Cromatografia 1 Cromatografia1
La cromatografia La cromatografia è un insieme di metodi che, sfruttando fenomeni chimico-fisici, consentono di separare e identificare i diversi componenti di un miscuglio. La tecnica cromatografica nacque dall’esigenza di separare i singoli costituenti di miscele anche molto complesse. Pertanto, i metodi cosi detti cromatografici si sono rivelati tra i più efficienti e versatili, tanto che il loro campo d'applicazione si estende a tutti i rami delle scienze naturali e della chimica. Cromatografia1
Il termine cromatografia, è dovuto al fatto che le prime separazioni venivano effettuate su composti colorati (alcuni coloranti naturali tra cui la clorofilla), e che le sostanze, una volta separate, venivano identificate attraverso il loro colore. In alcune semplici tecniche cromatografiche, i metodi di rilevazione sono ancora basati sull’esame del colore delle sostanze separate o, per le sostanze incolori, sulla formazione di sostanze colorate, mediante l’impiego di opportuni reattivi chimici. Fra i primi ricercatori che si dedicarono a questo tipo di analisi occupa un posto di assoluta preminenza Tsweet, botanico russo, che formulò l’interpretazione corretta del fenomeno ed ebbe la chiara intuizione dei suoi sviluppi futuri. Cromatografia1
Il meccanismo di base Supponiamo di avere una singola sostanza sciolta in una data quantità di un determinato solvente. …la sostanza si distribuirà tra i due solventi arrivando a concentrazioni che dipendono dalle caratteristiche dei solventi e della sostanza. Se a questa soluzione viene affacciato un uguale volume di un altro solvente, immiscibile nel primo,… Cromatografia1
Le concentrazioni di equilibrio rimangono costanti, pur essendo le molecole in continuo passaggio da una fase all’altra. Si tratta di un equilibrio dinamico caratterizzato dalla relazione Krip= [A]mob/ [A]sta Cromatografia1
Se ora entrambe le porzioni sono affacciate a nuovi volumi di solvente differente… …tenendo cioè fissa la posizione della porzione sottostante (fase stazionaria), e spostando quella superiore (fase mobile)… …in ciascuna coppia ottenuta la sostanza si distribuirà secondo lo stesso rapporto che era stato rispettato nella prima equilibrazione. Cromatografia1
Ripetendo ora il processo di affacciamento con volumi puliti degli stessi solventi… …mantenendo sempre fissa la fase stazionaria e spostando la fase mobile… …in ciascuna coppia ottenuta la sostanza si distribuirà secondo lo stesso rapporto già osservato nella prima equilibrazione Cromatografia1
Ripetendo ora più e più volte il processo di affacciamento con volumi freschi di fase stazionaria e fase mobile …in ciascuna coppia ottenuta la sostanza si distribuirà secondo il solito rapporto. Cromatografia1
si accumula preferenzialmente nelle porzioni centrali Dopo molti affiancamenti/equilibrazioni, le distribuzioni che si instaurano mostrano che la sostanza: si sposta seguendo la direzione della fase mobile, si accumula preferenzialmente nelle porzioni centrali Le concentrazioni che si realizzano in ciascuna porzione dipendono ovviamente da quale è la “preferenza” che la sostanza mostra per le due fasi. Nelle diapo successive sono indicate le distribuzioni percentuali nelle porzioni di fasi mobili dopo 5, 10, e 25 spostamenti e relative equilibrazioni per quattro diverse sostanze che presentano rapporti di distribuzione pari a 1 (le due fasi sono in equilibrio quando contengono le stesse concentrazioni) 2,33 (equilibrio con una concentrazione nella f.m. 2,33 volte quella della f.s.) 4 (equilibrio con una concentrazione nella f.m. 4 volte quella della f.s.) 9 (equilibrio con una concentrazione nella f.m. 9 volte quella della f.s.) Cromatografia1
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Come si vede dal grafico, questa particolare miscela non può essere risolta, cioè separata nei suoi componenti in soli 25 passaggi. Per semplicità consideriamo una miscela formata dalle due sostanze con comportamento estremo. Il grafico della diapo successiva mostra che dopo 35 spostamenti esse sono state risolte. Cromatografia1
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Si può pensare che l’operazione venga effettuata da volumi di solventi che non siano divisi fisicamente. Un flusso di fase mobile che scorra sulla fase stazionaria può essere considerata la versione continua del processo discontinuo che abbiamo appena analizzato. Anche in questo caso la sostanza, viene trascinata in avanti dalla fase mobile presentando concentrazioni maggiori nella zona centrale della banda occupata. Cromatografia1
