La comunicazione non verbale fra natura e cultura

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La comunicazione non verbale fra natura e cultura La comunicazione è un’attività complessa che fa riferimento a una molteplicità diversificata e contemporanea di differenti sistemi di significazione e di segnalazione Entro l’ambito della comunicazione non verbale (CNV), è compreso un insieme di fenomeni e di processi comunicativi, quali: le qualità prosodiche e paralinguistiche della voce, la mimica facciale, i gesti, lo sguardo, la prossemica e l’aptica, la cronemica, per giungere fino alla postura, all’abbigliamento e al trucco

Secondo la psicologia ingenua Origine della CNV Secondo la psicologia ingenua è più spontanea e “naturale” della comunicazione verbale, meno soggetta a forme di controllo volontario rappresenta una sorta di “linguaggio del corpo” e, in quanto tale, universale, esito dell’evoluzione filogenetica e regolato da precisi processi e meccanismi nervosi

Coevoluzione fra gene (natura) e ambiente (cultura) Le strutture nervose e i processi neurofisiologici condivisi in modo universale a livello di specie umana sono organizzati in configurazioni differenti secondo le culture di appartenenza Si integrano processi elementari automatici con processi volontari e consapevoli La variabilità della consapevolezza e del grado di controllo procede lungo un continuum neurofisiologico, da manifestazioni involontarie a manifestazioni pienamente consapevoli ed esplicite

La flessibilità e plasticità della CNV pongono le condizioni per le possibilità di apprendimento di diverse modalità comunicative non verbali Vengono attivati importanti processi di condivisione convenzionale all’interno di ogni comunità di partecipanti; le predisposizioni genetiche sono declinate, di volta in volta, secondo linee e procedure distinte e differenziate che conducono a modelli diversi e, talvolta, assai distanti fra loro sul piano dei sistemi non verbali di interazione

Continuità e discontinuità fra comunicazione verbale e non verbale L’atto comunicativo è prodotto dal comunicatore e interpretato dal destinatario sulla base di una molteplicità di sistemi di significazione e di segnalazione Sistemi non verbali di significazione e segnalazione, cui un parlante deve fare riferimento assieme al codice linguistico Ciascuno produce una specifica porzione di significato che partecipa alla configurazione finale del significato medesimo

Il verbale non esiste senza il verbale La comunicazione verbale si è costituita sulla piattaforma non verbale di comunicazione. Senza le premesse delle pratiche non verbali il linguaggio non sarebbe mai sorto nella nostra specie. Esiste quindi un’asimmetria strutturale fra linguaggio e sistemi non verbali in quanto il linguaggio non è indipendente, ma è sempre supportato dal dispositivo non verbale.

Differenze fra verbale e non verbale lungo tre assi A. Digitale vs. Analogico Codice linguistico = digitale I fonemi sono tratti diacritici distintivi e oppositivi CNV = analogico Gli aspetti non verbali presentano variazioni continue e graduate in modo proporzionale a ciò che intendono esprimere Non si tengono in debito conto i processi e le variazioni culturali e convenzionali sottese alla produzione e alla regolazione della CNV; anche i sistemi non verbali presentano aspetti di arbitrarietà e sono influenzati dagli standard culturali

B. Denotativo vs. connotativo Verbale = denotazione Funzione semantica: il linguaggio designa e veicola i contenuti (il “che cosa” viene detto); informazione semantica Non verbale = connotazione Funzione espressiva: modalità con cui le informazioni e i contenuti sono veicolati (il “come” viene detto); informazione affettiva Ipotesi attualmente poco sostenibile e giustificabile: significato = convergenza di una molteplicità di componenti (verbali e non verbali)

C. Arbitrario vs. motivato Segno linguistico = arbitrario Combinazione di un significante e di un significato; rapporto di semplice contiguità CNV = motivato Gli elementi della CNV trattengono degli aspetti della realtà che intendono evocare; rapporto di similitudine fra l’unità non verbale e quanto viene espresso Ipotesi messa in dubbio dallo studio sull’iconismo fonosimbolico: i suoni di una lingua, oltre al carattere di arbitrarietà, hanno anche una funzione evocativa (onomatopee, sinestesie)

