Mansioni esigibili e tutela della professionalità

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Mansioni esigibili e tutela della professionalità Diritto del lavoro Mansioni esigibili e tutela della professionalità

Mansioni – Qualifiche – Categorie L’insieme dei compiti che il lavoratore è tenuto ad adempiere in esecuzione del contratto di lavoro. Costituiscono l’oggetto della prestazione di lavoro La “sintesi” concettuale di un complesso di attività richieste al lavoratore Il criterio “superiore” di classificazione, all’interno del quale vengono inquadrati i lavoratori LE MANSIONI (es. addetto alle consegne fuori provincia) LA QUALIFICA (es. fattorino) LA CATEGORIA (es. operaio)

…e i livelli A partire dagli anni ’70: Al sistema dell’inquadramento nelle categorie legali si è sostituito il c.d. “inquadramento unico”, fondato su una serie di livelli contrattuali all’interno dei quali convergono qualifiche sia operaie che impiegatizie

La disciplina della modifica delle mansioni (o flessibilità funzionale) Due interessi (talvolta) contrapposti: Quello del creditore di lavoro ad un impiego “elastico” della prestazione, in relazione alle mutevoli esigenze dell’organizzazione produttiva; Quello del lavoratore alla conformità della prestazione alle mansioni convenute al momento dell’assunzione o comunque compatibili con la qualifica/categoria di appartenenza.

Le mansioni esigibili: la norma chiave Art. 2103 cod. civ., modificato nel 1970 dallo Statuto dei lavoratori Il prestatore di lavoro deve essere adibito: alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione…. L’ordinamento si occupa di tre tipi di mobilità Orizzontale Verticale verso l’alto Verticale verso il basso

“Ogni patto contrario è nullo” La mobilità verticale verso il basso (o demansionamento) non è ammessa in quanto non è prevista tra le modifiche considerate lecite La “blindatura” dell’assetto individuato dall’art. 2103: “Ogni patto contrario è nullo”

La mobilità verticale verso l’alto Pleonastico? Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi

Il lavoratore può rifiutare la promozione? Es., quando le mansioni superiori sono così complesse da esporre il lavoratore a responsabilità considerate eccessive e/o al rischio di inadempimento Si quando vi sia una ragionevole ragione di rifiuto

La mobilità orizzontale Un concetto chiave: l’equivalenza è sufficiente che la nuova mansione sia inquadrata nello stesso livello contrattuale e sia, dunque, egualmente retribuita?

Il principio dell’equivalenza “soggettiva” E’ necessario che la verifica inerente l’equivalenza si svolga anche secondo un criterio soggettivo in base al quale le mansioni nuove devono consentire la lavoratore di utilizzare il corredo di nozioni, esperienze e perizia acquisito e speso nelle pregressa fase del rapporto

La mobilità verticale verso il basso Solo in casi eccezionali e al fine di contemperare la tutela della professionalità con altri beni e/o interessi Casi individuati dalla legge Casi individuati dalla giurisprudenza

Casi di legittimo demansionamento Le lavoratrici in stato di gravidanza (art.3, l. 1204/1971, ora art. 7, d. lgs. n. 151/2001) La sopravvenuta inabilità al lavoro precedentemente svolto in conseguenza di malattia o infortunio (art. 4, comma 4, l. n. 68/1999) La procedura di mobilità (art. 4, comma 11, l. n. 223/1991) (in quest’ultimo caso – a differenza dei precedenti – l’assegnazione a mansioni inferiori non comporta il mantenimento dell’anteriore, più elevata, retribuzione)

2. Casi di legittimo demansionamento sul presupposto che una tutela rigida della professionalità potrebbe porsi in contrasto con lo stesso interesse del lavoratore al mantenimento dell’occupazione, parte della giurisprudenza: ritiene possibile l’adibizione a mansioni inferiori quando ciò costituisca l’unica alternativa possibile: al licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore

Il demansionamento al di fuori dei casi in cui se ne ammette la legittimità Comporta la lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità del lavoratore ed è causa di un pregiudizio che incide sulla vita professionale e di relazione dell’interessato, con una indubbia dimensione patrimoniale

Rimedi risarcitori Conseguenze Possibile rifiuto del lavoratore di rendere la prestazione lavorativa in forza dell’eccezione di inadempimento (art.1460) Cass.26.6.1999, n. 6663 Rimedi risarcitori

Come può essere valutato il danno risarcibile? 1°) Il danno costituito dal trattamento retributivo inferiore (danno patrimoniale) 2°) il danno ulteriore per lesione del diritto alla libera esplicazione della personalità ex artt. 2 Cost. del diritto alla integrità psicofisica ex art. 32 Cost. (danno non patrimoniale)

Le oscillazioni della Cassazione relativamente al profilo della prova del danno la quantificazione del danno conseguente al pregiudizio risentito nella vita professionale e di relazione può avvenire “anche in mancanza di uno specifico elemento di prova da parte del danneggiato in quanto la liquidazione può essere operata in base all’apprezzamento degli elementi presuntivi acquisiti al giudizio e relativi alla natura, all’entità e alla durata del demansionamento, nonché alle altre circostanze del caso concreto” Cass. 27.8.2003, n. 12553; Cass. 26.5.2004, n.10157

l’assegnazione a mansioni inferiori “non determina di per sé un danno risarcibile ulteriore rispetto a quello costituito dal trattamento retributivo inferiore (…); ne consegue che grava sul lavoratore l’onere di fornire la prova, anche attraverso presunzioni, dell’ulteriore danno risarcibile, mentre resta affidato al giudice di merito il compito di verificare di volta in volta se , in concreto, il suddetto danno sussista” Cass. 8.11.2003 167892; Cass. 28.5.2004, n.10361

La disciplina delle mansioni nel pubblico impiego Art 2, comma 2, d. lgs. n. 165 del 2001: “I rapporti di lavoro dei dipendenti della amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa” la regola

Art. 52, d. lgs. n. 165 del 2001: “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione prevista dai contratti collettivi ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali. L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore” l’eccezione

La mobilità orizzontale e il giudizio di equivalenza differisce rispetto al settore privato (dove l’equivalenza va apprezzata in concreto) … nel pubblico impiego sono considerate equivalenti le mansioni comprese nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi potenziamento del ruolo della contrattazione collettiva a scapito di quello del giudice

La mobilità verticale verso l’alto nel p.i. a) nel caso di vacanza di posto in organico per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie.   Mansioni superiori possono essere assegnate legittimamente solo in due casi

nella categoria superiore Al di fuori dei casi ammessi, a differenza di quanto avviene nel settore privato: non esiste un diritto all’inquadramento nella categoria superiore la mobilità verticale è esclusivamente agganciata al sistema dei concorsi

Quale conseguenza per le mansioni superiori “di fatto” (al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge) nel pubblico impiego?

La soluzione tradizionale Una lunga querelle: la retribuibilità delle mansioni superiori di fatto nel p.i. La soluzione tradizionale Principio della inopponibilità dello stato di fatto allo stato di diritto per cui l’esercizio di fatto di mansioni superiori è del tutto irrilevante sia ai fini della progressione di carriera, sia ai fini economici

TAR CT 40/1998 “Nell'ambito del rapporto di pubblico impiego, puntualmente disciplinato da norme di diritto pubblico, l'esercizio di fatto di mansioni superiori non può originare la pretesa del dipendente ad un trattamento giuridico o economico diverso da quello corrispondente alla qualifica formalmente rivestita

La riforma (1998) “Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico”. “Il dirigente che disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente se ha agito con dolo o colpa grave” (art. 56.5)