Al diminuire delle dimensioni delle porzioni di soluzioni studiate cresce il loro numero. Contemporaneamente, il grafico che rappresenta l’andamento della concentrazione sarà caratterizzato da barre sempre più ravvicinate. All’aumentare del numero delle porzioni in cui è stata suddivisa la soluzione, congiungendo gli estremi delle barre si otterrà una curva il cui andamento diventa sempre più prossimo a quello di una gaussiana (curva a campana), coincidendo con essa per un numero elevatissimo di equilibrazioni. Cromatografia1
I meccanismi della separazione La separazione cromatografica si attua sfruttando, in modo particolarmente efficiente, la diversa attitudine che ogni molecola o ione possiede nel distribuirsi fra due differenti fasi. Le interazioni che si instaurano tra sostanza e le due fasi (mobile e stazionaria) sono spesso legami chimici secondari, sebbene in certi casi si arriva a meccanismi più complessi come lo scambio ionico. I meccanismi di separazione cromatografici si basano su adsorbimento, ripartizione, scambio ionico esclusione, affinità. Le differenti tecniche cromatografiche vengono classificate proprio in base a quale è il meccanismo principale della separazione. Cromatografia 2
Meccanismi chimico-fisici della separazione cromatografica Le interazioni che si verificano tra la sostanza e le due fasi non sono facilmente descrivibili in quanto di natura eterogenea •Legami a idrogeno •Interazioni dipolo-dipolo •Interazioni dipolo-dipolo indotto •Legami di VdW •Formazione di composti di coordinazione •Meccanismi di scambio ionico •Interazioni steriche In tutte queste interazioni la polarità gioca di solito un ruolo decisivo
Adsorbimento L'adsorbimento è quel fenomeno che determina il vincolarsi di una sostanza a un solido. Ciò perché sul solido ci sono i cosiddetti "centri attivi" ovvero raggruppamenti di atomi grazie ai quali esso si lega, con legami chimici secondari, ai componenti della miscela e ne ritarda il procedere. Cromatografia 2
Vari sono i fattori che influenzano il fenomeno dell'adsorbimento: Struttura reticolare del solido; Stato fisico del solido adsorbente: si intende praticamente la superficie di reazione che deve essere la massima possibile; Struttura molecolare dell'adsorbito: la polarità di una molecola influisce sulla sua attrazione con i "centri attivi" del solido. Le molecole con gruppi polari (–OH, –NH2, ecc...) saranno più trattenute dal solido che quelle apolari; Temperatura e pressione: sono fattori contrastanti a riguardo dell'adsorbimento. Mentre l'aumento di temperatura causa un aumento dell’agitazione molecolare con conseguente rottura dei legami adsorbente/adsorbito, un aumento della pressione favorisce l'addensarsi di un componente gassoso sul solido. L'adsorbimento quindi si basa sulla selettività del trattenimento dell'adsorbente nei confronti di adsorbiti diversi in base alle caratteristiche del solido adsorbente e alle condizioni interne (T e P) alla colonna. Cromatografia 2
Le interazioni che intercorrono tra le differenti sostanze e il solido con i suoi centri attivi sono paragonabili a ciò che succede quando due diverse palline scorrono su una tavola irta di chiodi. La diversa superficie delle palline, così come la diversa polarità delle molecole, assicurerà un maggior o minore trattenimento da parte delle punte dei chiodi, paragonabili ai centri attivi del solido. Cromatografia 2
Ripartizione Quando la fase stazionaria è un liquido, si verifica una vera e propria solubilizzazione in essa dei componenti della miscela. Quando anche la fase mobile è liquida, i processi cromatografici sono governati dalla legge di ripartizione di Nernst. Esse pertanto si ripartiscono fra le due fasi (immiscibili fra loro) in condizioni di equilibrio secondo un rapporto costante che dipende dalla solubilità del campione nei due solventi: K = CX / CY in cui: K = coefficiente di ripartizione: è costante a temperatura costante, CX = concentrazione del soluto nel solvente X, CY = concentrazione del soluto nel solvente Y. I valori di K variano da sostanza a sostanza ma anche a seconda della coppia di liquidi usata e della temperatura.
