Corso di Organizzazione politica Europea Anno accademico Lez. XX Modelli esplicativi del processo di integrazione Europea : le “grand theories”
Approcci teorici Teoria generaleTeoria a medio raggio Relazioni Internazionali Politica comparata e analisi delle politiche pubbliche Il processo di integrazione europea e la natura della polity europea Il processo politico europeo Funzionalista Realista intergovernativista IstituzionalistaMulti-level governance Policy network Funzionali smo di Mitrany Neofunzion alismo Realismo classico Intergover nativismo liberale Feder alism o coope rativo Istituz ionali smo storic o Multi level governance Policy network
TEORIE FUNZIONALISTE Condividono la premessa che la ragione principale dell’integrazione regionale sta nella sua EFFICIENZA FUNZIONALE Per il funzionalismo (Mitrany) la scelta di un modello di organizzazione politica dipende dall’accrescimento di benessere che esso produce Per i neofunzionalisti le pressioni funzionali sono necessarie ma non sufficienti ed identificano dei processi intervenienti
Il funzionalismo di Mitrany Mitrany, vicino al fabianesimo e pacifista radicale, comincia a elaborare un nuovo approccio alle relazioni internazionale negli anni Trenta e Quaranta, nell’ottica di individuare le condizioni di una pace duratura... Il suo punto di partenza sono “i bisogni umani” piuttosto che lo stato, come è invece nella teoria realista. Sostiene che il quadro dello stato nazionale territoriale sia inadeguato e che organizzazioni transnazionali sarebbero più efficienti : proprio per la loro oggettiva maggiore capacità di rispondere ai “bisogni umani” ad esse sono destinate a trasferirsi le lealtà dei cittadini, con una riduzione delle probabilità di guerra.
La nozione chiave del funzionalismo di Mitrany è che la forma deriva dalle funzioni.I lineamenti istituzionali di queste organizzazioni debbono essere dettati dalle funzioni che debbono svolgere : la visione di Mitrany tende a privilegiare istituzioni funzionalmente differenziate e sovrapponentesi, dotate di grande flessibilità per adattarsi alla natura mutevole dei bisogni umani, e rigetta qualsiasi riproposizione sotto nuove forme dello stato nazionale (anche federale).. Per questa ragione vedrà con maggior favore la CECA e l'Euratom nelle quali scorge una chiara logica funzionale piuttosto che la CEE che gli pare troppo vicina al modello dello stato, anche se federale. Mitrany anzi ingaggiò una polemica con i federalisti e con i modelli di integrazione continentale di cui contestava la tendenza a tracciare confini territoriali ponendo limiti alla membership (“la fallacia regionale”) e la dipendenza dal modello dello stato.
IMPORTANZA DI MITRANY - è l’ispiratore della teoria neofunzionalista che sarà importante per la costruzione delle Comunità (anche se Mitrany rifiuta radicalmente l’idea che l’integrazione per settori funzionali possa essere la via per l’unione politica). l funzionalismo di Mitrany precorre alcuni dei filoni della teoria delle relazioni internazionali contemporanee : la tesi che la crescente interdipendenza delle società contemporanee richieda di essere governata da istituzioni transnazionali; la visione di un insieme di organismi funzionalmente differenziati e tra loro sovrapponentisi anticipa alcune interpretazioni recenti della polity europea.
NEO-FUNZIONALISMO E’ la teoria dominante sull’integrazione europea negli anni Sessanta e presenta forti affinità con la strategia di integrazione per settori funzionali di Jean Monnet. Quello che i neo-funzionalisti si propongono di spiegare è il PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA in sé, non l’esito di questo processo (la natura della polity europea). Esponenti principali della corrente neofunzionalista sono Ernst Haas ( The Uniting of Europe, 1958; Beyond the Nation State, 1964) e Lindberg ( The Political Dynamics of European Economic Integration, 1963) Sebbene il “tempi d’oro” del neofunzionalismo finiscano con gli anni Settanta questo paradigma ha mostrato una notevole vitalità e a questo filone, aggiornato, possono essere ricondotto il lavoro di importanti autori contemporanei come Schmitter, Sandholtz e Stone Sweet.
