MAX STIRNER (Johann Caspar Schmidt, )

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Transcript della presentazione:

MAX STIRNER (Johann Caspar Schmidt, 1806-1856) “Ho fondato la mia causa sul nulla”

Cenni sulla vita Il 25 ottobre 1806 nasce a Bayreuth in una famiglia piccolo-borghese, da Albert Christian Heinrich Schmidt, intagliatore di flauti, e Sophia Eleonora Reinlein, una luterana. L'anno dopo la sua nascita il padre morì di tubercolosi, a soli 37 anni, Nel 1819 si iscrive al prestigioso Gymnasium della sua città natale, vivendo con una zia. Dal 1826 frequentò l'Università di Berlino studiando filologia, teologia e filosofia : suoi maestri furono Schleiermacher, Marheineke e il celeberrimo Hegel, per lui larga fonte di ispirazione. Continuò in modo irregolare i suoi studi in due diverse università, quella di Erlangen e quella di Königsberg; che terminò a Berlino nel 1834. Nell'aprile dell'anno successivo, Stirner sostenne gli esami orali di filosofia, materia che intendeva insegnare. Nel 1837 sposò la figlia della sua padrona di casa, Agnes Klara Butz, che morì di parto solo un anno dopo, dando alla luce un figlio di cui non si sa nulla. Sia il suo patrigno che sua madre, nel frattempo, erano morti, rispettivamente nel 1835 e 1839, quest'ultima in un manicomio di Berlino. Nel 1839 ottenne la cattedra di insegnante di letteratura alla Lehr- und Erziehungs Anstalt di M.me Gropius, una scuola per ragazze dell'alta borghesia.

Cenni sulla vita Nello stesso anno (1839) frequentò un gruppo di giovani hegeliani chiamati Die Freien ("i liberi"), tra cui figurano tanti nomi che avrebbero poi composto parte della filosofia tedesca del XIX secolo: Bruno Bauer, Arnold Ruge, Ludwig Feuerbach, Friedrich Engels e Karl Marx. I "freien" erano soliti riunirsi da Hippel's, una birreria sulla Friedrichstraße. All'interno del gruppo strinse amicizia con Marx ed Engels, ma soprattutto con Bruno Bauer. In questo gruppo conobbe anche Marie Dähnhardt, donna di buona famiglia che poi nel 1843 divenne la sua seconda moglie. Marie aveva un ruolo molto attivo nel gruppo, e si distingueva per le sue convinte teorie anarchiche. Ernst Dronke, nella sua opera Berlin, in cui descrive il clima berlinese della metà degli anni quaranta del XIX secolo, rievoca la scandalosa scena del matrimonio, con gli amici che, incuranti, giocano a carte, gli sposi che si sono dimenticati gli anelli e Bruno Bauer che per rimediare ne toglie due di ottone dal suo borsellino. La formazione e la piena compiutezza del suo pensiero avvennero dopo il 1842, quando pubblicò due articoli sul Rheinische Zeitung, testata giornalistica fondata da Karl Marx nello stesso anno: Das unwahre Prinzip unserer Erziehung (Il falso principio della nostra educazione) e Kunst und Religion (Arte e religione).

Cenni sulla vita Nel 1845 Stirner diede alle stampe il suo libro più famoso "Der Einzige und sein Eigentum" ("L'unico e la sua proprietà"). Il libro non viene sequestrato perché ritenuto incomprensibile dalle autorità di polizia, ma comunque portò al licenziamento dell'Autore dal lavoro di insegnante. Presto abbandonato dalla moglie, Stirner si spense all'età di 49 anni, nel 1856. In una nota dello stato civile si legge: «Non madre, non moglie, non figli». Muore in una squallida solitudine. La causa della sua morte è imputabile ad una puntura di insetto velenoso ed all'errata cura del medico che non riesce a cogliere la natura del suo male. Poche sono le persone che accompagnano il suo feretro: tra queste, Bruno Bauer, il più affezionato tra i suoi amici.

L’UNICO e la sua PROPRIETÀ L’unico e la sua proprietà sono rispettivamente la condizione negativa e positiva dell’individualità umana

L’unico E’ l’individuo umano concreto, lo stesso individuo naturale rivendicato da Feuerbach contro le astrazioni hegeliane, che si affranca da ogni dipendenza: sia dal Dio della tradizione cristiana, sia dall’ideale feuerbachiano di umanità

L’umanità Infatti, contro Feuerbach, si può facilmente affermare, che anche l’umanità è il prodotto di un alienazione. L’individuo concreto trasferisce sull’umanità astratta quei caratteri di grandezza che è invece lui a detenere. L’umanità è poi una grande EGOISTA: non si preoccupa delle sorti del singolo e sopravvive alla morte e grazie alla morte dei singoli che la compongono

L’umanità e la sua causa “Osserviamo un po’ la causa dell’ umanità che si vorrebbe facessimo nostra. E forse quella d’alcuno a lei estraneo; l’ umanità serve forse ad una causa superiore? No, l’umanità non vede che se stessa, essa non è ad altro intenta che a favorire se medesima, nè ha, all’infuori della propria, causa alcuna. Nell’intento di svilupparsi, essa fa che popoli ed individui si logorino, ed allorquando questi hanno compiuto il loro ufficio, essa per tutta riconoscenza li getta nel letamaio della storia. Non è forse la causa dell’umanità una causa prettamente egoistica?”

