La storia “tecnologica” della città di Torino

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La storia “tecnologica” della città di Torino Lezione del corso di Storia della Tecnologia 31/03/2008 Filippo Nieddu

Le origini Torino nasce sotto Ottaviano Augusto nel 29 a.C., con il nome di Augusta Taurinorum La pianta dell’antica colonia seguiva lo schema tradizionale dell’accampamento romano

Il quadrato romano Le mura circondavano uno spazio quadrato, le vie si incrociavano ad angolo retto Il Cardo e il Decumano costituivano le due arterie principali della pianta Ai due lati del Cardo si aprivano la Porta Principalis Sinistra (detta Palatina) e la Porta Principalis Dextera (detta Marmorea), ai due lati del Decumanus la Porta Praetoria e la Porta Decumana (detta Segusina).

Il Medioevo Lo spostamento del primitivo cardo maximus posizionato tra le porte Palatina e Marmorea, correggendo l’irregolarità della partizione romana, determina tra Medioevo e Rinascimento quattro quartieri di analoghe proporzioni cui sono attribuite funzioni amministrative che fungono da serbatoi di risorse umane ed economiche in varie occorrenze della comunità. Torino alla fine del Trecento

Il Cinquecento Nel Cinquecento si ha la creazione dello Stato nazionale e della monarchia assoluta Prevale l’idea di città capitale; le ragioni dello Stato sono fatte coincidere con le ragioni del Principe e della volontà del potere e caratterizzano anche la costruzione della struttura fisica della città e del territorio. Torino tra Quattro e Cinquecento

Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I Il periodo dell’ultimo Cinquecento in Piemonte, soprattutto con Emanuele Filiberto (1553-1580), ma anche con Carlo Emanuele I (1580-1630) per la prima parte del suo ducato, segnerà una scelta prioritaria del potere centrale, nella direzione di fondare strategicamente e militarmente le strutture territoriali del ducato. Emanuele Filiberto Carlo Emanuele I

Le dimensioni della città nel Cinquecento / 1 La città a metà del Cinquecento aveva struttura ancora quasi quadrata. Sorgeva ancora dentro al perimetro d’impianto romano, con caratteri urbanistici prettamente medievali. L’abitato era contenuto in un’area di circa seicento metri di lato con una popolazione di circa ventimila abitanti, priva di spiccati caratteri di centralità economica. Torino alla fine del Cinquecento

Le dimensioni della città nel Cinquecento / 2 Il tessuto urbanistico conservava ancora l’impianto romano della castramentatio, i cui assi principali, il decumanus e il cardus, erano riconoscibili: nella contrada di Dora Grossa (attuale via Garibaldi) in un più incerto tracciato corrispondente alle attuali vie San Tommaso e Porta Palatina. Torino nel 1618

I mutamenti negli assi Nel Medioevo alle originarie porte romane si erano aggiunte altre porte secondarie correlate alla struttura funzionale della città medievale. Ciò causò la graduale degradazione della prevalenza antica del cardus maximus lungo l’asse Nord-Sud. Lungo l’asse Est-Ovest, invece, la città aveva mantenuto fino all’epoca moderna la prevalenza del decumanus, con una chiara priorità perché la strada si indirizzava senza soluzione di continuità sulla “zona di comando” della città. Tale zona in periodo medievale si era collocata nel Castello (attuale piazza Madama), in corrispondenza della antica Porta Pretoria.

Il nuovo assetto politico Dopo il trattato di Cateau Cambresis (1559), nel quadro di un nuovo equilibrio politico tra Francia e Spagna, i Savoia consolidarono la propria posizione di neutralità. Si ebbe così il ribaltamento del baricentro dei loro possedimenti dalle terre transalpine da cui traevano origine ai territori al di qua delle Alpi, nella direzione di nuovi spazi economici rivolti alla Pianura Padana. Furono quindi ragioni prevalentemente politiche di “dimensione” europea che indussero Emanuele Filiberto a scegliere Torino, tra le città del proprio Stato, come sede in cui incentrare nuove funzioni amministrative e militari, con la decisione contemporanea di un nuovo ruolo territoriale per la città.

