Lo studio del 900 Un tema: I fascismi
I fascismi Fenomeno complesso, troppo spesso semplificato fino ad aprire quasi un luogo comune Non fu un fenomeno solo italiano ma si può parlare di una dimensione internazionale del fascismo, laddove si presta attenzione ai movimenti che si imposero in Europa fra le due guerre, pur con le diversità dei casi nazionali Più difficile (ed è qui che si genera il luogo comune) attribuire lo stesso carattere ad alcuni regimi postbellici (Grecia, Cile o Portogallo) che pur ne hanno tratti similari
I fascismi Nodale è chiarire le diverse radici del fascismo e del nazismo. Lo facciamo in modo sintetico utilizzando le definizioni di due dei maggiori storici italiani che si sono occupati del fenomeno: Renzo De Felice Enzo Collotti
I fascismi Renzo De Felice: Il nazismo è un regime e un’ideologia antimoderna con al centro il problema razziale e dell’antisemitismo. In questo senso può essere definito un totalitarismo di destra Il fascismo è un regime che non pone al centro il problema razziale e antisemita (ma è un punto deole della lettura defeliciana), abbracciando in modo consapevole un’ideologia di progresso impegnandosi nella costruzione di un “uomo nuovo” all’altezza del tempo. In questo senso può essere definito un totalitarismo di sinistra
I fascismi Enzo Collotti Il fascismo è un fenomeno internazionale con in comune (nelle sue diverse espressioni) il radicale e violento rifiuto della democrazia e la lotta contro il proletariato e il bolscevismo. Il fascismo e il nazismo hanno in comune: L’essere fautori di uno stato totalitario (fallito in Italia) Il partito unico e la figura del dittatore (molto diversi nei due regimi) La strutture gerarchica del potere e della società, pervasa da organizzazioni di massa (è un segno dell’ambigua modernità dei due regimi rispetto allo stato liberale) Organizzazione economica corporativa Entrambi imperialisti e fautori del revisionismo di Versailles e di un Nuovo Ordine Mondiale/Europeo
I fascismi Nei due autori (a fronte dei grandi risultati storiografici cui sono giunti) possiamo individuare alcuni punti deboli Nel fascismo e nel nazismo è diversa la concezione e la realizzazione dello stato totalitario (totalitarismo imperfetto) La figura del dittatore è diversa: nel fascismo è un tutt’uno con il popolo, nel nazismo è un tutt’uno con la nazione e con essa si identifica (cultura, tradizione) Il fascismo nasce 10 anni prima in un contesto molto diverso dal 1933 (non abbiamo la crisi del 1929) Il problema del consenso: centrale nella ricostruzione di De Felice, secondario in quella di Collotti Il problema della politica estera: ondivaga in De Felice centrale e progettuale nel quadro dei nuovi equilibri di potenza in Collotti
I fascismi Fra i tanti risultati cui i due autori sono giunti vale soffermarsi su: La lettura di Collotti permette di misurare: il grado di attrattività dei due modelli (fascismo italiano e nazismo) rispetto all’ampio arco di movimenti che in qualche modo si richiamano ad essi e che sono presenti anche nelle democrazie occidentali L’esistenza di un progetto di lungo periodo per un Nuovo Ordine Europeo La lettura di De Felice ci deve far soffermare: sul diverso grado di maturità e di realizzazione dei propri obbiettivi, raggiunto dall’Italia e dalla Germania nel corso degli anni 30 e durante il conflitto (la p.e. ma anche la progettualità culturale e teorica) Sulla questione del consenso che il fascismo ottenne fino al 1936, anche se si trattò molto probabilmente di un consenso in gran parte passivo, ben diverso dalla situazione germanica (Togliatti)