DIO Allo stesso modo Dio è un grande egoista, poiché si occupa della totalità del reale, è il Dio dell’universo, e si disinteressa della sorte dell’uomo concreto

Dio e la sua causa “Ebbene, qual è la sua causa? Ha egli forse - come da noi si richiede - abbracciato una causa a lui estranea, ha egli fatta sua la causa della verità o dell’amore? Voi vi sentite indignati in udir pronunciare un simile assurdo e ci sapete insegnare che quella di Dio è bensì la causa della verità e dell’amore, ma che essa non può esser detta a lui estranea, giacché Dio è per se stesso la verità e l’amore; e vi muove a sdegno il supporre che Dio possa assomigliarsi a noi poveri vermi col favorire la causa d’altri come se fosse la propria. " Dio dovrebbe occuparsi della causa della verità, se non fosse egli stesso la verità? ". Egli non pensa che alla propria causa, ma egli è il tutto nel tutto, e così la sua causa abbraccia tutto; noi non siamo il tutto nel tutto e la nostra causa è oltre modo meschina e spregevole, perciò noi dobbiamo servire ad " una causa più elevata ". Ebbene, è chiaro che Dio non si occupa che delle cose sue, non pensa che a sè stesso e non vede che sè stesso; guai a tutto ciò che contrasta a’ suoi disegni. Egli non serve ad uno più alto di lui e non cerca di soddisfare che sè stesso. La sua è una causa prettamente egoistica”.

Contro gli egoismi di Dio e dell’umanità, l’egoismo dell’egoista Il singolo, l’individuo, ribellandosi all’egoismo di Dio e dell’umanità, perora la sua propria causa, che non è né divina, né umana, né incasellabile nei concetti, né nelle morali, né nella società, né nella storia, né in un senso della vita che non sia stato deciso dall’individuo stesso.

Né Dio né Stato L’io UNICO è inconciliabile con i valori della morale e con quelli della società, che comportano sempre una sorta di ETERODIREZIONE della sua volontà e intelligenza. L’unico non si può appiattire su nessuna forma di convivenza che comporti dipendenza.

La comunità degli egoisti L’unica forma associativa accettabile è la comunità degli egoisti che comporti un sistema di rapporti di “un io verso un tu o un voi radicalmente distinti e opposti”. Si tratta di un sistema conflittuale, dove gli uomini si accostano nelle loro differenze, e si avvicinano solo in quanto l’unica cosa che li unisce è la loro radicale differenza.

Ribellione e non rivoluzione Contro ogni forma di sottomissione del singolo alla società, Stirner avanza l’idea che le società che tiranneggiano l’individuo (tutte!) vadano distrutte e scardinate, ma non attraverso una rivoluzione, cioè una strategia che intende sostituire un modello di società con un altro, bensì attraverso la rivolta, la ribellione a-progettuale che tende solo ad azzerare ciò che esiste, senza aspirare a nessun nuovo ordine costituito.

La proprietà La proprietà va intesa, prima ancora che come possesso di un bene, che pieno e totale autopossesso dell’individuo. L’individuo è colui che appartiene solo a se stesso

Libertà L’autopossesso dell’individuo è la sua condizione di partenza, non un ideale, come potrebbe esserlo la libertà. (giacché non si è mai liberi da tutto e si è costretti a pensare la libertà come ad una condizione ideale da raggiungere – ma, come tutti gli ideali, allora anch’essa genererebbe dipendenza)

Chi è libero? “Ma se la libertà viene agognata per amore dell’io, perché non scegliere allora l’io stesso come punto di partenza, punto di mezzo e punto d’arrivo? Forse che io non valgo più della libertà? Non sono io a liberarmi, non sono il primum?” “L’individuo proprio è il libero nato, il libero per natura; il libero, invece, è soltanto un maniaco della libertà, un sognatore esaltato.”

Che cos’ è l’uomo? In definitiva alla domanda: “Che cosa è l’uomo?” per Stirner va contrapposta la domanda “Chi è l’uomo?”. Poiché l’uomo è la persona stessa – unica e irripetibile – che pone la domanda, la risposta non può essere che LUI STESSO

Ho posto la mia causa sul nulla Siccome tutti i valori morali, tutti gli ideali, tutto ciò che può essere posto al di là dell’individuo è la sua schiavitù ed è la sua negazione, se vogliamo valorizzare l’individuo dobbiamo ANNULLARE ogni valore e ogni ideale. Che cosa rimane? NULLA, il nulla è la causa dell’individuo che ha ucciso Dio, la morale, la società, la politica, l’amore, l’umanità.

Un pensiero radicale Siamo disposti a fondare la nostra causa sul nulla? A essere così artefici di noi stessi da poter rinunciare a tutto ciò che non è a disposizione del nostro arbitrio, a tutto ciò che non è nostra proprietà? A non sentirci mai “in causa”, ma sempre a regolare ogni causa su di noi, senza mai attingere a nulla di superiore a noi? A tali domande deve rispondere chi vuole consapevolmente fare a meno di un Dio, sia nelle sue forme autentiche (il Dio delle religioni), sia nei suoi surrogati secolari (l’umanità, i valori, la morale, il bene del prossimo, la società etc.).

Un pensiero disperato L’unico è l’individuo corporeo, spaziale, fisico, ma anche l’individuo presente, ciò che egli è qui ed ora, ciò di cui egli è proprietario adesso. Anche la speranza, anche il futuro è una sorta di alienazione e dislocazione della sua identità: non è lecito rinunciare al possesso presente per un possesso futuro. Non c’è dunque alcuna PROSPETTIVA nell’individuo che egli non abbia già deciso, cioè che egli già non possieda adesso e che egli non possa cambiare a suo esclusivo beneficio e capriccio. Dunque non resiste alcuna speranza in lui, non c’è l’idea di nessuna trasformazione che possa un giorno renderlo migliore, perché tutto è soggetto al sé e ogni obiettivo può essere in ogni momento rifiutato, cambiato, modificato, negato. FUORI DAL TEMPO E DALLO SPAZIO, l’individuo consuma tutto in sé, lasciando - dentro e fuori la sua persona - solo un grande deserto.