Ordinanza di condanna post-istruttoria – Art. 186 quater

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Ordinanza di condanna post-istruttoria – Art. 186 quater L’art. 186 quater prevede una terza specie di provvedimento anticipatorio di condanna, accanto a quelli disciplinati negli artt. 186 bis e ter. Viene introdotto nel codice di rito successivamente ai primi due, con la legge n. 534 del 1995.

Ratio della norma Contrastare la lentezza della giustizia civile favorendo l’abolizione dell’ultima fase della decisione. La peculiarità di questa ordinanza è il suo essere funzionale non solo all’anticipazione dell’efficacia esecutiva, ma soprattutto alla definizione anticipata del giudizio. A differenza dei precedenti due, questo provvedimento è reso a cognizione piena e non sommaria. Si tratterebbe dunque di un provvedimento a cognizione piena, ma a decisione semplificata, non necessitante cioè della fase decisioria, e bisognoso unicamente di una motivazione succinta (art. 134 c.p.c.).

Efficacia L’ordinanza ha efficacia esecutiva, ma non è titolo per iscrivere ipoteca giudiziale. Non è revocabile o modificabile, ma in caso di prosecuzione del giudizio è revocabile solo con la sentenza che definisce il processo.

Mutevolezza dell’ordinanza L’ordinanza acquista il valore di “sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza” in due ipotesi: 1) se il processo si estingue, 2) se la parte intimata non richieda la pronuncia della sentenza. In tale seconda ipotesi il legislatore consente alla parte intimata di ottenere la trasformazione dell’ordinanza in sentenza definitiva, in quanto tale impugnabile. La parte soccombente può così ottenere, attraverso l’inibitoria, la sospensione dell’efficacia esecutiva o dell’esecuzione.

Pronuncia sulle spese Nell’ultimo cpv del 1° comma dell’art. 186 quater è previsto che con l’ordinanza il giudice provvede sulle spese processuali. Ciò serve ad evidenziare il carattere di provvedimento potenzialmente decisorio dell’intera causa.

Ambito di applicazione Solo nel primo grado di giudizio. Non sarebbe coerente che un’ordinanza riformasse o confermasse una sentenza. Il giudizio d’appello non conosce la figura del g.i. ed impossibile sarebbe conciliare la pronuncia dell’ordinanza con lo struttura del giudizio per cassazione normalmente privo di attività istruttoria. Superfluità dell’ordinanza nel processo del lavoro ove la sentenza è pronunciata immediatamente dopo la chiusura dell’istruzione (analogamente nei processi che applichino il rito del lavoro come in materia agraria e locatizia). Anche dinanzi al giudice di pace dovrebbe valere la stessa superfluità, stante la previsione di cui all’art. 321 comma 2.

Oggetto della condanna Pagamento di somme Consegna di cose mobili Rilascio di immobili Sono escluse solamente le condanne ad un facere (verosimilmente perché l’esecuzione di essi può più frequentemente dar luogo a modifiche irreversibili, inconciliabili con la natura provvisoria dell’ordinanza stessa). Le somme possono riguardare anche un credito di valore (quale tipicamente un creditore risarcitorio) da quantificarsi nel corso dello stesso giudizio. Poco condivisibile appare dunque la posizione di quella giurisprudenza che lo ha talora escluso invocando, ad impedimento, la non agevole e semplice soluzione della controversia sul quantum. Si pensi al risarcimento del danno da fatto illecito. In tal caso la responsabilità costituisce la premessa per rendere il giudizio sul credito risarcitorio. Condanna dipendente da pronuncia costitutiva (di risoluzione giudiziale del contratto o di annullamento negoziale). In tal caso secondo l’opinione prevalente la pronuncia dell’ordinanza sarebbe inammissibile

Processi cumulativi Se le domande possono essere tutte definite con la pronuncia dell’ordinanza nulla quaestio. Il problema riguarda il caso in cui l’ordinanza non abbia la capacità potenziale di integrale definizione del giudizio, ponendosi quale ragione di complicazione dello stesso – in caso di rinuncia alla sentenza – piuttosto che di semplificazione (infatti nel giudizio l’ordinanza equivarrebbe ad una sentenza non definitiva). L’ammissione dell’ordinanza passa dunque attraverso la configurazione di un provvedimento di separazione tra le più cause cumulate. Si potrebbe, peraltro, ravvisare nella pronuncia dell’ordinanza un implicito provvedimento di separazione, ovviamente a condizione che i rapporti sostanziali tra le domande lo consentano e non dunque, quando si tratti di domande reciprocamente condizionate o alternative.

Segue. Processi con pluralità di parti Ovviamente nel caso di litisconsorzio necessario la pronuncia è pienamente ammissibile (qui non vi è alcun cumulo di domande), purché però proposta da tutti i litisconsorti attivi o nei confronti di tutti i litisconsorti passivi. Nel caso i litisconsorzio facoltativo a far da guida tra le ipotesi di ammissibilità soggettivamente differenziata dell’ordinanza è la distinzione tra cause scindibili ed inscindibili.