Scambio ionico Si utilizza una resina con funzioni cariche bilanciate da ioni di segno opposto (1), per esempio -COO- H+. Queste funzioni sono in grado di scambiare i propri controioni (H+ nell’esempio citato) con altri di segno uguale (Na+, Ca2+, K+, etc ) provenienti dalla soluzione (2). Facendo passare il controione originale della resina (H+ nel caso illustrato) in elevata concentrazione, gli ioni provenienti dalla soluzione sono restituiti in modo differenziato, in funzione di carica e dimensioni, e quindi eluiti separatamente. Cromatografia 2
Esclusione La fase stazionaria è un gel con pori di varie dimensioni. I componenti della miscela vengono separati in funzione delle loro dimensioni: quelli più piccoli possono penetrare in tutti i pori dei granuli e quindi sono trattenuti a lungo, mentre quelli più grandi possono solo “girare attorno” ai granuli di gel e quindi usciranno velocemente. grande piccola Cromatografia 2
La tecnica è usata soprattutto per separare molecole organiche ad alto peso molecolare come proteine, acidi nucleici, carboidrati. Trova applicazione in campo biologico quando detti composti sono presenti in matrici complesse facilmente degradabili per altre vie. Cromatografia 2
Affinità Il comportamento è molto simile a quello dell’adsorbimento in quanto i componenti della miscela si legano a “siti attivi” della fase stazionaria (a e b). A differenza dell’adsorbimento, si hanno legami veri e propri (primari). Le reazioni che li hanno formati sono comunque reversibili e facendo eluire un solvente opportuno è possibile restituire in modo differenziato i componenti che erano stati trattenuti (C). Cromatografia 2
Anche il meccanismo dell’affinità è legato all’ambito biochimico Cromatografia 2
Per esempio, si può isolare l'RNA messaggero che si differenzia dagli altri RNA (RNA transfert e ribosomiale), per la presenza di una coda di poly A. Da un estrazione di RNA totale della cellula (lisi, centrifugazione, DNAsi), si esegue una cromatografia per affinità usando una resina particolare in cui siano presenti dei poly T. In questo modo posso estrarre e purificare i miei RNA messaggeri. Cromatografia 2
A seconda di quale sia il meccanismo prevalente e di come si presentino la fase stazionaria e quella mobile si possono avere più tecniche cromatografiche che vanno da un semplice foglio di carta porosa che pesca in una bacinella contenente il solvente, a strumenti assistiti da componenti computerizzati. Cromatografia 2
Principio di separazione Tecnica ripartizione Fase mobile Strumentazione Principio di separazione Tecnica ripartizione LLC cromatografia liquido/liquido colonna adsorbimento LSC cromatografia liquido/solido scambio ionico IEC cromatografia a scambio ionico esclusione GPC cromatografia a permeazione di gel liquida strato sottile TLC cromatografia su strato sottile cromatografo liquido TLIEC cromatografia a scambio ionico su strato sottile HPLC cromatografia ad alte prestazioni gassosa gascromatografo GLC cromatografia liquido/gas GSC cromatografia gas/solido Cromatografia 2
I parametri del cromatogramma Abbiamo visto che unendo i punti delle barre che rappresentano le concentrazioni nelle porzioni consecutive della fase mobile si ottiene una gaussiana. Poiché nella maggior parte dei sistemi cromatografici destinati a misure quantitative vi è un sistema di misura che rileva la concentrazione della sostanza, esso restituirà tale informazione proprio sotto forma di tale curva. Cromatografia 2
I segnali si presentano spesso asimmetrici o parzialmente sovrapposti ma tali picchi hanno dei parametri caratteristici che derivano appunto dalla loro natura gaussiana. Cromatografia 2
Ampiezza a metà altezza wh1/2 Larghezza della base wb Altezza del picco h Ampiezza a metà altezza wh1/2 Larghezza della base wb Distanza tra i punti di flesso wi tra loro esistono le relazioni wi = wb/2 = 2 s wb = 1,699 wh1/2 wh = 1,177 wi h h1/2 Queste relazioni nascono dal fatto che tutti i picchi sono delle gaussiane con equazione Cromatografia 2
Altri parametri importanti sono tR tempo di ritenzione tR’ tempo di ritenzione corretto tM tempo morto per evidenziare la relazione tra il tempo che una sostanza impiega per passare e impiega per mettersi in equilibrio con la fase stazionaria tR’ =tR - tM e il volume di ritenzione corretto VR’= tR’ FC Area del picco Cromatografia 2
Grandezze ed equazioni fondamentali Cromatografia 3 Grandezze ed equazioni fondamentali Come per la ripartizione, così anche per qualsiasi altro meccanismo si può definire una costante che rappresenti il rapporto tra le concentrazioni di una sostanza nella fase stazionaria (Cs ) e nella fase mobile (CM). La chiameremo costante di distribuzione e dipenderà, oltre che dalla temperatura, dalla coppia di fasi usate: Kd= Cs /CM Cromatografia 3
