Il marchio e gli altri segni distintivi

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Transcript della presentazione:

Il marchio e gli altri segni distintivi Lorenzo Benatti Parma, 9-10 ottobre 2008

Fonti: titolo VIII del libro V c.c. Azienda, artt. 2555-2562 c.c.. Ditta e insegna, artt. 2563-2568 c.c.. Marchio, artt. 2569-2574 c.c. + leggi speciali (in particolare D. Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 - codice della proprietà industriale)

I segni distintivi Alcuni segni distintivi sono disciplinati dalla legge in modo abbastanza completo: Ditta, Marchio. Altri segni sono solo parzialmente disciplinati: Insegna, Nome a dominio. Vi sono infine segni distintivi non previsti in modo esplicito dalla legge, detti anche atipici; sono tutelati in base alla disciplina sulla repressione della concorrenza sleale.

Funzione dei segni distintivi favorire la formazione ed il mantenimento della clientela (collettori clientela).

Principi comuni Libertà di formazione da parte dell’impren-ditore, nel rispetto di tre principi: verità, novità, capacità distintiva. Ma i segni distintivi devono anche essere leciti

Principi comuni Diritto all’uso esclusivo, ma non si può impedire che altri adotti lo stesso segno distintivo quando, per la diversità dell’attività di impresa o dei mercati serviti, non vi è pericolo di confusione e sviamento della clientela.

Principi comuni Possono essere trasferiti, ma solo a determinate condizioni: occorre evitare che si tragga in inganno il pubblico.

Unitarietà dei segni distintivi (1) Art. 22 cpi: «è vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale un segno uguale o simile all’atrui marchio se, a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni».

Unitarietà dei segni distintivi (2) Art. 12, 1° c., lett. c): non sono nuovi i segni distintivi che «siano identici a un segno già noto come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale, adottato da altri, se a causa della identità o somiglianza fra i segni e dell’identità o affinità fra l’attività d’impresa da questi esercitata ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è registrato possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni».

Si tratta di un principio generale? Questo principio vale solo quando è coinvolto un marchio? Sembra che si tratti dell’enunciazione di un principio generale, per il quale è da ritenere che ditta, insegna, marchio e nome a dominio non devono essere uguali o simili all’altrui insegna, ditta, marchio o nome a dominio quando «a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico».

I segni distintivi... … sono beni immateriali? … su di essi viene esercitato un diritto di proprietà? Si tratta di una proprietà limitata e funzionale. Si parla di proprietà industriale

Proprietà industriale Art. 1 cpi: «l’espressione proprietà industriale comprende marchi ed altri segni distintivi, ...». Art. 2, 1° c., cpi «i diritti di proprietà industriale si acquistano mediante brevettazione, registrazione o negli altri modi previsti dal presente codice. La brevettazione e la registrazione danno luogo ai titoli di proprietà industriale». Art. 2, 2° c., «sono oggetto di registrazione i marchi, ...». Art. 2, 3°c., «sono protetti ricorrendone i presupposti di legge, i segni distintivi diversi dal marchio registrato ...»

La Ditta È il «nome commerciale dell’imprenditore» (Campobasso), oppure il nome dell’azienda, oppure «il segno distintivo dell’impresa» (Vanzetti – Di Cataldo).

Il nome delle società La ragione sociale delle società di persone e la denominazione sociale di quelle di capitali sono disciplinate da specifiche norme. «Tuttavia si applicano anche ad esse le disposizioni dell’art. 2564» (modificazione della ditta). Le società devono avere un nome che non può essere uguale o simile a quello prescelto da altra società concorrente.

La Ditta Se non è indicato diversamente la ditta coincide col nome civile dell’imprenditore. Altrimenti può essere scelta dall’impren-ditore nel rispetto di verità e novità.

Capacità distintiva della ditta Si tratta generalmente di segni denominativi (quelli figurativi si considerano emblemi). La sua funzione è rivolta agli operatori professionali. Per garantire capacità distintiva e novità ditta bastano differenze lievi rispetto denominazione generica e ditte esistenti. Si assiste all’unificazione ditta-marchio.

