La gestione del portafoglio titoli

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La gestione del portafoglio titoli Giuseppe Squeo

La gestione del portafoglio titoli L’importanza di questa funzione aziendale è diventata più complessa a seguito del processo di disintermediazione che ha interessato il sistema bancario italiano tra i 1978 ed il 1995. Prima di questa data, era più modesto il livello di titoli detenuto dall’economia e quindi la funzione aziendale era rivolta quasi esclusivamente al portafoglio di proprietà. Con l’esplosione dei titoli di Stato la gestione riguarda anche il portafoglio per negoziazione. Ancora più complessa è diventata la gestione titoli con l’esplosione del risparmio gestito avvenuta nella seconda metà degli anni novanta.

La classificazione del portafoglio titoli Il portafoglio titoli può classificarsi in base alle motivazioni: investimenti liberi, acquistati in base ad autonome scelte della banca; investimenti vincolati, quelli effettuati in base a obblighi di legge o ad accordi con altre istituzioni. In base alla destinazione il portafoglio titoli proprietà può classificarsi in: titoli per l’investimento, avente per scopo la redditività garantita; titoli per la liquidità, acquistati a puro scopo di tesoreria; titoli per la negoziazione.

La classificazione del portafoglio titoli (2) Nell’ambito della contabilità si classificano in: titoli immobilizzati, quelli aventi stabile e duraturo investimento, che vengono valutati al valore di costo; titoli non immobilizzati, destinati alla negoziazione ed alle esigenze di liquidità, che se quotati possono essere valutati alternativamente a) al minore tra il valore di mercato ed il costo, b) al valore di mercato. Se non quotati, sono valutati al valore storico, riducibile per grave deterioramento della qualità dell’emittente o per bassa quotazione di mercato.

I fattori strutturali condizionanti la politica dei titoli Sostanzialmente l’aggregato titoli nella sua dimensione e struttura è stato condizionato da tre fenomeni strutturali di lungo termine: l’evoluzione del sistema finanziario, che ha determinato il ruolo della banca nel mercato oltre al livello ed alla composizione del portafoglio titoli. Inoltre, ha stimolato nell’ultimo ventennio alcuni servizi incentrati sui titoli; l’intervento dello Stato nel mercato finanziario, che ha influenzato la dimensione e la struttura del portafoglio titoli; la politica monetaria, che con interventi coattivi o influenzando la dinamica dei tassi ha condizionato il livello e la struttura del portafoglio titoli.

Il mercato dei titoli e struttura finanziaria Le aree di gestione dei titoli: redditività, liquidità e negoziazione hanno avuto nel tempo una importanza diversa in funzione della struttura dei mercati finanziari. Sostanzialmente si individuano due fasi: quella della doppia intermediazione,dagli anni cinquanta al 1978, ove la banca monopolizzava la raccolta del risparmio e oltre a finanziare gli impieghi in modo diretto, contribuiva al finanziamento degli impieghi degli Istituti di Credito Speciale acquistando e detenendo nel portafoglio i loro titoli; quella della disintermediazione verso i titoli di Stato (1978-1995) e verso il risparmio gestito (1995-2000), ove calata la quota di risparmio intercettata dalle banche, queste hanno monopolizzato la negoziazione di questi titoli sviluppando una attività di mediazione.

Il mercato dei titoli e struttura finanziaria (2) Stato Imprese Banche Fondi Investitori ICS Doppia intermediazione Investimento diretto

L’intervento dello Stato L’intervento dello Stato nel mercato finanziario ha avuto rilevanza per due motivi: da un lato, ha ridotto la quota di mercato di risparmio intercettato dalle banche e di fatto ridotta ulteriormente la capacità delle aziende e degli Ics di emettere propri titoli sul mercato, per gli elevati livelli di interesse pagati; dall’altro, ha sviluppato nelle banche alcune funzioni come quella della negoziazione per conto terzi e quella della custodia ed amministrazione titoli. Il riflesso sulla dimensione si è manifestato anche con un aumento della quota dei titoli di Stato detenuti in portafoglio, dati gli alti interessi corrisposti. La minore disponibilità di quote di risparmio ha anche sviluppato il mercato interbancario e quindi la detenzione di titoli per riserva di liquidità.