La Cittadella La “cittadella” (1564), al cui centro sorgeva il mastio che oggi è un museo cittadino, rappresentava il sistema più avanzato e perfezionato di difesa di tutto il mondo. Si trattava di un sistema costituito da una cinta muraria molto solida e forte, a forma di pentagono: un fiore architettonico, dalle punte irrobustite da spessi bastioni, che rese Torino forte e temibile. Nella raffigurazione la Cittadella è in alto a sinistra

La prima espansione nel Seicento In seguito al crescere della popolazione, richiamata nella città dalle possibilità di lavoro, e alla necessità di avere edifici adeguati alla dignità di una capitale, si rese indispensabile il primo ampliamento della cittadina rimasta immutata lungo tutto il corso del Medio Evo. La “città nuova”, come fu chiamata allora, continuò il reticolo a scacchiera del vecchio borgo, inaugurando però un sistema di isolati e vie di maggior ampiezza. Gli ampliamenti sei-settecenteschi

Ascanio Vittozzi Il rinnovo urbanistico ed architettonico della città si attuò con l’arrivo di Ascanio Vitozzi a Torino. Vitozzi fu a servizio del Duca a partire dal 1584. in questi anni si attuarono la ristrutturazione della città vecchia, in particolare vicino al palazzo e alla piazza del Castello; l’espansione verso meridione della città, col taglio della Contrada Nuova e della Porta Nuova nella direzione assiale alla residenza extraurbana di Mirafiori.

Il nuovo Palazzo Il Palazzo Vecchio acquista un nuovo rapporto con il baricentro della città con un nuovo affaccio e un nuovo rapporto con Piazza Castello e, oltre le mura, con il territorio. Il ribaltamento della facciata del nuovo palazzo Ducale costituì anche il ribaltamento dell’arteria principale di Torino dal decumanus maximus ad un’altra via ortogonale alla prima, non lungo il cardus maximus, ma lungo un nuovo asse più a Est parallelo al primo, attestato sul nuovo palazzo Ducale. Piazza Castello e Palazzo Madama

Le altre espansioni / 1 Il taglio della Contrada Nuova meridionale fu deciso nel tessuto esistente della città antica, lungo le zone mediane dei tre isolati di impianto medievale compresi tra la zona del Castello e le mura meridionali. L’ampliamento meridionale

Le altre espansioni / 2 La realizzazione della Contrada Nuova meridionale (1612-1615) fu attuata senza portici, in sintonia con gli intenti funzionali del progetto vitozziano per i collegamenti. Una tendenza tardo-rinascimentale voleva ancora la formazione di piazze tendenzialmente chiuse, cui erano riservate funzioni soprattutto di decoro urbano. Torino nel Settecento

Carlo di Castellamonte Carlo di Castellamonte (1560-1641) prese il posto di Vittozzi alla morte di questo, nel 1615. La prima zona dell’ampliamento urbanizzata e costruita fu quella prossima alla linea della fortificazione nuova e fu risolta con una divisione in grandi isolati rettangolari incardinati sull’asse definito dal proseguimento della Contrada Nuova. Contemporaneamente si metteva in cantiere la ristrutturazione urbanistica della Piazza del Duomo. Il Palazzo Reale opera di Carlo di Castellamonte

Piazza san Carlo / 1 Nel 1646 si stabiliva di edificare una Piazza Reale, l’odierna Piazza S. Carlo. La piazza doveva costituire lo spazio più importante dell’ingrandimento; lo specchio dell’autorità e della continuità dinastica sabauda; piazza d’armi per le parate dell’esercito; luogo ideale per l’ubicazione di palazzi rappresentativi poiché si sviluppava su un terreno completamente libero da vincoli. Piazza San Carlo

Piazza san Carlo / 2 La piazza di geometria rettangolare, orientata nella direzione nord-sud, era delimitata nei lati settentrionale e meridionale rispettivamente da due isolati della città quadrata e dai conventi di S. Carlo e S. Cristina I lati di levante e ponente, lunghi circa 150 metri erano di nuovo impianto e pensati da Carlo di Castellamonte. Sui due lati meridionali della piazza venivano edificate anche la chiesa di S. Carlo e S. Cristina. Il monumento a Emanuele Filiberto in piazza San Carlo

Le espansioni secentesche: la contrada di Po / 1 Negli anni sessanta del Seicento si proseguì la fortificazione anche verso il Po incorporando nel territorio urbano la zona orientale. Veniva anche consolidata la strada di Po lungo il collegamento “naturale” tra la porta del Castello e il ponte, secondo un percorso obliquo rispetto alla rigida scacchiera ortogonale delle espansioni. La “città nuova” di Po fu conclusa nel 1673. Gli ampliamenti sei-settecenteschi

Le espansioni secentesche: l’ampliamento occidentale Altra direzione di espansione fu l’ingrandimento occidentale, fuori della porta Susina sul nuovo asse della Contrada del Carmine e nella direzione, lungo lo stradone di Rivoli. I lavori della nuova strada di Rivoli si effettuarono tra il 1711 e il 1712 sotto la direzione di Michelangelo Garove. Gli ampliamenti sei-settecenteschi