Il fascismo italiano La fase delle origini così come quella delle conclusioni ha avuto un larghissimo spazio di studi e ricerca Prima vera storia è A.Tasca, “Nascita e avvento del fascismo”, (1950, ma è del 1938) dove emerge l’esigenza della generazione approdata alla democrazia repubblicana di confrontarsi con le valutazioni dei contemporanei: B.Croce: fascismo “parentesi” in un corso sostanzialmente positivo della storia italiana P.Gobetti: fascismo come “rivelazione” delle distorsioni e della non rappresentanza dello stato liberale A.Gramsci: ha interpretato il fascismo in rapporto alla debolezza delle classi dirigenti italiane e ai limiti nel processo di unificazione politica e modernizzazione economica nella storia d’Italia, ma non ha mai inteso questo sbocco come esito inevitabile di quel processo, lo ha ritenuto storicamente determinato, all’opposto di quanto ha fatto Croce che, da filosofo idealista, ha definito il fascismo come malattia improvvisa all’interno di un corpo sano
Il fascismo italiano Renzo De Felice: a lui si deve il più ampio studio sul fascismo che, pur partendo e rimanendo sulla figura di Mussolini, disegna una storia d’Italia negli anni della dittatura. Non possiamo toccare tutti gli spunti che essa contiene ma soffermarci su alcune delle tesi più controverse cui in parte abbiamo già fatto cenno: “rivoluzionario”, “presa del potere”, “consenso”, “politica estera”
Il fascismo italiano “Rivoluzionario”: esiste una continuità nel Mussolini socialista rivoluzionario, nel Mussolini interventista e fondatore dei Fasci di Combattimento “Presa del potere”: autonoma iniziativa mussoliniana indipendente dalle forze economiche e dalla classe dirigente dominante “Consenso”: basandosi principalmente sui rapporti di polizia incentra l’apice del consenso al regime negli anni della crisi economica (1929-1932) più che nel 1936 dove è si più diffuso ma più superficiale. Aggiunge che il dissenso si genera nella piccola borghesia piuttosto che nelle classi subalterne “Politica estera”: ne attenua l’aggressività e il revisionismo, e la concentra sulla pratica del “pendolo” e del “peso determinante”. Sia negli anni 20 quando è “cauta”, sia negli anni 30 (guerra d’Etiopia 1936, guerra di Spagna 1936-1939, Patto d’Acciaio 1939) quando diviene “aggressiva”, De Felice accredita a Mussolini la disponibilità ad un accordo con l’Inghilterra e un uso strumentale dei raporti con la Germania
Il fascismo italiano Quali sono oggi le valutazioni, le debolezze e le forze di questi temi interpretativi? Da un punto di vista metodologico: le critiche si concentrano sulla lettura acritica delle fonti utilizzate che rispecchiano esclusivamente il punto di vista del regime e dei gerarchi, senza allargarsi (lavori diversi sono stati curati da Quazza e N.Tranfaglia che hanno registrato il dissenso di molti storici Carocci, Castronovo, Collotti, Rochat)
Il fascismo italiano Sulla conquista del potere: A.Lyttelton (La conquista del potere. Il fascismo 1919-1929), fra gli altri, ne identifica le origini tra il 1919 e il 1922 spingendosi al 1925 e spinge la conquista del potere dal 1921 al 1929 (Patti Lateranensi) segnalando due elementi: la sua “gradualità” nel percorso, la sua impossibilità di essere totalitario proprio in quanto ottenuto stabilmente dopo la firma del Concordato
Il fascismo italiano Sulla politica estera e sulle conseguenti guerre fasciste: Le posizioni del fascismo sono aggressive e revisioniste ancor prima della presa del potere (Rumi, ma anche Collotti con il Nuovo Ordine che ne identifica un progetto imperiale, già adombrato negli studi di Carocci) Il rapporto con la Germania da una parte e con l’Inghilterra dall’altra mantiene ancora oggi molti spunti di interesse specie su particolari avvenimenti collegati alla capacità di destabilizzazione del fascismo prima e dopo la salita al potere di Hitler
Il fascismo italiano Sul consenso (che rimane uno dei temi più controversi): il regime ricevette consenso nei modi che questo era costretto ad esprimersi dal sistema repressivo. Rimaneva comunque un consenso strumentale e non un’adesione. Torneremo a parlarne affrontando la società di massa e nell’utilizzo politico degli strumenti propri del regime (tempo libero, PNF, organizzazioni del partito e fascistizzazione della società)
