I poteri totalitari e le isti­tuzioni totali, chiuse e oppressive, temono la fanta­sia e l’immaginazione e cercano di soffocare la crea­tività e di distruggere.

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Transcript della presentazione:

I poteri totalitari e le isti­tuzioni totali, chiuse e oppressive, temono la fanta­sia e l’immaginazione e cercano di soffocare la crea­tività e di distruggere le opere frutto d’invenzione poetica e letteraria.

L’esperienza del circolo clandestino di lettri­ci (tutte giovani studentesse universitarie nell’I­ran khomeinista), che si ritrovavano un pomerig­gio a settimana nel salotto della loro professoressa Azar Nafisi a leggere opere narrative di Nabokov, di Francis Scott Fitzgerald, di Henry James e altri au­tori, diviene esercizio e pratica di libertà attraverso l’immaginazione narrativa10. 10. AZAR NAFISI, Leggere Lolita a Teheran, Adelphi, Milano 2004.

Leggendo Lolita, il ro­manzo di Nabokov che parla della confisca della vi­ta di una persona da parte di un altro individuo, le ragazze possono rileggere se stesse e la loro situa­zione all’interno della repubblica islamica iraniana, e trovare la forza per immaginare un futuro, per re­sistere al presente.

«In quelle poche, preziose ore, ci sentivamo libere di confessare dolori e gioie, inibizioni e debolezze; in quel­lo spazio atemporale ci spogliavamo di ogni responsabi­lità verso i genitori, i parenti, gli amici e la repubblica islamica. Raccontavamo tutto ciò che ci succedeva con parole nostre, e per una volta ci vedevamo con i nostri occhi e non con quelli degli altri. [. ..] Entravano in casa mia come in una dimensione fuori dal tempo e dallo spazio, portando con sé segreti, sofferenze e doni»11. 11. Idem, 79.

E questo aiutava a vivere nello spazio e nel tem­po E questo aiutava a vivere nello spazio e nel tem­po. Facendo un continuo avanti e indietro tra la lo­ro vita e i romanzi, le ragazze impararono che la letteratura non è la realtà, ma l’epifania di ciò che è ve­ro, di ciò che è umano. La letteratura diviene scuola di umanità, dunque di libertà e di giustizia:

«Solo attraverso la letteratura ci si può mettere nei pan­ni di qualcun altro, comprenderlo negli aspetti più re­conditi e contraddittori del suo carattere ed evitare così di emettere condanne troppo veloci. Al di fuori della sfera letteraria, di una persona si riesce a cogliere sol­tanto la superficie. E se si arriva a capire davvero qual­cuno, a conoscerlo, non è facile mandarlo al patibolo»12. 12. Idem, 143.

Conclude Azar Nafisi: «Mi sono convinta che la vera democrazia non può esi­stere senza la libertà di immaginazione e il diritto di usufruire liberamente delle opere di fantasia. Per vive­re una vita vera, completa, bisogna avere la possibilità di dar forma ed espressione ai propri mondi privati, ai propri sogni, pensieri e desideri; bisogna che il tuo mondo privato possa sempre comunicare col mondo di tutti. Altrimenti come facciamo a sapere che siamo esistiti?». 13. Idem, 372.

«l’energia mentale che permette l’emergere del­le novità». La storia di questa comunità di giovani lettri­ci ci dice che l’immaginazione è potenzialità vita­le, è forza di non arrendersi al reale, è capacità di sopravvivere nutrendo una speranza, tenendo viva una piccola luce anche nel buio più pesto. Il mate­matico Bruno de Finetti ha definito l’immaginazio­ne   «l’energia mentale che permette l’emergere del­le novità». 14. Citato da GIULIO GIORELLO, «Il padre del relativismo», in Il Corriere della Sera, lunedì 29 dicembre 2008.

L’immaginazione è profetica L’immaginazione è profetica. La Bib­bia, sia chiaro, immagina la verità ben più che asserirla in affermazioni dogmatiche o astratte. Ciò che si immagina comincia a essere vero nell’atto stesso di essere immaginato.

Un progetto architettonico, l’idea di un artista, l’intuizione di un cuoco stanno alla base di un nuovo edificio, di un quadro, di una nuova ricetta gastronomica. Essi nascono nell’inti­mo dell’architetto, dell’artista, del cuoco.

Per i giovani si tratta quindi di immaginare l’umano, di osarlo, per realizzare la propria umanità, il proprio volto e il proprio nome, la propria prezio­sissima e insostituibile unicità.