Verità della Ditta Bisogna distinguere: Ditta originaria, quella formata dall’impren-ditore, «deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore». Ditta derivata, quella formata da altro imprenditore e trasferita insieme all’azienda, si avrà una verità solo storica.

Liceità della ditta La ditta non deve essere contraria alla legge, non deve essere contraria all’ordine pubblico, non deve essere contraria al buon costume, non deve essere ingannevole.

Novità della Ditta La ditta non deve essere uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e tale da creare confusione per l’oggetto dell’impresa o per il luogo in cui questa è esercitata. Chi per primo l’ha utilizzata, ha diritto all’uso esclusivo, chi l’ha adottata successivamente dovrà integrarla o modificarla anche se corrisponde al suo nome civile. Ma ora (art. 22 cpi) non deve essere neppure «uguale o simile all’altrui marchio se, a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni».

Novità ditta Ma si può adottare come ditta un segno adottato da altri come insegna o nome a dominio? No! Per distinguersi basta però una variazione anche piccola (la ditta non è rivolta ai consumatori).

Obbligo di modifica Occorre che le due imprese siano tra loro concorrenti. La giurisprudenza adotta un concetto di concorrenzialità molto esteso. Occorre considerare: il mercato di sbocco; probabili possibilità espansione mercato imprese interessate. Si ha riguardo alla ditta “effettiva”.

Costituzione del diritto Il diritto si acquista usando la ditta. L’uso determina l’estensione del diritto, sia in senso merceologico che territoriale. Il secondo comma dell’art. 2564 c.c. prevede che «per le imprese commerciali l’obbligo dell’integrazione o modificazione spetta a che iscritto la propria nel registro delle imprese in epoca posteriore». Si ritiene però che l’iscrizione non abbia efficacia costitutiva (Vanzetti – Di Cataldo), per cui il titolare può dare prova di un proprio uso della ditta anteriore alla registrazione, e della conoscenza di questo da parte del registrante

Trasferimento della ditta La ditta è trasferibile solo insieme all’azienda. Se il trasferimento avviene per atto tra vivi occorre il consenso espresso dell’alienante. Se il trasferimento avviene a causa di morte la ditta si trasferisce salvo diversa volontà testamentaria.

Estinzione del diritto La legge nulla dice. Si ritiene che l’estinzione si verifichi quando: cessa l’uso della ditta, si disperda la sua notorietà qualificata. Ancora una volta il criterio è quello della possibilità di confusione.

La ditta straniera L’art. 8 della Convenzione d’Unione equipara la ditta di un paese dell’unione alla ditta italiana; In base all’art. 16 delle pre-leggi, qualsiasi ditta straniera è tutelata dall’art. 2564, 1° c., c.c. quando sia usata e nota in Italia.

Emblema L’emblema non è menzionato come segno distintivo dalla legge. Si tratta solitamente di un segno figurativo, che contraddistingue l’azienda nel suo insieme. Si ritiene che vada assimilato alla ditta, la cui disciplina si applica anche all’emblema.

L’insegna Contraddistingue i locali dell’impresa o, secondo alcuni, l’intero complesso aziendale. Il rilievo della tutela della disciplina dell’insegna è ridotto dal fatto che le insegne più note sono registrate e usate come marchi, e trovano tutela nella disciplina di questi ultimi.

Novità dell’insegna Circa la novità, vale il principio generale enunciato dall’art. 22 cpi circa l’unitarietà dei segni distintivi, per cui è da ritenere che l’insegna non deve essere uguale o simile all’altrui insegna, ditta, marchio o nome a dominio se, a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali è adottata, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico.

Dalle norme generali Si deduce che l’insegna dovrà essere: lecita, veritiera (non contenere indicazione che possano trarre in inganno il pubblico circa l’attività o i prodotti), originale (dotata di capacità distintiva).

Trasferimento insegna Nulla è detto, ma si ritiene trasferibile (secondo alcuni insieme all’azienda). Si ritiene possibile anche la licenza non esclusiva ed il co-uso dell’insegna.

Acquisto ed estinzione del diritto Il diritto all’uso esclusivo dell’azienda si acquista con l’uso. L’insegna si estingue quando viene meno il ricordo del segno presso il pubblico.