Autonomia e interdipendenza semantica dei sistemi non verbali Concezione integrata fra gli aspetti verbali e quelli non verbali nella definizione del significato di un atto comunicativo Processo di interdipendenza semantica (sintonia semantica + pragmatica): garantisce l’unitarietà e la coerenza del significato Parimenti, ogni sistema è dotato di una relativa autonomia, in quanto concorre in modo specifico e distinto a generare il profilo finale del significato

Calibrazione situazionale: messaggio che idealmente copre le opportunità a sua disposizione, giungendo alla produzione del “messaggio giusto al momento giusto” Efficacia comunicativa: capacità di individuare un percorso comunicativo che massimizzi le opportunità e che minimizzi i rischi contenuti all’interno di un’interazione Oscillazione del significato fra stabilità e instabilità; non vi è mai un significato completamente stabile o uno completamente instabile, ma un significato stabile che presenta aree di instabilità

I nostri movimenti implicano la produzione Il sistema cinesico Comprende i movimenti del corpo, del volto e degli occhi I nostri movimenti implicano la produzione e la trasmissione di significati

Ipotesi globale delle espressioni facciali La mimica facciale Movimenti del volto: sistema semiotico privilegiato; manifestazione di determinati stati mentali del soggetto, esperienze emotive, atteggiamenti interpersonali Ipotesi globale delle espressioni facciali Le configurazioni espressive del volto per manifestare i diversi stati emotivi sono gestalt unitarie e chiuse, universalmente condivise, sostanzialmente fisse, di natura discreta, specifiche per ogni emozione e controllate da definiti e distinti programmi neuromotori innati

Teoria neuroculturale Ekman, due livelli di analisi Livello molecolare Movimenti minimi e distinti dei numerosi muscoli che consentono l’elevata mobilità ed espressività del volto; regola l’azione del programma nervoso motorio Livello molare Configurazione finale risultante; si manifesta nell’assumere una determinata espressione facciale come corrispondente a una data esperienza emotiva; regole di esibizione e modificazione dell’espressione emotiva

Facial Action Coding System (FACS, Ekman e Friesen): Sistema di osservazione e di classificazione di tutti i movimenti facciali visibili in riferimento alle loro componenti anatomo-fisiologiche corrispondenti Continuum indifferenziato dei movimenti facciali: 44 unità di azione (AU) analisi di oltre 7000 movimenti ed espressioni facciali in tutte le loro combinazioni

Ipotesi globale + teoria neuroculturale Corrispondenza isomorfa fra le espressioni facciali delle emozioni e i programmi neuromotori corrispondenti Limiti: non sono in grado di precisare i programmi neuromotori le componenti molecolare e molare costituiscono due componenti distinte, non confondibili tra loro la teoria neuroculturale è una teoria bifattoriale (fattore genetico + fattore culturale), di natura meccanicistica e additiva, che si limita a “combinare” e ad accostare semplicemente insieme questi due fattori

Ipotesi dinamica delle espressioni facciali Processo sequenziale e cumulativo presente in ogni espressione facciale; risultato della progressiva accumulazione e integrazione dinamica degli esiti delle singole fasi della valutazione della situazione interattiva ed emotiva Espressioni facciali = configurazioni motorie momentanee, dotate di una elevata flessibilità e variabilità, in grado di adattarsi attivamente e in continuazione alle condizioni contingenti della situazione Assumono un valore modale, essendo ricorsive e presentando una certa uniformità in riferimento alle interazioni comunicative

