Platone: la politica prima di tutto

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Platone: la politica prima di tutto

Filosofi e Re o i filosofi Re? Il pensiero di Platone ruota tutto intorno alla sua famosa affermazione, secondo la quale o i filosofi devono diventare sovrani, governanti, oppure i sovrani devono diventare filosofi: è il nocciolo della sua filosofia «I filosofi devono diventare i reggitori dello Stato». Platone si pone il problema del potere come centrale perché è il problema lasciato aperto dalla morte di Socrate.

Il problema Socrate Di fronte al “problema Socrate” i socratici danno soluzioni diverse Aristippo di Cirene e i cirenaici si ridurranno all’individualismo e penseranno che non c’è altro da fare che condurre una vita basata sul piacere; ci sarà una risposta molto più radicale dei Cinici, cioè di Antistene, ma soprattutto di Diogene: la polis, la città-Stato ha respinto il filosofoche adopera la ragione; allora il filosofo si apparta dalla polis, dalla comunità, e va a vivere nell’isolamento, nella famosa botte della leggenda, fuori della comunità, rompe ogni comunicazione. La terza grande soluzione è quella di Platone: se Socrate è stato condannato a morte, ciò è avvenuto perché nella polis invece di dominare la ragione domina l’irrazionale; invece di dominare la ragione, che è universale e che mira al bene comune, dominano passioni, istinti, interessi, tendenze di carattere individualistico. 

L’universale e il particolare Se nella città deve dominare l’universale e non devono prevalere spinte particolari, Platone deve dimostrare che nella realtà e nella conoscenza c’è l’universale, cioè che l’universale c’è e che è conoscibile. Se l’universale c’è ed è conoscibile esso si potrà tradurre anche nella pratica (politica) Di conseguenza Platone deve battere in tutte le sue forme il pensiero sofistico, come già aveva iniziato a fare il suo maestro Socrate (ti estì "che cos'è?")

Scrivere per insegnare? Platone scrive, questo sembra un tradimento del maestro. Ma bisogna riflettere su come scrive: Platone scrive prima di tutto in forma dialogica, a parte le lettere. La forma del dialogo implica che non viene depositata una verità: il lettore è portato a identificarsi o con l’uno o con l’altro degli interlocutori, a scegliersi la sua posizione e poi a proseguire in qualche modo nel ragionamento egli stesso. In questo senso Platone resta fedele a Socrate Poi scrive i miti. Quando Platone affronta un tema veramente importante dice di solito: «posso riferirti un racconto degli antichi...», oppure: «ho sentito raccontare che a Naucrati d’Egitto...», ecc. ecc., cioè prende distanza da quanto dice e lo mette in forma di immagini … avrebbe potuto anche in quei casi usare un linguaggio strettamente filosofico ma non ha voluto dare soluzioni, ricorrendo a immagini di fantasia che richiedono uno sforzo di interpretazione.

Politico reale o ideale? La Settima lettera, in cui il filosofo racconta della sua vita; una specie di autobiografia molto interessante. P. racconta dei suoi tre viaggi in Sicilia. Egli non ha semplicemente elaborato una teoria della Repubblica ideale. Platone ha cercato di mettere in pratica quello che egli stesso suggeriva, cioè che i governanti, i sovrani, coloro che reggono lo Stato diventino filosofi. Opportunità in Sicilia: c’è andato tre volte a suo rischio e pericolo; ha fatto naufragio, è stato preso prigioniero, è stato venduto come schiavo, è stato riscattato dai suoi amici. Platone dunque ha rischiato di persona per tentare di tradurre in pratica le idee della Repubblica, cioè di quello che è forse il suo capolavoro

