed introdurre nuovi prodotti e/o processi, visti i loro bassi prezzi e profitti Difesa delle imprese più piccole In America l’avvio delle politiche antitrust è avvenuto con la perdita di guadagni e di efficienza dei contadini e delle piccole imprese a favore dei grandi cartelli (trusts) Tuttavia, capita spesso di assistere a forme di protezione delle piccole imprese (aiuti di stato) che garantiscono la loro sopravvivenza anche quando esse non operano in modo efficiente (in perdita) Interventi più giustificati sono quelli che esentano le piccole imprese dal sostenere inutili pratiche amministrative per le intese e le fusioni
2. Obiettivi della politica della concorrenza (6) Promozione dell’integrazione del mercato Promuovere l’integrazione del mercato significa non praticare nessuna forma di discriminazione di prezzo tra i diversi Paesi europei È un obiettivo politico non necessariamente compatibile con quello del benessere sociale economico Infatti, se i Paesi hanno condizioni economiche differenti (redditi e disponibilità a pagare), l’impresa potrà praticare prezzi più alti in alcuni Paesi e prezzi più bassi in altri Paesi (differenziazione di prezzo) Ma se non è consentito differenziare il prezzo, l’impresa potrebbe praticare: a) un prezzo intermedio (tra quelli più alti e quelli più bassi), che andrebbe a favore dei Paesi economicamente più forti e a sfavore di quelli più deboli b) il prezzo più alto, perdendo il mercato dei Paesi economicamente più deboli che verrà compensato dagli alti profitti dei Paesi più ricchi Quindi la non discriminazione di prezzo potrebbe danneggiare l’integrazione del mercato e non avere una giustificazione economica
2. Obiettivi della politica della concorrenza (7) Ragioni sociali Può capitare che le autorità antitrust siano meno severe (o fanno finta di non rilevare infrazioni) in periodi di forte crisi economica La grande depressione USA ne è un esempio: furono concessi alcuni accordi di prezzo per salvare le imprese dal fallimento e per non aumentare i tassi di disoccupazione (già alti) Tuttavia, si intuisce che un atteggiamento simile nel lungo periodo sarebbe doppiamente negativo: dare la possibilità alle imprese di fare accordi per superare un problema raddoppia l’inefficienza Ragioni strategiche Può capitare che le autorità antitrust siano meno severe perché il governo vuole sostenere e rafforzare le imprese nazionali (campioni nazionali) rispetto i rivali stranieri Dietro le leggi antitrust vi sono obiettivi protezionistici: le leggi anti-dumping evitano che le imprese straniere vendano sotto costo nei mercati domestici a scapito delle imprese nazionali Questo è un modo per proteggere le imprese di un Paese da quelle straniere più efficienti
3. Normativa antitrust negli USA (1) La politica a tutela della concorrenza (antitrust) ha origine in USA alla fine del XIX sec., quando il governo prende una posizione forte contro il formarsi di alcuni cartelli (trusts) Il trust è una forma di collaborazione tra imprese, appartenenti allo stesso settore, che permette di ottenere diversi vantaggi: eliminazione della concorrenza di imprese esterne al trust; controllo e scelta della quantità da produrre e dei prezzi da applicare; mantenimento dell’autonomia decisionale
3. Normativa antitrust negli USA (2) Lo Sherman Act La legge entra in vigore nel 1890 come risposta alle continue pratiche commerciali sleali messe in atto dai cartelli/trusts Da un lato la legge proibisce i contratti, le associazioni e le intese che restringono il commercio Dall’altro lato, proibisce la monopolizzazione, i tentativi di monopolizzazione e le intese volte alla monopolizzazione di qualsiasi parte degli scambi commerciali tra i vari stati o con le nazioni straniere La legge prevede sanzioni monetarie e penali (con un massimo della pena di 3 anni)
3. Normativa antitrust negli USA (3) Viene introdotta una seconda legge (Clayton Act, 1914) per estendere la legislazione antitrust anche ai casi di fusioni, non previste dallo Sherman Act Senza il Clayton Act le imprese potevano coordinare i propri prezzi fondendosi in un’unica impresa Oltre alle fusioni, il Clayton Act vieta anche la discriminazione del prezzo di vendita e l’amministrazione di società concorrenti da parte delle stesse persone Dopo una forte intensificazione dell’attività antitrust degli anni ’70, segue un periodo più orientato al “non intervento” Gli attori che hanno stimolato questo cambio di tendenza sono due: un gruppo di accademici della scuola di Chicago e l’amministrazione Reagan