Il valore emotivo vs. comunicativo delle espressioni facciali Prospettiva emotiva (Ekman e Izard) Isomorfismo fra emozione ed espressione facciale Semantica delle espressioni facciali (Wierzbicka) Le espressioni facciali manifestano un significato oggettivo e invariante, indipendente dal contesto e universalmente intelligibile Tale significato è di natura iconica, generato dalla combinazione componenziale di otto unità motorie minime, su base autoriferita

Prospettiva emotiva + ipotesi dell’universalità Ricerca a sostegno della prospettiva emotiva: Friesen: ripresi di nascosto, soggetti americani e giapponesi hanno prodotto espressioni facciali simili in risposta ai medesimi stimoli Ricerca a sostegno dell’ipotesi dell’universalità: Ekman e Friesen: soggetti appartenenti a culture diverse hanno presentato valori simili e concordanti nella capacità di riconoscere le emozioni attraverso le corrispondenti espressioni facciali volontarie (o mimate)

Prospettiva emotiva + ipotesi dell’universalità Limiti di queste ricerche: il materiale usato come stimolo accentua i movimenti facciali in modo stereotipato si è fatto ricorso a un disegno sperimentale within-subject che favorisce l’addestramento e l’apprendimento i soggetti dovevano scegliere la loro risposta entro un elenco limitato di etichette emotive; una “scelta forzata” che aumenta di molto la percentuale delle risposte corrette rispetto alla tecnica della “scelta libera” è probabile che i soggetti preletterati siano stati influenzati dai feedback forniti dai mediatori culturali

Ipotesi dell’universalità minima (Russel e Fernández-Dols) Esiste un certo grado di somiglianza fra le culture nell’interpretazione delle espressioni facciali, senza tuttavia prevedere un sistema innato di segnalazione degli stati psicologici, anche se si riconosce la probabilità che in certe condizioni si possano compiere inferenze accurate

La prospettiva comunicativa Ecologia comportamentale = Le espressioni facciali hanno un valore eminentemente comunicativo, poiché manifestano agli altri le intenzioni del soggetto in base al contesto contingente Valore sociale intrinseco delle espressioni facciali: consentono di comunicare agli altri in maniera flessibile i propri obiettivi e interessi Socialità implicita: le persone producono espressioni sociali anche quando sono da sole, in quanto si è sempre in presenza di un uditorio implicito

Dissociabilità fra interno (esperienza soggettiva) ed esterno (manifestazione) Scompare la distinzione fra espressione “autentica” (suscitata in modo automatico dal programma nervoso corrispondente) ed espressione “falsa” (generata dall’intervento delle regole di esibizione per motivi culturali) Importanza fondamentale del contesto

Il sorriso Secondo numerosi studiosi (Darwin; Ekman): sorriso = espressione universale di un’esperienza più o meno intensa di gioia Secondo ricerche più recenti (Fernández-Dols): il sorriso non ha un legame né necessario né sufficiente con le emozioni, bensì è strettamente connesso con l’interazione sociale Sorriso = promotore dell’affinità relazionale (impiegato al fine di stabilire e mantenere una relazione amichevole con gli altri) Sorriso = regolatore dei rapporti sociali (la sua frequenza e intensità sono governate dal potere sociale e dal genere)

Il contatto oculare (o sguardo reciproco) aumenta l’attivazione Lo sguardo Il contatto oculare (o sguardo reciproco) aumenta l’attivazione nervosa in molte specie, compresa quella umana Passo fondamentale per l’avvio di qualsiasi rapporto interpersonale

La durata dello sguardo In genere la durata dello sguardo è di 3 secondi La durata dei contatti visivi è pari a 1,5 secondi Nelle culture occidentali prevale uno sguardo diretto che comunica fiducia e apertura mentre in quelle orientali lo sguardo diretto è presente solo tra familiari Nelle culture orientali si compiono inferenze riferite al volto altrui meno accurate ma questa tendenza è compensata da un’estrema attenzione al contesto