Nome a dominio prima del cpi Dottrina e giurisprudenza erano divise: il domain name non è un segno distintivo e non deve essere tutelato come tale; il domain name è un segno distintivo assimilabile all’insegna; il domain name è un segno distintivo assimilabile al marchio; il domain name è un segno distintivo atipico e può essere tutelato ricorrendo alla disciplina repressiva della concorrenza sleale;

Nome a dominio nel c.p.i. Per le norme di registrazione, il domain name non può essere uguale a quello di altro soggetto. L’art. 22 cpi (e la lett. c del 1° c. dell’art. 12) include esplicitamente tra i segni distintivi anche il nome a dominio, ma il cpi non ne fornisce una disciplina dettagliata. Quando è adottato da un imprenditore, il nome a dominio non deve essere uguale o simile all’altrui insegna, ditta, marchio o nome a dominio «se, a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico».

Violazione art. 22 cpi l’art. 118, 6° c., cpi: «salvo l’applicazione di ogni altra tutela, la registrazione di nome a dominio aziendale concessa in violazione dell’articolo 22 o richiesta in mala fede, può essere, su domanda dell’avente diritto, revocata oppure a lui trasferita da parte dell’autorità di registrazione»; l’art. 133 cpi: «l’autorità giudiziaria può disporre, in via cautelare, oltre all’inibitoria all’uso del nome a dominio aziendale illegittimamente registrato, anche il suo trasferimento, subordinandolo, se ritenuto opportuno, alla prestazione di idonea cauzione da parte del beneficiario del provvedimento». Si potrà ricorrere alla tutela approntata contro la concorrenza sleale confusoria.

Dalle norme generali Si deduce che il nome a dominio dovrà essere: lecito, veritiero (non contenere indicazione che possano trarre in inganno il pubblico circa l’attività o i prodotti), originale (dotato di capacità distintiva) (???).

Trasferimento nome a dominio Il regolamento di assegnazione afferma che il domain name è trasferibile. Nulla conduce a conclusione opposta in base alla disciplina dei segni distintivi. Per l’unicità dei domain name, non sono possibili la licenza non esclusiva ed il co-uso.

Il marchio Il marchio è il segno che distingue i prodotti. Attribuisce a chi lo registra il diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o servizi per i quali è registrato (art. 2569 c.c.). Disciplina nazionale (artt. 2569-2574 c.c. e cpi). Disciplina comunitaria.

Il marchio ... ... distingue i prodotti dell’imprenditore da quelli degli altri imprenditori, ... costituisce un indice di provenienza, ma non in assoluto, dato che sono consentite: la circolazione del marchio indipendentemente da quella dell’azienda, la licenza di marchio. ... garantisce la qualità? SOLO INDIRETTAMENTE … assolve ad una funzione attrattiva? SOLO I MARCHI CELEBRI

Art. 7 c.p.i. «Possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».

Il marchio deve essere un’entità connessa al prodotto, ma separabile (idealmente) da esso. Per es.: non può essere la forma naturale del prodotto, ma una forma arbitraria o capricciosa, non deve essere una forma che da valore sostanziale al prodotto.

Uso di particolari segni Si possono utilizzare come marchi i nomi diversi da quello del soggetto che lo registra, purché il loro uso non leda la fama, il credito ed il decoro di chi ha diritto di portare quel nome. Non può essere utilizzato l’altrui ritratto senza il consenso dell’interessato (art. 8, 1° c., cpi). Se notori possono essere registrati solo con il consenso dell’avente diritto: i nomi di persona, i segni utilizzati in campo artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo, le denominazioni e sigle di manifestazioni e quelli di enti ed associazioni non aventi finalità economiche, nonché i loro emblemi.

Classificazioni dei marchi marchio di fabbrica, marchio di commercio (art. 2572 c.c.) marchio di prodotto e marchio di servizio; marchio generale e marchi speciali; marchio denominativo, marchio figurativo, marchio misto e marchio di forma; marchio collettivo (art. 2570 c.c. e art. 11 cpi; hanno lo scopo di garantire la qualità). Art. 2572 c.c.: «Il rivenditore può apporre il proprio marchio ai prodotti che mette in vendita, ma non può sopprimere il marchio del produttore». Art. 2570 c.c.: «I soggetti che svolgono la funzione di cùgarantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi possono ottenere la registrazione di marchi collettivi per concederne l’usa, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, a produttori o commercianti». Art. 11 cpi: «I soggetti che svolgono la funzione di grantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi, possono ottenere la registrazione per appositi marchi come marchi collettivi ed hanno la facoltà di concedere l’usa dei marchi stessi a produttori o commecianti» (c. 1°).

