preparato da Thomas Bishop (adattamento italiano di Elisa Borghi)

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Transcript della presentazione:

preparato da Thomas Bishop (adattamento italiano di Elisa Borghi) Capitolo 9 Politiche macroeconomiche e coordinamento in regime di cambi flessibili preparato da Thomas Bishop (adattamento italiano di Elisa Borghi)

Anteprima Argomentazioni a favore dei cambi flessibili Argomentazioni contro i cambi flessibili I mercati dei cambi dal 1973 Interdipendenza dei paesi grandi L’iniziativa di Chiang Mai per i paesi dell’Asia orientale 9-2

Introduzione Il sistema di Bretton Woods crollò nel 1973 perché le banche centrali non erano disposte a continuare ad acquistare attività in dollari sopravvalutati e a vendere attività in valuta estera sottovalutata. Le banche centrali pensarono di interrompere gli scambi nel mercato dei cambi per un certo periodo, lasciare che i tassi di cambio si adeguassero a offerta e domanda e quindi di reimporre presto i cambi fissi. Ma non fu intrapreso nessun nuovo sistema globale di cambi fissi. 9-3

Argomentazioni a favore dei cambi flessibili Autonomia della politica monetaria Senza la necessità di scambiare valuta sui mercati dei cambi, le banche centrali sono libere di influenzare l’offerta di moneta domestica, i tassi di interesse e l’inflazione. Le banche centrali possono reagire più liberamente a variazioni della domanda aggregata, della produzione e dei prezzi per raggiungere l’equilibrio interno. 9-4

Argomentazioni a favore dei cambi flessibili (segue) Stabilizzazione automatica I cambi flessibili cambiano i prezzi dei prodotti di un paese e aiutano a ridurre i “disequilibri fondamentali”. Un disequilibrio fondamentale è causato da un eccessivo aumento dell’offerta di moneta e della spesa pubblica, che portano ad inflazione, come abbiamo visto negli USA nel periodo 1965–1972. Inflazione significa che il potere di acquisto della valuta si riduce, sia internamente che a livello internazionale, e i cambi flessibili possono aggiustarsi automaticamente per tenere in considerazione questa riduzione di valore, come dovrebbe accadere secondo la PPP. 9-5

Argomentazioni a favore dei cambi flessibili (segue) Un altro disequilibrio fondamentale può essere causato da uno spostamento generale della domanda aggregata per i prodotti di un paese. I tassi di cambio flessibili si aggiusterebbero automaticamente per stabilizzare una domanda aggregata o una produzione alte o basse, mantenendo di conseguenza la produzione più vicino al suo valore normale e stabilizzando anche le variazioni dei prezzi nel lungo periodo. 9-6

Argomentazioni a favore dei cambi flessibili (segue) Effetti di una diminuzione della domanda di esportazioni. Gli effetti di una riduzione della domanda di esportazioni (indicata dallo spostamento da DD1 a DD2) sono diversi in regime di cambi flessibili e di cambi fissi. (a) Con cambi flessibili, la produzione si riduce solo a Y2 poiché il deprezzamento della valuta (da E1 a E2) sposta nuovamente la domanda verso i beni di produzione interna. (b) Con il tasso di cambio fisso a E1, la produzione si riduce fino a Y3, poiché la banca centrale riduce l’offerta di moneta (manovra rappresentata dallo spostamento da AA1 a AA2). Riduzione della domanda aggregata Il deprezzamento porta a maggior domanda e produzione di prodotti domestici I cambi fissi implicano una riduzione della produzione pari alla riduzione iniziale della domanda aggregata

Argomentazioni a favore dei cambi flessibili (segue) Nel lungo periodo, in cambi fissi si verifica un deprezzamento reale dei prodotti domestici al ridursi dei prezzi (a causa di domanda aggregata, produzione e occupazione ridotte). Nel breve e nel lungo periodo, in regime di cambi flessibili si verifica un deprezzamento reale dei prodotti domestici attraverso un deprezzamento nominale. I cambi fissi non possono sopravvivere a lungo in un mondo con politiche macroeconomiche divergenti e altre variazioni che influenzano la domanda aggregata nazionale e il prodotto nazionale in modo diverso. 9-8

Argomentazioni a favore dei cambi flessibili (segue) I cambi flessibili inoltre possono in certi casi evitare la speculazione. I cambi fissi non sono sostenibili se i mercati ritengono che la banca centrale non abbia abbastanza riserve ufficiali internazionali. 9-9

Argomentazioni contro il sistema di Bretton Woods Simmetria (non possibile nel sistema di Bretton Woods) Ora agli USA è permesso di modificare il tasso di cambio, come agli altri paesi. Gli altri paesi possono aggiustare la loro offerta di moneta per obiettivi macroeconomici, come gli Stati Uniti. 9-10