2. La fissazione oculare: sguardo prolungato e duraturo fra due persone che non può essere ignorato Può avere valore di minaccia e di pericolo È caratteristico delle situazioni di seduzione e di innamoramento; altri segnali di attrazione sessuale sono: lo “sguardo laterale” la dilatazione della pupilla Nelle conversazioni asimmetriche, chi è in una posizione di potere tende a guardare di più e più a lungo l’interlocutore che non viceversa Differenze culturali nel prolungamento dello sguardo

3. Sguardo e genere Le donne sono più pronte allo sguardo reciproco e guardano in media di più e più a lungo degli uomini Le donne dimostrano una migliore competenza nella comprensione del significato altrui. Sono altresì più attente ai microindizi oculari

4. Lo sguardo e la gestione dell’immagine personale Sguardo = segnale comunicativo efficace per generare e gestire un determinato profilo della propria immagine personale Chi guarda il partner dimostra maggiore competenza generale Serve a regolare il rapporto di vicinanza o di distanza con le altre persone nella gestione dell’intimità Favorisce la cooperazione, facilitando la comunicazione di intenti positivi di condivisione È un segnale potente per chiedere e ottenere il consenso al proprio punto di vista

5. Sguardo e conversazione Nelle culture occidentali serve per inviare e raccogliere informazioni, nonché per acquisire il feedback del partner Segnale efficace per gestire la regolazione dei turni segnale di appello (disposizione a iniziare un’interazione) Funzione di sincronizzazione (evitare le sovrapposizioni) Funzione di monitoraggio (controllare l’interazione con il partner) Funzione di segnalazione (manifestare le proprie intenzioni)

Il sistema vocale La voce manifesta e trasmette numerose componenti di significato oltre alle parole Nell’atto di pronunciare una parola, assieme agli elementi linguistici sono intrinsecamente associati gli aspetti prosodici dell’intonazione e quelli paralinguistici del tono, del ritmo e dell’intensità dell’eloquio La sintesi degli aspetti vocali verbali e non verbali costituisce l’atto fonopoietico [Anolli e Ciceri] Riferimento al canale vocale-uditivo: richiede una quantità minima di energia fisica, consente la trasmissione e ricezione dei segnali a distanza, assicura un feedback completo e ha una rapida evanescenza

Le componenti della comunicazione vocale La voce è una sostanza fonica, composta da una serie di fenomeni e processi vocali I riflessi (lo starnuto, la tosse ecc.), i caratterizzatori vocali (il riso, il pianto ecc.) e le vocalizzazioni (le “pause piene”) Le caratteristiche extra-linguistiche (caratteristiche anatomiche permanenti ed esclusive dell’individuo): organiche e fonetiche Le caratteristiche paralinguistiche (insieme delle proprietà acustiche transitorie che accompagnano la pronuncia di un enunciato e che possono variare da situazione a situazione)

Le caratteristiche paralinguistiche Determinate da diversi parametri Il tono: frequenza fondamentale (Fº) della voce; l’insieme delle variazioni di tono determina il profilo di intonazione L’intensità: volume della voce; è connessa con l’accento enfatico Il tempo: determina la successione dell’eloquio e delle pause; comprende la durata (tempo necessario per pronunciare un enunciato, comprese le pause), la velocità di eloquio (numero di sillabe al secondo comprese le pause), la velocità di articolazione (numero di sillabe al secondo escluse le pause), la pausa (sospensione del parlato: pause piene = uso di vocalizzazioni tipo mhm, ehm ecc.; pause vuote = periodi di silenzio)

componente vocale verbale (o linguistica): Atto fonopoietico Due componenti: componente vocale verbale (o linguistica): la pronuncia di una parola o frase (fonologia) il vocabolario (lessico e semantica) componenti vocali non verbali: determinano la qualità della voce di un individuo; “impronta vocalica” generata dall’insieme delle caratteristiche extra-linguistiche e paralinguistiche

Il silenzio Modo strategico di comunicare. Il suo significato varia con le situazioni, con le relazioni e con la cultura di riferimento Il valore comunicativo del silenzio è da attribuire alla sua ambiguità Legami affettivi (unione/separazione) Funzione di valutazione (approvazione/disapprovazione) Processo di rivelazione (trasparenza/opacità) Funzione di attivazione (concentrazione/dispersione mentale)

