EDUCARE AL…LA VITA INTERIORE PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI EDUCARE AL…LA VITA INTERIORE 1° GIORNO Anno Pastorale 2014-2015
Una pagina evangelica istruttiva Un’interessante pagina evangelica descrive ed esemplifica molto bene il movimento di incontro tra l’adulto e il giovane, per orientare quest’ultimo verso il futuro.
Quando nel vangelo un giovane ricco (Mt 19,16-22 e paralleli) corre verso Gesù e lo interroga sul senso della vita davanti agli uomini e davanti a Dio, Gesù accetta di fermarsi, di interrompere la sua predicazione e il suo cammino; quindi interroga la domanda del giovane.
una vita che porti a impegnare anche il futuro. Il giovane gli aveva chiesto: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?», cioè: una vita piena, una vita ricca di senso, una vita che porti a impegnare anche il futuro.
Gesù risponde con una contro-domanda, che sollecita il giovane ad andare a fondo delle motivazioni della sua ricerca: «Perché mi interroghi su ciò che è buono?».
Ovvero, Gesù non gli dice che cosa deve fare (il discorso moralistico e impositivo è inefficace oltreché insensato), non si mette a esortarlo (il discorso esortativo è ormai logoro, paternalistico, irricevibile), ma lo rinvia a se stesso, facendo un atto di fiducia nel giovane.
È come se gli dicesse: «Nella tua interiorità tu puoi trovare le risposte e le indicazioni di futuro della tua vita. In te stesso c’è la risposta; solo, osa la tua interiorità».
Da parte sua, Gesù dona il suo tempo, le sue energie, il suo amore al giovane: «Lo amò», annota l’evangelista Marco (10,21).
Gesù prepara le condizioni affinché il giovane possa compiere il cammino interiore a cui lo ha appena invitato.
È come se Gesù gli dicesse: Riconosci e nomina il tuo desiderio, riconosci e osa la tua molteplicità, esci da una visione monolitica di te stesso, non aver paura di pensare, cerca di conoscere te stesso, osa rischiare l’insicurezza della relazione e non appiattirti sulle sicurezze acquisite, osa la libertà uscendo dall’indecisione, accetta di lasciarti amare,
metti ordine nella tua vita relazionale e affettiva accettando di essere quel che sei, non aver paura di scoprire in te carenze, mancanze, enigmi, vuoti e zone tenebrose, non aver paura di scoprire in te (nella tua affettività, nella tua sessualità, nella tua psiche) cose che non vorresti vedere e che ti fanno soffrire: sei chiamato a conviverci e lo puoi fare,
non lasciarti demotivare e non perdere gusto alla vita a causa della scoperta di zone oscure che abitano in te. Solo amando e accogliendo queste parti potrai farne qualcosa, potrai elaborarle, altrimenti ne sarai agito, ne sarai succube, prigioniero, ostaggio. E potresti essere tentato di dire che non vale la pena vivere».
Ma questo richiede agli adulti di sapersi fermare, di dare tempo, ascolto e parola all’altro. Di amare effettivamente. Di dare fiducia, ovvero, di creare i presupposti perché un futuro si possa dispiegare.
Lasciando in ogni caso libero il giovane, che potrà decidere altrimenti, come il giovane del testo evangelico, che «se ne andò triste» (Mt 19,22). 1. Cfr. LUCIANO MANICARDI, Tristezza e ricchezza. «Rattristatosi, se ne andò afflitto poiché aveva molti beni (Mc 10,22)», Qiqajon, Bose 2006; ID., Conoscersi, osare, decidere, Qiqajon, Bose 2013.
Osare la vita interiore L’episodio dell’uomo ricco chiamato da Gesù alla sua sequela presenta un itinerario di crescita umana e spirituale veramente esemplare.
Il medesimo episodio ha protagonisti differenti nei tre vangeli sinottici (Mc 10,17-22, Mt 19,16-22, Lc 18,18-23): un giovane (Mt 19,22), un anonimo che ha superato la giovinezza (Mc 10, 17.20), un uomo di alto livello sociale ed economico (Lc 18,18).
Il Vangelo di Marco presenta questa persona come anonimo (eîs, «un tale», «uno»). Sottolineando il suo anonimato, l’evangelista mostra la dimensione negativa che lo abita (è un senza nome), la sete di vita, di riconoscimento e di affermazione di sé che non riesce a esprimersi.