GLI ATTORI RILEVANTI NEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE SECONDO I NEOFUNZIONALISTI Il punto di partenza delle prime teorie neo-funzionaliste sono degli attori che perseguono i propri interessi e le conseguenze (anche non attese) delle loro azioni, piuttosto che la logica tecnocratica del primo funzionalismo. Gli approcci neofunzioanlisti si distinguono nettamente dagli approcci di matrice realista quanto agli attori considerati rilevanti nel processo di integrazione europea. Mentre nell’approccio realista i soli attori veramente rilevanti sono i governi nazionali, nell’approccio neofunzionalista un ruolo cruciale viene attribuito anche alle istituzioni sovranazionali (soprattutto la Commissione ) e i gruppi di interesse.
Quanto alle istituzioni sovranazionali, ad esse viene assegnato un ruolo fondamentale quali agenti di integrazione, nel facilitare il trasferimento di lealtà verso il livello europeo e nel facilitare la mediazione tra gli interessi degli stati. La loro logica di azione è quella di accrescere il proprio potere. Il ruolo attribuito ai gruppi di interesse e alla tendenza di questi a spostare le loro aspettative e le loro attività dal livello nazionale a quello europeo è una delle caratteristiche centrali del neofunzionalismo “classico” di Haas e Lindberg e dei più recenti contributi che si ispirano a questo paradigma (Schmitter). L’importanza assegnata alla politica dei gruppi di interesse rivela la chiara affiliazione del neofunzionalismo dalla teoria pluralista in scienza politica.
SPILL OVER FUNZIONALE e SPILL OVER POLITICO Il concetto principale della teoria neo-funzionalista è quello di spill-over che è usato per individuare il meccanismo che guiderebbe il processo di integrazione. I neofunzionalisti individuano due tipi di spill-over, lo spill-over politico e quello funzionale In alcuni lavori di Haas si trova anche la nozione di spill over geografico.
SPILL OVER FUNZIONALE E’ il meccanismo che spiega per i neofunzionalisti come l’integrazione in un settore economico crei pressioni per un’ulteriore integrazione in quel settore e in altri e per maggiori risorse di autorità a livello europeo. Lindberg lo descrive così : “una situazione in cui una determinata azione, in vista di uno specifico obiettivo, crea una situazione in cui l’obiettivo originario può essere raggiunto solo attraverso altre azioni, che a loro volta creano nuove condizioni e il bisogno di altre azioni e così via”. Per es.un obiettivo limitato come l’armonizzazione delle politiche nel settore del carbone e dell’acciaio, renderebbe necessario svolgere in cooperazione altre attività, inizialmente non previste, come quelle relative alle politiche dei trasporti. Negli stessi anni gli economisti sostenevano che la realizzazione di un’area di libero scambio avrebbe funzionato meglio attraverso un coordinamento della politica dei tassi di cambio e in un’ultima analisi questa avrebbe portato a integrare le politiche monetarie, mettendo in rilievo un meccanismo analogo allo “spill over” dei neofunzionalisti.
Il meccanismo di spill over rende in un certo senso “auto- propulsivo” il processo di integrazione, genera pressioni funzionali ad estendere l’integrazione da un settore all’altro a causa dei legami esistenti tra i diversi settori. L’interdipendenza funzionale costituisce il motore dell’integrazione, ma non basta a spiegarla : essa deve essere tradotta in espressioni di interesse, strategie di influenza, modi di presa di decisone da parte degli attori politici.
La logica della spiegazione neo-funzionalista (Rosamond 2000) Due o più stati si accordano per mettere in atto un’integrazione di tipo economico in un settore A e per fa ciò creano una agenzia burocratica sovranazionale. Mentre l’integrazione nel settore A produce alcuni dei benefici attesi, tutti i vantaggi dell’integrazione non possono essere pienamente raggiunti a meno che non si estenda il processo di integrazione a settori economici strettamente collegati al settore A. Questo meccanismo si chiama spill over (functional spill over): Il motore principale dell’integrazione (in termini di pressioni per estendere e approfondire l’integrazione) risiede nell’interdipendenza funzionale tra settori economici. Es. CECA mercato interno-politiche ambientali Ma: Mercato interno – politiche sociali ?
