Dio è l’autore della storia della salvezza. Gesù invia i discepoli nel mondo con il mandato di fare discepoli e di battezzare “nel nome della Trinità”. Battezzare significa immergere nella vita di Dio. Un Dio che si manifesta come Padre, come Figlio, come Spirito non è un’idea astratta, ma il frutto di un incontro, di una relazione.
Mentre la prima lettura, rispondendo ai dubbi che assillavano la comunità di Israele al ritorno dall’esilio, si concentra sull’elezione e sulla vocazione propria del popolo di Dio… La seconda lettura ricorda ai cristiani la loro specifica identità: in Gesù Cristo siamo già ora figli di Dio. Il vangelo porta a compimento queste prospettive aperte dalle prime due letture, inserendole nell’orizzonte trinitario: In Gesù siamo resi partecipi della stessa comunione che costituisce la natura stessa di Dio.
Il brano è il finale del vangelo di Matteo e ricapitola i temi nodali di tutta l’opera. Il racconto s’incentra sulla rivelazione, da parte del Risorto, della sua intronizzazione e potere universale… Del mandato missionario della Chiesa… E dell’assicurazione che egli sarà presente in mezzo ai suoi per sempre. Il battesimo si configura come la prima radicale rivelazione del mistero trinitario. Il Dio trinitario è un Dio che vuole entrare in relazione con i suoi figli.
Se si eccettua la precedente apparizione alle donne, in Matteo questa è l’unica manifestazione di Gesù al gruppo dei discepoli dopo la risurrezione. La scena si apre con gli Undici. Nella sua manifestazione alle donne Gesù li aveva chiamati “suoi fratelli” e li aveva convocati in Galilea. Il ricordo della Galilea non è banale. Proprio di lì infatti era partita la missione di Gesù. Anche il monte è fortemente significativo per la valenza simbolica che assume nel vangelo.
Il racconto invece registra la reazione del gruppo dei discepoli nel vedere il Risorto. Il v. 17b va tradotto: “Al vederlo lo adorarono, ma alcuni di essi dubitarono”. Alcuni lo “adorano” Mentre altri “dubitano”. Matteo così ricorda al lettore uno dei suoi temi preferiti: La compresenza nella comunità di fede piena e poca fede…
Nonostante il fallimento dei suoi discepoli, il Risorto decide nuovamente di scommettere su di loro. Lo fa ripartendo da una nuova elezione. Una nuova chiamata che si configura come vocazione missionaria destinata a tutto il mondo. Proprio perché la signoria di Gesù è universale, da essa scaturisce l’universalità della missione. Segno questo che i tempi messianici sono finalmente compiuti!
Fare discepoli… È un dono e un compito che può nascere solo da chi prima è divenuto discepolo. Gesù aveva inaugurato un metodo nuovo che ora affida ai suoi. Come Lui era andato incontro agli uomini del suo tempo, così devono fare i discepoli. Non si tratta sono di offrire un messaggio, di insegnare una dottrina, delle nozioni.
Due sono le modalità di questo “fare discepoli”. La prima è il battesimo. Il battesimo cristiano rappresenta l’inserimento degli uomini nella comunione trinitaria. Se la parola “battesimo” significa etimologicamente “immersione”, “essere impregnati di...”, il credente allora viene immerso nell’amore di relazione della Trinità. Il battesimo segna allora una nuova nascita, l’inizio di una nuova relazione con Dio.
La seconda modalità è l’insegnamento. Soltanto qui si dice che i discepoli devono insegnare. Ma non annunciano se stessi, né una dottrina o un insieme di norme, leggi, comandamenti. I discepoli annunciano Gesù. Lui è l’unico Rabbi. I cristiani restano fratelli e servitori.
Il brano si chiude con le ultime parole del vangelo di Matteo. Il vangelo si chiude, ma nello stesso tempo esso è rilanciato in avanti. La spinta è data da un’assicurazione di Gesù: “Ecco: io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo”. Matteo aveva già toccato all’inizio questa tematica. Gesù è colui che compie la promessa fatta ad Acaz (Is 7,14): egli è l’Emmanuele, il Dio con noi.
Gesù, durante la sua vita aveva indicato la strada da percorrere, ora, come Risorto, dà la forza per camminare. Questa forza viene dalla sua presenza. Egli rimane il centro propulsore della comunità cristiana. Non si congeda dai suoi perché non si allontana da loro: cambia solo tipo di presenza.