Vista come è costruita, tanto maggiore è la Kd di una sostanza relativa a una coppia di fasi e tanto più sarà trattenuta dalla fase stazionaria tanto più sarà elevato il suo tempo di ritenzione Kd alta Kd bassa Cromatografia 3
Per una data sostanza si ha tR= tempo di ritenzione, cioè il tempo che una sostanza deve usare per scorrere attraverso una colonna facendo le interazioni tM= tempo morto, cioè il tempo che una sostanza che non faccia alcuna interazione utilizza comunque per passare t’R= tempo di ritenzione corretto = tR - tM Tenendo conto del flusso (F) della fase mobile, si possono considerarne anche i volumi usati. Analogamente si avrà il volume di ritenzione VR= F tR il volume morto VM= F tM Cromatografia 3
La relazione tra la costante e i parametri del picco è espressa dall’equazione fondamentale della cromatografia VR= VM+ KdVS dove VR= volume di ritenzione di una data sostanza VM= volume morto (o volume della fase mobile) VS = volume della fase stazionaria Quest’ultima variabile, a differenza di VR e VM , non è misurabile facilmente per cui rende difficile il calcolo di Kd a partire dal cromatogramma Cromatografia 3
Si preferisce allora, invece di Kd, far riferimento al fattore di ritenzione, espresso come le moli distribuite tra le due fasi k = ns/nM Si può dimostrare che questo parametro è determinabile da valori del cromatogramma secondo la relazione k = t’R / tM Anch’esso dipende dalla temperatura e dalla coppia delle fasi in uso ma anche dalle caratteristiche dell’impaccamento, dalla granulometria e dallo spessore della fase stazionaria. Buone separazioni si hanno se la prima sostanza eluita ha k superiore a 1. Quelle successive devono comunque avere k non superiori a 10-15 onde evitare tempi lunghi per le analisi ed eccessiva dispersione (i picchi si appiattiscono troppo) Cromatografia 3
La selettività indica la capacità di un sistema cromatografico di eluire specie chimiche diverse con velocità tali che escano separate dalla colonna. La selettività verso due sostanze di un sistema cromatografico viene espressa dal cosiddetto fattore di separazione a = t’’R2/t’’R1 espresso anche come a = k2/k1 = Kd2/Kd1 La selettività dipende dal meccanismo della separazione cromatografica ma non dalle caratteristiche costruttive e deve essere maggiore di 1,2. DIVERSA SELETTIVITA’ Cromatografia 3
La capacità di formare picchi molto stretti è l’ efficienza La qualità di una separazione cromatografica non dipende solo da a ma anche dalla capacità di un sistema di eluire tutte le particelle di una data specie chimica con la stessa velocità La capacità di formare picchi molto stretti è l’ efficienza Il parametro più semplice con cui esprimere l’efficienza è la larghezza alla base del picco (wb), che in genere è diversa per ogni specie chimica in un dato sistema cromatografico. L’efficienza di una colonna verso una data sostanza viene espressa anche con N, detto numero dei piatti teorici. UGUALE SELETTIVITA’ DIVERSA EFFICIENZA Cromatografia 3
Il numero dei piatti teorici di una colonna cromatografica è ricavabile da N = 16 (tR/wb)2 mentre facendo riferimento al tempo di ritenzione corretto, si definisce il numero dei piatti effettivi Neff = 16 (t’R/wb)2 E’ importante precisare che N non è un parametro caratteristico per una data colonna, poiché dipende anche dalla sostanza eluita. Ciò significa che una stessa colonna attraversata da due sostanze mostra due diversi valori di piatti teorici. Il concetto di piatto teorico è stato preso a prestito dalla teoria della colonna di distillazione. Si può immaginare che una colonna cromatografica, come una di distillazione, sia suddivisa appunto in tante zone in cui si instaura l’equilibrio di ripartizione dell’analita tra fase stazionaria e fase mobile (vedi CROMATOGRAFIA 1). Cromatografia 3
La sostanza si sposta verso la fine della colonna attraverso la fase mobile che, in equilibrio su un piatto, si passa al piatto successivo. È importante sottolineare che, a differenza della colonna di distillazione, i piatti non esistono realmente all’interno della colonna ma sono solo un modello per facilitare la comprensione del processo che avviene. Se si aumenta N, diminuisce il numero dei piatti teorici su cui si distribuisce ogni sostanza poiché aumentano gli equilibri a cui essa è sottoposta; a parità di lunghezza, pertanto, si accorcia il tratto di colonna su cui si distribuisce ogni sostanza. Cromatografia 3
aumentano gli equilibri più compatta viaggia la sostanza Aumentando i piatti aumentano gli equilibri più compatta viaggia la sostanza Cromatografia 3