Requisiti del marchio liceità, verità, originalità, novità.

Liceità del marchio (1) Il marchio non deve contenere: segni contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume (art. 14, 1° c., lett.a) cpi), stemmi o altri segni protetti da convenzioni internazionali (art. 10 cpi), segni lesivi di un altrui diritto d’autore o di proprietà industriale (art. 14, 1° c., lett.c), cpi). Non può essere utilizzata la forma imposta dalla natura stessa del prodotto (art. 9, cpi).

Verità del marchio Non possono essere utilizzati «segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi» (art. 14, 1° c., lett.b), cpi). La non ingannevolezza deve permanere per tutta la vita del marchio. Il marchio può essere concesso in licenza non esclusiva, ma il lecenziatario deve impegnarsi ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi uguali a quelli corrispondenti messi in commercio nello Stato dal titolare o dagli altri licenziatari.

Originalità del marchio Il marchio deve essere dotato di capacità distintiva (art. 13, 1° c., cpi). Non possono essere usati come marchi: le denominazioni generiche, le indicazioni descrittive, i segni divenuti di uso comune (art. 12, 1° c., lett. a), cpi). Ma ......

Marchi forti e marchi deboli utilizzano denominazioni generiche modificate; basteranno minime modifi-che o aggiunte per esclude-re la confondibilità del marchio. Marchi forti utilizzano espressioni di pura fantasia; modifiche anche significa-tive non potranno escludere la confondibilità.

Secondary meaning Volgarizzazione Il secondary meaning può far acquisire carattere distintivo ad un segno che originariamente ne era privo, trasformando un marchio privo di capacità distintiva in un marchio valido e consentendone la regi-strazione (art. 13, 2°c., cpi). Con la volgarizzazione un marchio perde la sua capacità distintiva divenendo la deno-minazione del prodotto. Da ciò deriva la decadenza del marchio (art. 13, 4°c., cpi).

Novità del marchio (art. 12) non sono nuovi: i marchi uguali o simili ad uno già noto come marchio (marchio di fatto) a livello pluriregionale, i marchi simili a ditte, denominazioni sociali, insegne, nomi a dominio, ecc., quando possa generarsi confusione nel pubblico e siano noti a livello pluriregionale, i marchi già registrati da altri per lo stesso prodotto, i marchi già registrati per prodotti affini se si possa generare confusione per il pubblico.

Novità del marchio (art. 12) Marchi celebri: non sono nuovi i marchi confondibili con quello celebre utilizzato per pro-dotti o servizi non affini.

La registrazione del marchio presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi, attribuisce al titolare il diritto all’uso esclusivo (art. 20, 1° c., cpi), e di impedire ad altri di utilizzarlo, «di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire i servizi contraddistinti dal segno; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso; di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità» (art. 20, 2° c.), per prodotti identici (art.15, 3°c., e art. 20, 1° c., lett. a), cpi), o anche affini, qualora possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico (art. 20, 1° c., lett. b), ma è posibile registrare il marchio anche per prodotti affini (art.15, 3°c.);

La registrazione del marchio un altro imprenditore può usarlo e registrarlo per prodotti del tutto diversi, a meno che il marchio sia celebre (art. 20, 1° c., lett. c), cpi). Il diritto di esclusiva decorre dalla data di presentazione della domanda di registrazione (art. 15, 2° c., cpi). La registrazione nazionale è presupposto per l’estensione della tutela del marchio a livello internazionale. La registrazione ha durata di dieci anni ed è rinnovabile senza limiti (art. 15, 4° c., e art. 16, cpi). Art. 21. Limitazioni del diritto di marchio 1. I diritti di marchio d’impresa registrato non permettono al titolare di vietare a terzi l’uso nell’attività economica: a) del loro nome e indirizzo; b) di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio; c) del marchio d’impresa se esso è necessario per indicare la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio, purchè l’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale. 2. Non è consentito usare il marchio in modo contrario alla legge, né, in specie, in modo da ingenerare un rischio di confusione sul mercato con altri segni conosciuti come distintivi di imprese, prodotti o servizi altrui, o da indurre comunque in inganno il pubblico, in particoalre circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi, a causa del modo e del contesto in cui viene utilizzato, o da ledere un altrui diritto di autore, di proprietà industriale, o altro diritto esclusivo di terzi. 3. E’ vietato a chiunque fare uso di un marchio registrato dopo che la relativa registrazione è stata dichiarata nulla, quando la causa di nullità comporta la illiceità dell’uso del marchio.