Argomentazioni contro i cambi flessibili Politiche macroeconomiche non coordinate In cambi flessibili si perde il coordinamento delle politiche monetarie attraverso i cambi fissi. La mancanza di coordinamento potrebbe causare politiche di “riallocazione della spesa”: ogni paese potrebbe voler mantenere una valuta con un basso valore per spostare la domanda verso la produzione domestica a spese delle altre economie. Al contrario, le politiche fiscali di “variazione della spesa” sono pensate per cambiare il livello di domanda aggregata nel breve periodo per i prodotti domestici e esteri. 9-11

Argomentazioni contro i cambi flessibili (segue) La mancanza di coordinamento potrebbe causare instabilità nelle singole economie: poiché la politica fiscale e monetaria di un paese grande influenza le altre economie, la domanda aggregata, la produzione e i prezzi diventano più volatili al divergere delle politiche. Domanda e produzione aggregata volatili, specialmente nei settori esportatori e concorrenti delle importazioni, porta a occupazione instabile. Si potrebbe verificare una fase di instabilità, non di stabilizzazione. 9-12

Argomentazioni contro i cambi flessibili (segue) La speculazione e la volatilità nel mercato dei cambi peggiorano, non migliorano. Se gli operatori si aspettano un deprezzamento della valuta nel breve periodo, potrebbero vendere rapidamente la valuta per realizzare profitti, anche se non ci si aspetta un deprezzamento nel lungo periodo. Le aspettative di deprezzamento portano ad un effettivo deprezzamento nel breve periodo. In precedenza abbiamo ipotizzato che le aspettative non si modificassero con shock temporanei all’economia, ma questa ipotesi non è valida se le aspettative cambiano rapidamente anticipando anche cambiamenti economici temporanei. 9-13

Argomentazioni contro i cambi flessibili (segue) Tali speculazioni tendono ad incrementare le fluttuazioni dei tassi di cambio attorno al loro valore di lungo periodo, dato che gli operatori reagiscono rapidamente alle mutevoli (interpretazioni delle) notizie economiche. In effetti, la volatilità dei tassi di cambio dal 1973 è aumentata. Ma qual è la dimensione del problema? 9-14

Argomentazioni contro i cambi flessibili (segue) Riduzione del commercio e dell’investimento internazionale causata dall’incertezza sui tassi di cambio. Ma proprio per il desiderio di ridurre questa incertezza, sono stati introdotti i contratti sui tassi di cambio a termine e i derivati per assicurarsi contro la volatilità del cambio. E l’investimento ed il commercio internazionali sono aumentati da quando il sistema di Bretton Woods è stato abbandonato. E spesso nei sistemi di cambio fisso sono necessari controlli sui flussi di capitale finanziario per evitare fughe di capitali e speculazioni sul mercato finanziario. 9-15

Argomentazioni contro i cambi flessibili (segue) Disciplina: se le banche centrali hanno la tentazione di attuare politiche monetarie inflazionistiche, l’adesione ai cambi fissi potrebbe obbligarle a non stampare così tanta moneta. Ma la tentazione potrebbe rimanere: potrebbe comunque essere necessaria una svalutazione dovuta ad una politica monetaria inflazionistica. E in cambi flessibili l’inflazione è contenuta nel paese che la crea : dopo il 1973 gli USA non hanno più potuto “esportare” inflazione. Inoltre gli obiettivi di inflazione potrebbero essere uno strumento disciplinante migliore degli obiettivi di tasso di cambio. 9-16

Argomentazioni contro i cambi flessibili (segue) Illusione di maggiore autonomia di politica monetaria. Le banche centrali devono comunque intervenire sul mercato dei cambi perché il tasso di cambio, come l’inflazione, influenza moltissimo l’economia. Ma per gli USA, la stabilità del tasso di cambio è solitamente considerata meno importante della stabilità dei prezzi e della produzione dalla Federal Reserve. 9-17

Dopo il 1973 Nel 1975, i membri del FMI si incontrarono a Rambouillet, in Francia, per permettere tassi di cambio flessibili, ma per evitare “fluttuazioni erratiche”. Nel 1976 a Kingston, in Giamaica, emendarono gli articoli dell’accordo di partecipazione al FMI per incorporare formalmente i tassi flessibili, Ma si vietava ai membri di “manipolare i tassi di cambio… per guadagnare un ingiusto vantaggio competitivo”, cioè non erano permesse politiche di riallocazione della spesa. Gli articoli approvarono la “sorveglianza” reciproca dei membri per aver la certezza di un comportamento corretto. 9-18

Dopo il 1973 (segue) A causa di una politica monetaria restrittiva e di una politica fiscale espansiva negli USA, il dollaro si apprezzò di circa il 50% nei confronti di 15 valute nel periodo 1980–1985. Ciò contribuì al crescente disavanzo del conto corrente rendendo le importazioni più economiche e i beni statunitensi più cari. 9-19

