L’organizzazione scientifica del lavoro: L’organizzazione scientifica del lavoro: i principi del taylorismo – 1 1. Studio scientifico del lavoro, ossia: - individuazione della modalità ottima attraverso l’analisi delle alternative; - suddivisione delle attività in unità elementari; - individuazione dei tempi di esecuzione ed eliminazione di tempi morti e di azioni inutili; - analisi delle tecnologie a disposizione; - standardizzazione dei percorsi di attività più efficienti.
L’organizzazione scientifica del lavoro: i principi del taylorismo – 2 2. Selezione e addestramento scientifico dei lavoratori, ossia studio del carattere, della natura e del rendimento di ogni lavoratore al fine di comprendere i suoi limiti e le sue possibilità di sviluppo; 3. Assegnazione delle attività individuate ai lavoratori selezionati e addestrati. Netta distinzione tra gli organi direttivi (che si occupano di progettazione e controllo) e gli organi esecutivi;
L’organizzazione scientifica del lavoro: i principi del taylorismo – 3 4. Ricerca continua della collaborazione e del consenso dei lavoratori nella fase di analisi delle attività, nella fase di esecuzione, nella fase di verifica; 5. Individuazione di uno stile di direzione che favorisca la fluidità delle comunicazioni ed espliciti l’importanza che la D.G. attribuisce ai lavoratori e alle loro opinioni.
L’organizzazione scientifica del lavoro: i principi del taylorismo – sintesi Taylor: 1. proponeva la standardizzazione del lavoro per raggiungere maggiore efficienza; 2. Distingueva il lavoro in direttivo ed esecutivo; 3. suggeriva di premiare i lavoratori che rispettavano gli standard (“migliore retribuzione quindi maggiore soddisfazione degli attori”… Critica: i lavoratori non sono motivati solo dalla retribuzione, sono interessati anche al lavoro che svolgono!)
La burocrazia di Weber: caratteristiche 1 La burocrazia di Weber: caratteristiche 1. Spersonalizzazione, la competenza di decidere e agire è affidata ad uffici piuttosto che a persone; 2. Orientamento strumentale ai fini; 3. Specializzazione, sulla base dei principi di Taylor; 4. Gerarchia, per coordinare e mantenere il controllo d’insieme; 5. Formalizzazione; 6. Oggettività, neutralità e trasparenza per escludere l’arbitrarietà dei singoli.
I principi di direzione secondo Fayol – 1 1. La funzione direzionale I principi di direzione secondo Fayol – 1 1. La funzione direzionale. Fayol distingue tra gestione, volta al raggiungimento di un valido trade-off tra efficienza ed efficacia, e direzione, vista come una delle funzioni della gestione. La funzione direzionale è universale (vale in tutti i contesti aziendali) e diffusa (non interessa solo il vertice ma tutti i dipendenti); 2. Le capacità direzionali, ossia qualità e conoscenze necessarie a svolgere la funzione direzionale;
I principi di direzione secondo Fayol – 2 3 I principi di direzione secondo Fayol – 2 3. La dottrina o il codice direzionale, ossia una base comune, nata dall’esperienza e da verità dimostrate, necessaria per interpretare gli accadimenti aziendali e risolvere, grazie a tali standard, i problemi che possono manifestarsi.
I principi di direzione secondo Fayol – considerazioni 1 I principi di direzione secondo Fayol – considerazioni 1. I principi descritti non corrispondono ad una dottrina direttiva perché non sottoposti al vaglio della discussione e della verifica; 2. Il loro contenuto va collegato alle qualità e alle conoscenze che definiscono la capacità direttiva; 3. I principi non possono essere utilizzati meccanicamente; 4. Occorre tenere presenti il mutare delle condizioni ambientali e l’evoluzione delle conoscenze.
La scuola delle relazioni umane 1 La scuola delle relazioni umane 1. Intorno agli anni ’20-’50 è stata spostata l’attenzione sulle variabili psicologiche e sociali; 2. La produttività si è rivelata dipendente dalla soddisfazione del lavoratore; 3. L’attenzione si sposta sui piccoli gruppi, sul controllo sociale sui processi comunicativi; 4. Viene preso in considerazione il contesto socio- psicologico oltre che i contenuti del lavoro (solo con l’approccio motivazionalista il contenuto del lavoro diventa fattore importante per spiegare la prestazione lavorativa);
Organizzazione come sistema di trattamento e di gestione delle informazioni (Bernard anni ’30; Simon ’40, ’50) 1. Non c’è contraddizione tra organizzazione formale e informale; 2. Il dirigente deve puntare all’efficienza ma anche al consenso ed alla comunicazione; 3. L’obiettivo è la conciliazione fra fini individuali e fini organizzativi.
Critiche ai principi della scuola classica (Simon) 1 Critiche ai principi della scuola classica (Simon) 1. I principi sono enunciazioni generiche e a volte contraddittorie; 2. Non è pensabile adottare l’orientamento di razionalità assoluta; 3. L’assetto organizzativo è una catena di premesse decisionali e di mezzi-fini; 4. Il consenso è il risultato di equilibrio tra incentivi e contributi.
Critiche a Taylor, Weber e agli esponenti della. scuola classica – 1 1 Critiche a Taylor, Weber e agli esponenti della scuola classica – 1 1. Alcuni interventi generano effetti negativi non voluti: - rigidità che porta ad identificarsi con le norme e a vederle come obiettivi più che strumenti; - rigidità che porta al rifiuto dell’innovazione; 2. Le organizzazioni devono potersi adattare all’ambiente per sopravvivere, ma la rigidità preclude questo aspetto;
Elementi che hanno determinato il superamento dei principi della scuola classica 1. Sviluppo dell’approccio socio-tecnico (adattamento all’ambiente); 2. Scoperta di diversi modelli di burocrazia più o meno accentrati, più o meno strutturati, più o meno impersonali, a fronte dell’incompletezza intrinseca della burocrazia; 3. Individuazione di modelli contingenti di organizzazione; 4. Superamento della concezione di “One Best Way”.
Approccio sistemico alle organizzazioni – 1 L’organizzazione viene interpretata come sistema complesso, costituito da un insieme di sotto-sistemi 1. I sistemi organizzativi sono aperti ed in relazione con l’ambiente; 2. Per individuare tali sistemi occorre definire le variabili di input, di output ed i processi di trasformazione; 3. I sistemi organizzativi sono scomponibili in sotto-sistemi;
Approccio sistemico alle organizzazioni – 2 4 Approccio sistemico alle organizzazioni – 2 4. Occorre capire le relazioni di interdipendenza tra i diversi sotto-sistemi; 5. Il funzionamento del sistema organizzativo nel suo complesso è diverso dal funzionamento dei suoi sotto-sistemi; 6. I sistemi organizzativi si differenziano per i diversi equilibri a cui tendono (statici o dinamici);
Approccio sistemico alle organizzazioni – 2 7 Approccio sistemico alle organizzazioni – 2 7. Occorre capire il livello di complessità nel quale si colloca l’analisi sistemica delle organizzazioni: - Schemi (sistemi chiusi), meccanismi (sistemi chiusi che si muovono sempre nello stesso modo), sistemi cibernetici (contemplano un grado di apertura e puntano ad un equilibrio statico); - Sistemi aperti; - Sistemi a crescita programmata (esseri umani), sistemi sociali; 8. Nei sistemi complessi vale il principio di equifinalità.