i picchi sono più stretti si hanno migliori separazioni L’efficienza di una colonna aumenta con il numero dei piatti: tanto maggiore è N, tanto più compatta è la banda in uscita e quindi tanto più è stretto il picco sul cromatogramma. i picchi sono più stretti si hanno migliori separazioni Aumentando i piatti Il modo più semplice per aumentare il numero dei piatti consiste nell’aumentare la lunghezza della colonna ma ciò comporta un notevole aumento dei tempi di ritenzione. In alternativa si deve trovare un modo di diminuire le dimensioni di un singolo piatto. A parità di lunghezza una colonna sarà più efficiente quando viene minimizzata l’altezza equivalente al piatto teorico H = L/N dove L è la lunghezza della colonna. Ancora più adatta è la formula Heff = L/Neff Cromatografia 3
Una colonna è tanto più efficiente (nei confronti di una determinata specie chimica), e fornisce quindi picchi tanto più stretti, quanto minore è il valore di H. Il parametro H è indipendente dalla lunghezza della colonna e quindi è più adatto di N per confrontare le prestazioni di colonne diverse verso una stessa sostanza. Il numero di piatti teorici, e quindi la loro altezza, può essere calcolato esaminando un picco cromatografico dopo l’eluizione. Neff = 16 (t’R/wb)2 Esce dopo ma ha la stessa ampiezza di base: maggior efficienza della colonna nei suoi confronti Come si può osservare dall’equazione, il numero di piatti della colonna è diverso per ciascun componente del campione. Esce prima ma ha la stessa ampiezza di base: minor efficienza della colonna nei suoi confronti Cromatografia 3
TLC - Cromatografia su strato sottile
TLC Thin Layer Chromatography - Cromatografia su strato sottile tecnica prevalentemente analitica separazione di composti contenuti in una miscela purificazione identificazione qualitativa e/o quantitativa. TLC in Fase Inversa fase stazionaria modificata chimicamente (oppure imbevuta con sostanze non polari) fase mobile relativamente polare MECCANISMI DI RIPARTIZIONE. TCL in Fase Diretta fase stazionaria polare (es. gel di silice) fasi mobili non polari per svolgere l’eluizione. MECCANISMI DI ADSORBIMENTO La cromatografia su strato sottile è una cromatografia di adsorbimento, in cui la separazione viene determinata dalle differenti interazioni delle molecole con le particelle di fase stazionaria. Nella sua forma più comune, la fase stazionaria è un solido polare mentre la fase mobile è costituita da solventi organici a diversa polarità (cromatografia in fase diretta).
Analitica: 250μm Preparativa:50-2000 μm SUPPORTO Vetro - Permette di visualizzare meglio le macchie dal dietro della lastra. Plastica - Alcuni solventi organici possono intaccare tale tipo di lastra. Alluminio - Tali lastre non possono essere usate in ambienti alcalini o acidi per acidi minerali. Analitica: 250μm Preparativa:50-2000 μm
FASE STAZIONARIA Fase stazionarie solide L’interazione (adsorbimento) di questi materiali con la fase mobile dipende dalla geometria delle particelle che le costituiscono. L’attività: esprime la capacità di adsorbire le sostanze in termini quantitativi, ma più spesso è riferita semplicemente all’entità dell’adsorbimento. Fase stazionarie liquide Impiegate nella cromatografia a fasi inverse. sostegno inerte (lastrine di gel di silice G oppure Kieselguhr) rivestito di un liquido più o meno lipofilo (idrocarburi, oli e grassi vegetali, glicoli, siliconi…)
Gel di silice È costituito da acido silicico (H4SiO4) amorfo altamente poroso ottenuto, sotto forma di particelle dure e leggermente opache, trattando il vetro solubile, silicato di sodio (2Na2O SiO2), con acido solforico. Il gel ha una struttura amorfa simile a quella del vetro. Ossidi di alluminio o allumina allumina di tipo basico l’attività dipende dalla quantità di acqua presente in esso; Cellulosa in polvere evoluzione della cromatografia su carta tempi di esecuzione più brevi la preparazione di strati più omogenei minore diffusione delle macchie; Kieselguhr acido silicico amorfo di origine fossile ( terra di diatomee);
FASE MOBILE - Polarità + La polarità è fondamentale per la scelta dell’eluente è da essa che dipende l’entità del trascinamento delle sostanze lungo la lastrina in una TLC potere eluente: capacità relativa dei vari solventi di far muovere una sostanza su una fase stazionaria serie eluotropa: Il potere eluente dei più comuni solventi organici, puri ed in miscele, ordinato secondo polarità crescente Miscele o solventi puri composizione Benzene Benzene/cloroformio 1+1 Cloroformio Cicloesano/acetato d’etile 8+2 Cloroformio/acetone 95+5 Benzene/acetone 9+1 Benzene/acetato d’etile Cloroformio/dietiletere Benzene/metanolo Benzene/dietiletere 6+4 Cicloesano/acetato di etile Cloroformio/metanolo 99+1 85+15 4+6 Benzene/acetato di etile 2+8 Acetato di butile 7+3 3+7 Acetato di butile/metanolo - Polarità + capillarità serie eluotropa su gel di silice.