Dopo il 1973 (segue) 9-20

Dopo il 1973 (segue) Per ridurre il valore del dollaro, Germania, Giappone, Gran Bretagna e Francia annunciarono nel 1985 che sarebbero intervenuti congiuntamente nei mercati dei cambi per deprezzare il valore del dollaro. Il dollaro cadde bruscamente il giorno successivo e continuò a scendere dato che gli USA continuarono una politica monetaria più espansionistica, spingendo al ribasso i tassi di interesse. La dichiarazione è conosciuta come accordi del Plaza, perché fu realizzata all’Hotel Plaza di New York. 9-21

Dopo il 1973 (segue) Dopo la caduta del valore del dollaro, i paesi erano interessati alla stabilizzazione dei tassi di cambio. USA, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Francia e Canada annunciarono nel 1987 una nuova cooperazione, con l’impegno di stabilizzare i tassi di cambio correnti. Calcolarono delle bande di circa +/- 5% in cui i tassi di cambio correnti potevano fluttuare. L’annuncio è noto come “accordi del Louvre”, perché fu fatto al Louvre di Parigi. 9-22

Dopo il 1973 (segue) Non è del tutto chiaro se gli accordi del Louvre hanno avuto successo nello stabilizzare i tassi di cambio. Il crollo del mercato azionario nell’ottobre 1987 rese la stabilità della produzione un obiettivo primario per la banca centrale USA e la stabilità del tasso di cambio un obiettivo secondario. Dopo l’ottobre del 1987 furono decisi (segretamente) nuovi obiettivi, ma dagli inizi degli anni 90, le banche centrali non cercarono più di adeguarsi a questi o ad altri obiettivi. Anche la stabilità dei prezzi (bassa inflazione) fu un obiettivo principale della banca centrale USA, anziché la stabilità del tasso di cambio. 9-23

Dopo il 1973 (segue) Tuttavia dal 1973 si sono sviluppati molti sistemi di cambi fissi. Il Sistema Monetario Europeo e l’eurozona (studiati nel capitolo 20). La Cina ha fissato la sua valuta. I paesi ASEAN hanno considerato tassi di cambio fissi e il coordinamento della politica. Nessun sistema è corretto per tutti i paesi in tutti i periodi. 9-24

Interdipendenza dei paesi “grandi” In precedenza, abbiamo ipotizzato che i paesi fossero “piccoli”, cioè le loro politiche non influenzano i mercati mondiali. Per esempio, un deprezzamento della valuta domestica non ha un influenza significativa sulla domanda aggregata, la produzione e i prezzi nei paesi stranieri. Per paesi come il Costa Rica, questa può essere una descrizione accurata. Tuttavia, grandi economie come gli USA, l’UE, il Giappone e la Cina sono interdipendenti perché le politiche di un paese influenzano le altre economie. 9-25

Interdipendenza dei paesi “grandi” (segue) Se gli USA aumentano permanentemente l’offerta di moneta, il modello DD-AA prevede nel breve periodo: un aumento della produzione e del reddito USA. un deprezzamento del dollaro. Quali sarebbero gli effetti per il Giappone? un aumento della produzione e del reddito USA fa crescere la domanda di prodotti giapponesi, incrementando quindi la domanda aggregata e la produzione in Giappone. un deprezzamento del dollaro implica un apprezzamento dello yen, riducendo la domanda di prodotti giapponesi e quindi riducendo la domanda aggregata e la produzione in Giappone. l’effetto complessivo di (1) e (2) è ambiguo. 9-26

Interdipendenza dei paesi “grandi” (segue) Se gli USA aumentano in modo permanente la spesa pubblica, il modello DD-AA prevede: un apprezzamento del dollaro Quali sarebbero gli effetti in Giappone? un apprezzamento del dollaro implica un deprezzamento dello yen e ciò fa crescere la domanda di prodotti giapponesi e quindi aumentare la domanda aggregata e la produzione in Giappone. Quali sarebbero gli ulteriori effetti negli USA? Maggior produzione e reddito in Giappone significa che più reddito è speso nei prodotti USA, incrementando la domanda aggregata e la produzione negli USA nel breve periodo. 9-27

L’iniziativa di Chiang Mai Nel maggio 2000, i paesi ASEAN (Tailandia, Brunei, Singapore, Filippine, Malesia, Indonesia) più la Cina, la Corea del Sud e il Giappone si sono incontrati a Chiang Mai, in Tailandia. Si sono accordati per istituire una rete di finanziamento per i paesi con un disavanzo della bilancia dei pagamenti. Hanno anche considerato il coordinamento delle politiche monetarie per fissare le loro valute o creare una valuta comune in futuro. 9-28

