RELAZIONE ESAME: DIRITTO REGIONALE E DEGLI ENTI LOCALI

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RELAZIONE ESAME: DIRITTO REGIONALE E DEGLI ENTI LOCALI L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA ( Il sistema delle autonomie locali, L. Vandelli, cap.11) Di Lapo Cecconi

L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA L’organizzazione degli enti locali e il regime del relativo personale sono stati sempre contrassegnati: rigidità e omogeneità degli assetti; disciplina pienamente pubblicistica dell’impiego; sovrapposizione e confusione di ruoli e funzioni tra gli organi di governo e i funzionari; stabilità negli incarichi amministrativi; scarsa responsabilizzazione; propensione maggiore al rispetto delle regole che non al conseguimento dei risultati.

L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA Su questo consolidato sistema, le riforme degli anni ’90 hanno introdotto novità radicali, ispirate all’ambito privato, introducendo: criteri di flessibilità organizzativa, temporaneità degli incarichi dirigenziali, responsabilizzazione della dirigenza, distinzione della sfera politica, perseguimento di obiettivi di funzionalità ed economicità di gestione.

L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA Accanto a questa trasformazione dell’organizzazione amministrativa e del pubblico impiego mutamenti di fondo hanno riguardato gli aspetti più tipici e peculiari dell’organizzazione comunale provinciale. Infatti tale organizzazione presentava una notevole uniformità degli assetti in particolar modo grazie alla presenza determinante del segretario, che essendo da un lato nominato dal ministero degli Interni e da questo dipendente e, dall’altro collocato in posizione di vertice dell’apparato proprio dell’ente locale, costituiva un robusto elemento di omogeneizzazione, controllo e centralizzazione del funzionamento e dell’azione amministrativa dei comuni e delle province.

L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA Il percorso evolutivo di innovazione: avviato nel ’90, con il riconoscimento dell’autonomia regolamentare in materia di organizzazione degli uffici e dei servizi; proseguito nel ’97 con il ripensamento della collocazione del segretario e con l’introduzione del direttore generale; concluso con il riconoscimento costituzionale del 2001, quando il nuovo art. 117 sancisce la potestà regolamentare di Comuni, Province e Città metropolitane in ordine alla disciplina dell’organizzazione.

L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA Le trasformazioni sviluppatesi negli anni ’90 hanno inciso profondamente, in principio, sul sistema delle fonti che regolano l’organizzazione e il personale degli enti locali. Infatti l’affermarsi dei principi di privatizzazione del pubblico impiego ha comportato un ridimensionamento della disciplina pubblicistica unilaterale (leggi, regolamenti, provvedimenti), a favore delle fonti contrattuali (contratti collettivi e individuali) cui spetta regolare ogni aspetto del rapporto di lavoro che, a questo punto, anche per i dipendenti delle pubbliche amministrazione è ora retto dal codice civile (capo I, Titolo II, del libro V);

L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA mentre sono riservati alla disciplina pubblicistica i profili relativi alla organizzazione degli uffici essendo demandati ad atti unilaterali adottati dalle amministrazioni pubbliche, secondo principi generali fissati da disposizioni di leggi. Sul versante dell’organizzazione si è prodotto l’effetto di ampliamento degli spazi di autonomia locale, grazie allo statuto del Comune o della Provincia che individua le linee del disegno generale dell’amministrazione, la sua filosofia, il suo impianto di fondo (il t.u. del 2000 art. 6 comma 2, include tra i contenuti dello statuto “norme fondamentali dell’organizzazione dell’ente”e “ i criteri generali in materia di organizzazione dell’ente”).

L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA Nello schema delle disposizioni statutarie, spetta ai “regolamenti, in conformità con lo statuto, definire l’ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e secondo principi di professionalità e responsabilità” (t.u. art. 89). Il regolamento sull’ordinamento degli uffici era tradizionalmente riservato (come anche nella l. 142 del 1990) come tutti i regolamenti, alla competenza del Consiglio.

L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA Con le riforme del 1997 ( legge 127) è stato demandato alla competenza della Giunta nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio (t.u art.48 comma 3: “ è altresì di competenza della giunta l’adozione dei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi” ). Questi criteri generali non possono “dettagliarsi al punto da dare indirizzi di tipo gestionale all’organo esecutivo”. È stato ricercato un nuovo bilanciamento tra poteri dell’assemblea e poteri dell’esecutivo.