Gli strumenti di politica monetaria Si fa riferimento alle misure coercitive prese negli anni settanta ed ottanta riguardanti: il vincolo di portafoglio, in base al quale le banche dovevano investire in titoli degli ICS una quota della raccolta; il plafond alla crescita degli impieghi, per cui questi non potevano crescere oltre un certo limite. E’ evidente come questi due vincoli hanno agito sia sulla dimensione, con la quota obbligatoria dei titoli degli Ics da detenere in portafoglio e con la compressione della crescita degli impieghi che ha reso disponibile per i titoli quote della raccolta. In assenza di questi provvedimenti il livello e la composizione dei titoli sarebbe stata diversa e lasciata alla libera gestione della banca.

La politica dei titoli Come già detto i titoli in funzione alla loro destinazione si classificano in: titoli per la negoziazione, titoli per la liquidità, titoli per la redditività. Ciò implica una differenziazione nella definizione ottimale del livello e della struttura che ogni singola componente del portafoglio deve avere. Infatti, caratteristica dei titoli per la negoziazione è quella che essi devono essere richiesti e devono continuamente variare in funzione della domanda. I secondi oltre a buone caratteristiche reddituali devono essere facilmente liquidabili e soprattutto stanziabili presso la Banca d’Italia. I titoli per la redditività devono garantire un investimento redditizio nel tempo.

La politica dei titoli (2) Ma se le finalità sono diverse, i tre sottoinsiemi non sono nettamente differenziati ma presentano aree di comunanza. Il livello assoluto delle tre componenti e più in generale di quella totale è, come visto, soprattutto funzione dei fattori strutturali, ma come si vedrà anche di quelli congiunturali e delle relative decisioni in tema di politica dei titoli. Per definire la politica dei titoli bisogna innanzitutto valutare le singole aree di portafoglio in funzione dei tre parametri valutativi degli attivi: liquidabilità, redditività, rischio.

Liquidabilità dei titoli ed efficienza mercati Minimizzare o annullare effetti distorsivi sui prezzi volume transazioni numero e tipologia operatori concentrazione scambi in tempo e spazio; continuità negoziazioni nel tempo modalità formazione e diffusione prezzi Liquidabilità titoli Efficienza mercati Caratteristiche intrinseche dei titoli natura rapporto giuridico natura emittente profilo finanziario titolo fiscalità rischio cambio e tasso importo minimo durata status giuridico

La politica dei titoli: la redditività La redditività deve essere considerata ovviamente in termini netti, considerando la stessa: i flussi netti di cassa garantiti in termini di capitale, interessi ed eventuale capital gain; i costi di amministrazione dei titoli stessi; i costi di smobilizzo, legati alla plus-minus valenza associata allo smobilizzo. Vale ricordare a quest’ultimo riguardo che il valore dei titoli è dato dal valore attuale dei flussi monetari ad essi associati: Valore titolo = Valore rimborso + Σ VR*i (1+r)n (1+r)t Essendo “r” il tasso vigente sul mercato ed “i” quello di emissione è evidente che una crescita di “r” diminuisce il valore del titolo e viceversa.

La politica dei titoli: la redditività Il rendimento di mercato “r” dovrebbe coincidere con il TRES (tasso di rendimento effettivo a scadenza) che è quel tasso di sconto che in regime di capitalizzazione composta rende uguali il prezzo di acquisto tel quel ai valori attuali dei flussi generati dall’operazione. Il TRES può essere calcolato: in via anticipata rendendo uguali i tassi di rendimento dei flussi e quelli di reinvestimento per quei flussi scadenti prima dell’estinzione del titolo; in via posticipata, ove si può determinare con esattezza i tassi di reinvestimento dei flussi anteriori alla scadenza del titolo.

Il valore di mercato di un titolo: esempio 1.000.000 – 9.498 = 999..502 quotazione 99,95 1.000.000 + 9637 = 1.009.637 quotazione 100,964

La politica dei titoli: il rischio I rischi a cui sono assoggettati i titoli comprendono: il rischio di mercato, collegato all’oscillazione dei tassi e, se in valuta, a quella dei cambi; il rischio inflazione, soprattutto per quelli a durata residua elevata; il rischio emittente, che risulta variabile tra quello nullo collegato a certi titoli di Stato e quello più elevato di imprese con problemi di liquidità o ad alto rischio paese; il rischio di liquidità, associato alla possibilità di smobilizzare il titolo in funzione della durata residua e della economicità dell’operazione, collegata quest’ultima al valore della cedola e allo spessore del mercato.