Quando la fase mobile sale lungo la silice, i composti in essa disciolti sono in grado di interagire con i gruppi polari della silice. Le interazioni in gioco sono principalmente dipolo-dipolo e formazione di legami ad idrogeno e dunque quanti più polari sono i composti, tanto più verranno trattenuti dalla fase stazionaria. Fase Mobile
SCELTA DELLA FASE MOBILE E DELLA FASE STAZIONARIA Le due fasi devono necessariamente interferire tra loro il meno possibile; In qualche misura i componenti della miscela da separare devono interagire con le due fasi; Il campione deve essere solubile nell’eluente; Con le comuni fasi stazionarie solide gli idrocarburi non sono affatto adsorbiti e sono i primi ad essere eluiti, l’affinità per tali tipi di fasi stazionarie decresce nel seguente ordine: acidi, alcoli, ammine, tioli, aldeidi, chetoni, esteri, eteri, alcheni, alcani; Per la scelta dell’eluente si fa riferimento alla serie eluotropa; L’attività dell’adsorbente è determinante per la cromatografia in fase diretta, mentre, per quella in fase inversa sono determinanti anche piccole differenze nella polarità del materiale scelto. Rf ≤0,5; DRf ≥0,1; il DRf tra due componenti della miscela deve essere il più alto possibile.
Come operiamo? Deposizione del campione Il campione deve essere deposto alla base della lastrina,con l’aiuto di un capillare come macchia (deposizione a goccia) o come striscia (deposizione lineare), nel modo più compatto possibile. Il campione deve essere deposto senza intaccare lo strato di fase stazionaria. Se il campione è molto diluito, occorre depositare il campione più volte e perciò è utile asciugare la macchia con un phon in modo da evitare un allargamento eccessivo.
Camera cromatografica Recipiente, generalmente, di vetro di forma e volume opportuno dotato di un coperchio a tenuta; L’eluente deve essere versato nel recipiente, in modo da raggiungere il livello di 0,5-1 cm; poi si chiude il coperchio e si lascia a condizionare; Eluizione Lo sviluppo del cromatogramma è uno sviluppo ascendente ELUIZIONE In questo paragrafo tratteremo solo il caso dello sviluppo ascendente tralasciando i metodi a sviluppo discendente e orizzontale entrambi meno utilizzati. Sviluppo ascendente. E’ la tecnica più diffusa. La lastrina viene appoggiata sul fondo della camera, assicurandosi che il solvente non lambisca le macchie. In genere l’eluente viene fatto correre fino a 0,5 1 cm dal bordo superiore della lastra; i tempi necessari per l’eluizione variano da 20 minuti a un paio d’ore.
Lo sviluppo ascendente della lastrina è quello più comunemente impiegato, l’eluente migra verso l’alto attraverso uno strato di fase stazionaria per capillarità
Quando lo sviluppo è completato estrarre la lastra dalla camera cromatorafica; Segnare il fronte del solvente; Asciugare la lastrina all’aria o con l’aiuto di un phon, se le sostanze non sono termolabili si può porre il tutto in una stufa per qualche minuto a 100-105°C; Cerchiare con la matita le macchie visibili…
Visualizzazione dei risultati Rivelazione con luce UV Presenza di cromofori lampada UV (254 e 366 nm) Se invece le sostanze da rivelare non possiedono cromofori, si può usare una lastra la cui fase stazionaria, prima o dopo l’eluizione, viene impreganata di una sostanza fluorescente ai raggi UV. Illuminando la lastra con le apposite lampade, si osservano delle macchie scure su sfondo fluorescente. Un indicatore di fluorescenza molto usato è un silicato di zinco e magnesio attivato che a 254 nm da una fluorescenza verde.
La silice delle lastrine per TLC F254 è imbevuta di Fluoresceina, una sostanza in grado di assorbire la luce ultravioletta a 254 nm e riemettere luce per fluorescenza. Quando la piastrina è esposta alla luce UV, appare di una intensa colorazione verde. Quanto sulla lastrina sono presenti dei composti in grado di assorbire la radiazione UV, ma non di riemettere luce per fluorescenza, in corrispondenza delle macchie dei composti compare una colorazione viola.