L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA Quanto ai contenuti , i regolamenti “tenendo conto di quanto demandato alla contrattazione collettiva nazionale” disciplinano: le responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell’espletamento delle procedure amministrative; gli organi, gli uffici, i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; i principi fondamentali di organizzazione degli uffici; i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro;

L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA i ruoli, le dotazioni organiche e la loro consistenza complessiva;  la garanzia della libertà di insegnamento e autonomia professionale nello svolgimento delle attività didattica, scientifica e di ricerca; la disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra impiego nelle pubbliche amministrazioni ed altre attività e casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici.

L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA Non rientra nei contenuti di questo regolamento la disciplina del diritto di accesso, dei procedimenti amministrativi e dei relativi termini, compiti che rientrano nel regolamento di competenza del Consiglio

L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA Con la riforma del titolo V del 2001, è stato elevato al livello costituzionale il riconoscimento a Comuni, Province e Città metropolitane della “potestà regolamentare in ordine alla disciplina della organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”(art. 117, comma 6, Cost.). La legge 131 del 2003 (art.4) ha inteso precisare i ruoli delle fonti, affermando che:

L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA i principi di organizzazione e di funzionamento dell’ente sono stabiliti dallo statuto, “in armonia con la Cost. e i principi generali in materia di organizzazione pubblica”; nel rispetto delle norme statutarie, la disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni degli enti locali è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale;

L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA Questi regolamenti devono operare anche “nell’ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicuri i requisiti minimi di uniformità , secondo le rispettive competenze conformemente a quanto previsto dagli art.114 e 117, sesto comma, e 118 della Cost”; Fino all’adozione dei regolamenti degli enti locali si applicano le vigenti norme statali e regionali

PERSONALE E ORDINAMENTO DEL LAVORO Al personale degli enti locali si applica, salvo precise deroghe, la disciplina in materia di organizzazione e di lavoro stabilita per le pubbliche amministrazioni: d.lgs 165 del 2001 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, e successive modificazioni”. Quindi anche per gli enti locali valgono i criteri generali di: efficienza dell’amministrazione pubblica razionalizzazione del costo del lavoro pubblico migliore utilizzazione delle risorse umane (art.1 e 2 del d.lgs 165).

PERSONALE E ORDINAMENTO DEL LAVORO La contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro e alle relazioni sindacali. A livello nazionale, i contratti collettivi sono stipulati dalle organizzazioni sindacali e in rappresentanza legale delle amministrazioni, da una apposita agenzia (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, ARAN) dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, e autonomia organizzativa e contabile.

PERSONALE E ORDINAMENTO DEL LAVORO In questo quadro, il rapporto di lavoro del singolo dipendente è regolato da contratto individuale (art.2 comma 3), la gestione del relativo rapporto si svolge tramite misure assunte dai soggetti preposti alla gestione con “la capacità e i poteri del privato datore di lavoro” (art.89, ultimo comma del t.u. del 2000).

POLITICA E AMMINISTRAZIONE Le riforme degli anni ’90 hanno toccato anche il tradizionale rapporto tra organi di natura politica e dirigenza amministrativa, in precedenza si aveva una situazione contrassegnata da una dirigenza collocata in posizione subalterna ad una classe politica fortemente pervasiva: tale impostazione riservava agli organi di natura politica l’assunzione di tutte le decisioni e, dunque l’adozione di tutti i provvedimenti, ivi compresi quelli puntuali e concreti, a partire da gare, appalti, concorsi pubblici…

POLITICA E AMMINISTRAZIONE Rispetto a questa situazione, il modello delineato per gli enti locali a partire dal ’90, e quindi esteso all’intera amministrazione pubblica dal ’93 (d.lgs 29 sulla “privatizzazione” del pubblico impiego, poi confluito nel d.lgs 165 del 2001), ha rigorosamente delimitato il ruolo di tali organi politici, circoscrivendolo all’esercizio delle sole funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo.

POLITICA E AMMINISTRAZIONE Quindi la funzione propria degli organi di governo e dunque la relativa responsabilità tendono a concentrarsi ed a limitarsi all’adozione di atti normativi, programmi, piani, indirizzi, criteri generali e all’esercizio del controllo sulla loro attuazione; mentre alla dirigenza amministrativa spetta, nel rispetto di tali atti, emanare i provvedimenti puntuali, che incidono su concrete situazioni e specifiche posizioni giuridiche, applicando le scelte già compiute e i criteri definiti in sede politica.

POLITICA E AMMINISTRAZIONE Alla funzione di indirizzo è strettamente connessa quella di controllo, funzione che è stata considerata l’aspetto pregnante del ruolo dell’organo politico e delle relative responsabilità.