SPILL OVER POLITICO Consiste nella convergenza delle aspettative e degli interessi delle élites nazionali come risposta alle attività delle istituzioni sovranazionali. Questo può a sua volta tradursi in un trasferimento di lealtà verso il nuovo livello di governo europeo, o per lo meno una trasformazione delle attività politica delle élites nazionali, per es.una crescita del lobbying europeo. Il processo di trasferimento delle lealtà da parte delle élites e di gruppi nazionali rappresenta un aspetto essenziale per i neofunzionalisti della costruzione di una nuova comunità. La formazione di gruppi di interesse transnazionale (COPA. UNICE) negli anni immediatamente successivi la formazione delle Comunità è vista dai neo-funzionalisti come una conferma del progressivo trasferimento dell’attività dei gruppi nazionali verso il “nuovo centro” europeo.
SPILL OVER GEOGRAFICO E’ l’effetto per cui la cooperazione tra un gruppo di stati ha effetto anche su quelli che non ne fanno parte, se non altro perché altera i flussi commerciali Le prime iniziative dei governi inglesi per avere almeno una “associazione qualificata” con la Comunità, pur restandone fuori, è definita da Haas nel 1958 come prova di un effetto di “Spill over geografico”. E’ il meno citato degli effetti di spill over identificati dai primi neofunzionalisti, ma è rilevante per spiegare l’attrazione esercitata dalla CE/UE sui paesi terzi.
SPILL OVER- Spill over logica intrinsecamente espansiva che governa I processi di integrazione regionale Prerequisiti perchè emerga lo spill over : Che le economie degli s.m. siano già tra loro ragionevolmente interdipendenti prima che inizi il processo di integrazione -Haas specifica che perchè si metta in moto il processo I settori che vengono inizialmente integrati devono avere certe caratteristiche : alcuni settori hanno più potenzialità di spill-over di altri (low politics ma con un impatto diretto sulla vita delle persone ) (es: Carbone e acciaio nell’Europa del 1950)
LE CRITICHE ALL’APPROCCIO NEOFUNZIONALISTA L’approccio neofunzionalista è stato largamente predominante negli anni Sessanta : gli sviluppi del processo di integrazione europea a partire dalla formazione della prima comunità del carbone e dell’acciaio, la forza con cui la Commissione Hallstein si propose in quegli anni come “imprenditore politico “ di nuova integrazione, la nascita di attività di lobbying a livello europeo, la capacità di attrazione su potenziali nuovi membri, sembrano confermare le predizioni della teoria neofunzionalista. La capacità di De Gaulle di mettere in crisi ed arrestare lo sviluppo lineare delle Comunità (crisi delle sedie vuote e compromesso di Lussemburgo) tuttavia mette in discussione le predizioni del paradigma neofunzionalista e sembra dare ragione a coloro che sostengono che gli stati nazionali non sono disposti a cedere sovranità. Le critiche rivolte all’approccio neofunzionalista sono tanto di natura teorica che di natura empirica.
Le critiche all'approccio neofunzionalista La principale critica di natura teorica riguarda la natura deterministica di questa teoria: il meccanismo di spill over, specie lo spill over funzionale, designerebbe una specie di “automatismo” Inoltre il neofunzionalismo sarebbe una teoria ad hoc, modellata sul solo caso che spiega, quello dell’integrazione europea. La principale critica di natura empirica riguarda la scarsa capacità predittiva. Dalla metà degli anni Sessanta gli sviluppi avrebbero contraddetto le aspettative della teoria. In particolare la politicizzazione della questione dell’integrazione europea non l’ha favorita, se mai l’ha ostacolata
REALISMO E INTERGOVERNATIVISMO Condividono alcuni presupposti teorici : - gli stati nazionali sono gli attori centrali del processo -sono attori unitari -agiscono secondo una logica di razionalità strumentale (mezzi-fini) -massimizzano i propri interessi definiti in termini di sicurezza e potenza (prevalentemente interessi di natura geopolitica)
La tesi fondamentale degli intergovernativisti è che l’integrazione europea è guidata dagli interessi e dalle azioni degli stati nazionali europei. Lo scopo principale degli stati nazionali è proteggere i loro interessi, in particolare quelli di natura geopolitica, la sicurezza nazionale e la sovranità.