La duration La duration individua “la scadenza media dei flussi di cassa attesi, ponderata per il contributo del valore attuale di ciascun flusso di cassa alla formazione del valore attuale complessivo.”(Anolli) Posto: D = duration; F = flussi di cassa; (1+i)-t = fattore di attualizzazione; P = Σt Ft (1+i)-t = prezzo titoli La duration è calcolata dalla formula: D = Σtt* Ft* (1+i)-t /P. La duration misura, dunque, la durata residua di un titolo in funzione di tutti i flussi ad esso associati. Per cui nei casi degli zero cupon la duration coincide con la scadenza, mentre se vi sono cedole anticipa la scadenza finale.

La politica dei titoli (3) Il rischio emittente non dovrebbe variare molto tra i tre portafogli, posto che difficilmente si accettano alti rischi in questi investimenti. Comunque, poiché i titoli per la redditività normalmente dovrebbero perdurare di più, associando il rischio all’incertezza del futuro, per questa categoria è associabile un più elevato rischio controparte e di mercato. La redditività dovrebbe essere maggiore per i titoli acquistati per la redditività e ciò per due motivi essenziali: normalmente la curva dei tassi evidenzia rendimenti elevati per scadenze più lontane; conviene comprare maggiormente questi titoli nei momenti di tassi più elevati o in previsione di una discesa e di una permanenza dei tassi su livelli più bassi.

Duration: esercizio

La politica dei titoli (4) La liquidabilità è ovviamente più alta per i titoli appositamente acquisiti, sia a motivo della scadenza ravvicinata sia a motivo del facile smobilizzo. Poiché la liquidabilità si misura anche in termini di economicità dello smobilizzo e evidente che in un periodo di riduzione dei corsi è poco conveniente smobilizzare i titoli, che darebbero delle perdite secche per la banca, soprattutto se si ritiene provvisorio il ribasso dei corsi. Anche con riferimento ai titoli per la negoziazione la liquidabilità dovrebbe essere un determinante importante.

La determinazione della politica dei titoli Rischio Redditività Titoli per liquidità Titoli per negoziazione Titoli per redditività Liquidabilità Politiche dei titoli

Obiettivo dimensionale e composizione La definizione della dimensione e della composizione dei tre sottoinsiemi segue regole diverse; possono però essere ottimizzati nelle aree di sovrapposizione. I titoli per la liquidità sono definiti nella loro dimensione e struttura dal grado di riserva di liquidità definita, questa è una variabile legata al flusso di incassi e pagamenti previsti dalla banca e dal livello di base monetaria desiderato. I titoli per la negoziazione sono una variabile dipendente dalla domanda proveniente dagli investitori, il livello e la struttura è definito dalla domanda. I titoli per la redditività, invece, seguono una regola diversa, in base ad alcune scelte di fondo che possono essere improntate alla teoria “residuale” o a quella “elastica”.

La teoria residuale Tale teoria asserisce che l’impiego in titoli per la redditività è definito come attività residuale, in quanto il loro acquisto avviene dopo che sono stati soddisfatti gli impieghi: in base monetaria, per obblighi di vigilanza, in riserva di liquidità e in impieghi diretti a clientela. Sostanzialmente dopo aver assolto ai vincoli tecnici e di vigilanza (riserva obbligatoria, cassa contante, titoli per la liquidità, etc.) l’ulteriore disponibilità può essere investita in prestiti diretti alla clientela o in titoli. Tale teoria evidenzia che i prestiti diretti sono preferiti agli impieghi in titoli in quanto: hanno una remunerazione lorda più elevata; consentono un rapporto diretto con il cliente e quindi sono allo stesso tempo incentivanti operazioni di cross selling (vendita di più prodotti) e di fidelizzazione della clientela; realizzano il core business della banca.

La teoria residuale (2) I titoli, invece, in quanto impersonali: non vincolano le sorti della banca al cliente in quanto il titolo è smobilizzabile, non, invece, il rapporto di clientela in presenza di una controparte illiquida; ha un costo di gestione più basso; un rischio di credito mediamente più basso, soprattutto se riferito ai titoli di Stato; la possibilità di ricomporre il portafoglio in modo continuo e senza soluzioni di continuità in funzione del rischio e dei rendimenti previsti. Ciò non è possibile nel portafoglio prestiti. In considerazione dei pregi e difetti si ritiene prevalga in una banca l’opzione prestiti in luogo di quella in titoli, per cui il livello del portafoglio titoli e determinato dalla quota di disponibilità rimaste impiegate.