Il silenzio presenta importanti variazioni culturali Regia del silenzio: insieme complesso di standard sociali che governano il silenzio situazioni sociali in cui la relazione fra i partecipanti è incerta, poco conosciuta, vaga o ambigua situazioni sociali in cui vi è una distribuzione nota e asimmetrica di potere sociale fra i partecipanti Il silenzio presenta importanti variazioni culturali Culture occidentali (individualistiche): silenzio = minaccia, mancanza di cooperazione per la gestione della conversazione Culture orientali (collettivistiche): silenzio = indicatore di fiducia, di confidenza, di armonia e di intesa

Il sistema prossemico e aptico Sistemi di contatto prossemica Percezione, organizzazione e uso dello spazio, della distanza e del territorio nei confronti degli altri aptica Insieme di azioni di contatto corporeo con un altro

Prossemica e territorialità L’uso dello spazio e della distanza implica un equilibrio instabile fra processi affiliativi (di avvicinamento) ed esigenze di riservatezza (di distanziamento) Gestione della propria territorialità Territorio: area geografica che assume risvolti e significati psicologici nel corso degli scambi di comunicazione

Prossemica e territorialità Regolazione della distanza spaziale = buon indicatore della distanza comunicativa fra le persone. Diversi tipi di distanza Zona intima (fra 0 e 0,5 m circa): distanza delle relazioni intime Zona personale (fra 0,5 e 1 m circa): area invisibile che circonda in maniera costante il nostro corpo zona sociale (fra 1 e 3,5/4 m): distanza per le interazioni meno personali Zona pubblica (oltre i 4 m): distanza tenuta in situazioni pubbliche ufficiali

Prossemica e territorialità Differenze culturali nella prossemica Cultura della distanza La distanza interpersonale è grande, angolazione obliqua e ogni riduzione spaziale è percepita come invasione Cultura della vicinanza La distanza interpersonale è ridotta, angolazione diretta e la distanza è valutata come freddezza e ostilità

Aptica e contatto corporeo Azioni di contatto corporeo nei confronti degli altri Aptica Sequenze di contatto reciproco Due o più azioni di contatto compiute in modo reciproco nel corso della medesima interazione Contatto individuale Unidirezionale e rivolto da un soggetto a un altro

Nei rapporti amorosi, il contatto corporeo invia messaggi di affetto, di coinvolgimento e di attrazione sessuale; in pubblico, assume il valore comunicativo di segno di legame Il contatto corporeo può comunicare una relazione di dominanza e di potere In numerose circostanze il contatto fisico è regolato attraverso rituali che vi attribuiscono uno specifico significato legato al contesto d’uso Il contatto corporeo ha una molteplicità di effetti, spesso fra loro contrapposti Esistono rilevanti differenze culturali (culture del contatto, come quella araba e latina vs. culture del non contatto, come le culture nordiche, quella giapponese e quella indiana)

Il sistema cronemico Modo con cui gli individui percepiscono e usano il tempo per organizzare le loro attività e per scandire la propria esperienza La cronemica, che fa parte della cronobiologia, è influenzata dai ritmi circadiani (= cicli fisiologici e psicologici del soggetto nel periodo delle 24 ore Cicli infradiani (ciclo superiore a un giorno) Cicli ultradiani (diversi cicli al giorno)

Il sistema cronemico La configurazione temporale dei ritmi circadiani è determinata da agenti sincronizzatori ambientali I ritmi circadiani sono influenzati dall’azione di un orologio biologico interno (orologio circadiano) che va più lentamente quando non è governato dai fattori ambientali Presentano rilevanti variazioni connesse con i fattori socioculturali (sincronizzatori)