Il fascismo italiano Sul “rivoluzionarismo”: il fascismo e Mussolini sono espressione dell’incapacità di comprendere il conflitto ma anche, se non soprattutto, le caratteristiche dell’ingresso delle masse nello stato e nella società. Più che di rivoluzionarismo continuo si deve parlare della identificazione, definizione e allargamento di uno spazio politico nell’Italia post-bellica e, quindi, delle capacità politiche di Mussolini di costruirsi una strada per il potere. Una volta raggiunto, questo rivoluzionarismo riemergerà nella fase della sua morte (la RSI)
Il fascismo italiano Il tentativo totalitario: è inficiato dall’esistenza della monarchia e della Chiesa (A.Acquarone) L’ordinamento corporativo: sostanzialmente inconsistente anche se propagandato lungo tutto il ventennio come il vero superamento della lotta di classe (Acquarone) Il PNF: Ruolo di selettore di una nuova classe dirigente e luogo di compensazione per gli esclusi dalle cariche pubbliche. Un’azione fallita (P.Pombeni – taglio politologico) Protagonista dagli anni 30 del tentativo totalitario nella società e nello stato (E.Gentile – tesi in contrasto con Pombeni e con Acquarone che ne aveva ridimensionato drasticamente l’operatività politica a favore della figura del Duce)
Il fascismo italiano Economia: le impostazioni di studio più interessanti (anni 70 e 80) sull’economia durante il regime, che hanno avviato una rinnovata stagione di studio, si possono raccogliere su tre linee principali Durante il regime si è assistito ad una contraddittoria modernizzazione del capitalismo italiano Il regime compì una vera e propria scelta industrialista La svolta dirigista imposta dopo la crisi del 1929 anticipa alcuni caratteri del sistema economico posteriore al 1945 Ne consegue anche una rinnovata centralità nello studio del rapporto tra capitale e lavoro, che ha permesso di far emergere la natura contraddittoria del sindacalismo fascista: strumento di controllo sociale, elemento nodale nella propaganda e nella politica del regime, sostanziale antidemocraticità della rappresentanza degli interessi
Il fascismo italiano Ceto medio e impiegatizio: il fascismo persegue con successo una nazionalizzazione culturale dei ceti medi, in forme standardizzate, attraverso la scuola e le organizzazioni di massa; ne consegue che, con la creazione di una “cultura media di massa”, offre un contributo alla modernizzazione del paese (V.De Grazia, “Il regime e gli impiegati” – 1992) I ceti medi – va ricordato – sono: quelli che più di altri subiscono il trauma “politico” della guerra; sono tra i principali oggetti costituenti lo spazio politico del fascismo nella fase iniziale; sono “compressi” negli anni della crisi economica
Il fascismo italiano L’ideologia fascista è stata affrontata in particolare da E.Gentile in due volumi principali: “le origini dell’ideologia fascista (1918-1925) e “il mito dello stato nuovo dall’antigiolittismo al fascismo” Due le tesi principali: L’ideologia fascista segue 2 fasi: la prima fino al 1921 durante la quale tenta di dare un senso politico all’esperienza di guerra ed al combattentismo; la seconda caratterizzata dall’acquisizione di una base sociale nella piccola e media borghesia e dalla elaborazione di una ideologia centrata sul primato della politica nel quadro di una concezione totalitaria che assegnava alle masse un puro ruolo di supporto e di adesione passiva, in antitesi con i principi della rivoluzione francese e delle ideologie democratiche La seconda che si concentra sulla capacità di un gruppo di intellettuali (Marinetti, Rocco, Bottai, Papini e Prezzolini) di tentare la costruzione di uno stato capace di nazionalizzare ampi strati sociali per neutralizzare la società di massa incombente; questo mito nasce in realtà nel periodo giolittiano e il fascismo tenta di tradurlo nella realtà del suo regime senza riuscirci.
L’antifascismo Un argomento intensamente studiato per un periodo più del fascismo stesso, ma con il limite di non connettere i due fenomeni, studiandoli in parallelo Molto spesso gli studi sull’antifascismo sconfinano in quelli sulla resistenza armata Studi di riferimento: S.Colarizi, L’Italia antifascista dal 1922 al 1940”; E.Collotti, “L’antifascismo in Italia e in Europa”