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Una Storia di Famiglia Il prossimo 24 Maggio 2015, sedicesimo anniversario di Matteo e Valentina, saranno passati esattamente 100 anni dall’ entrata in guerra dell’Italia, alleata con Francia ed Inghilterra contro la Germania e l’Austria- Ungheria. La “Grande Guerra” – così è stata chiamata – ha causato milioni di morti tra i combattenti. In quasi tutti i paesi d’Italia vi sono monumenti ai “Caduti”, con lastre di pietra che riportano i nomi degli abitanti morti in guerra, e quasi tutte le famiglie hanno pianto dei figli scomparsi. Nella nostra famiglia si ricorda lo “Zio Roberto”. Il bisnonno di Valentina – il “Nonno Mario” – era il maggiore dei tre figli dei trisnonni Francesco e Antonietta Della Torre. Francesco e Antonietta Della Torre circa 1850 Nei primi anni del ‘900 Mario, appena ventenne, lavorava in Sudamerica, mentre i suoi fratelli, Corrado e Roberto, conducevano col padre la Tessitura di famiglia a Busto Arsizio. Nel 1912 l’Italia occupa la Libia; Roberto vi svolge per due anni il servizio militare, partecipando allo sbarco di Derna e ad azioni di guerra contro le tribù ostili, come sergente maggiore - “capopezzo” - nel 6°reggimento di Artiglieria da Fortezza. Nel suo breve ritorno alla vita civile si impegna, come “comandante del Battaglione Volontari Ciclisti”, nella campagna per l’intervento dell’Italia a fianco degli alleati (contro i quali Austria e Germania avevano dichiarato guerra fin dal 28 luglio 1914) e, secondo tradizione di famiglia, come

Roberto 1912, sottoufficiale in Libia In Libia Roberto e’ sergente maggiore - “capopezzo” - nel 6°reggimento di Artiglieria da Fortezza. Sua responsabilita’ e’ di muovere e manovrare un cannone di piccolo calibro, battezzato il «Duno», dalle dune del deserto. Il Duno lo accompagnera’ anche nella grande guerra.

“apprezzato capitano di una squadriglia di football” – così viene ricordato nella rubrica “I Morti per la Patria” sul Corriere della Sera del 28 Settembre Richiamato in servizio con il grado di sottotenente risulta presente, fin dal Settembre 1915 nel distaccamento del 6°reggimento, in appoggio alle truppe alpine impegnate sul fronte nord-orientale dell’Adamello. È la cosiddetta “Guerra Bianca” perché combattuta a quote intorno ai 3.200m su ghiacciai e nevai perenni. Come comandante di una batteria, costituita da un cannone in bronzo di piccolo calibro già impiegato in Libia, deve colpire le postazioni nemiche, provvedendo a frequenti spostamenti del pezzo, per impedire al nemico di aggiustare il proprio tiro, e per appoggiare con il fuoco dell’artiglieria le operazioni condotte dalle truppe alpine e dalla Compagnia di Sciatori. 30 giorni al fronte intervallati da 15 giorni nelle immediate retrovie: passa così il durissimo inverno Roberto in una postazione medica sul fronte

Dalla corrisponza di Piero Leidi. Incidentalmente la famiglia Leidi si leghera’ alla famiglia Della Torre, quando Sandra Benigna, sorella di Vanna Della Torre, sposera’ Carlo Leidi

Nella primavera 1916, alla ripresa delle operazioni militari, concorre in modo determinante alla difesa di un punto strategico della linea del fronte. Estratti dalle pagine su “L’attacco austriaco del 2 maggio 1916 al Castellaccio” - del testimone oculare, sottotenente del 4°reggimento Alpini, Gianmaria Bonaldi

Dopo una estate tranquilla, testimoniata nelle molte fotografie di passeggiate intorno al campo di Prà dell’Orto, durante i periodi di riposo nella retrovia, Roberto muore in combattimento il 25 Settembre 1916, come ricorda la motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare. I suoi resti sono tumulati nel sacrario al Passo del Tonale Roberto a spasso al campo di Pra’ dell’Orto

Dalla corrispondenza di Piero Leidi, il ricordo di un amico morto Nastro Azzurro

Dopo molti anni la memoria di quei fatti è tornata viva, anche per le centinaia di fotografie che avevo scoperto in un baule militare, quando a 12 anni andavo a cercare “le belle cose” nel solaio di casa del nonno Mario. Lo Zio Roberto aveva la passione di fotografare: la sua Voigtlander a soffietto era ancora lì, nel baule, insieme a un proiettile calibro 75 del suo “Duno” [v. lettera 18 giugno 1916 di Piero Leidi ai suoi fratelli Vittorio – il papà dello zio Carlo – e Franco] e a chissà a quante cose ancora, che solo ora potrebbero ritrovare tutto il loro valore e significato.