Il sistema cronemico Culture veloci Culture lente Prospettiva temporale orientata al futuro, qualificata dalla pianificazione di un traguardo a medio e a lungo termine (obiettivo distale); vincoli temporali molto forti, favoriscono un’organizzazione delle attività secondo una scansione temporale che prevede di realizzare un’attività per volta (monocronia) Culture lente Prospettiva temporale orientata al passato (tradizione) e al presente, senza l’esigenza di una programmazione anticipata che comprenda un esteso arco temporale (obiettivi prossimali); la modesta suddivisione dei lavori e la limitata specializzazione del tempo consentono la compresenza di diverse attività svolte nel medesimo tempo (policronia)

Principali funzioni della comunicazione non verbale La metafunzione relazionale della comunicazione non verbale La CNV partecipa in modo attivo e autonomo a produrre il significato di qualsiasi atto comunicativo La CNV fornisce una rappresentazione spaziale e motoria della realtà, non una rappresentazione proposizionale Risulta poco idonea a definire e a trasmettere conoscenze

Grado limitato di convenzionalizzazione: CNV viene lasciata a forme di apprendimento latente e implicito Alla CNV è affidata la componente relazionale della comunicazione: “che cosa” è comunicato (componente proposizionale); “come” è comunicato (componente relazionale) I segnali non verbali servono a generare e a sviluppare una interazione con gli altri (metafunzione della CNV) Sono fondamentali per mantenere e rinnovare le relazioni nel corso del tempo

Sono particolarmente efficaci nel cambiare una relazione in corso; il cambiamento psicologico delle relazioni passa in modo prevalente attraverso il cambiamento dei segnali non verbali Sono utili per gestire e regolare l’estinzione di una relazione, intervenendo nel processo di mediazione per la separazione L’efficacia relazionale della CNV dipende dalla stretta connessione che esiste fra interazione e relazione

I gesti Azioni motorie coordinate e circoscritte, volte a generare un significato e indirizzate a un interlocutore, al fine di raggiungere uno scopo Tipologia dei gesti Gesticolazione (o gesti iconici o lessicali): “illustratori” o “gesti ideativi”; accompagnano l’azione del parlare; scarsamente convenzionalizzati (sono idiosincratici) Pantomima: rappresentazione motoria e imitazione di azioni, di scene o di situazioni Emblemi (o gesti simbolici): “gesti semiotici”; sono notevolmente convenzionalizzati e codificati

Gesti deittici: movimenti, di norma compiuti con l’indice, per indicare un certo oggetto, una direzione o un evento a distanza Gesti motori (o percussioni): movimenti semplici, ripetuti in successione e ritmici; possono accompagnare il discorso o essere prodotti da soli Linguaggio dei segni: sistema dei segni impiegato dai sordomuti; ha le proprietà di un linguaggio vero e proprio in termini di arbitrarietà nella relazione fra segno e referente

Gesti = parte integrante del discorso Gesti e parole Gesti = parte integrante del discorso interdipendenza tra gesto e parola Modo spaziale di rappresentazione simbolica Integrano il percorso proposizionale del significato attivato dal linguaggio I gesti iconici (o lessicali) contribuiscono a rendere più preciso e completo il significato di un enunciato Possono aggiungere importanti porzioni di significato alle parole Svolgono un’azione pragmatica nei confronti dell’enunciato

I gesti presentano rilevanti variazioni culturali, soprattutto in Gesti e culture I gesti presentano rilevanti variazioni culturali, soprattutto in riferimento agli emblemi e al linguaggio dei segni Per esempio, il gesto della mano a borsa, pressoché sconosciuto in Inghilterra, ha un significato di interrogazione e perplessità nell’Italia meridionale, significa buono in Grecia, lentamente in Tunisia, paura nella Francia meridionale e molto bello presso alcune comunità arabe Per quel che riguarda i gesti iconici (o lessicali), gli italiani del sud, per esempio, fanno ampio uso di gesti fisiografici, mentre gli ebrei di lingua yiddish impiegano gesti ideografici