Autarchia e pianificazione economica (1933-1944) Il fallimento del capitalismo privato: intervento pubblico e dirigismo negli anni Trenta Autarchia e pianificazione economica (1933-1944)
La crisi della banca mista e del’industria privata Il salvataggio: Nel 1933, di fronte alla gravità della crisi, nasce l’Istituto di Ricostruzione Industriale (IRI), ente provvisorio che rileva le partecipazioni azionarie delle banche miste (il controllo del credito) Eventuale liquidazione delle aziende “decotte”, risanamento e trasferimento ai privati di quelle risanate I tecnocrati: Beneduce, Menichella, Sinigaglia La volontà del duce di delegare la guida dell’IRI ai tecnocrati, lasciando fuori Corporazioni e Partito fascista per evitare la formazione di un ceto burocratico come in URSS L’idea originale: proprietà pubblica (controllo di ultima istanza del regime) e gestione manageriale Standardizzazione e concentrazione La formazione dei dirigenti e tecnici industriali
L’autarchia, il riarmo e la pianificazione economica La guerra d’Etiopia e le sanzioni L’accelerazione totalitaria L’IRI come “braccio economico” del regime Il concetto di industrie “chiave” (siderurgia, cantieristica, meccanica pesante, ecc.) Si favoriscono le grandi concentrazioni in tutti i settori: Montecatini, FIAT, EDISON,ecc. Il regime disloca le commesse nei diversi stabilimenti del paese, sulla base di considerazioni politiche ed economiche (demografia, fedeltà al regime, disoccupazione, ecc.) Le scelte di politica economica degli anni Trenta sono state praticamente confermate nel dopoguerra e hanno avuto effetto operativo positivo nell’economia del paese almeno fino alle crisi petrolifere degli anni Settanta (il caso dell’Ente Nazionale Idrocarburi) Nello stesso modo la localizzazione geografica dei poli economici plasmata dal regime fra le due guerre si è mantenuta sostanzialmente inalterata fino alla crisi degli anni Settanta Il cambiamento dello scenario internazionale, la crisi dell’industria pubblica e la “deindustrializzazione” delle aree tradizionali: il caso del Nord Ovest e del “triangolo industriale”(Genova)
L’intervento pubblico negli anni Trenta Il mito dell’industria pubblica La funzione sociale: Sostegno all’occupazione Promozione dello sviluppo nelle aree arretrate Le politiche per il Mezzogiorno: nasce il polo naval-meccanico (Pomigliano d’Arco)
Obbiettivi e risultati dei piani autarchici I piani autarchici sono stilati tra il 1935 e il 1937 Scelta dettata da considerazioni di politica estera e di modificazioni del sistema economico internazionale Ai piani concorrono le 22 corporazioni e vengono approvati dai Consigli e dal Comitato corporativo centrale Alla raccolta delle informazioni e alla formulazione dei piani partecipavano le imprese pubbliche e private più importanti
Ricerca e sviluppo di nuovi materiali Le materie prime nazionali I prodotti sostitutivi Il concorso del CNR, dei laboratori universitari e di nuove iniziative miste pubbliche e private Non si puntava su un’illusoria autarchia totale, ma solo sul “massimo” di autosufficienza nazionale possibile Modello di sviluppo che ha improntato il sistema industriale italiano e l’economia nazionale fino alla crisi petrolifera e alla globalizzazione Lo stato, le banche, il capitale di rischio, il finanziamento alle industrie
Autarchia come politica industriale Favorisce la riallocazione delle risorse in modo selettivo a favore di industrie di base e la concentrazione Il controllo statale si esplica mediante: -regime dei controlli sugli scambi con l’estero -coinvolgimento dei privati con le corporazioni e la cartellizzazione dell’economia -mobilitazione industriale -incentivi a ricerca e sviluppo -controllo corporativo sugli investimenti -agevolazioni tributarie, doganali e finanziarie -controllo politico dei prezzi
Autarchia e valorizzazione di aree geografiche Zone industriali conformi al modello della legge Nitti per Napoli: tra il 1916 e 1948 ne vengono create 12 di cui 11 entro il 1942 6 assumono un profilo industriale di assoluto rilievo: Porto Marghera, Livorno, Apuania (Massa e Carrara), Bolzano, Roma e Ferrara Il profilo tecnico delle industrie dei nuovi poli rispecchiava le priorità autarchiche: 51.000 addetti di cui l’84% nei settori chimico, metallurgico e meccanico
Autarchia, nuovi poli industriali, innovazioni tecnologiche e sviluppo post ‘45 Raffinazione del petrolio con idrogenazione Polimerizzazione delle olefine … Produzione e laminazione dell’alluminio, magnesio e nuove leghe metalliche Si gettano le basi per ulteriori sviluppi nel dopoguerra (nuovo regime degli scambi, prezzi materie prime, adesione al blocco occidentale, il piano Marshall) Ferrara e Porto Marghera sono i nuclei storici della futura area chimica interconnessa del Nord Est
Un case study: l’industria della gomma sintetica La cooperazione IRI e Pirelli La tecnologia tedesca: IG Farben e la “buna” Uno scienziato italiano: Giulio Natta Lo stabilimento di Napoli: le materie prime dalla Libia (sparto) un contributo pionieristico, ma fondamentale per il dopoguerra
Un case study: l’industria della carta L’accordo fra IRI e Cartiere Burgo L’utilizzo delle canne e di altri vegetali La creazione della cartiera di Mantova
La socializzazione delle imprese Il rapporto fra industria pubblica e privata Oltre la supplenza… L’occasione di accelerazione radicale offerta dalla guerra La socializzazione delle imprese La cogestione e la partecipazione dei lavoratori (tecnici, impiegati e operai) alla gestione e alla suddivisione degli utili Le osservazioni di Asquini (il rischio di impresa) Perché in Germania la cogestione… Anche l’IRI Sud si pone il problema…