Le espansioni settecentesche: i quartieri militari Per la saldatura della “città vecchia” con la “nuova” nell’ambito dell’ampliamento occidentale si edificarono le “caserme”, i quartieri militari di San Celso e di S. Daniele che si devono all’architetto Filippo Juvarra, dal 1714 al servizio del Sovrano. Egli si occupò della progettazione dell’ingresso ovest (Porta Susina) e la ristrutturazione del tessuto edilizio presso l’ingresso Nord (Porta Palazzo). Gli ampliamenti sei-settecenteschi

Le espansioni settecentesche: Filippo Juvarra Juvarra collocò la basilica di Superga sul proseguimento dell’asse della Strada di Rivoli, definendo un collegamento tra la basilica e la reggia in costruzione. Era importante collegare i bastioni della fortificazione, e le porte in particolare, con la Cittadella, con il Palazzo Reale, con l’Arsenale, con le Piazze d’Armi decentrate. Juvarra lavorò collegando sull’asse dei Quartieri Militari la nuova Piazza d’Armi (Piazza Savoia). Nel corso del settecento vi fu la ristrutturazione della contrada Dora Grossa (1736) e vennero attuati alcuni interventi nella Contrada di Porta Palazzo. Nel corso di questi tre ampliamenti la popolazione era aumentata da 2000 a 94000 abitanti. La crescita urbanistica avvenne sotto la guida rigida di un potere abbastanza forte da imporre l’applicazione di piani di ampliamento.

Il periodo napoleonico Con l’occupazione francese (dal 1800 al 1814) fu decretato il totale abbattimento delle fortificazioni e delle mura. Fu creata una cintura di viali alberati attorno alla città e costruito il Ponte di Pietra sul fiume Po. Nelle “promenades publiques” il verde diventò una componente connessa e integrata con la struttura in espansione. Torino nel 1817 (isolati neri)

La Restaurazione / 1 Durante il periodo della Restaurazione due furono le fasi di ristrutturazione: la prima durante il regno di Vittorio Emanuele I (1814-1821) la seconda durante il regno di Carlo Felice (1821-1831) che si protese con caratteri di analogia al regno di Carlo Alberto (1831-1848). Vittorio Emanuele I, Carlo Felice e Carlo Alberto

La Restaurazione / 2 Realizzazioni principali: la Gran Madre di Dio, realizzata da Ferdinando Bonsignore (1827-1831) il progetto di Piazza Vittorio (chiamata in un primo tempo piazza Vittorio Emanuele); piazza Emanuele Filiberto (Gaetano Lombardi, 1819); il Ponte Mosca (Carlo Bernardo Mosca, 1823-28); la risistemazione della zona della Porta Nuova (1822 circa, Gaetano Lombardi).

La Mole Antonelliana / 1 I lavori per la costruzione della Mole iniziarono nel 1863. L'edificio, il più alto in muratura d'Europa (m 167), progettato dall'architetto Alessandro Antonelli (1798-1888), doveva ospitare all'origine un tempio israelitico. Acquistata nel 1878 dal Comune, che stanziò 40.000 lire di allora per il completamento della cuspide, la Mole fu terminata nel 1897, divenendo sede del Museo del Risorgimento.

La Mole Antonelliana / 2 La struttura della cupola, interamente in mattoni, si sviluppa secondo una trama di nervature reticolari, capace di resistere a enormi sollecitazioni. Inizialmente sulla punta era posto un angelo, ma nel 1902 un nubifragio lo distrusse. Fu collocata una stella; di nuovo un forte uragano nel 1953 lo distrusse insieme a 47 metri di costruzione. I lavori di ripristino si conclusero il 31 gennaio 1961 con una nuova stella sulla vetta.

L’Ottocento e la ferrovia Dalla realizzazione delle prime linee ferroviarie (la prima, oltre Po, in direzione sud) la città muta Le ferrovie sono allo stesso elementi separatori e fattori di sviluppo urbano Torino nel 1865 (isolati chiari e scuri)

Il Novecento Le linee di sviluppo sono diverse, legate sia alla ferrovia sia allo sviluppo delle altre infrastrutture viarie. In nero, gli isolati al 1921; in chiaro, quelli al 1971

Riferimenti bibliografici essenziali Vera COMOLI MANDRACCI, Torino, Roma-Bari : Laterza, 1994