L’iniziativa di Chiang Mai (segue) I paesi ASEAN + i 3 desideravano evitare un’altra crisi come quella che si era verificata nel 1997. Le banche non si erano assicurate (coperte) contro una riduzione del valore delle attività in valuta domestica, e ciò rese il valore delle attività inferiore a quello delle passività in valuta straniera dopo le svalutazioni, portando alla bancarotta. Le banche si aspettavano che il tasso di cambio sarebbe stato fissato, ma dal 1997 si aspettarono maggior volatilità e si assicurarono contro il rischio di cambio. Perciò, una delle ragioni per un tasso di cambio fisso (evitare crisi bancarie) era già stata ridimensionata dalle banche stesse. 9-29

L’iniziativa di Chiang Mai (segue) Alcuni paesi hanno interesse nello sviluppo di settori esportatori (es: abbigliamento, giocattoli, computer). Questi settori trarrebbero beneficio da una valuta domestica con poco valore, che rende le esportazioni convenienti nei mercati esteri. La Cina attualmente ha una valuta sottovalutata: alcune autorità politiche in altri paesi potrebbero essere interessate in una valuta con basso valore ad un cambio fisso. Ma sono necessari controlli sul capitale per evitare che i mercati comprino attività domestiche e vendano attività estere, comportamento che potrebbe minacciare la stabilità di un cambio fisso. 9-30

L’iniziativa di Chiang Mai (segue) Ma non tutti i paesi potrebbero voler seguire un cambio fisso: le banche centrali potrebbero aver come obiettivo un tasso di inflazione invece che un tasso di cambio, secondo gli obiettivi di politica macroeconomica e gli obiettivi di sviluppo. In regime di cambi flessibili, le banche centrali possono rispondere a fluttuazioni del tasso di cambio se ritengono che siano causate da flussi a breve termine di capitale finanziario. Ma variazioni di lungo periodo della domanda di esportazioni (es: giocattoli coreani) o dell’offerta di fattori (es: produttività del lavoro in Corea) potrebbero non giustificare come obiettivo un dato tasso di cambio, e la banca centrale potrebbe avere invece come obiettivo l’inflazione o altri obiettivi macroeconomici. 9-31

L’iniziativa di Chiang Mai (segue) Ogni principale membro ASEAN ha versato $150 milioni ad un fondo per i problemi alla bilancia dei pagamenti, e può ritirare fino a 2 volte il contributo in dollari, euro o yen in caso di bisogno. Inoltre, si possono realizzare prestiti bilaterali tra i paesi ASEAN e gli altri partecipanti. Ma non è chiaro se il fondo totale di circa $1 miliardo sia sufficiente per mantenere un tasso di cambio fisso. 9-32

Sommario Le argomentazioni a sostegno dei cambi flessibili sostengono che essi concedono autonomia alla politica monetaria, possono stabilizzare l’economia in caso di variazioni della domanda aggregata e della produzione e possono limitare alcune forme di speculazione. Le argomentazioni contro i cambi flessibili sostengono che possono causare politiche di riallocazione della spesa, rendere la domanda aggregata e la produzione più volatili a causa di politiche non coordinate tra i paesi e rendere più volatili i tassi di cambio. 9-33

Sommario (segue) Dal 1973, i paesi hanno intrapreso 2 principali sforzi globali per influenzare i tassi di cambio: Gli accordi del Plaza hanno ridotto il valore del dollaro rispetto alle altre principali valute. Gli accordi del Louvre ebbero lo scopo di stabilizzare i tassi di cambio, ma furono rapidamente abbandonati. I modelli per i paesi grandi considerano l’influenza che le politiche macroeconomiche domestiche hanno nei paesi stranieri. 9-34

Tassi di cambio e inflazione Andamento dei tassi di cambio e differenziali di inflazione, 1973-2003. Nel periodo dei tassi di cambio flessibili, preso nel complesso, una maggiore inflazione è stata associata ad una maggiore svalutazione delle monete. La relazione esatta prevista dalla PPP relativa non è stata comunque soddisfatta per molti paesi. Il differenziale di inflazione riportato sull’asse orizzontale viene calcolato come [(π- πUS) / (1+ πUS / 100)] utilizzando la relazione esatta della PPP in termini relativi indicata nella nota 1 del Capitolo 5. Fonte: Fondo Monetario Internazionale e Global Financial Data 9-35

Un aumento della domanda di moneta in regime di cambi flessibili. Un aumento della domanda di moneta (lo spostamento da AA1 a AA2) funziona esattamente come una diminuzione dell’offerta di moneta, provocando un apprezzamento della valuta a E2 e una diminuzione della produzione a Y2. In regime di cambi fissi la banca centrale potrebbe evitare lo spostamento della AA1 acquistando valuta estera, espandendo quindi automaticamente l’offerta di moneta in maniera da soddisfare l’aumento della domanda di moneta. 9-36

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