Marchi protettivi Il titolare di marchio registrato può registra-re uno o più marchi protettivi simili a quello effettivamente usato, al fine di precostituire la prova della confondibilità (art. 24, c. 4°, cpi).

Mancanza requisiti-nullità Mancando uno dei requisiti descritti, il marchio è nullo (art. 25 cpi), ma: la nullità del marchio per difetto di novità non può essere dichiarata quando chi lo ha richiesto non era in malafede ed il titolare del marchio anteriore ne abbia tollerato l’uso per cinque anni (convalida del marchio - art. 28 cpi); la nullità del marchio per difetto di originalità non può essere dichiarata quando è sopravvenuto il secondary meaning (art. 13, 2°c., cpi). Nullità relativa: può essere fatta valere solo dai soggetti che hanno visto leso un proprio diritto: quando si richiede la nullità per la sussistenza di diritti anteriori o per violazione dell’altrui diritto d’autore o di proprietà industriale, o dell’altrui diritto al nome o al ritratto.

Decadenza (art. 26 cpi) volgarizzazione (art. 13, 4° c., cpi), sopravvenuta ingannevolezza o illiceità (art. 14, 2° c., cpi) mancata utilizzazione per cinque anni (art. 24 cpi).

Difesa del marchio Divieto uso segno identico per prodotti o servizi identici (art. 20, 1° c., lett. A, cpi). Se non vi è esatta corrispondenza tra segni e/o prodotti o servizi occorre valutare il rischio di confondibilità (art. 20, 1° c., lett. b). Se il marchio è celebre il divieto si estende anche a prodotti e servizi non affini (art. 20, 1° c., lett. c, cpi)

Azione di contraffazione Sanzioni che prescindono dal risarcimento del danno: Inibitoria dalla continuazione e rimozione degli effetti. Il giudice può anche disporre la pubblicazione della sentenza. Risarcimento in presenza di dolo o colpa grave. E’ prevista anche una tutela penale.

Provvedimenti cautelari Descrizione. Sequestro. Inibitoria.

Il marchio di fatto «Chi ha fatto uso di un marchio non regi-strato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è avval-so» (art. 2571 c.c., il principio è ribadito nell’art. 12, 1° c., lett. b) e c), cpi).

Il marchio di fatto Se il marchio è noto su tutto il territorio nazionale, il titolare potrà impedire che altri lo usi per lo stesso prodotto ma non per quelli affini. Potrà ottenere la dichiarazione di nullità del marchio registrato per difetto di novità, ma entro cinque anni. Se il marchio è noto solo a livello locale, il titolare potrà continuare ad usarlo nello stesso ambito territoriale.

Protezione internazionale Convenzione dell’Unione di Parigi. Arrangement di Madrid (ufficio internazionale di Ginevra. Regolamento CE 40/94 (marchio comunitario, U.A.M.I. di Alicante).

Trasferimento del marchio (art. 23 c.p.i.) Sia definitivo che temporaneo (licenza). Il trasferimento prescinde da quello dell’azienda. E’ possibile la licenza non esclusiva. Dal trasferimento o dalla licenza del marchio non deve derivare inganno nei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico. Il licenziatario si deve obbligare ad utilizzare il marchio per prodotti con caratteristiche qualitative uguali a quelle di quelli commercializzati dal titolare e/o dagli altri licenziatari.

dott. Lorenzo Benatti lorenzo.benatti@unipr.it I segni distintivi dott. Lorenzo Benatti lorenzo.benatti@unipr.it