La teoria residuale (3) L’applicazione di questa teoria comporterebbe un profilo del portafoglio per la redditività anticiclico rispetto alle esigenze congiunturali delle imprese. Potrebbero nascere problemi di convenienza in quanto si potrebbe essere costretti a vendere i titoli quando i tassi sono in salita e venderli con i tassi in riduzione, politica che danneggerebbe soprattutto il c/economico prospettico. Infatti, conviene comprare titoli nel momento di massimo livello dei tassi ed in previsione di un loro ribasso, lucrando, nel periodo dei bassi tassi, il differenziale positivo tra l’interesse cedolare e il rendimento medio di mercato. Conviene vendere in previsione di un futuro livello dei tassi superiore a quello attuale, in modo da non perdere sul differenziale dei tassi (cedolare e di mercato).

La teoria flessibile Per evitare le dette perdite in c/capitale (attuale) o interesse (futuro), la politica residuale viene rettificata. Di fatto si anticipano le decisioni di acquisto e vendita titoli in considerazione delle previsioni sull’andamento del ciclo economico e dei tassi. Questa metodologia di anticipare o posticipare gli acquisti e le vendite viene chiamata politica flessibile. Di fatto tale politica tende ad ottimizzare, in funzione delle previsioni aziendali, la politica residuale. Di fatto tale ottimizzazione è resa maggiormente possibile proprio dalla presenza delle comunanze (sovrapposizioni) delle tre aree di portafoglio.

La teoria flessibile (2) Infatti, in un momento in cui non conviene vendere titoli ad alto rendimento possono essere ceduti titoli per la liquidità a scadenza breve minimizzando od annullando la perdita. Parimenti, potrebbero essere passati, se invenduti, dal magazzino titoli per la negoziazione, a quello per la liquidità soprattutto a supporto di operazioni pronti c/termine. In un momento favorevole di mercato potrebbero essere venduti titoli per la redditività e sostituirli nel portafoglio immobilizzato, per smobilizzarli alla scadenza o in un momento più favorevole. Inoltre, per evitare di conseguire perdite, si potrebbe - in luogo dell’operatività in titoli- utilizzare lo strumento dell’interbancario, anche smobilizzando temporaneamente, con operazioni pct i titoli posseduti.

Le politiche di composizione del portafoglio titoli Le politiche di composizione del portafoglio titoli presentano due tecniche di approccio: lo scaglionamento delle scadenze, il barbell appoach, che fanno rispettivamente riferimento alla teoria residuale e a quella flessibile. In particolare la prima tecnica si pone l’obiettivo di minimizzare i rischi economici e finanziari diversificando il portafoglio per scadenze e facendo in modo che vi sia un flusso continuo di titoli a scadere per generare continua liquidità a disposizione della politica dei prestiti. Ove non investiti in prestiti possono essere reinvestiti in modo da mantenere inalterata nel tempo la struttura per scadenza.

Le politiche di composizione del portafoglio titoli (2) E’ un approccio di tipo passivo, che non adatta la struttura del portafoglio agli andamenti del mercato, ma ha il vantaggio della semplicità di gestione. Una certa flessibilità può essere data in relazione alle previsioni sui tassi, allungando o accorciando le scadenze in funzione di una previsione di crescita o di riduzione del livello dei tassi. Il barbell approch, invece, parte da un presupposto diverso: Si concentrano le scadenze in due direzioni: una a brevissimo termine; l’altra protratta nel tempo. La scadenza breve ha il vantaggio della elevata liquidabilità del titolo e della possibilità di reinvestimento a breve in caso di rialzo dei tassi, quella a lungo di garantire i rendimenti in caso di abbassamento del livello dei tassi.

La composizione del portafoglio titoli Curva tassi Scaglionamento scadenze Barbell approach Scadenza brevissima Periodo 1 Periodo 2 Periodo 3 Titoli Periodo 4 Periodo 5 …………. Scadenza protratta Periodo n-1 Periodo n

Fine presentazione