Universale per governare La sofistica con Gorgia e i discepoli di Gorgia arriva dal punto di vista politico alla tirannide. Con Protagora ispira una certa democrazia indifferenziata: se tutte le opinioni sono equivalenti, in pratica tutti hanno ragione. La soluzione che si delinea in Socrate e che poi matura in Platone è questa: che è falsa sia la democrazia senza limiti di Protagora, sia la tirannide di Gorgia e dei discepoli di Gorgia. Perché degno di detenere il potere e quindi di guidare la comunità non è il tiranno, né la maggioranza (che può anche avere opinioni false): è degno di guidare la comunità colui che usa la ragione, perché per realizzare il benessere della comunità bisogna avere uno sguardo rivolto alla totalità, all’universale. Socrate aveva aperto il discorso dell’universalità; chiedendo: «che cos’è?» ai vari Eutifrone, ai vari Lachete, ecc.; chiedendo: «che cos’è la virtù, che cos’è la giustizia, che cos’è il coraggio?» Esiste una Giustizia di cui le azioni giuste sono un rispecchiamento  Unità, Bellezza, ecc.

Universale / Idea Dalla prima scoperta dell’universale (Socrate) Platone  elabora la teoria delle idee. id è radice greca da cui viene il latino video. Ciò significa che la parola idea implica la visione: le idee sono qualche cosa che si vede (con l’occhio dell’intelletto); qualche cosa di oggettivo Il sostantivo “idealista” oggi spesso viene usato in un senso un po’ deteriore. Per Platone l’idea invece è il cuore della realtà, la struttura fondamentale della realtà  Fedone:  “seconda navigazione” con cui si può giungere all’idea. Quando il vento cala bisogna mettere mano ai remi. La prima navigazione è quella dei sensi, con cui si conoscono singole cose belle, singole azioni giuste o coraggiose, ma non si arriva al coraggio in sé, alla giustizia in sé, etc. I sensi ci mettono in contatto soltanto con quello che è individuale, particolare. Per cogliere l’idea, cioè l’universale, è necessaria una seconda navigazione, cioè ammainare le vele della sensibilità e mettersi ai remi dell’intelletto (Filosofo).

Conoscenza e mito La vista dell’intelletto non è possibile infonderla dall’esterno. Se non si può ricavare dall’esterno, si può ricavare dall’interno. Come si spiega il fatto che uno conosce di più e un altro conosce di meno? Che uno arriva alla contemplazione filosofica delle idee e un altro invece rimane nel brago, nella melma — come dice seccamente Platone? Questo Platone lo spiega, di nuovo, con un mito, con il famoso mito dell’Iperuranio, che non deve essere visto come una fondazione della metempsicosi.

Il mito della biga alata Se l’auriga non riesce a tenere bene a freno, a guidare bene con le briglie e con i morsi i due cavalli, tenderà ad andare fuori strada; di conseguenza non potrà contemplare le idee. Arrivata alla fine di questo percorso l’anima precipita giù e si incarna in un corpo. Se la ragione è disturbata, è distratta dalle passioni o dagli istinti, se le passioni e gli istinti (per loro natura individuali) non sono tenuti a freno, guidati dalla ragione, l’auriga non potrà contemplare bene le idee (l’universale). Si fermerà al particolare, al piccolo, al frammento, rimarrà chiuso in un orizzonte molto ristretto. Se invece, prima della nascita — ma questo prima della nascita vuol dire, in effetti, durante la vita — l’auriga è riuscito a guidare bene le passioni e gli istinti, e ha contemplato bene le idee, le saprà riconoscere bene nelle cose, sarà in grado di elevarsi dalla conoscenza sensibile alla conoscenza intellettuale, di passare dal particolare all’universale.

L’intellettualismo etico Le idee sono  strutture ontologiche e gnoseologiche, ma anche strutture morali  sfera politica. L’uomo che tiene a bada le passioni e gli istinti può conoscere bene le idee: vuol dire che può non soltanto conoscere bene, ma anche agire bene: Per Platone — come già per Socrate e per Pitagora — vale l’intellettualismo etico: il bene consiste nel sapere. Il bene consiste nella contemplazione delle idee, premessa per il ben agire: si inizia ad intravedere perché sono i filosofi che devono reggere lo Stato. Il mito dell’Iperuranio fonda dunque non la metempsicosi, ma illustra l’unione del conoscere con il bene. 

Il filosofo del cielo e della terra Raffaello Sanzio: Scuola di Atene