Il sogno spezzato della Primavera di Praga 1968
Come tutto ebbe inizio… Anni ’60, crescente il malcontento verso il regime sovietico. Riforme politiche: progettano di mantenere il sistema economico collettivista affiancandovi una maggiore libertà politica, di stampa e di espressione. La maggioranza della popolazione, in particolare la classe operaia, sostiene questa idea. Reazione dell’ URSS: i cambiamenti adottati dalla Cecoslovacchia vengono visti come una minaccia alla sicurezza dell’ Unione Sovietica a causa della sua posizione centrale rispetto allo schieramento difensivo del Patto di Varsavia, una sua defezione non poteva essere tollerata durante la Guerra Fredda.
La dirigenza sovietica dapprima usò tutti i mezzi diplomatici possibili per fermare o limitare le riforme portate avanti dal governo cecoslovacco, poi, vista l'inutilità di questi tentativi, iniziò a preparare l'opzione militare.
L’invasione L'invasione coincise con la celebrazione del congresso del Partito Comunista Cecoslovacco, che avrebbe dovuto sancire definitivamente le riforme e sconfiggere l'ala stalinista. I comunisti cecoslovacchi, guidati da Alexander Dubček, furono costretti dal precipitare degli eventi a riunirsi clandestinamente in una fabbrica, ed effettivamente approvarono tutto il programma riformatore, ma quanto stava accadendo nel paese rese le loro deliberazioni completamente inutili. Successivamente questo congresso del partito comunista cecoslovacco venne sconfessato e formalmente cancellato dalla nuova dirigenza imposta da Mosca a governare il paese.
Conseguenze… Emigrazione di 300.000 persone che interessò soprattutto cittadini di elevata qualifica professionale. La fine della Primavera di Praga aggravò la delusione di molti militanti di sinistra occidentali nei confronti delle teorie leniniste, e fu uno dei motivi dell'affermazione delle idee eurocomuniste in seno ai partiti comunisti occidentali. L'esito finale di questa evoluzione fu la dissoluzione di molti di questi partiti.
Jan Palach « Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l'onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l'abolizione della censura e la proibizione di Zpravy. Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s'infiammerà »
Biografia… Iscritto alla Facoltà di filosofia dell'Università Carlo di Praga, assistette con interesse alla stagione riformista del suo paese. Il 16 gennaio 1969 Jan Palach si recò in piazza San Venceslao si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale. Si cosparse il corpo di benzina e si appiccò il fuoco con un accendino. Rimase lucido durante i tre giorni di agonia. Al suo funerale, il 25 gennaio, parteciparono 600 mila persone, provenienti da tutto il Paese. Palach venne considerato dagli antisovietici come un eroe e martire e almeno altri 7 studenti seguirono il suo esempio e si tolsero la vita. Dopo il crollo del comunismo e la caduta del Muro di Berlino, la sua figura fu rivalutata: nel 1990 il presidente Václav Havel gli dedicò una lapide per commemorare il suo sacrificio in nome della libertà. Oggi, molte associazioni studentesche, anche di sinistra, lo ricordano come una persona morta in nome dei suoi ideali, e non sono pochi i circoli di giovani dedicati a Jan Palach.