3. Normativa antitrust negli USA (4) L’dea di base era di lasciare le forze di mercato libere di selezionare le imprese più efficienti Questo nuovo approccio comportò l’abbandono di molte inchieste antitrust (caso IBM) Nel 1989 i casi antitrust sono 638, contro i 1611 del 1977
4. Normativa antitrust nell’UE (1) Punto di partenza dello sviluppo della normativa a favore della concorrenza nell’UE è il trattato di Parigi del 1951 che istituì la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio I Paesi firmatari: Francia, Germania, Italia Benelux 2 obiettivi fondamentali: A) ridurre il potere economico della Germania del dopo guerra, assicurando ai Paesi UE l’accesso a input fondamentali (acciaio e carbone); B) garantire un funzionamento efficiente del mercato UE, visti i risultati positivi della politica antitrust USA Il trattato presenta misure a favore della competizione: proibisce le barriere al commercio, le pratiche discriminatorie e restrittive. In particolare: 1) proibisce gli accordi e le pratiche concertate tra imprese o associazioni di imprese, che aspirino direttamente o indirettamente ad impedire, restringere, o distorcere la normale concorrenza nel mercato dell’UE (abuso di posizione dominante)
4. Normativa antitrust nell’UE (2) 2) autorizza le fusioni e concentrazioni tra le imprese delle industrie del carbone e dell’acciaio a condizione che la nuova impresa non arrivi a detenere con la fusione il potere per controllare i prezzi, restringere la produzione e la distribuzione, distorcere il commercio tra gli Stati membri I principali obiettivi della politica della concorrenza dell’UE 1) Efficienza economica La politica antitrust deve stimolare l’efficienza industriale, l’allocazione ottimale delle risorse, il progresso tecnologico e la flessibilità nell’adeguarsi ai cambiamenti ambientali Posizione forte contro gli accordi di prezzo, gli abusi di posizione dominante, le fusioni anticompetitive, i diritti di monopolio ingiustificatamente garantiti dagli Stati membri, gli aiuti di Stato che non garantiscono la vitalità di lungo periodo delle imprese
4. Normativa antitrust nell’UE (3) 2) Ragioni sociali Sono previste esenzioni dal divieto di intese per i cosiddetti “cartelli di crisi” (accordi in cui le imprese si impegnano in reciproche riduzioni della capacità produttiva e dell’output) L’esenzione è concessa solo se la riduzioni della capacità produttiva in eccesso è permanente e minimizza il costo sociale della disoccupazione In questo caso l’esenzione, nel lungo periodo, è dannosa in quanto la ristrutturazione del settore avrebbe risultati positivi; nel breve periodo gli elevati costi sociali e politici possono spingere un governo ad autorizzare l’esenzione
4. Normativa antitrust nell’UE (4) Un esempio di esenzione dal divieto di intese è rappresentato dall’accordo tra Ford e Volkswagen per produrre un monovolume La commissione europea ha autorizzato l’accordo in quanto consente di raggiungere elevate performance sociali ed economiche L’accordo rappresenta il più grande progetto di investimento estero in Portogallo I risultati più significativi sono: 1) creazione di circa 5000 posti di lavoro 2) creazione indiretta di ulteriori 10000 posti di lavoro 3) attrarre ulteriori investimenti dal lato dell’offerta 4) ridurre le disparità regionali e promuovere lo sviluppo armonioso della UE 5) favorire l’integrazione del mercato europeo sviluppando un legame più stretto tra il Portogallo e la UE
4. Normativa antitrust nell’UE (5) 4) Importanza delle PMI dell’UE La UE attribuisce grande importanza alle PMI in quanto sono quelle che pesano maggiormente nell’economia europea e riconosce il loro potenziale per l’innovazione, la creazione di lavoro e la crescita economica Le PMI sono spesso esenti dalla normativa antitrust e possono essere destinatarie di aiuti di stato nella forma di prestiti agevolati, sostegno alla R&S e garanzie finanziarie Inoltre le PMI possono fare accordi quando la loro entità è bassa
5. Normativa antitrust in Italia In Italia la legislazione antitrust entra in vigore nel 1990 La legge italiana riprende in toto quella UE riguardo tematiche come le intese, abuso di posizione dominante La legge istituisce anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato quale struttura indipendente preposta all’applicazione della legge antitrust L’Autorità ha poteri di indagine, di istruttoria, e di sanzione in materia di intese e e abuso di posizione dominante L’Autorità ha competenze sull’intera economia nazionale eccetto il settore del credito, dove le decisioni vengono prese dalla Banca d’Italia