PAOLO DI TARSO: ebreo irreprensibile Giorgio Vasari, Martirio di santo Stefano
Il bellissimo dipinto di Giorgio Vasari che raffigura la Lapidazione di santo Stefano, conservato nella Pinacoteca Vaticana, segue, come è proprio dell’arte cristiana di tutti i tempi, la narrazione del testo sacro in cui è descritta la scena.
La scena della lapidazione di Stefano si svolge fuori le mura della città, ma la città descritta ha il sapore di un luogo romano; ci troviamo a Gerusalemme durante la dominazione romana, e questo elemento serve all’artista per descrivere non solo i fatti, ma anche i personaggi, in modo particolare il giovane seduto a destra di chi guarda.
“Proruppero allora in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo” (At 7,49-58).
Il giovane vestito con abiti romani, seduto a destra, è Paolo o meglio il giovane Saulo, ai piedi del quale furono deposti i mantelli dei “testimoni” del martirio di santo Stefano. Saulo è descritto come un’autorità alla quale rendere omaggio dell’accaduto.
Alle spalle del giovane Saulo, si vede un sommo sacerdote che sta parlando con un giovanetto. Vasari, nel dipinto opera un spostamento temporale e introduce la scena dell’apprendistato di Saulo presso Gamaliele, alle spalle dello stesso Saulo. I profili dei due giovani sono molto simili e differiscono solo nelle proporzioni a causa dell’età. Saulo è un “ebreo irreprensibile” formato alla scuola del più famoso e saggio maestro del suo tempo, quel Gamaliele che è ricordato per la sua saggezza negli Atti degli Apostoli
Paolo in tutta la sua vita si vanterà sempre della sua irreprensibilità in quanto alla legge e proprio per questo sarà in grado di comprenderne il compimento in Cristo, tanto da divenirne il più strenuo testimone missionario, in viaggio per tutto il mondo di allora.