Il processo decisionale a livello europeo è concepito dagli intergovernativisti come un “gioco a somma 0” dove le perdite di un attore in un settore non possono essere compensate da guadagni in un altro settore.
Hoffmann Hoffmann(1964) spiega il ritorno del nazionalismo con De Gaulle e l’impatto sul processo di integrazione europea con la logica del sistema internazionale e la sua tendenza a produrre la persistenza della diversità e della separazione piuttosto che l’integrazione sovranazionale. Gli stati nazionali non sono affatto “obsoleti” e tendono a preservare la propria sovranità.
High and low politics Hoffmann traccia una chiara distinzione tra le aree di LOW POLITICS (politiche economiche) che non toccano i nodi centrali della sovranità e in cui l’integrazione sovranazionale è possibile HIGH POLITICS (politiche connesse fortemente con la sovranità e l’identità) sulle quali gli stati difendono la propria autonomia Hoffmann rifiuta la tesi neofunzionalista di un possibile spill over dalla integrazione nei settori di low politics nei settori di high politics. La logica della High politics è radicalmente differente secondo Hoffmann da quella della low politics
INTERGOVERNATIVISMO LIBERALE DI MORAVSICK Cosa si propone di spiegare ? le grandi negoziazioni, quelle che portano alle scelte costituenti, i Trattati o l’Unione Economica e Mone taria
Andrew Moravsick (The Choice for Europe, 1993) Reagisce alla critica volta all’approccio realista di dare per scontate una volta per tutte, di non problemetizzare le preferenze degli stati (non spiegarne l’origine) costruisce una teoria a 2 livelli -una teoria liberale (pluralistica) della formazione delle preferenze degli stati -una teoria intergovernativa della negoziazione strategica tra gli stati
PRIMO STADIO-LA FORMAZIONE DELLA PREFERENZE DEGLI STATI Livello della politica interna-(lato della domanda)-spiega la formazione delle preferenze che gli stati, della “domanda di integrazione” che questi portano nelle negoziazioni internazionali. Le preferenze degli stati sono definite nella politica interna, dalle interazioni tra stato e società. Qui la teoria adottata è una teoria di matrice pluralista (liberale) della politica interna: gli attori della politica interna hanno degli interessi, in particolare di natura economica, e competono perché i governi se ne facciano promotori nelle negoziazioni europee. L’esito di questa competizione pluralista determina le preferenze (domanda) degli stati, che a differenza che nella teoria realista, nono sono date una volta per tutte, e sono prevalentemente di natura economica e non geopolitica.
SECONDO STADIO-LE NEGOZIAZIONI EUROPEE Livello delle negoziazioni europee-(lato dell’offerta) una volta definiti gli interessi o le preferenze degli stati questi guidano le negoziazioni strategiche degli stati. Gli stati sono, come nell’approccio realista, considerati a questo livello attori unitari, che agiscono secondo una logica di razionalità strumentale (mezzi-fini). Alle istituzioni sovranazionali è assegnato un ruolo di scarsa importanza
SECONDO STADIO-LE NEGOZIAZIONI EUROPEE Questa negoziazione ha tre caratteristiche: non è coercitiva (la regola è l’unanimità) ; è caratterizzata da alta informazione sia sulle regole che sulle preferenze degli altri attori; è caratterizzata da bassi costi di transazione (molto tempo, molte le possibilità di scambi e compensazioni laterali). I governi hanno quindi un’elevata autonomia di negoziare in seno al Consiglio
Di conseguenza, al contrario di quanto sostiene la teoria realista, tali negoziazioni possono dare luogo anche a “giochi a somma positiva” (win- win vantaggi per tutti, o quasi tutti) Le decisioni europee (the choice for Europe) riflettono queste negoziazioni strategiche tra gli stati.
CRITICHE ALL’INTERGOVERNATIVISMO LIBERALE DI MORAVSICK -la sottovalutazione del ruolo delle istituzioni sovranazionali che possono utilizzare le differenze di preferenza tra gli stati e la propria maggiore conoscenza per rafforzare il proprio potere e realizzare le proprie preferenze.
Critiche all’intergovernativismo di Moravsick -il fatto che l’intergovernativismo liberale di Moravsick è adeguato a spiegare le grandi negoziazioni europee ma non le decisioni di entro i singoli settori di policy.