Presupposti Previa proposizione di una domanda di condanna. L’istanza di parte L’ “esaurita” istruzione L’ordinanza dunque non può esser pronunciata se non quando il giudice istruttore abbia ritenuto di aver esaurito l’istruzione o di poterne prescindere. Non è rituale la pronuncia dell’ordinanza in caso di rimessione anticipata della causa al collegio – ex art. 187, c. 2 e 3 - per il deferimento ad esso di una questione pregiudiziale o preliminare. In tali ipotesi infatti la chiusura della fase istruttoria è soltanto ipotetica. Analogamente non è rituale la pronuncia dell’ordinanza quando siano ancora ammissibili istanza istruttorie o parte di quelle ammesse debbano essere ancora assunte.

Esaurimento dell’istruzione Quando le istanze istruttorie siano state completamente espletate Quando il g.i. ritiene che non sia necessario espletare ulteriori attività istruttorie richiestegli Quando non si siano avute affatto istanze istruttorie

Termini Iniziale: chiusura dell’istruzione ed invito alle parti di precisare le conclusioni. Mai prima DELL’UDIENZA DI CUI ALL’ART. 183, dato che deve esser chiaro il thema decidendum e probandum. Ovviamente in caso di contumacia si può anche anticipare. Finale (non è precisato dalla legge): udienza di precisazione delle conclusioni. Oltre si passa alla fase decisoria di competenza del collegio; a meno che non si ritenga che il g.i. non si spoglia mai delle proprie funzioni e possa dunque pronunciare l’ordinanza fino al materiale inizio dell’udienza collegiale di discussione camerale di decisione.

Contenuto dell’istanza Va considerato avendo riguardo alla domanda di merito Se nell’istanza la parte chiede ad esempio il pagamento ad una somma inferiore a quella indicata nella relativa domanda, ciò dovrà intendersi come una esplicita riduzione della domanda

Contenuto dell’ordinanza Il problema è se l’ordinanza possa avere un contenuto di integrale rigetto. Si ritiene di no in base all’argomento testuale e si configura in alternativa una pronuncia di carenza dei presupposti di concedibilità che non fa scattare i meccanismi di possibile conversione dell’ordinanza. Nello stesso senso è orientata la Corte cost. (v. sent. 385 del 1997) che ha escluso un vizio di costituzionalità conseguente alla mancata previsione della fattispecie di rigetto integrale, ritenendo carenti in questo caso le ragioni di base per una tutela anticipata. Certo, così si perde un significativo effetto deflativo dell’ordinanza. Essendo rimessa all’intimato la scelta della prosecuzione o meno del giudizio, se l’ordinanza fosse stata di rigetto sarebbe stata matematicamente certa la rinuncia alla sentenza.

Discrezionalità della pronuncia Si ritiene che il g.i. possa sottrarsi alla pronuncia dell’ordinanza in caso di giudizio particolarmente complesso. Il riferimento testuale da cui desumere la discrezionalità del giudice nella concessione dell’ordinanza è il “può” utilizzato dal legislatore nel 1° comma.

Mezzi di impugnazione Contro l’ordinanza non è ammessa alcuna forma di impugnazione o reclamo Non è ammissibile l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., perché il provvedimento è ancora suscettibile di riesame interno al giudizio di cognizione.

Estinzione del giudizio Il 3° comma dell’art. 186 quater dispone che in caso di estinzione del processo”l’ordinanza acquista efficacia di sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza”. Ciò significa che in caso di accoglimento parziale dell’istanza, l’ordinanza convertita in sentenza sarà impugnabile da ciascuna delle parti secondo le rispettive soccombenze. Anche l’intimante potrà impugnare l’ordinanza-sentenza in caso di accoglimento parziale della sua istanza.

La nuova disciplina della conversione in sentenza Il 4° comma dell’art. 186 quater è stato riscritto dalla legge n. 263 del 2005. Anteriormente la conversione dell’ordinanza in sentenza era conseguenza di una esplicita rinuncia da parte dell’intimato. Oggi la conversione è automatica, salva contraria manifestazione di volontà della parte. Il meccanismo di conversione opera dunque automaticamente, salvo che la parte intimata non vi si opponga.

Modalità dell’opposizione Entro trenta giorni dalla pronuncia dell’ordinanza (o dalla comunicazione se l’ordinanza è stata resa fuori dall’udienza) la parte intimata deve manifestare la volontà di ottenere la pronuncia della sentenza. Tale manifestazione di volontà, riservata alla parte intimata, assume la forma del “ricorso” da notificarsi alla controparte e successivamente da depositare in cancelleria.

Regime di decorrenza del termine per impugnare Il dies a quo del termine lungo per impugnare viene a coincidere con l’inutile scadenza del termine di trenta giorni senza che l’intimato abbia chiesto ritualmente la pronuncia della sentenza. Si è ritenuto che anteriormente alla scadenza di tale termine la parte intimata possa proporre una rinuncia espressa in modo da anticipare la conversione dell’ordinanza in sentenza. Per la decorrenza del termine breve (ex art. 325 c.p.c.) è necessario notificare l’ordinanza che abbia acquisito l’efficacia di sentenza. Non è sufficiente la eventuale previa notifica dell’ordinanza effettuata prima della sua conversione in sentenza.

Esercitazione Tizio conviene in giudizio Caio per ottenere la consegna del quadro oggetto di un contratto di compravendita concluso tra le parti. Al termine della fase istruttoria il giudice adito, su istanza di Tizio, dispone con ordinanza la consegna del bene. Decorsi trenta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza Caio propone appello chiedendo contestualmente la sospensione della sua efficacia esecutiva. Potrà Tizio eccepire l’attuale pendenza del giudizio di primo grado?