Lampada UV Rivelazione di due composti Tre deposizioni a concentrazione differente. Una elevata concentrazione diminuisce l’efficienza della separazione
Rivelazione con reagenti chimici -I vapori di iodio sono un agente di rivelazione di uso generale, non specifico, adatto per la maggior parte dei composti organici. La posizione delle macchie va segnalata non appena si estrae la lastrina dalla vasca, poiché lo iodio evapora rapidamente per esposizione all’aria e le macchie scompaiono. Possiamo bruciare le sostanze organiche spruzzando acido solforico ed anidride cromica. ATTENZIONE A LAVORARE SOTTO CAPPA E CON PROTEZIONI IN QUANTO IL PIÙ DELLE VOLTE SI TRATTA DI SOSTANZE ALTAMENTE TOSSICHE E NOCIVE. Esempi di soluzioni coloranti di uso generale per in TLC
Una volta individuate tutte le macchie di sostanza, esse possono essere caratterizzate dal fattore di ritardo (Rf), che esprime l’affinità relativa della sostanza per il sistema fase mobile/fase stazionaria:
Per un dato sistema cromatografico, il fattore di ritenzione di una sostanza è una costante caratteristica della stessa in condizioni sperimentali riproducibili!!! Il fattore di ritenzione dipende da: • natura chimica e attività della fase stazionaria; • struttura dei pori presenti nei granuli della fase stazionaria; • spessore dello strato; • temperatura e grado di saturazione dell'ambiente; • composizione della fase mobile.
I valori di Rf possono essere usati per identificare una sostanza per confronto con degli standard; Il valore di Rf non è una costante fisica ed il confronto DEVE ESSERE FATTO SOLO tra macchie presenti sulla stessa lastrina e sviluppate nello stesso modo e contemporaneamente; - Due sostanze che hanno lo stesso valore di Rf, nelle medesime condizioni cromatografiche, potrebbero essere identiche; invece quelle che hanno diversi valori di Rf sicuramente non lo sono!
LA QUALITÀ DELLE PRESTAZIONI DI UNA TLC : SELETTIVITÀ: è una misura della differenziazione del comportamento degli analiti nel sistema cromatografico Fattore di ritenzione o di ritardo (Rf) come: CAPACITÀ: massima quantità di campione che può essere utilmente caricato sulla lastrina.
Numero di piatti teorici (N) : EFFICIENZA: attitudine del sistema a conservare compatta la macchia durante la corsa cromatografia; si quantifica con il cosiddetto numero di piatti teorici N. Un piatto teorico è la più piccola zona adiacente in cui il soluto raggiunge un equilibrio tra fase mobile e stazionaria. Numero di piatti teorici (N) : wi: larghezza della macchia del composto i-esimo. Maggiore è N maggiore sarà la risoluzione e, quindi, tanto più compatte saranno le macchie al termine dell’eluizione. L'efficienza dipende da: • Granulometria: deve essere la più piccola possibile, pur consentendo velocità di flusso dell'eluente non troppo basse; • Distribuzione granulometrica: deve essere la più piccola possibile; • Qualità dell'impaccamento: lo strato sottile deve essere il più uniforme e omogeneo possibile; • Geometria delle particelle: le particelle devono essere il più possibile sferiche.
RISOLUZIONE (Rs): attitudine del sistema a fornire alla fine della corsa cromatografica delle macchie ben distanziate. selettività efficienza risoluzione
TLC bidimensionale Il materiale da cromatografare è posto su un angolo della lastra come singola macchia, successivamente viene sviluppato in una direzione e dopo essiccamento è sviluppato con un altro eluente in una direzione perpendicolare alla prima
Numero di piatti teorici limitato Usi più comuni della TLC Per determinare il numero di componenti una miscela; Per determinare l'identità di sostanze; Per la messa appunto delle condizioni più adatte allo svolgimento di una cromatografia su colonna; Per controllare il progresso di una reazione chimica; Per determinare l'efficacia di una purificazione; Per monitorare l’andamento di una cromatografia su colonna; Per svolgere analisi microanalitiche. Vantaggi Semplicità di esecuzione Rapidità d’esecuzione Tecnica molto economica Richiede minime quantità di sostanza Tecnica sensibile Le lastrine possono essere trattate con una varietà di sostanze chimiche che impartiscono alla fase stazionaria un’ampia gamma di proprietà Svantaggi Numero di piatti teorici limitato
Analisi qualitativa di una miscela di amminoacidi ESERCITAZIONE DI LABORATORIO Analisi qualitativa di una miscela di amminoacidi
ESERCITAZIONE - Analisi qualitativa di una miscela di amminoacidi METODO Cromatografia monodimensionale ascendente. Una miscela di amminoacidi è separata su lastrina a gel di silice usando alcool butilico – acqua – acido acetico come solvente di sviluppo e ninidrina come agente localizzatore. SOLUZIONI Soluzioni a titolo noto di amminoacidi: Alanina 1 mg/cm3 di soluzione alcolica 0,5 M HCl Lisina 1 mg/cm3 di soluzione alcolica 0,5 M HCl Triptofano 1 mg/cm3 di soluzione alcolica 0,5 M HCl Glicina 1 mg/cm3 di soluzione alcolica 0,5 M HCl Soluzione che contiene una miscela incognita di amminoacidi Lisina Triptofano Glicina
2. Risalire alla composizione del campione incognito. PROCEDIMENTO Segnare con la matita una linea a 1,5 cm dal bordo inferiore della lastrina. Depositare circa 5 microlitri di miscela incognita in porzioni. Depositare circa 5 microlitri di di ciascuna soluzione di amminoacido a titolo noto, a fianco del campione incognito a distanza di 1 cm. Asciugare con il phon. Sviluppare il cromatogramma ponendo la lastrina nel solvente (alcool butilico / acqua / acido acetico nel rapporto 4:2:1) per 30 minuti circa. Asciugare la lastrina e spruzzare con soluzione di ninidrina. Scaldare cautamente per parecchi minuti fino a comparsa delle macchie colorate (brune per Glicina e violette per Alanina, Lisina e Triptofano. 1. Valutare per ciascun componente il fattore di ritardo (Rf) e il numero di piatti teorici (N). 2. Risalire alla composizione del campione incognito.
GESTIONE DEI RIFIUTI Versare il solvente di scarto dei campioni TLC e quelli contenuti nelle camere cromatografiche nei contenitore “Rifiuto Solventi Organici (TLC)”. Porre tutti i capillari usati per la TLC nel contenitore “Vetri rotti”. Le camere cromatografiche per la TLC, svuotate del solvente, devono essere lasciate con il coperchio aperto sotto cappa e quando asciutte devono essere riposte nel relativo scatolo. Non lavarle ne con acqua, ne con acetone e neanche con sapone!
Separazione TLC di estratto di pomodoro Analizzare un concentrato di pomodoro Estrarre sostanze principali: licopene e β-carotene Eseguire la tecnica cromatografica TLC Separare ed identificare componenti
Pigmenti nel concentrato di pomodoro: LICOPENE: sostanza appartenente alla classe dei carotenoidi, è il principale responsabile del colore rosso del pomodoro e di altri pigmenti gialli e rossi caratteristici di alcuni frutti e verdure (albicocca, pompelmo, cocomero, uva). E’ presente nel sangue e in natura si trova sottoforma di isomeri strutturali di tipo trans e in particolare nella frutta e nella verdura fresca la percentuale risulta essere di 30mg/kg. Possiede un’altissima capacità antiossidante e antiradicali liberi, per questo viene utilizzato in molteplici applicazioni terapeutiche. Attualmente viene studiato per curare le malattie degenerative delle cellule.
β-Carotene: sostanza appartenente alla classe dei carotenoidi, determina il pigmento giallo-arancio di prodotti naturali, ad esempio della carota.
Descrizione dell’esperienza: Materiale utilizzato: Bilancia tecnica Pipette graduate 2 becker, beuta, matraccio Cotone idrofilo Sostanze utilizzate: 50g pomodoro concentrato Diclorometano N-esano Alcool etilico 95% Sodio solfato anidro
Procedimento: Pesare nel becker 50g di concentrato di pomodoro e aggiungere 70ml di etanolo al 95% e agitare bene con la spatola; Mettere un po’ di cotone sul fondo di un imbuto e filtrare la miscela pressando leggermente Trasferire in becker la componente solida rimasta sul filtro; Trattare con 50ml di Diclorometano ed agitare per 5minuti; Filtrare in un imbuto munito di cotone e raccogliere il filtrato in una beuta. Si anidrifica con sodio solfato anidro. Portare a piccolo volume in pallone da 100ml in rotavapor e portare a secco.
SEMINA La semina viene effettuata con il nostro campione da analizzare,tramite un apparecchio chiamato microsiringa o con un semplice capillare per punto di fusione; questo procedimento deve essere fatto accuratamente
OSSERVAZIONI Il β-carotene è la componente che sale con maggiore velocità sulla lastra a causa della maggiore affinità con l’eluente. Il licopene invece viene rallentato perché instaura dei legami con la fase stazionaria che è il gel di silice. Licopene β-carotene Campione
ANALISI DATI L’analisi dei dati si basa su un fattore chiamato: Rf Rf= corsa della macchia /corsa dell’eluente Ogni sostanza ha un Rf diverso.
ANALISI A UV Qualora non sia possibile osservare direttamente le macchie di campione sulla superficie della lastrina - caso molto frequente - si può ricorrere all'osservazione sotto luce ultravioletta o alla reazione con reagenti che sviluppano composti colorati
CONFRONTO SPETTRI LICOPENE STANDARD LICOPENE ESTRATTO
CONFRONTO SPETTRI β – CAROTENE STANDARD β – CAROTENE ESTRATTO
CONCLUSIONI La tecnica TLC permette di separare i componenti principali di una miscela; le sostanze estratte sono pure, cioè molto simili agli standard. E’ possibile estrarre i componenti dal pomodoro.